Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

12 maggio 2011

 

Maroni, Europa non tempestiva attui decisioni
Agi 12 maggio 2011
L'Unione europea dovrebbe "dare attuazione alle decisioni prese per esempio all'ultimo consiglio Gai un mese fa": lo ha detto il ministro degli Interni Roberto Maroni al suo arrivo al Consiglio straordinario sull'immigrazione e Schengen a Bruxelles. "Frontex avrebbe dovuto iniziare immediatamente i negoziati con la Tunisia per fare il pattugliamento congiunto: e' passato un mese e non e' ancora successo nulla", ha detto Maroni. Quindi, "basterebbe che si desse attuazione concreta alle decisioni prese e purtroppo non succede con la tempestivita' che dovrebbe essere adottata in questi casi". .
 
 
 
Schengen, lo schiaffo danese "Controlli alle nostre frontiere"
ANDREA TARQUINI
la Repubblica 12 maggio 2011
La nuova destra xenofoba impone per la prima volta in un paese dell´Unione europea il ripristino sistematico dei controlli ai confini, una sospensione di fatto di Schengen cioè delle frontiere aperte in Europa. Lo schiaffo viene dalla ricca Danimarca, nelle statistiche la nazione più felice del mondo, il duro segnale di blindare la Ue al suo interno, di dividerla con nuovi Muri. E i nazionalpopulisti di destra, che con il loro partito danese Dvp, membro della coalizione di minoranza di centrodestra, dettano legge su tutti i temi-chiave a Copenaghen, cantano vittoria in tutto il Vecchio continente. 
Nasce un nuovo Muro, un Muro antistraneri e "law and order" nel nord Europa, alla vigilia della riunione di oggi dei ministri dell´Interno dell´Unione. E in vista dell´appuntamento il titolare tedesco, Hans-Peter Friedrich (Csu, cristianosociale bavarese, partner di destra della Cdu di Angela Merkel) chiede in un´intervista che esce oggi su Die Welt che anche in Germania e in altri paesi Ue divenga possibile «introdurre controlli al confine temporanei e adattare in modo flessibile gli accordi di Schengen a situazioni eccezionali create dalla pressione di inabituali flussi migratori», pur «senza perdere di vista l´accordo di Schengen stesso». Friedrich ribadisce inoltre il suo no a ripartire i profughi tra paesi Ue. 
Formalmente - dicono i danesi - non sono pieni controlli di documenti alla frontiera, ma controlli doganali. I quali, però, è ovvio che daranno a ogni doganiere e poliziotto dovere e diritto di verificare documenti, bagagli e tutto. La decisione è stata annunciata ieri dai portavoce dell´esecutivo del premier Lars Loekke Rasmussen. La più loquace, ed esultante, ieri a Copenaghen, era la leader della nuova destra, la signora Pia Kjaersgaard, nota per la sua battuta «quando incrocio un passante musulmano vado sul marciapiede opposto»: «È una misura dettata dalla più elementare ragionevolezza», ha detto. L´obiettivo è «fermare i criminali dall´Europa orientale e i profughi spinti dall´emergenza economica». Il Muro doganale-anti-extracomunitari danese nascerà per direttissima: entro tre settimane, prima delle vacanze estive. 
La Kjaersgaard ha dovuto cedere solo su una delle sue richieste: issare simbolicamente di nuovo i paletti confinari. Ma le decisioni restano severissime. I controlli doganali in entrata e in uscita saranno ripristinati in tutti i valichi di confine con la Germania, sul grande ponte di Oresund che collega Danimarca e Svezia, sui treni eurocity, sui pullman in viaggio, sui traghetti e ovviamente negli aeroporti. Anche con nuovi apparati per scannerizzare le targhe delle auto.
Il resto della Ue appare colto di sorpresa. Protesta solo, per il Ppe, il tedesco Manfred Weber. «Se vogliono, i danesi lascino Schengen e poi si accorgeranno degli svantaggi», denuncia.
 
