Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

12 dicembre 2012

Dal lavoro ai migranti come cambiare l’Italia
l'Unità, 12-12-2012
Pietro Soldini
Cgil, responsabile immigrazione
LA CRISI DELLA POLITICA SI COMBATTE CON LA POLITICA ED IL DIBATTITO SUL MERITO È ANCORA INADEGUATO. Penso che il problema principale, oggi in Italia, sia riuscire a dare un'altra offerta di partecipazione, di cittadinanza attiva e di devoluzione di poteri dai partiti e e dalle istituzioni verso i cittadini. Le primarie sul leader del centro sinistra hanno sicuramente alzato la qualità e quindi bisogna insistere con le primarie per scegliere i parlamentari. Ma si deve anche andare oltre e sperimentare nuove forme di partecipazione democratica. Per esempio si può pensare di far eleggere il presidente della Rai dagli abbonati, quello dell'Inps dagli assicurati o quello dell'Acea dagli utenti utilizzando i nuovi strumenti comunicativi e tecnologici della rete. Sarebbe una nuova idea di «comunitarizzazione» dei beni comuni alternativa alle liberalizzazioni e di irrobustimento della democrazia e dei suoi corpi intermedi.
L'altra questione riguarda il Piano del lavoro: c’è la necessità, infatti, di puntare su un progetto di messa in sicurezza del territorio, degli ambienti di vita, di studio e di lavoro, su un piano di legalizzazione del lavoro nero e di lotta alla precarietà e allo sfruttamento. La lotta al lavoro nero significa anche recupero di risorse fiscali e contributive ingenti. Occorre un reddito minimo di cittadinanza legato ad un sistema di lavori «socialmente utili» e di «servizio civile» per un'altra idea di produttività economico-sociale. E questo può rappresentare una risposta non solo occupazionale, ma anche motivazionale per le nuove generazioni.
Restando sui temi del lavoro bisogna uscire dal terreno scelto dall’amministratore della Fiat Marchionne che vuole compressione del costo del lavoro per recuperare competitività. Perché in questo ragionamento c’è qualcosa che non torna. Il costo del lavoro sul prodotto auto, chiavi in mano, incide infatti per il 17%. Una macchina che costa 10 mila euro, se si azzerasse per miracolo il costo del lavoro, costerebbe 8.300 euro. Pensate che se ne potrebbero vendere molte di più di oggi? E sull'altro 83% di costi, che sembrano incomprimibili e che sono diventati, al contrario del salario, «variabili indipendenti», noi che cosa diciamo? Parliamo di questioni che riguardano energia, progettazione, brevettazione, costo del denaro, pubblicità: spesso il costo pubblicitario di un prodotto è superiore allo stesso costo del lavoro e non vale solo per l'auto. Fra l'altro la pubblicità rappresenta il «potere temporale» che ha consentito a un uomo di spadroneggiare e sgovernare, fino allo sfinimento, il nostro Paese.
Infine un altro argomento è l'immigrazione che rappresenta una prova del fuoco delle società moderne, sulla quale si esercitano nuove e vecchie destre alimentando razzismo e xenofobia da una parte e dumping sociale dall'altra ed è del tutto evidente l'inadeguatezza dell'impianto strategico della sinistra. I dati dell’Onu ci dicono che i migranti nel mondo sono circa 220 milioni, un terzo di essi migra all'interno dei Paesi sottosviluppati, un altro terzo migra verso i Paesi sviluppati ed il terzo restante migra dai Paesi sviluppati verso il resto del mondo. È un tema globale e non può essere affrontato in termini di accoglienza o respingimento, nè come conflitto fra i Paesi di emigrazione e di immigrazione. Sono infatti sempre di più i Paesi e l'Italia è fra questi che vivono contemporaneamente la condizione di Paesi d'immigrazione, emigrazione e transito. La questione migratoria va affrontata in termini di economia, lavoro, redistribuzione del reddito, riequilibrio demografico, cittadinanza, diritti, norme e tutele internazionali. E sarebbe un punto di qualità per un programma di governo nuovo per l’Italia.
Sono questi i temi che devono diventare centrali nell'esercizio di nuovi conflitti e di una nuova contrattazione sociale per riuscire ad alimentare nuove opportunità, nuove professioni, una nuova centralità del lavoro. Insomma bisogna mettere in campo tutta la strumentazione programmatica in grado di aprire una nuova fase delle società cosiddette avanzate. Una fase che sia più sobria, equa, inclusiva e diversamente ricca.



