Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

14 novembre 2011

 

Il lavoratore invisibile e senza diritti è sempre migrante
l'Unità, 12-11-2011
Silvio Di Francia   
È uno dei più colpiti dalla crisi, la sua busta paga reca 300 euro in meno rispetto a quella del collega italiano, è più esposto di altri lavoratori alla prospettiva di perdere il lavoro. E’ questo, in sintesi, l’identikit del lavoratore immigrato in Italia, come tratteggiato dal “Primo Rapporto Annuale sull’Economia dell’Immigrazione” curato, per Il Mulino, dalla Fondazione Leone Moressa. Ma, anche se questo è il quadro che emerge da una diseguaglianza storica, alla quale si aggiungono gli effetti della crisi, ciò non deve indurre a sottovalutare il peso cruciale del contributo che il lavoro immigrato reca alla nostra economia.
Se, infatti, gli stranieri rappresentano la parte della popolazione che più ha subìto l’effetto negativo della crisi, con un tasso di disoccupazione che passa dall’8,5% del 2008 all’11,6% del 2010 e con tassi d’indigenza più elevati, evidenziati dal 37% di famiglie straniere sotto la soglia di povertà, rimane significativo il dato rappresentato dal 5,1% del totale dichiarato e i quasi 6 miliardi incassati dall’Irpef pari al 4,1 % del totale dell’imposta netta.
Questi pochi e scarni dati, non rendono giustizia, naturalmente, del lavoro imponente e complesso e della mole di dati contenuti dallo studio della Fondazione Moressa; eppure raccontano, già in queste poche righe, quanto l’immigrazione sia - e non da oggi - questione rilevantissima che riguarda il lavoro e lo sviluppo economico. O meglio: questione di cui sono consapevoli forze sindacali e imprenditoriali, studiosi dell’economia e amministratori locali eppure, colpevolmente marginale nella discussione pubblica. 
 
 
 
