Errori, ritardi e burocrazia. E la chiamano accoglienza

Osservatorio Italia-razzismo 13 settembre 2012

È davvero emergenza all’interno della cosiddetta “emergenza Nord Africa” istituita a seguito dell’arrivo di migranti fuggiti da quelle zone. Questa volta i protagonisti della vicenda sono oltre 500 persone, prevalentemente di origine nigeriana, pakistana e somala, ospiti del centro gestito dalla cooperativa Domus Caritatis, in via Staderini a Roma. 
Lunedì scorso gli uomini e le donne che lì vivono hanno “occupato” la struttura, chiudendo i cancelli e impedendo l’accesso agli operatori. Il motivo della protesta era, principalmente, uno: gli enormi ritardi della questura nel rilascio dei permessi di soggiorno. La maggior parte di loro si trova in attesa della decisione del Tribunale sul ricorso presentato a seguito del diniego della richiesta di protezione internazionale. Queste persone hanno il diritto, fino a che il tribunale non si pronuncia, a un “cedolino” che attesti la regolarità della loro permanenza sul territorio italiano. Questo documento reca un timbro dove è specificata la scadenza, e lungaggini burocratiche ne hanno impedito il rinnovo. Per questo motivo molte persone, in questi mesi, sono state fermate dalla polizia e trattenute perché ritenute irregolari. Ci racconta Kashif: “sono in questo centro da più di dieci mesi. La commissione ha respinto la mia domanda e dopo avere presentato ricorso mi hanno riconosciuto la protezione sussidiaria. Ora sono 8 mesi che aspetto i documenti, in queste condizioni è impossibile fare qualunque cosa, cercare un lavoro, una casa. Anche solo uscire dal centro è pericoloso, molti poliziotti non riconoscono il cedolino come un documento valido e quindi ci portano via”. Martedì si sono tenute delle riunioni tra gli ospiti, i rappresentanti del centro, le associazioni e la questura, e mercoledì è stato possibile apporre i timbri di rinnovo su oltre 300 cedolini. Una parte del problema, quindi, sembra essere risolto, ma la denuncia dei migranti va oltre la richiesta di regolarizzare la loro posizione. Majid dice: “la situazione qui dentro è molto difficile. Il cibo è pessimo e le quantità non sono sufficienti, la metà di noi soffre di problemi di stomaco, ma non ci sono abbastanza medici per visitare tutti. Non abbiamo farmaci, ci dicono di andare a comprarli da soli, ma non abbiamo soldi. Voglio andarmene da qui e iniziare la mia vita, sono 4 mesi  che aspetto i documenti. È come se fossi prigioniero”. Come ci è più volte capitato di denunciare, la situazione dell’accoglienza per migranti in Italia è frammentata e spesso disastrosa. Mesi fa abbiamo raccontato le condizioni di vita in un centro vicino Cassino, sempre finanziato nell’ambito dell’“emergenza nord Africa”, in cui i richiedenti asilo, ospitati in appartamenti, vivevano al freddo perché le caldaie erano state chiuse con delle catene. Pare evidente che non viene effettuato alcun controllo su queste strutture. Strutture per cui i soggetti appaltatori ricevono anche 48 euro al giorno per utente. Davvero molto denaro, a fronte delle nulle o scarsissime opportunità offerte a chi ha il diritto di essere accolto nel nostro paese.
 
 
alt      alt
Share/Save/Bookmark