Ismu: l'Italia non è più meta ambita per i migranti
Avvenire.it, 12-12-2012
L'Italia non è più una meta ambita per i migranti. Dal 2010 al 2011 il loro numero è cresciuto nel Belpaese solo dello 0,5%, pari a 27mila persone. Gli stranieri erano 5milioni e 403 mila al 1 gennaio 2010 ed erano 5milioni e 430mila un anno dopo. «La cause della battuta d'arresto vanno cercate nel perdurare della crisi economica che ha investito l'Italia e l'Europa», si legge nel diciottesimo rapporto Ismu, presentato questa mattina a Milano. In compenso sono in forte aumento gli italiani che emigrano all'estero: nel 2011 sono stati 50mila, il 9% in più rispetto al 2010. Attualmente vivono fuori dall'Italia circa 4,2 milioni di connazionali, «non molto meno degli stranieri in Italia», fanno notare i ricercatori Ismu.
Cambia però anche il volto dell'immigrazione in Italia. I figli di immigrati extracomunitari nati nel nostro Paese sono 500mila, tanto che ora rappresentano il 23,9% di tutti gli immigrati con un incremento del 2,4%. Anche tra i banchi si registra una presenza sempre in crescita: nell'anno scolastico 2011-2012 gli alunni stranieri sono stati 755.939, pari all'8,4% della popolazione studentesca, in crescita del 6,45%. Per ora è ancora nella scuola primaria a raccogliere la maggioranza degli iscritti (9,5% sul totale dei piccoli alunni), anche se l'aumento annuo più significativo ha riguardato le scuole secondarie di secondo grado.
Nel futuro crescerà in maniera significativa anche il numero di immigrati over 65. «Saranno nuovi pensionati, che nella loro vita professionale hanno iniziato tardi a versare i contributi e in modo saltuario», commenta Giancarlo Blangiardo, demografo dell'Ismu. Nel 2041 gli stranieri over 65 saranno 1,6 milioni e nel 2060 tre milioni (oggi sono 100 mila). Sono dati da tenere in considerazione, che oggi ci dicono quel che sarà domani - aggiunge Blangiardo -. I flussi immigratori hanno subito una brusca frenata, e ora c'è la possibilità di lavorare meglio sull'integrazione. La popolazione straniera in prospettiva diventerà sempre più matura».
Criminalità: un denunciato su tre è straniero.
Uno su tre fra i denunciati per reati è straniero. Nel 2011 sono finite nelle maglie della giustizia 930.521 persone, di cui 295.785 stranieri, ovvero il 31,8%, in linea con gli anni scorsi (solo nel 2008 c'è stato il
picco del +35 per cento). Rispetto al 2010 l'aumento è del 7,8% (da 274.364 a 295.785), poco superiore a quello degli italiani (del 7%).
È la crisi economica a incidere sulla tipologia dei reati commessi dagli stranieri. Sono in crescita infatti quelli contro il patrimonio: i furti segnano un più 31,8% rispetto al 2010, mentre le rapine un più 38,1 per cento. In diminuzione invece i reati contro la persona (omicidi, violenza sessuali etc.): -5,1% sul 2010. In particolare gli stranieri commettono per lo più furti in esercizi commerciali, il 59,5% (più 15,6% sul 2010), furti in abitazione 48,7% (più 52,5%) e rapine in abitazione 48,7% (+43,6%).
Cesareo: «Sanatorie inadeguate, rivedere la legge».
Riforma della legge sull'immigrazione e di quella sulla cittadinanza. È quanto chiede Vincenzo Cesareo, segretario generale della Fondazione Ismu. «Le sanatorie sono state inadeguate -ha detto-. Occorre rivedere i meccanismi d'ingresso nel nostro Paese». Sulla cittadinanza, l'Ismu propone uno ius soli temperato. «Per chi nasce in Italia si può prevedere che possano diventare cittadini una volta che hanno concluso il ciclo di studi della scuola dell'obbligo» ha spiegato Cesareo. Per gli adulti immigrati «invece va pensato ad un meccanismo che premi l'integrazione: come in Germania, dove i tempi previsti per la concessione della cittadinanza (otto anni) vengono accorciati se lo straniero frequenta corsi e supera alcuni test».