Accordo di integrazione: pubblicato il regolamento alla vigilia delle dimissioni del Governo. Al successore di Maroni il compito di predisporre le procedure, in vigore a partire dal 10 marzo 2012.
Il d.P.R. 14 aprile 2011, n. 179, “Regolamento concernente la disciplina dell'accordo di integrazione tra lo straniero e lo Stato”, pubblicato nella GU dell’11 novembre 2011, si applicherà ai cittadini stranieri che giungeranno in Italia dopo il 10 marzo 2012.
Immigrazione Oggi, 14-11-2011
Beffa del destino! L’accordo di integrazione, tanto atteso dalla Lega Nord che era riuscita ad inserirlo con un proprio emendamento all’interno del pacchetto sicurezza (legge n. 94 del 2009), diventa operativo proprio alla vigilia delle dimissioni del Governo!
Spetterà al successore di Maroni predisporre gli strumenti tecnici e le procedure che dovranno essere in piena efficienza entro il 10 marzo 2012, data di entrata in vigore del regolamento (d.P.R. 14 settembre 2011, n. 179).
Ecco i punti fondamentali del decreto:
• I destinatari sono solo gli stranieri di età superiore ai sedici anni che fanno ingresso per la prima volta nel territorio nazionale dopo il 10 marzo 2012 e presentano istanza di rilascio del permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno.
• Lo straniero che presenta istanza di permesso di soggiorno allo sportello unico per l’immigrazione presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo o alla questura competente, contestualmente alla presentazione della medesima istanza, stipula con lo Stato un accordo di integrazione redatto secondo il modello A allegato al d.P.R., tradotto nella lingua da lui indicata o se ciò non è possibile, inglese, francese, spagnola, araba, cinese, albanese, russa o filippina, secondo la preferenza indicata dall’interessato. Per lo Stato, l’accordo è stipulato dal prefetto o da un suo delegato. Se lo straniero è un minore di età compresa tra i sedici e i diciotto anni, l’accordo è sottoscritto anche dai genitori o dai soggetti esercenti la potestà genitoriale regolarmente soggiornanti nel territorio nazionale.
• Sono esentati dalla stipula dell’accordo: gli stranieri affetti da patologie o da disabilità tali da limitare gravemente l’autosufficienza o da determinare gravi difficoltà di apprendimento linguistico e culturale; i minori non accompagnati affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184 , ovvero sottoposti a tutela; le vittime della tratta di persone, di violenza o di grave sfruttamento, per le quali l’accordo è sostituito dal completamento del programma di assistenza ed integrazione sociale di cui all’articolo 18 del testo unico.
• Con la sottoscrizione dell’accordo, lo straniero si impegna ad acquisire: un livello adeguato di conoscenza della lingua italiana parlata equivalente almeno al livello A2; una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica e dell’organizzazione e funzionamento delle istituzioni pubbliche in Italia; una sufficiente conoscenza della vita civile in Italia, con particolare riferimento ai settori della sanità, della scuola, dei servizi sociali, del lavoro e agli obblighi fiscali. Si impegna a garantire l’adempimento dell’obbligo di istruzione da parte dei figli minori, ad aderire alla Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione ed a rispettarne i principi.
• Lo Stato si impegna a sostenere il processo di integrazione dello straniero attraverso l’assunzione di ogni idonea iniziativa in raccordo con le regioni e gli enti locali che, anche in collaborazione con i centri per l’istruzione degli adulti, possono avvalersi delle organizzazioni del terzo settore e delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, nell'ambito delle rispettive competenze e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente. Nell’immediato, lo Stato assicura allo straniero la partecipazione ad una sessione di formazione civica e di informazione sulla vita in Italia entro i tre mesi successivi a quello di stipula dell’accordo. La sessione ha una durata non inferiore a cinque e non superiore a dieci ore e prevede l’utilizzo di materiali e sussidi tradotti nella lingua indicata dallo straniero o se ciò non è possibile, inglese, francese, spagnola, araba, cinese, albanese, russa o filippina, secondo la preferenza indicata dall’interessato.
L’accordo ha la durata di due anni prorogabile di un altro anno, salvo trattarsi di accordo sottoscritto da straniero titolare di permesso di soggiorno di durata un anno.
• L’accordo è articolato per crediti. All’atto della sottoscrizione dell’accordo, sono assegnati allo straniero sedici crediti corrispondenti al livello A1 di conoscenza della lingua italiana parlata ed al livello sufficiente di conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia.
• I crediti devono essere ulteriormente incrementati nella vigenza dell’accordo a seguito della frequenza di corsi di lingua, istruzione, ecc, meticolosamente indicati nell’allegato B) al regolamento. I crediti sono assegnati sulla base della documentazione prodotta dallo straniero nel periodo di durata dell’accordo. In assenza di idonea documentazione, i crediti relativi alla conoscenza della lingua italiana, della cultura civica e della vita civile in Italia possono essere assegnati a seguito di un apposito test effettuato a cura dello sportello unico anche presso i centri per l’istruzione degli adulti. Infatti, affinché l’accordo si consideri adempiuto, alla scadenza occorre aver conseguito almeno trenta crediti.
• I crediti subiscono decurtazioni nella misura indicata nell’allegato C. La mancata partecipazione alla sessione di formazione civica e di informazione entro tre mesi dà luogo alla perdita di quindici dei sedici crediti. L’inadempimento dell’obbligo scolastico dei minori, salva la prova di essersi, comunque, adoperato per garantirne l’adempimento, determina in ogni caso la perdita integrale dei crediti assegnati all’atto della sottoscrizione e di quelli successivamente conseguiti e la risoluzione dell’accordo per inadempimento.
• Sospensione dell’accordo. L’efficacia dell’accordo può essere sospesa o prorogata, a domanda, per il tempo in cui sussista una causa di forza maggiore o un legittimo impedimento al rispetto dell’accordo, attestato attraverso idonea documentazione, derivante da gravi motivi di salute o di famiglia, da motivi di lavoro, dalla frequenza di corsi o tirocini di formazione, aggiornamento od orientamento professionale ovvero da motivi di studio all’estero. I gravi motivi di salute sono attestati attraverso la presentazione di una certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.
• La verifica dell’accordo. Un mese prima della scadenza del biennio di durata dell’accordo, lo sportello unico ne avvia la verifica previa comunicazione allo straniero e lo invita a presentare, entro quindici giorni, qualora non vi abbia già provveduto, la documentazione necessaria ad ottenere il riconoscimento dei crediti e la certificazione relativa all’adempimento dell’obbligo di istruzione dei figli minori o, in assenza, la prova di essersi adoperato per garantirne l’adempimento. Lo straniero è informato anche della facoltà, in assenza di idonea documentazione, di far accertare il proprio livello di conoscenza della lingua italiana, della cultura civica e della vita civile in Italia attraverso un apposito test svolto gratuitamente a cura dello sportello medesimo. Nel caso di permesso di soggiorno della durata di un anno, un mese prima della scadenza, lo sportello unico verifica solo la partecipazione alla sessione di formazione civica e di informazione. Se lo straniero non ha adempiuto subisce la decurtazione di quindici crediti.
• La verifica si conclude con l’attribuzione dei crediti finali e l’assunzione di una delle seguenti determinazioni:
a) qualora il numero dei crediti finali sia pari o superiore alla soglia di adempimento, fissata in trenta crediti, purché siano stati conseguiti il livello A2 della conoscenza della lingua italiana parlata e il livello di sufficienza della conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia, è decretata l’estinzione dell’accordo per adempimento con rilascio del relativo attestato;
b) qualora il numero dei crediti finali sia superiore a zero e inferiore alla soglia di adempimento ovvero non siano stati conseguiti i livelli della conoscenza della lingua italiana parlata, della cultura civica e della vita civile in Italia, è dichiarata la proroga dell’accordo per un anno alle medesime condizioni. Un mese prima della scadenza dell’anno di proroga, lo sportello unico attiva la verifica finale riferita all’intero triennio. Qualora persistano le condizioni iniziali il prefetto ne decreta l’inadempimento parziale, di cui terrà conto il questore per l’adozione dei provvedimenti discrezionali di rinnovo o revoca del permesso di soggiorno. Nel caso invece i crediti iniziali fossero stati ulteriormente decurtati fino a zero o inferiore, è decretata la risoluzione con gli effetti indicati nella successiva lettera c);
c) qualora il numero dei crediti finali sia pari o inferiore a zero, è decretata la risoluzione dell’accordo per inadempimento. La risoluzione dell’accordo per inadempimento determina la revoca del permesso di soggiorno o il rifiuto del suo rinnovo e l’espulsione dello straniero dal territorio nazionale, previa comunicazione, con modalità informatiche, dello sportello unico alla questura “ ad eccezione – stabilisce l’art. 4 bis del testo unico – dello straniero titolare di permesso di soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari, per motivi familiari, di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di carta di soggiorno per familiare straniero di cittadino dell’Unione europea, nonché dello straniero titolare di altro permesso di soggiorno che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare”. Inoltre, precisa il regolamento, “qualora ricorra uno dei casi di divieto di espulsione dello straniero previsti dal testo unico, della risoluzione dell’accordo per inadempimento ai sensi del comma 5, lettera c), tiene conto l’autorità competente per l’adozione dei provvedimenti discrezionali di cui al testo unico”.
Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi il decreto prevede l’istituzione presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno dell’Anagrafe nazionale degli intestatari degli accordi di integrazione, completamente informatizzata, dove sono inseriti i dati anagrafici dello straniero, gli estremi dell’accordo, i crediti assegnati e quelli decurtati.
La responsabilità dell’attuazione in ambito provinciale è affidata ai prefetti che promuovono accordi per lo svolgimento delle sessioni di formazione civica e informazione e dei test linguistici e culturali con gli uffici scolastici regionali, i centri provinciali per l’istruzione degli adulti, le istituzioni scolastiche statali ed altre amministrazioni ed istituzioni statali. Queste forme di collaborazione sono promosse con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Infine, ai consigli territoriali per l’immigrazione è devoluto il compito di promuovere le iniziative a sostegno del processo di integrazione dello straniero, con particolare riferimento alla formazione linguistica. Il tutto nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Il testo pubblicato nella Gazzetta ufficiale.
 