 
 
Immigrazione, l’inefficace Malmstrom
Mariagrazia Forcella
Europa Quotidiano 12 maggio 2011
Nell’acceso dibattito al parlamento europeo sull’impatto dei flussi migratori e l’eventuale indebolimento del principio della libera circolazione nello spazio Schengen proposta dalla Commissione e osteggiata da quasi tutti i gruppi politici all’assemblea di Strasburgo, Mario Mauro – capogruppo Pdl – ha dichiarato: «Deve essere chiaro a tutti che dietro al problema immigrazione e all’emergenza umanitaria si cela una questione che è innanzitutto politica per l’Europa: noi siamo assenti per quanto concerne una strategia verso i paesi del sud del Mediterraneo. Dovremmo forse avere più Malmstrom e meno Ashton».
Certo è che la commissaria agli interni Malmstrom non può fallire in tema di strategia per il Magreb dato che questa esula completamente dalle sue competenze, ma per quanto concerne ciò che le compete, ovvero le ripercussioni in termini migratori del fenomeni in corso in Nordafrica, essa non ha mostrato minore insipienza della sua collega agli esteri.
Se ormai il volto della baronessa Ashton è diventato l’emblema dell’incapacità dell’Ue ad agire di concerto in materia di politica estera, la Malmstrom potrebbe presto divenire la faccia dell’inazione europea in tema di immigrazione.
Dotata di innato senso di superiorità nei confronti dell’Italia, di fronte ai rischi di una massiccia ondata migratoria dal Nordafrica, Cecilia Malmstrom oppone il baluardo dei sedici funzionari inviati dalla direzione generale Echo in Libia, Tunisia ed Egitto al fine di “monitorare la situazione” e “valutare le necessità”. Non paga, l’infaticabile scandinava, lungi da ogni meridionale pigrizia, ha già proposto un pragmaticissimo «meccanismo di valutazione migliore per garantire l’effettivo controllo delle frontiere esterne».
Timorata di Sarkozy, ha recentemente dichiarato che «al fine di preservare la stabilità dello spazio Schengen, può inoltre essere necessario reintrodurre temporaneamente limitati controlli alle frontiere interne in circostanze particolarmente eccezionali, ad esempio in caso di imprevista forte pressione migratoria». E questo proprio al parlamento europeo non è piaciuto.
Pare difficile comprendere perché coloro che per la statista di Stoccolma erano soltanto poche decine di migliaia di persone che l’Italia doveva gestirsi in tutto e per tutto, nell’indifferenza degli altri Stati membri, siano ora divenuti un fenomeno atto a smantellare un principio fondamentale dell’Unione – la libera circolazione delle persone – e gli articoli di un Trattato, quello di Schengen, che prevede l’abbattimento dei controlli di frontiera all’interno del suo spazio.
Vero è che, almeno in questo caso, i numeri non mentono e che le più grandi ripercussioni in termini migratori della guerra in Libia le stanno subendo Tunisia ed Egitto che hanno accolto la grande maggioranza dei 650mila libici in fuga dal loro paese. L’Italia e Malta patiscono invece gli effetti del tam-tam sulla non applicabilità degli accordi con Gheddafi, all’origine della riapertura del via mediterranea attraverso la quale sono finora transitate “soltanto” 25mila persone fra nordafricani e rifugiati dal Corno d’Africa. Ma è anche chiaro che l’ondata migratoria attraverso il Mediterraneo è ora contenuta soltanto dall’incertezza sul destino dei migranti. Qualora si diffondesse la notizia che, passate le forche caudine dei trafficanti di clandestini, poi l’ingresso in Europa è definitivo, questi arrivi si moltiplicherebbero in misura esponenziale.
Per ora, a parte i valorosi sedici funzionari europei, i monitoraggi, le valutazioni, lo studio delle migliori pratiche, gli annunci di future strategie, di concreto la Commissione europea ha messo sul piatto 75 milioni di euro per l’Italia per il 2011 (che rappresentano un considerevole incremento rispetto ai 55 milioni di cui il nostro paese ha beneficiato l’anno scorso) provenienti dai quattro fondi per le migrazioni (Fondo per le frontiere esterne, Fondo per i rimpatri, Fondo per i rifugiati e Fondo per l’integrazione). Sono inoltre disponibili altri 25 milioni di fondi d’emergenza. Ma l’Unione europea non è un borsellino né una banca. È una unione politica. Attendiamo ora le decisioni del Consiglio europeo del 24 giugno che dovrà pronunciarsi sulla politica comune per le migrazioni. 
 