È ora di rivedere i meccanismi di espulsione e la natura dei Centri di identificazione ed espulsione (Cie). Lo sostiene il prefetto Angelo Carbone,vice capo di gabinetto del ministro della Cooperazione. «I Cie sono ancora uno strumento importante, ma chiediamoci se il meccanismo di espulsione sia efficace. Abbiamo aumentato i tempi di reclusione di ben 18 volte: da un mese ai 18 di adesso. Chiediamoci: sono aumentate di 18 volte le espulsioni? Sicuramente sono aumentati i costi».

    
    
Migrazioni, Crescita zero stranieri in calo, italiani in fuga
Se emigra sempre meno verso il nostro Paese. Nel 2012 ci sono stati solo 27mila ingressi in più rispetto al 1° gennaio 2011. La crisi economica, da una parte, e dall'altro un aumentano i flussi in uscita: nel 2011 i connazionali che si sono stabiliti all'estero sono stati 50mila, il 9% in più del 2010. Lo dice il XVIII Rapporto nazionale sulle migrazioni della Fondazione Ismu
VLADIMIRO POLCHI
la Repubblica, 12-12-2012
ROMA - "Crescita zero". È la prima volta che in un rapporto sull'immigrazione si leggono queste due parole. Nel 2012 infatti ci sono solo 27mila stranieri in più rispetto al 1° gennaio 2011. La colpa? Il perdurare della crisi economica. Non solo. Se da un lato si emigra sempre meno verso l'Italia, dall'altro aumentano i flussi in uscita: nel 2011 i connazionali emigrati all'estero sono stati 50mila, il 9% in più del 2010. È quanto emerge dal XVIII Rapporto nazionale sulle migrazioni della Fondazione Ismu.
La crescita zero. Al 1° gennaio 2012 la popolazione straniera presente in Italia è stimata dall'Ismu in 5 milioni e 430mila persone (regolari e non). Rispetto al 1° gennaio 2011, anno in cui si contavano 5 milioni e 403mila immigrati, si registra un crollo sul fronte della crescita, che aumenta di sole 27mila presenze (+0,5%). La variazione è talmente irrilevante che spinge a parlare di crescita pari a zero. L'incremento della popolazione straniera in Italia, infatti, non è mai stato così basso come nel 2011, anche se le prime avvisaglie di rallentamento già si erano notate nel 2010, anno in cui si era registrato un aumento di sole 69mila presenze. Al vertice della graduatoria degli stranieri si conferma la Romania, con più di 1 milione di immigrati. Seguono il Marocco con 506mila e l'Albania con 491mila soggiornanti
Gli irregolari e i minori. Al 1° gennaio 2012 non hanno un valido titolo di soggiorno 326mila stranieri, 117mila in meno (-26%) rispetto ai 443mila stimati al 1° gennaio 2011. I minori passano invece dal 21,5% al 23,9%, sul totale degli extracomunitari residenti. Elevata la percentuale di abbandoni scolastici: tra i 18-24enni nel 2010 la quota di stranieri che ha abbandonato prematuramente gli studi è stata del 43,8%, a fronte del 16,4% degli italiani.
Occupazione e scenari futuri. In uno scenario di recessione, il livello di occupazione degli stranieri ha continuato a crescere e quello italiano a diminuire. Il nostro mercato interno non cessa insomma di creare nuovi posti di lavoro "da immigrati" (oltre 170mila solo nell'ultimo anno). Comunque, nonostante la battuta d'arresto dei flussi in arrivo, l'Ismu prevede che i residenti stranieri aumenteranno di circa 6 milioni tra il 2012 e il 2041, con un'incidenza che passerebbe dall'attuale 8% al 18%. Si calcola inoltre che gli over 65 passeranno dagli attuali 100mila a oltre 1,6 milioni nel 2041, fino a raggiungere i tre milioni a fine 2060.
I reati degli immigrati. Nel 2011 le persone denunciate in totale in Italia sono state 930.521, di cui 295.785 straniere, ovvero il 31,8% in linea con gli anni scorsi (solo nel 2008 c'è stato il picco del +35%). Rispetto al 2010 l'aumento è del 7,8% (da 274.364 a 295.785 persone), poco superiore a quello degli italiani (del 7%). "E' una variazione non significativa dovuta, per ipotesi, a una maggiore incisività delle forze dell'ordine".