 
 
IMMIGRATI. L'ultimo atto? Il permesso a punti
VITA; 14-11-2011
Sara De Carli
Ideato da Maroni, dopo due anni è arrivato in GU
Dopo due anni di annunci (era previsto dalla legge sicurezza di Maroni del 2009), è ufficialmente in vigore il "permesso a punti". È stato infatti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 263 di venerdì 11 novembre 2011 il “regolamento che disciplina l'accordo di integrazione tra lo straniero e lo Stato stipulato al momento della presentazione della domanda del permesso di soggiorno". In sostanza l'ultimo atto della Lega. Il provvedimento è in vigore dal 26 novembre ma nel testo si parla di 120 giorni di tempo dalla sua pubblicazione in GU per renderlo operativo: quindi l'appuntamento con il nuovo permesso di soggiorno a punti è per il 10 marzo 2012.
Cosa cambia
Al momento della richiesta del permesso di soggiorno, il cittadino straniero stipula un accordo con lo Stato italiano, detto appunto "accordo di integrazione", articolato per crediti (cioè "punti"). Con l'accordo, lo straniero si impegna a:
a) acquisire un livello adeguato di conoscenza della lingua italiana parlata
b) acquisire una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica e dell'organizzazione e funzionamento delle istituzioni pubbliche in Italia;
c) acquisire una sufficiente conoscenza della vita civile in Italia, con particolare riferimento ai settori della sanita', della scuola, dei servizi sociali, del lavoro e agli obblighi fiscali;
d) garantire l'adempimento dell'obbligo di istruzione da parte dei figli minori.
Da parte sua lo Stato assicura allo straniero la partecipazione ad una sessione di formazione civica e di informazione sulla vita in Italia, in particolare entro tre mesi un mini-corso gratuito di “formazione civica e informazione sulla vita civile” che dura tra cinque e dieci ore, svolto nella propria lingua d'origine (se questo non è possibile, in una lingua a scelta tra: inglese, francese, spagnolo, arabo, cinese, albanese, russo e filippino).
Alla firma dell'accordo vengono assegnati automaticamente allo straniero 16 punti: altri potrà accumularli grazie a conoscenze linguistiche, corsi frequentati, titoli di studio, ma anche grazie a comportamenti virtuosi nel senso di un'integrazione nel sistema italiano, come la scelta del medico di base, la registrazione del contratto d’affitto, attività imprenditoriali o di volontariato.
I punti però si possono anche perdere in caso di condanne penali anche non definitive, misure di sicurezza personali e illeciti amministrativi e tributari.
Un mese prima della scadenza del biennio dell'accordo, lo Sportello Unico per l’Immigrazione avvia la verifica, chiedendo allo straniero di presentare tutti i documenti necessari per l'attribuzione di punti o, se questa non ci fosse, lo sottopone a un test. Se lo straniero ha nel suo "permesso a punti" dai trenta punti in su, l’accordo si considera rispettato, da uno a ventinove si viene “rimandati”, con l’impegno a raggiungere quota trenta entro un anno, ma se i punti sono zero o meno scatta l’espulsione.
Chi riguarda
Il regolamento si applica allo straniero con più di 16 anni che fa ingresso per la prima volta nel territorio italiano e fa domanda per il rilascio del permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno.
Naturalmente il provvedimento non è retroattivo, riguarda perciò solo chi arriverà in Italia dopo la sua entrata in vigore.
 
