Quelle foto inchiodano l'ipocrisia del governo
Luigi Manconi
Bene avrebbe fatto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, a trovare il tempo per visitare il campo di Ganfuda, durante la sua recente visita in Libia.
Certo, il programma era serrato e non consentiva variazioni (anche per evitare il rischio di incontrare, a zonzo per Tripoli, specchiati galantuomini come il presidente del Sudan, Al Bashir, e il capo dei pirati somali, Hassan Hayr detto “bocca larga”, lì convenuti per i festeggiamenti): e, tuttavia, ci si può augurare che, in una prossima visita, il Premier trovi modo di fare una capatina in quel centro di detenzione dove sono reclusi, tra gli altri, i profughi respinti dai natanti del “pattugliamento congiunto” italo-libico. Le foto pubblicate dall'Unità non lasciano dubbi: l'esito ultimo – o almeno uno degli ultimi - del trattato Italia Libia, è un'autentica schifezza: un luogo e un rituale di segregazione e degradazione della “nuda vita”, mortificata, violentata, brutalizzata. E un oltraggio sotto il profilo umano, sociale, giuridico. Tra quegli uomini, quelle donne e quei minori ristretti nei campi libici ci sono i nostri “respinti”, quelli sui quali è stata costruita una vera e propria ideologia della sicurezza nazionale. Ovvero un racconto sordido, fatto di autoesaltazione della potenza, anche fisica (navi contro barconi, forze di polizia contro inermi) e di uno sgangherato e truce “terzomondismo” leghista (“aiutiamoli a casa loro”: si è visto). Quell'ideologia si esprime attraverso messaggi irresponsabili: respingendoli, impediamo che muoiano in mare. Il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, intervistato da Radio radicale, ha affermato: l’Italia ha salvato “dalla morte in mare tanti clandestini”, si dimentica di un dato (diffuso da Acli, Federazione delle Chiese Evangeliche, Centro Astalli, Caritas, Comunità di Sant'Egidio Fondazione Migrantes), mai smentito, che parla di almeno 412 persone morte nei primi otto mesi del 2009, mentre tentavano di raggiungere le coste italiane. Viene vantata, così, come un successo straordinario, la drastica riduzione degli sbarchi (peraltro già compromessa dagli arrivi degli ultimi giorni), occultando quale possa essere la sorte dei respinti: o la permanenza nei Centri di detenzione o la restituzione ai paesi da cui sono fuggiti o, infine, un ulteriore tentativo di raggiungere l'Europa, con altri mezzi, su altre rotte e magari con rischi maggiori. Ora, non c'è dubbio che il trattato Italia-Libia abbia molti altri capitoli, alcuni dei quali degni di considerazione, ma il senso di quell'accordo è riassumibile nella natura del trattamento riservato ai migranti: perché questo rappresenta il primo problema economico-sociale dell'Europa e perché, dal modo di affrontarlo, discende la valutazione del tasso di democrazia di un sistema. Le foto dell'Unità ci dicono, pertanto, qualcosa di terribile su quel tasso di democrazia non solo con riferimento alla Libia, ma anche al nostro paese. Ma il discorso non si esaurisce qui, purtroppo. Nella stessa intervista, Mantovano ha testualmente dichiarato: “l’Italia è il paese che negli ultimi anni ha esaminato il maggior numero di domande di asilo in Europa e ne ha accolto (...) il più gran numero”.
E' forse vero che, negli ultimi anni è cresciuta la percentuale di richieste accolte, ma i dati assoluti vanno in una direzione totalmente diversa e disegnano una situazione esattamente opposta. In Italia, al 31 dicembre del 2008, godevano dello status di rifugiato o della protezione umanitaria circa 50000 persone, in Francia pressapoco 160000, in Germania 582735 . Qualcosa non torna, dunque, nell’aritmetica del Ministero dell’Interno.
Infine c’è una fondamentale questione di diritto totalmente elusa: non è stato detto da quali paesi provenissero i 75 respinti, il 30 agosto scorso. È lecito immaginare che almeno una parte provenisse dal Corno d’Africa, se è vero che l’unico accolto dall’Italia è un minorenne somalo bisognoso di cure ospedaliere (e in quello stesso barcone si trovavano 15 donne e tre minori). Bene è stata accertata la provenienza di queste persone? È stato consentito loro di chiedere lo status di rifugiato, e di chiederlo singolarmente, attraverso colloqui individuali? È vero o non è vero che sono stati trasportati su un natante italiano - e dunque su suolo italiano – e ciò imponeva comunque che fosse garantita la possibilità di chiedere asilo? Non è stato consentito loro: oggi potrebbero essere tra quelli infelici ritratti dalle foto dell'Unità.
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