 


L’Italia ridiventa una terra di emigranti
Calano gli stranieri, boom di “fughe” di giovani Al top Stati Uniti, Germania e Paesi nordici
La Stampa, 12-12-2012
Francesco Spini
Biglietto di sola andata. Nell’ultimo anno 50 mila connazionali si sono trasferiti all’estero: in totale sono 4,2 milioni
Arrivano meno stranieri, partono sempre più italiani. Stiamo tornando ad essere terra di emigranti? Leggendo i numeri del XVIII rapporto sulle migrazioni elaborato dalla Fondazione Ismu un dato emerge chiaro: causa crisi, l’Italia è diventata meno attraente tanto per gli stranieri quanto per gli stessi italiani. Così il primo gennaio del 2012 rispetto a un anno prima il saldo della presenza degli stranieri in Italia è aumentato di appena 27 mila unità, +0,5%. Crescita zero, se si pensa che negli anni passati gli incrementi erano a colpi di 500 mila persone. Il declino è iniziato nel 2010 (quando il saldo è planato a 69 mila persone) e non si è fermato più. Alcuni migranti (70 mila) sono via via divenuti cittadini italiani, uscendo da queste statistiche. Ma in 33 mila l’anno passato sono andati via, in cerca di opportunità che l’Italia non sa più offrire. Le stesse che cercano gli italiani i quali, sempre più, staccano biglietti di sola andata: nel 2011 il loro numero è aumentato del 9%. In 50 mila sono andati a ingrossare le fila degli italiani all’estero, che al primo gennaio erano 4,2 milioni, considerando solo quelli che hanno mantenuto la cittadinanza tricolore. Ormai a un’incollatura dai 5 milioni e 430 mila migranti, tra regolari e non, che soggiornano secondo le stime Ismu nel nostro Paese. Le dinamiche dell’immigrazione stanno cambiando. Gian Carlo Blangiardo, responsabile settore statistica della Fondazione Ismu, spiega che probabilmente «è finito un ciclo». Alla «fase 1» fatta di un’immigrazione impetuosa è «subentrata una fase 2 in cui si assiste a un radicamento del progetto migratorio». Il dato dirompente, infatti, è che in cima alla classifica dei nuovi arrivi del 2011 non ci sono cittadini stranieri in cerca di occupazione, come accadeva prima, oggi fermi a quota 96 mila e in calo di due terzi rispetto all’anno prima. No. In cima ci sono i ricongiungimenti familiari, a quota 141 mila seppure in calo di un quinto. E crescono, seppure con numeri ridotti, gli arrivi per motivi di asilo o con motivazioni umanitarie: da 10 mila sono passati in un anno a 43 mila casi.
Quanto poi agli italiani, il dato dei 50 mila in fuga è sorprendente e dà un’idea della crisi in corso. Ma non ha raggiunto i picchi, ad esempio, della Spagna, dove il flusso in uscita è dell’ordine delle 3-400 mila persone, come ricorda un altro ricercatore statistico della Fondazione, Alessio Menonna. «Comunque quella degli italiani non è una replica dell’emigrazione povera che c’era in Italia cinquant’anni fa, ma è la ricerca di opportunità da parte di chi ha un altro tasso di scolarizzazione», sintetizza il segretario generale dell’Ismu, Vincenzo Cesareo. Dove vanno gli italiani che alla valigia di cartone hanno sostituito zaino e iPad? «La sensazione - spiega Blangiardo - è che le grandi mete dei giovani in fuga dalla crisi siano la Germania, il Regno Unito, in parte gli Stati Uniti, un po’ la Francia così come Svezia e paesi nordici in generale».
Più italiani all’estero e meno migranti in Italia: sarà questo il futuro? Errore. Ismu prevede che i residenti stranieriaumenteranno di circa 6 milioni di qui al 2041, la loro incidenza sul totale della popolazione passerà dall’8 al 18%. Mentre gli irregolari calano del 26%, a quota 326 mila, la comunità più numerosa è quella dei rumeni (oltre 1 milione), seguita da quelle marocchina (506 mila) e albanese (491 mila). La densità più elevata è in Emilia Romagna: 10,3 cittadini extra Ue ogni 100 residenti. I minori sono in decisa crescita: passano dal 21,5 al 23,9% sul totale degli extracomunitari residenti. Quelli nati in Italia sono 500 mila, il 60%. Nonostante la crisi, cresce l’occupazione straniera, con 170 mila nuovi posti. Ma sale anche il tasso di disoccupazione, dall’11,6 al 12,1%.