 
 
Minori non accompagnati: solo un sesto di quelli che sbarcano ha un tutore legale.
Monitoraggio di Save the Children: tempi lunghi nelle strutture di accoglienza temporanea, il 63% è ancora in attesa di andare in comunità. Numerosi i casi di fughe.
Immigrazione Oggi, 14-11-2011
“Sono 2.737 i minori sbarcati a Lampedusa dall’inizio dell’anno, di questi, 2.599 sono arrivati in Italia senza familiari. Molti di loro, circa 600, non hanno ancora raggiunto una destinazione definitiva e sono accolti in Strutture di accoglienza temporanea (Sat)”.
È quanto riferisce l’Ong Save the Children all’indomani dell’ultimo arrivo di migranti, avvenuto sabato scorso a Lampedusa dopo quasi tre mesi (l’ultimo era avvenuto il 16 agosto). Nel barcone c’era anche un bambino nato durante il viaggio che è stato trasferito con la sua mamma somala dal Poliambulatorio di Lampedusa all’ospedale di Agrigento.
Save the Children ha realizzato un monitoraggio delle strutture con tre team di consulenti legali e mediatori culturali nell’ambito del progetto Praesidium, in convenzione con il Ministero dell’interno. Nel corso dei sopralluoghi, sono state monitorate le condizioni di accoglienza, ascoltando anche il punto di vista diretto dei ragazzi accolti. Il quadro che ne è emerso è in linea generale positivo, anche se non mancano alcune importanti criticità.
In circa tre mesi, da luglio a settembre, 1.028 minori non accompagnati giunti a Lampedusa sono stati accolti in 24 Sat, ovvero in strutture temporanee che si trovano in Calabria, Sicilia, Basilicata, Puglia e Toscana, e che sono state identificate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali come strutture che si devono fare carico della prima accoglienza dei minori in attesa del loro trasferimento in comunità di alloggio definitive. Si tratta del 40% circa del numero complessivo di minori non accompagnati arrivati a Lampedusa dall’inizio del 2011. Sono 589 i minori che sono stati trasferiti nelle strutture di transito solo dopo aver passato almeno 20 giorni a Lampedusa, tra di essi alcuni (42) hanno atteso il trasferimento sull’isola per più di 50 giorni.
Al 30 settembre 2011, tuttavia, il 63% circa dei minori ivi trasferiti (pari a 686) è tuttora in attesa di essere collocato in comunità definitive. Il 10% (106 minori) è fuggito dalle Sat dove era stato collocato, in Campania (30), Calabria (26) e Sicilia (50). “Il principale problema – spiega Raffaela Milano, responsabile dei progetti europei di Save the Children – è rappresentato dall’eccessivo prolungarsi del periodo di permanenza nelle Sat, che per loro natura dovrebbero essere delle strutture di transito, e i tempi lunghissimi per l’apertura delle tutele, che sono un grosso problema soprattutto per coloro che stanno per diventare maggiorenni”.
“Ci auguriamo – ha spiegato la Milano – che la decisione del 31 ottobre scorso che rende possibile l’ampliamento del 25% dei posti disponibili nelle Case famiglia per accogliere i minori ancora in attesa di collocamento provenienti dal nord Africa, in deroga ai limiti imposti dalle disposizioni delle Regioni o delle Province autonome, faccia superare rapidamente questa situazione e garantire ai minori un effettiva opportunità di integrazione”.
Altro problema, segnalato da Save the Children, è che non sempre viene aperta la “tutela” durante la permanenza nei Sat “ma rinviata al momento e al luogo del successivo trasferimento in comunità per minori anche quando supera i 30 giorni”. Nel monitoraggio è emerso che gli enti gestori di 6 Sat (di cui 3 in Calabria, una in Basilicata, una in Sicilia e una in Campania) non avevano presentato richiesta di nomina del tutore; quelli di 18 Sat avevano provveduto a inoltrare al Giudice Tutelare la richiesta di nomina del tutore, ma la nomina era già avvenuta solo in 2 Sat (di cui 1 in Toscana e 1 in Calabria). Erano dunque meno di 100 (su 686) i minori non accompagnati in Sat con un tutore.
 
 
 
Immigrati: Lampedusa, incendiato terzo furgone del centro d'accoglienza
Palermo, 13 nov. (Adnkronos) - Nuovo attentato incendiario ai danni del centro d'accoglienza di Lampedusa, chiuso dal settembre scorso, dopo l'incendio che ha distrutto due padiglioni. La notte scorsa ignoti hanno dato alle fiamme un furgone di proprieta' della cooperativa 'Lampedusa accoglienza' che gestiva la struttura di contrada Imbriacola. E' il terzo incendio di mezzi di proprieta' del Cie. La prima volta, lo scorso 20 settembre, e' stata incendiata una Ford in uso all'amministratore delegato Cono Galipo', il secondo incendio e' di giovedi' scorso, quando e' stato incendiato un altro furgone sempre di proprieta' del centro d'accoglienza e la notte scorsa e' stato distrutto il terzo furgone, parcheggiato davanti ai cancelli del centro d'accoglienza.
 
 
 
Immigrazione: permesso soggiorno scaduto, espulso turco
Fermato per controllo mentre era alla guida di un autoarticolato
(ANSA) - TRIESTE, 14 NOV - Nell'ambito del rafforzamento di vigilanza e controllo svolta dall'Ufficio IV Zona - Polizia di Frontiera Marittima di Trieste, nei giorni scorsi mentre era alla guida di un autoarticolato turco, veniva controllato Y.T., di 27 anni, turco, sprovvisto di regolare visto in quanto utilizzato oltre la durata massima. Il giovane, entrato in Italia clandestinamente in mattinata alla guida di un camion proveniente dall'Austria, e' stato denunciato e, nelle ore successive, espulso con un traghetto che collega Trieste con la Turchia, dopo l'emissione del relativo decreto di espulsione da parte del Prefetto di Trieste. (ANSA).
 