 
 
Genova, arrivata nave con 596 libici
AdnKronos 12 maggio 2011
E' arrivata al terminal traghetti di Genova questa mattina intorno alle 6.30 la nave Flaminia con a bordo 596 persone fuggite dalla Libia. Ad attenderla erano Capitaneria di Porto, forze di polizia, Croce Rossa. Terminato lo sbarco sono partiti i primi dei 18 pullman per il trasferimento dei profughi nelle regioni del nord Italia a cui sono stati destinati. In Liguria ne resteranno 76, distribuiti tra le province di Genova, Savona e La Spezia.
 
 
 
Arrivano da Lampedusa, genova si prepara
Pierantonio Ghiglione
la Padania 12 maggio 2011
Sono circa un migliaio i profughi sbarcati nei giomi scorsi a Lampedusa e che tra ieri pomeriggio e questa mattina arriveranno a Genova. Inizialmente i profughi verranno smistati ad un presidio sanitario, quindi a mano a mano indirizzati verso i vari centri di accoglienza umanitaria Non si tratta della precedente ondata di migranti tunisini bensì di profughi che sono scappati dai toro Paesi in guerra e che hanno diritto di chiedere Astio politico all'Italia. La maggior parte di toro sono famiglie e bambini piccoli che dopo essere arrivati a Lampedusa a bordo di barconi, sono stati prima rifocillali quindi ospitati a bordo di laghetti ufficiali alla volta delle regioni del Nord. La Protezione Civile ha già messo in moto il comparto necessario per la prima accoglienza: a Genova oltre al presidio sanitario è stato organizzato in porto anche un punto di ristoro con acqua, bevande e panini per accogliere i migranti e smistarli verso i pullman che li porteranno nelle altre regioni Le destinazioni finali sono Veneto, Friuli, Lombardia, Piemonte e Liguria. Di questa ondata 76 persone si fermeranno in Liguria e saranno dirottati, in un primo momento, verso una struttura alberghiera per poi essere smistati sul territorio regionale nelle tre province di Genova, Savona e La Spezia in piccole strutture sociali E intanto in tema di emergenza immigrazione, dall'altra sponda della Riviera ligure a Ventimiglia tlm), dove stanziano ancora circa 150 im¬migrati tunisini senza i permesso rilasciato dalla questura per espatriare verso la Francia, in due giomi si sono registrate ben due risse tra connazionali. L'ultima è avvenuta proprio ieri sera sotto la passerella Squarciafichi nei pressi della foce del fiume Roja. Una decina i contendenti che hanno dovuto impegnare cinque pattuglie delle forze dell'Ordine (2 dei carabinieri e 3 della polizia) per ricostruire l'accaduto e separare i contendenti. Dalla violenta rissa sulla quale resta ancora incerto il movente che quasi sicuramente è collegato all'abuso di alcolici, è stalo registrato un ferito ad una mano costretto a ricorrere alle cure mediche del pronto soccorso. Più o meno nello stesso punto, in una rissa precedente, veniva gravemente ferito un altro tunisino, caduto dalla passerella, dopo essere colpito con un pugno. Le risse tra immigrati, quasi tutti, fermi al confine in attesa di espatriare in Francia sono ormai diventate una triste realtà all'ordine del giamo e già denunciata dall'assessore leghista Andrea Spinosi 'Questi immigrati avrebbero bisogno di uno sciopero della sete - aveva detto l'as¬sessore Spinosi - perché non c'è giorno che comprino alcolici che si ubriacano da fare pena a grave rischio per l'intera comunità cittadina». Non a caso, in accordo con il Comune e le istituzioni era anche intervenuto sul problema della chiusura del centro temporaneo di accoglienza: «Quel che è certo è che al più presto, appena sarà terminato questo esodo, il centro chiuderà i battenti.
 
 
 