Con il tempo aumenteranno anche gli over 65: dagli attuali 100mila a oltre 1,6 milioni nel 2041, fino a 3 milioni nel 2060. Sono gli effetti della «fase 2», quella di un fenomeno migratorio più maturo e che non a caso vede crescere il numero dei soggiornanti di lungo periodo: due terzi dei 252 mila cittadini non comunitari entrati in Italia nel 2007 risultano ancora presenti con un permesso di soggiorno valido. E che, commenta Blangiardo, «rappresenta un’opportunità per aprire un vero discorso di integrazione», soprattutto per chi sul nostro Paese ha fatto una scommessa a lungo termine.



LA STRAGE DI FIRENZE
UN ANTIRAZZISMO COERENTE, BASTA PAROLE

il manifesto, 12-12-2012
Filippo Miraglia
Il 13 dicembre del 2011, esattamente un anno fa, Modou Samb e Mor Diop vennero uccisi e altre tre persone, tutte di origine senegalese, furono ferite, una di queste in modo così grave da riportarne una invalidità permanente. A sparare fu Gianluca Casseri, un simpatizzante di Casa Pound. In un periodo, come quello attuale, in cui si è attenuato il ricorso alle offese di stampo razzista, a scelte o dichiarazioni che individuano in persone di origine straniera o appartenenti a minoranze i capri espiatori delle contraddizioni delle comunità locali, quella strage ha dimostrato, qualora ci fosse ancora bisogno di conferme, che i sentimenti di intolleranza e di fa- stidio alimentati per anni non coincidono sempre con gli interessi della politica e le campagne di stampa. L'insofferenza e l'astio verso gli stranieri sono diventati uno dei tratti identitari delle nostre comunità. Un elemento che in certi periodi sembra scomparire, per poi riaffacciarsi all'improvviso. Per avere una quantità di razzismo diffuse sempre disponibile al mercato della politica è stato fatto un lavoro di lungo período. Un impegno non coordinato, che risponde a interessi non sempre coincidenti e che però produce risultati convergenti. .
La crisi e i suoi effetti potenziano questo comune sentire negativo e rappresentano l'humus nel quale può esplodere il gesto omicida. Ad un anno di distanza da quella tragedia sarebbe troppo facile dire "l'avevamo previsto", sicuramente ci sentiamo però di affermare con ancora più forza che serve un impegno diffuso e Stabile per radicare gli anticorpi che facciano da barriera al razzismo. Da troppi anni assistiamo a scene di ordinaria follia nelle piazze dei grandi centri urbani come sulle spiagge del turismo, inseguimenti e retate di ambulanti come se si trattasse di pericolose organizzazioni ciiminali. Ci sarà bisogno di un lasso di tempo almeno altrettanto lungo perché tutti comincino a parlare la lingua dell'uguaglianza e dell'inclusione sociale. Alle campagne di criminalizzazione e denigra- zione, agli sgomberi programmati e continui dei campi rom dovrebbero per ésempio corrispondere azioni di riparazione e di coinvolgimento delle comunità rom e sinti, "per restituire a queste minoranze l'umanità sottratta nella rappresentazione pubblica dai ripetuti e violenti interventi esplicitamente discriminatori.
Al di là delle giuste e doverose parole di condanna del razzismo che sentiremo in questi giorni, vorremmo dichiarazioni per impegni concreti à favore dei migranti e delle minoranze, senza la solita ambiguità sottesa allo scambio fra doveri e diritti, con un'idea della democrazia e dell'uguaglianza basata sul ricatto. L'idea, cioè, che chi pretende diritti se li deve meritare, con una palese non conformità ai principi dettati dalla nostra Costituzione in base ai quali le persone tutte sono portatori di diritti senza se e senza ma. Il richiamo ai doveri può e deve essere fatto senza considerarlo moneta di scambio (nel paese dei femminicidi qualcuno ricorderà i discorsi di chi, neanche tanto tempo fa, nelle aule dei tribunali sosteneva che le donne se l'erano cercata, che si dovevano vestire diversamente e non "provocare"). Nei prossimi giorni parteciperemo in tanti alle iniziative di Firenze in ricordo di quei terribili fatti, perché non accada mai più. Lo faremo ricordando che per evitare che succeda di nuovo ci vuole coerenza tra l'antirazzismo dichiarato e quello praticato.