 
 
IMMIGRATI: QUESTURA ROMA REVOCA 26 PERMESSI SOGGIORNO UMANITARI
(ASCA) - Roma, 12 nov - Sono 26 i cittadini tunisini titolari di permessi di soggiorno per motivi umanitari per i quali la Questura di Roma ha disposto la revoca dei titoli per la permanenza in Italia. Alla base dei provvedimenti le denunce e gli arresti effettuate dagli Uffici operativi della Questura in occasione di controlli attuati sul territorio della provincia negli ultimi mesi, che hanno visto 18 stranieri coinvolti come autori di reati che vanno dalla violazione della normativa sugli stupefacenti a quelli contro il patrimonio e la persona, tra cui rapine, danneggiamenti ed aggressioni.
Sulla base dell'attivita' di polizia giudiziaria e dei successivi riscontri di competenza, l'Ufficio Immigrazione ha proceduto alle relative istruttorie, in alcuni casi anche sulla base delle istanze di rinnovo dei permessi di soggiorno presentate dagli stessi stranieri.
I 18 destinatari dei provvedimenti di revoca sono tutti di nazionalita' tunisina, titolari di permessi di soggiorno temporanei per motivi umanitari emessi la scorsa primavera in Italia in seguito ai tumulti registrati in alcuni Paesi arabi. Gli illeciti che hanno determinato i provvedimenti di revoca sono stati commessi nelle more del periodo di validita' del primo permesso temporaneo rilasciato ad aprile scorso.
Per altri 8 tunisini, di cui 3 in stato di irreperibilita', la revoca e' scattata invece in seguito al coinvolgimento in una rissa verificatesi nella notte tra il 9 ed il 10 novembre scorso all'interno del Centro di accoglienza di Castelnuovo di Porto.
 
 
 
Immigrazione: tratta cinesi irregolari, 6 arresti a Siracusa
Pm, organizzazione realizzava false assunzioni a intere famiglie
(ANSA) - SIRACUSA, 14 NOV - Quattro italiani e due cinesi, compresa una donna incinta, sono stati arrestati a Siracusa nell'ambito di un'inchiesta sulla una tratta di immigrati provenienti dalla Cina. Dalle indagini e' emerso un collegamento tra false assunzioni, in particolare di intere famiglie, e un'azienda siracusana. Il reato ipotizzato dalla Procura e' di associazione a delinquere. Sono indagate altre 32 persone per avere attestato, con false dichiarazioni, l'esistenza del rapporto di lavoro. (ANSA).
 
 
 
I CONDOMINI DI UNO STABILE IN VIA MOSCATELLI CONTRARI ALL'IPOTESI DI TRASFERIMENTO DI 40 EXTRACOMUNITARI
San Giorgio, è battaglia sugli immigrati
Corriere del Giorno, 13-11-2011
Giuseppe Di Cera
SAN GIORGIO JONICO – Una settimana. Questo il tempo richiesto dall’amministrazione comunale di San Giorgio Jonico alla Protezione Civile per congelare l’arrivo dei quaranta extracomunitari previsto per la giornata di domani. Il breve rinvio servirà al sindaco Giorgio Grimaldi e agli assessorati preposti per fare il punto della situazione. E allo stesso tempo per dare le necessarie risposte ai cittadini del condominio di via Moscatelli (nella cosiddetta zona della “panoramica”), individuato per accogliere gli immigrati attualmente alloggiati all’hotel Petit Fleur di Chiatona. Quattro gli appartamenti, tutti di proprietà privata, e in ciascuno dei quali, a questo punto, “dovrebbero” trovare posto in dieci. La decisione è stata presa al termine di una lungo incontro svoltosi nel pomeriggio di ieri, tra Grimaldi, i condomini interessati, i loro legali e le associazioni mobilitate per l’accoglienza. I prossimi giorni, dunque, torneranno utili per appianare gli attriti e dirimere le controversie che sono sorte e che hanno portato ad un vero e proprio muro contro muro. Sicuramente valide le ragioni di entrambe le parti. Gli abitanti del condominio, in particolare, lamentano il breve preavviso di tre giorni che hanno ricevuto (senza essere stati interpellati prima) e anche la sproporzione tra loro (venti) e gli immigrati che saranno presenti in numero doppio. Perciò i quaranta ospiti triplicherebbero la “popolazione” dello stabile. Il primo cittadino ha cercato di tranquillizzare la controparte portatrice di legittime richieste. Eventuali maggiori rassicurazioni, in ogni caso, potranno venire solo nei prossimi giorni e dopo avere chiarito meglio il contesto nel quale avverrà (se) l’accoglienza e l’integrazione degli extracomunitari. La disputa poggia su una singolarità: solitamente le dimore selezionate sono strutture di associazioni come ad esempio la Caritas. Non sono molti i casi in cui siano dei privati a sostituirsi. Questi immigrati, così come gli altri sparsi in tutta Italia dopo l’arrivo della scorsa primavere sulle coste siciliane, attendono di ricevere lo status di rifugiati. L’attesa avviene in quelle che tecnicamente sono delle “seconde destinazioni” e la permanenza dipende dal tempo impiegato dalle autorità per il rilascio o meno della relativa documentazione. Oggi pertanto la Protezione civile darà una risposta alle richieste del comune tarantino e che dovrebbe essere positiva. Se non altro per raffreddare il surriscaldato clima che si sta respirando a San Giorgio. Non è ovviamente escluso che il gruppo, pomo della discordia tra l’amministrazione e cittadini direttamente interessati dal suo arrivo, venga dirottato in qualche altra sede.
 