«Diritti violati, il centro per i profughi va chiuso»
Andrea Ferraro
il Mattino 12 maggio 2011
Le persone non possono stare  lì in quelle condizioni considerato anche che la legge prevede una permanenza massima di sei mesi, tanti per vivere in una tenda sotto il sole e con il caldo in arrivo. Non tocca a me dire se la struttura vada chiusa ma chiederemo il trasferimento in altri centri se non dovesse essere possibile modificare le condizioni di vivibilità». Il senatore del Pd, Pietro Marcenaro, presidente della Commissione diritti umani del
Senato, è chiaro. Il suo giudizio, e ovviamente della commissione che presiede, lo sintetizzerà in un rapporto da illustrare la prossima settimana in aula. L'ispezione nell'ex caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere, dove la tendopoli allestita per affrontare l'emergenza profughi è stata trasformata il 23 aprile in un centro di identificazione ed espulsione, ha permesso a lui e al senatore della Lega Nord, Sergio Divina, di rendersi conto delle condiziom in cui vivono 99 tunisini (tra loro anche un quattordicenne con il padre), tutti in attesa di conoscere l'esito delle domande di asilo. Profughi che ieri, come riferito dalle associazioni della rete antirazzista (ieri lasciate all'esterno della struttura) in contatto con gli avvocati che tutelano i migranti, hanno cominciato, dopo la visita, lo sciopero della fame e della sete.
A innescare la protesta, a quanto pare, l'arrivo del giudice chiamato a esprimersi sulla convalida dei fermi. «Ci sono - continua Marcenaro - due ordini di problemi. Da un lato c'è l'esposto dei legali di molte associazioni i che hanno posto il problema della violazione dei diritti previsti dalla legge; dall'altro le condizio¬ni non accettabili della struttura. Nelle tende, tutte sotto al sole, non ci sono neppure piccoli mobili e brandine. La presidente della commissione territoriale asilo, il viceprefetto Eugenia Valente, ci ha assicurato che le audizioni termineranno giovedì e che entro due, tre settimane arriveranno le risposte alle do-mande. Ho avvertito un clima di tensione, che temo sia destinata a crescere. Ho visto tanti giovani. Quando ho chiesto loro come è il cibo hanno risposto che a loro interessa solo restare in Europa».
Differente la valutazione di Divina. «La stuttura - dice il senatore trentino- è quella che è. Sarebbe stato meglio ospitarla nell'immobile dell'ex caserma ma mi è stato riferito che non è idoneo perché necessita di lavori. Ritengo, però, che pur non essendo le tende dei prefabbricati, sussistono le condizioni per un'accoglienza dignitosa. E poi non credo sia stato violato nulla, le asso¬ciazioni in questi casi calcano la mano e poi non capisco perché gli avvocati, pur non sapendo cosa sarà scritto, anticipano che impugneranno tutti i provvedimenti di espulsione. Ricordo che esiste un accordo conia Tunisia». Ma la struttura è ido-nea per ospitare un Cie, seppure temporaneo? «Non mi permetto di dare giudizi - continua Divina - sarebbe ingeneroso nei confronti di chi ha deciso a ragion veduta. Si è dovuto fare i conti, e lo si deve ancora fare, con l'emergenza Lampedusa».
All'Andolfato, dove la delegazione è stata accolta dal viceprefetto vicario Luigi Armogida, è amvata anche la senatrice Anna Maria Cartoni del Pd. «L'ispezione è stata lunga -dice- erispetto all'ultima volta è stata tirata la cera. Non ho visto neppure i poliziotti nelle tende. Gli immigrati sono più stanchi, esasperati e nervosi. Abbiamo evidenziato l'invivibilità del campo sebbene la Croce Rossa stia facendo un buon lavoro. I tunisini denunciano la restrizione della libertà, il trattamento ricevuto dopo gli scontri (nel weekend di Pasqua un'ottantina di profughi è fuggita, ndr) quando è stato impedito di andare nei bagni e sono state tolte le brandine. La struttura inidonea a ospitare un Cie va smantellata».
 
 
 