“Due volte speciali”: bambini di origine straniera con disabilità
CIRDI, 11-12-2012
Gli aspetti educativi e didattici che coinvolgono i bambini con disabilità provenienti da contesti migratori (nati all’estero o figli di migranti), sono un tema al contempo delicato e rimosso. Di seguito si riporta l’intervista rilasciata a Corriere Immigrazione.it da Caterina Martinazzoli, autrice del libro ”Due volte speciali”, che riflette sulle difficoltà che incontrano questi bambini nei contesti scolastici.
I bambini “Due volte speciali” devono misurarsi con le sfide relative al loro handicap e con quelle che riguardano l’incontro con una cultura e una lingua nuova. Purtroppo non disponiamo di dati attendibili circa il numero di questi bambini, perché il tema è studiato solo dal 2006 e ancora molti enti locali non riescono a fornire dati analitici. A livello nazionale si stima una percentuale del 15/20 per cento rispetto al totale dei bambini diversamente abili.
L’esperienza migratoria ha un impatto molto forte su questi bambini, purtroppo la maggior parte degli insegnanti non sembra tenerne conto. In molti casi, l’esperienza migratoria può causare infatti dei traumi specifici che vanno ad aggravare e complicare una situazione già critica in partenza, come può essere quella di un bambino con un ritardo mentale o con un problema fisico.
Le differenti concezioni culturali delle malattie provocano inoltre difficoltà aggiuntive. Quando un genitore crede che il proprio figlio con autismo, per esempio, sia un bambino speciale perché in contatto preferenziale con gli antenati, l’insegnante deve accogliere questa credenza, valorizzare ciò che è possibile valorizzare e cercare di andargli incontro, spiegando il proprio progetto educativo che ha tutt’altra base. Per questo è necessario l’intervento del mediatore linguistico culturale e una formazione multiculturale sull’approccio alla disabilità per gli insegnanti. Si dovrebbe partire dalla conoscenza dell’argomento per andare verso un’apertura, che in etnopsichiatria e psicologia transculturale, si chiama decentramento e che consiste nel provare a mettersi nei panni degli altri e delle loro rappresentazioni culturali, per capire e trovare un terreno comune su cui poter lavorare. In questo modo si cerca di creare dei ponti di comunicazione per “co-costruire”, cioè per costruire insieme, un intervento educativo che tenga conto anche delle aspettative e delle credenze dei genitori».
In Italia oggi la situazione è piuttosto critica. Questo vale per tutti i bambini disabili e, a maggior ragione, per quelli che provengono da contesti migratori. Le azioni fondamentali perché la scuola possa migliorare sono, a un livello primario, un’azione educativa e didattica che vada a fare una lettura multidimensionale del bambino. Che significa osservare il bambino in modo multidimensionale, tenendo conto di vari “spazi”: quelli che formano la sua identità culturale (da dove viene, che lingua parla…); quelli di abilità (cioè le caratteristiche mentali, fisiche ed emotive); quelli di contesto (le barriere fisiche e no che accentuano la sua disabilità). Rispetto a questi spazi vanno evidenziati dei facilitatori appropriati e specifici. Una lettura di questo tipo permette di creare un intervento educativo mirato. E poi sarebbe davvero importante una formazione multiculturale alla disabilità per gli insegnanti, accompagnata da risorse e strumenti adeguati per la formazione dei mediatori culturali e per nuovi protocolli osservativi. Anche la questione della diagnosi è molto importante». Ci vorrebbe una legislazione adeguata e specifica. La nostra legislazione, infatti, fa riferimento o alle disabilità oppure all’appartenenza culturale. Non ci sono leggi specifiche che uniscano i due aspetti. È auspicabile che il Ministero dia un indirizzo omogeneo sulle modalità d’approccio culturale alle disabilità. Così che l’intervento dell’insegnante possa essere più specifico ed efficace.
Fonte: Corriere Immigrazione.it

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