 
 
“Mai nate” un libro inchiesta che lancia l’allarme sulla discriminazione alla nascita delle bambine tra gli immigrati cinesi e indiani.
La politica del “figlio unico” anche tra le famiglie all’estero? Tra gli indiani nascono 116 maschi ogni 100 femmine.
Immigrazione Oggi, 14-11-2011
La politica del “figlio unico” anche in Italia per gli immigrati cinesi e indiani. È quanto denuncia il libro inchiesta Mai Nate di Anna Meldolesi, biologa e giornalista scientifica, edito per Mondadori ed in libreria dal prossimo 15 novembre.
Il libro, per la prima volta, lancia un campanello d’allarme anche per l’Italia, dove nelle due comunità di immigrati si registrano “preoccupanti anomalie per quanto riguarda il sesso dei nuovi nati”. Nel mondo, citando uno studio del Nobel per l’economia Amartya Sen, le bambine trascurate a morte, uccise o mai nate rappresentano una voragine demografica paragonabile a quella che si otterrebbe svuotando di colpo della loro popolazione femminile Italia, Francia e Germania, e lasciando in giro solo i maschi, circa 100 milioni di donne.
L’autrice del volume ricostruisce il profilo mutevole di questo fenomeno, che nel corso del tempo ha interessato strati sociali diversi e sta spostando il proprio baricentro geografico, dalla Cina del figlio unico all’India patriarcale, arrivando a lambire – con le migrazioni – anche i Paesi occidentali.
Scientificamente, il rapporto naturale tra i sessi alla nascita (sex ratio) è in media di 105 maschi ogni 100 femmine. Ma in alcune regioni del mondo, e purtroppo non più solo in Cina e in India ma anche in Corea del Sud, nel Caucaso, perfino in Albania, questa proporzione è innaturalmente stravolta: in buona parte della Cina raggiunge i 120 maschi per 100 femmine, e così anche nell’India nordoccidentale (soprattutto il Punjab, zona da cui proviene la gran parte degli immigrati indiani in Italia).
Dove sono dunque finite le bambine mancanti, le “missing girls”? Se nei Paesi di origine, fino a qualche tempo fa, erano soppresse con l’infanticidio, cioè dopo la nascita, attualmente, con le tecniche sempre più raffinate per la diagnosi prenatale del sesso, amniocentesi ed ecografia, e all’ interruzione assistita della gravidanza, il nuovo sistema di selezione di massa è l’aborto.
Nonostante le statistiche a disposizione siano ancora scarse (il libro fa riferimento ai dati Istat degli ultimi quattro anni), la tendenza emerge in maniera preoccupante anche in Italia. Dove per ogni 100 neonate cinesi si sono stati 109 maschi. Percentuale alta, ma non altissima, rispetto alla norma di 105. Se però si considerano solo le nascite dei terzogeniti e dei figli successivi, si scopre che la sex ratio sale fino a 119.
Per l’autrice si tratta del classico schema che si associa all’aborto selettivo: le famiglie lasciano al caso il primo figlio, e forse anche il secondo; ma dal terzo in poi non corrono più rischi se il maschio non è arrivato. Peggiori sono i dati della comunità indiana: 116 maschi ogni 100 femmine, e addirittura 137 dal terzogenito in su.
Un allarme, quello dell’autrice, non unico nel panorama europeo se anche il Consiglio d’Europa ha emanato una risoluzione che invita gli Stati membri a monitorare, sorvegliare e se del caso anche legiferare, vietando per esempio ai medici di dare informazioni sul sesso del nascituro quando si sospetta che possa essere causa di interruzione della gravidanza. 
 
 
 