Immigrati, il bluff di Maroni
Antonello Mangano
il Manifesto 12 maggio 2011
Centomila immigrati in Italia da gennaio in poi, più altri 60 mila come stagionali. Se fossero arrivati tutti insieme a Lampedusa, non si parrerebbe d'altro. Per alcune migliaia di arrivi dall'inizio dell'anno, è scattata la sindrome invasione ed è stato decretato lo «stato d'emergenza». Ma il ministero dell'Interno, con due decreti flussi, ha chiesto appunto l'ingresso di 160 mila persone. E se il governo ammettesse che abbiamo bisogno di due milioni di lavoratori stranieri in dieci anni? Scoppierebbe la solita crisi con la Lega. Decine di editoriali sull'argomento. Ore di discussioni nei bar su migranti e disoccupati indigeni.
Eppure basta collegarsi sul sito del ministero del Lavoro per trovare questo dato. Il rapporto si intitola "L'immigrazione per lavoro in Italia: evoluzione e prospettive" ed è un documento commissionato a Italia lavoro. I numeri sono molto chiari. Il decreto flussi è in linea con il ritmo di 160-200 mila ingressi l'anno: si arriva così ai due milioni in dieci anni. In realtà, poi, non si tratta di nuovi arrivi ma di sa-natorie mascherate, ma questo è un altro discorso, seppure nell'ambito dell'ipocrisia italiana.
Qualche mese fa un rapporto commissionato dalla Bbc e un'analisi del Sole24 Ore ipotizzavano grandi cambiamenti nei flussi migratori da qui al 2050: spostamenti verso l'Asia (nelle zone in forte crescita) dei lavoratori africani e abbandono dei paesi europei più colpiti dalla crisi. Italia in testa, ovviamente. Povera, vecchia e senza immigrati, era la previsione per i prossimi decenni. E rancorosa nei confronti degli stranieri, da nord a sud: dall'inizio dell'anno abbiamo assistito all'isteria dei politici che invitano a sparare agli stranieri (Castelli, Lombardo), cittadini che organizzano le ronde a cavallo per la caccia al tunisino (Manduria), un senso comune che misteriosamente descrive i nordafricani in transito verso la Francia come temibile concorrenza rispetto ai pochi posti di lavoro ormai disponibili. Il tutto a partire dal solito spettacolo televisivo basato su Lampedusa, dove il soccorso in mare diventa sbarco e una colpevole disorganizzazione un modo per mostrare ai telespettatori come lo "spazio vitale" possa essere conteso tra italiani e migranti.
Invece anche i dati ufficiali ammettono che le fasce basse del mercato del lavoro non vengono generalmente coperte dalle nuove generazioni (agricoltura, edilizia, assistenza e cura, pulizie, lavoro domestico, etc.) e  che a breve avremo un bisogno disperato braccia straniere. In realtà, oggi la data del 2050 appare ottimistica. II comportamento dei tunisini passati in queste settimane da Lampedusa è estremamente indicativo: hanno preferito in massa l'avventura e l'irregolarità pur di andare in Francia rispetto a un per-messo umanitario che li avrebbe bloccati in Italia. I pakistani trasferiti a Mineo (vedi il manifèsto del 19 aprile 2011) rispondevano spaventati «No Dublino!» a una domanda sulla tipologia del permesso di soggiorno richiesto: a tutti i costi volevano
evitare un riconoscimento d'asilo che li inchiodasse entro i nostri confini, secondo appunto la convenzione che prende il nome dalla capitale irlandese. E, sempre sulla stessa falsariga, Raffaella Cosentino su Repubblica.it raccontava dei somali di via dei Villini a Roma, che al paradosso italiano di un tugurio fatiscente nel cuore del quartiere
delle ambasciate preferivano bruciarsi le dita e rendere irriconoscibili i polpastrelli pur di non essere di nuovo rispediti indietro dai paesi scandinavi, nei quali si erano inseriti prima di essere cacciati proprio in virtù di "Dublino". La propaganda politica non ha ancora ammesso queste evidenze. Prevale il senso comune costruito dal "verbo" leghista, rozzo quanto efficace, a cui è stato contrapposto un generico pietismo nei confronti degli "ultimi", dei "disperati" anziché una seria analisi economica. Le inchieste, i rapporti, le ricognizioni nelle campagne meridionali non raccontano solo le terribili condizioni in cui i lavoratori migranti producono il cibo che arriva sulle nostre tavole, ma anche come - senza di loro - l'agricoltura del Sud (e, di conseguenza, l'agroindustria del Nord) sparirebbe domani. Un esempio facile da estendere a diversi settori e soggetti che risparmiano grazie agli stranieri. E che vivono al di sopra delle proprie possibilità grazie a loro.
Dalle imprese edili che continuano a prosperare solo grazie ai lavoratori dell'Est e maghrebini, molti dei quali in nero o costretti ad aprirsi improbabili partite Iva per non essere licenziati. Al lavoro domestico, di assistenza e cura che garantisce a milioni di famiglie un risparmio enorme. Una situazione a rischio, perché ne arriveranno sempre di meno. Sarà il giorno in cui ricorderemo le chiacchiere sull'invasione, il ghigno di Bossi, le preoccupazioni che associavamo a Lampedusa come un periodo della nostra storia strampalato e poco lungimirante.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links