Kaurismaki, film ottimista su immigrati
Arriva in sala il 25 novembre il poetico 'Miracolo a Le Havre' VAI AL FILM
ANSA, 13-11-2011
Francesco Gallo
L'umanita' che ha un cuore, anche nei confronti dell'immigrazione, e' tutta in questo film di Aki Kaurismaki 'Miracolo a Le Havre' (VAI AL FILM), gia' passato ai Festival di Cannes e di Locarno e ora nelle sale italiane dal 25 novembre distribuito da Bim. Protagonista la gente senza Mercedes in garage e conto corrente, ma ancora capace di una solidarieta' naturale.
E' il caso di Marcel Max (Andre' Wilms), ex scrittore esiliatosi in una cittadina di mare e che ora, per vivere, si adatta a fare il lustrascarpe. Un vero decaduto, pieno di ottimismo, che pero' appena incontra Idrissa (Blondin Miguel), ragazzino extracomunitario clandestino appena fuggito da un container, sa subito cosa fare: dargli una mano. Lo accoglie cosi' nella sua modesta casa dove la dolce compagna Arletty (Kati Outinen) lo aspetta per la cena e mette i soldi da lui guadagnati in una scatola di latta. Ma a dare una mano al ragazzo come alla stessa Arletty, una volta ammalatasi, sara' anche tutta la comunita' di amici e vicini (in questo caso non c'e' molta differenza) che frequenta il povero quartiere dove vive la coppia. Anche l'unico cattivo di questa favola piena di ottimismo, il commissario Monet (Jean-Pierre Darrousin) - baffetti, basette e impermeabile scuro -, alla fine si rivelera' quel buon diavolo che e' sempre stato. ''Non volevo con questo Le Havre - ha detto il regista a Cannes - dare una risposta al tema dell'immigrazione, ma mi sembrava importante affrontare la questione in un film che, sicuramente, e' irreale''. Per Kaurismaki, che ha girato il film in francese, ''non c'e' per ora in Europa alcuna volonta' politica di risolvere il problema''.
La fraternita' che si trova nel quartiere di Le Havre dove si svolge la vicenda ''spero che esista ancora''. E che questo sia un film della speranza, il regista lo ribadisce piu' volte: ''Ho fatto questo lavoro con questa idea: che ci sia ancora nel pianeta e nella gente che lo abita la speranza insieme alla voglia di ridere''. Frase cult di questo film del regista finlandese, autore di capolavori come 'Le Lumieres du Faubourg' (2006), quella che pronuncia uno dei protagonisti del film con un certo pessimismo: ''Questo non e' il quartiere dove accadono miracoli''. E invece a Le Havre il miracolo ci sara', e sara' anche grande.
 
 
 
l’europeo errante
Killer neonazisti a caccia di immigrati
Rai News, 13-11-2011
Luca Gaballo
Prendiamoci una pausa dalle speculazioni sulla moneta, l’economia e le nostre difficoltà quotidiane di convivenza tra Europei perché una brutta, bruttissima storia che sta venendo alla luce in Germania ci ricorda, al di la delle speculazioni più o meno accademiche, quale sia la posta in gioco, quali le ragioni per cui l’Unione europea è nata. Da tempo, dalla fine degli anni ‘90 è attiva in varie regioni della Germania una banda di assassini che prende di mira gli immigrati. Li hanno soprannominati i kebab killers,  hanno ucciso infatti almeno 10 piccoli commercianti di origine straniera, nove Turchi ed un Greco - nel corso degli ultimi anni. Ora hanno un nome e un volto. Li hanno scoperti per caso, durante le indagini per l’assassinio di un poliziotto, nel loro covo è stata scoperta un’arma che ha consentito di legare fra loro i vari delitti. Nel covo si è trovato materiale propagandistico, dvd e perfino i video di tutte le uccisioni. La banda aveva a sua disposizione un’ottima organizzazione logistica, vantava anche solida coerenza ideologica, si definivano senza equivoci Nazionalsocialisti. Il fatto è che, a quanto pare, i sevrizi segreti li conoscevano, li sorvegliavano, forse li coprivano, all’insaputa delle forze di polizia. Molto opportunamente i due killer sono stati trovati alla fine già cadaveri e forse suicidi.  Il capo dei sindacati di polizia Bernard Witthaut ha dichiarato che “una cellula terrorista di estrema destra ha lasciato dietro di se una atroce scia di sangue”.
La notizia è tanto più allarmante perché l’esistenza di una rete ben strutturata di terroristi xenofobi di estrema destra in Europa sembra confermare le parole di Andres Breivik, lo stragista norvegese che ha lucidamente massacrato 69 ragazzini nel campo scuola estivo del partito laburista a colpi di arma da fuoco lo scorso 22 luglio sull’isola di Utoya.
Come scrive wikipedia: Breivik ha affermato che il motivo che lo ha spinto a compiere l’attentato è stato quello di mandare un “messaggio forte al popolo, per fermare i danni del partito laburista” e per fermare “una decostruzione della cultura norvegese per via dell’immigrazione in massa dei musulmani”.
Di Breivik i servizi di sicurezza hanno detto che agiva da solo, lui ha più volte affermato di avere migliaia di corrispondenti, sodali e simpatizzanti in tutta l’Europa.
 
 
 
I nuovi «lager» per gli eritrei
Avvenire, 14-11-2011
P. Lambruschi
La bambina eritrea ha sei anni e i capelli crespi intrecciati. L’unico gioco che può fare è correre avanti e indietro nel corridoio del carcere di Bir el-Abd, a mezz’ora di autostrada da El Arish. Il suo nome non lo possiamo fare, chiamiamola Dina, vivace nonostante le manchino compagni di gioco, matite per disegnare, giocattoli e il suo unico pasto sia il rancio della galera integrato da latte e biscotti portati da volontari copti.
L’abbiamo incontrata durante un giro in alcune carceri egiziane, dal Sinai ad Assuan, dove sono detenuti almeno 500 eritrei contro la convenzione dell’Onu del 1951 sui rifugiati, cui l’Egitto ha aderito. Uomini, donne e almeno una decina di bambini innocenti, imprigionati per un periodo indefinito come irregolari. Siamo l’unica testata occidentale ad essere entrata per testimoniare cosa accade dietro le sbarre. Le guardie ci lasciano soli con i prigionieri. A nessuno di loro – denuncia Asefasc Woldenkiel, la persona che mi aiuta a tradurre – è stato permesso di presentare domanda di asilo nonostante molti siano in possesso della tessera blu dell’Acnur, quella di rifugiato o di quella gialla, rilasciata a chi presenta domanda di asilo. Né all’Acnur è consentito l’ingresso in queste galere lontane dal Cairo. 
Dina non esce mai, gli eritrei non fanno l’ora d’aria. Dorme su un asciugamano buttato sul cemento in una cella lurida con un solo bagno, che in estate deve trasformarsi in un forno, e che divide con la madre e altre 10 detenute eritree, tutte tra i 20 e i 30 anni, fuggite dallo stato-caserma eritreo, da un regime che pare aver trasportato nel ventunesimo secolo la dottrina dei Khmer rossi di Pol Pot. La polizia le ha arrestate quando i beduini le hanno lasciate al confine o le hanno liberate dopo il pagamento del riscatto. Così il mondo di Dina dallo scorso giugno è fatto di guardie carcerarie armate, sbarre e mura di cemento. Vengono tutte dal campo profughi di Sheregab, in Sudan. Un paio sono state rapite dai Rashaida e poi vendute ai beduini che le hanno liberate dopo un riscatto di 25mila dollari pagato dai familiari. Non chiedo di più, i loro occhi raccontano abbastanza. A El Arish ho incontrato altre due detenute ventenni arrestate due settimane prima, dopo tre mesi di sequestro nel deserto e il pagamento del riscatto di 26mila dollari. Mentre mi dicevano che un loro compagno di viaggio era stato ammazzato di botte dai banditi beduini avevano lo stesso sguardo che mi implorava di piantarla.
La mamma di Dina è invece partita volontariamente per Israele, dove clandestinamente vive il padre, ma la polizia le ha fermate con altre sette ragazze, che avevano pagato 5000 dollari ai trafficanti che le hanno poi abbandonate nel deserto. La polizia israeliana le ha quindi arrestate. Li aiuta la solidarietà della chiesa copta che porta loro coperte, abiti, qualche quaderno per scrivere e ha avvisato le famiglie della loro sorte. Il muro è diventato una lavagna di fortuna, per far sognare Dina di essere a scuola. La madre inventa per lei di continuo un mondo di giochi, proprio come Roberto Benigni nella Vita è bella. «Mia figlia adesso riesce a dormire – spiega Tess, altro nome inventato – ma il primo mese si svegliava urlando. Piange quando le guardie picchiano qualcuno perché non sa come farà a guarire qui dentro». Del loro gruppo facevano parte 30 persone. «Di otto – aggiunge Tess – non abbiamo più notizie, non sappiamo se sono stati uccisi dai beduini o dalla polizia». 
Nella cella accanto sono sdraiati 15 giovani eritrei. Provengono dai campi profughi, perlopiù da quelli sudanesi, un paio anche da quelli etiopi. Sono stati rapiti dai predoni beduini nel Sinai, al termine di un viaggio in condizioni durissime. C’è chi ha poi passato un anno in catene prima di trovare i soldi del riscatto, sempre sotto la minaccia di finire nelle mani dei trafficanti di organi. 
Hanno assistito a violenze bestiali sulle donne, sono stati torturati, picchiati con sbarre di ferro, bruciati con la gomma fusa. Al termine del calvario, dopo aver pagato i riscatti di 26mila dollari sono stati liberati, ma non sono riusciti ad attraversare il confine perché ridotti a scheletri. Berhame non ha sentito l’alt e si è beccato una pallottola in un femore da uno zelante poliziotto. Ha i ferri piantati nella coscia della gamba sinistra. È immobilizzato sul pavimento di cemento e un pezzo di cartone è tutto quello su cui può appoggiare l’arto ferito. Qui di infermerie non ce ne sono. Nel carcere ci sono in altre due celle altri 18 detenuti eritrei e un paio di sudanesi, tutti seduti per terra su stuoie e asciugamani. Tutti rapiti, schiavizzati, liberati e poi ancora incarcerati senza colpa. Anche qui, ognuno conosce almeno uno o due compagni di viaggio e di sequestro spariti nel nulla tra El Arish e Nakhl. Più tardi, nel carcere di Romani, da una quarantina di eritrei, quasi tutti sequestrati e liberati dopo aver pagato riscatti dai 6 ai 26mila dollari, sentirò ripetere che almeno un terzo dei compagni è sparito.
«Veniamo maltrattati dalle guardie – spiega W. – che ci urlano che dobbiamo andarcene». Ai cristiani è riservata una razione supplementare di botte e gli eritrei si tatuano la croce etiopica sul polso. Quanto resteranno in galera questi dannati della Terra? Il loro futuro è il rimpatrio in Eritrea, in base a un accordo con l’Egitto che ignora il diritto di queste persone di chiedere asilo. L’unica speranza è l’intervento dell’ambasciata etiope che, dopo aver identificato i rifugiati, con un lasciapassare li porti all’aeroporto del Cairo e da lì nei campi profughi del Paese dove sono già presenti 61mila rifugiati eritrei. Un progetto umanitario sostenuto da una rete italiana di buona volontà sta provvedendo a pagare i biglietti aerei. Già 175 persone sono uscite dal carcere in questo modo. Il tempo della visita è scaduto. Mentre si chiudono le porte della galera Dina mi chiede a bassa voce di portarla via, da suo padre.
 
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