Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

12 luglio 2011

Le poste, amiche degli immigrati solo se ci si guadagna sopra

Italia-razzismo 12 luglio 2011
Diciassette sono gli immobili messi all’asta da Poste Italiane e zero saranno le persone straniere che ne potranno disporre. Lo specifica la stessa azienda nel documento che descrive la disciplina di gara dove sono indicati i soggetti che possono partecipare al bando. Si tratta di «persone fisiche in possesso dei requisiti previsti dalle norme vigenti per non incorrere nella decadenza dal diritto all’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica», e il requisito che viene prima di tutti gli altri è quello della cittadinanza italiana. In poche parole chi ha il permesso di soggiorno o la carta di soggiorno non può accedere al bando. A tutela degli esclusi sono insorti la Cgil di Brescia e l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione evidenziando che si tratta di un atto discriminatorio, e oltretutto, non conforme al Testo Unico sull’Immigrazione in cui è chiaro che i migranti regolari con carta di soggiorno o con un permesso biennale sono equiparati agli italiani nell’accesso alle liste di assegnazione delle case popolari. L’aspetto più singolare della vicenda è che proprio attraverso lo sportello “amico” delle Poste si invia il kit, ovvero l’insieme dei documenti per il rinnovo del titolo di soggiorno (ogni spedizione costa 30 euro). La gestione di questo servizio da parte dell’azienda si deve ad un accordo siglato con il ministero dell’Interno nel 2006. Da quel momento sono oltre un milione le domande inoltrate e, anche senza essere troppo precisi, una semplice moltiplicazione per il costo del singolo kit dà il senso di quanto è stato incassato. A questo vanno aggiunti i soldi spesi dagli stranieri per l’invio di pacchi nel paese d’origine. Ora, ci si chiede: ma che Poste amiche sono? 
 
 
 
Lampedusa. L'isola e i minori abbandonati
Giuseppe Provenzano 
l'Unità 12 luglio 2011
Doveva andare a Lampedusa, Berlusconi. “Problemi personali e familiari”, sembra la giustificazione dell’assenza. E di visita con famiglia e architetti, alla villa, si sarebbe trattato – con speciale organizzazione della vice sindaco leghista che qualche sconsiderato chiama ancora «pasionaria». E mentre altri mille profughi sono approdati dalla Libia, donne incinte e bambini, Lampedusa può aspettare. E a Lampedusa si aspetta. I lampedusani accolgono immigrati e aspettano i turisti, e qualcuno che gli sappia dire grazie e riconoscere il peso una solidarietà che grava sulle loro spalle mentre l’Italia gliele ha voltate, e che la loro dignità non sia offesa ripagando il sacrificio con la promessa eccezionale di ciò di cui dovrebbero godere da sempre: scuole, ospedali, servizi, aiuti e investimenti. Oltre il cancello dei centri, al di là di prime accoglienze e soccorsi, aspettano anche “gli altri”. Clandestini, li chiamiamo: e sono giovani madri e ragazzi soldati, richiedenti asilo a cui è negata dignità e diritti universali – uomini e donne in un altro universo, concentrazionario.
Ad aspettare, da mesi, sono soprattutto centinaia di “minori non accompagnati”: ragazzi arrivati soli e che abbiamo abbandonato e rimosso. Se umanità e giustizia sono egualmente negate per tutti (gli altri), per loro lo sono di più. Irregolarmente detenuti nei centri e privati contro ogni norma e ragione della libertà di muoversi, ricevere visite e (di fatto) telefonare, spesso aspettano ancora che vengano avvertiti i magistrati competenti per l’adozione dei provvedimenti di assistenza e tutela, come vuole la legge. Sono infatti “presunti maggiorenni”, questi ragazzi di 14 anni, e queste ragazze costrette in condizioni di promiscuità con maschi adulti. Disperando di sapere la sorte che li attende, non è difficile immaginare che diano luogo a violenze contro altri e se stessi. Non si parla di loro: non si possono espellere, e perciò bisogna occultarli. Almeno fino al compimento della maggiore età, quando potranno scattare provvedimenti di espulsione e rimpatri all’ingrosso. Cos’è un ragazzo, poi? Uno che non è ancora diventato adulto, e clandestino.
E allora che importa se B. non è andato a Lampedusa, a vedere la sorte di questi minori, figli e nipoti d’Africa, e capire che razza di capo di governo e di vecchio uomo è diventato, se per loro non abbia sentito il dovere di fare qualcosa? Tutti noi dovremmo sentire doveri, o chiedere e parlare per questi minori sequestrati: sarebbe già qualcosa. Dovremmo andarci tutti, al Lampedusa, per capire che razza di Italia siamo diventati, che Europa stiamo costruendo o abbiamo smesso di costruire, di quanta infamia e vigliaccheria troppe volte siamo capaci. Incapaci di piangere i bimbi sommersi e sorridere a quelli salvati.
 
 
 
Richiedenti asilo. UNHCR: no a trasferimento nei Cie
AducImmigrazione 12 luglio 2011
I richiedenti asilo che arrivano a Lampedusa devono essere trasferiti nei Centri preposti e non nei Centri di identificazione ed espulsione, come e' avvenuto in alcuni casi negli ultimi tempi. Lo chiede l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) auspicando che venga rispettata la legge in vigore.
'L'Unhcr esprime preoccupazione - sottolinea il portavoce in Italia, Laura Boldrini - per alcuni trasferimenti di gruppi di richiedenti asilo dal Centro di accoglienza di Lampedusa verso i vari Cie anziche' nei Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) come previsto dalla legge'. La richiesta arriva nel giorno in cui alla Camera e' iniziata la discussione sulla conversione in legge del decreto che recepisce la direttiva sui rimpatri e stabilisce la possibilita' di estendere a 18 mesi il trattenimento dei migranti in posizione irregolare nei Cie.
'Abbiamo chiesto alle autorita' chiarimenti e fatto anche una raccomandazione affinche' questa prassi venga interrotta, ma non abbiamo ancor ricevuto riscontri - conclude Boldrini - L'Unhcr si augura che non si ripetano situazioni analoghe e che i richiedenti asilo vengano spostati negli appositi centri'
 
 
Taranto, attesi dopodomani 860 ospiti in campo Manduria
Libero - news.it 12 luglio 2011 
(Adnkronos) - ''Infatti dopo qualche giorno - prosegue Lonoce - vengono inviati nelle strutture previste dal sistema di accoglienza delle regioni. Non solo in Puglia: alcuni dei nostri ospiti sono stati portati in Veneto e in Trentino''. Le nazionalita' degli ospiti sono diversissime.
''Sono circa 15 - spiega il direttore - la maggior parte viene dall'Africa subsahariana ma ci sono anche immigrati del Bangladesh e dello Sri Lanka. Al momento attuale non ci sono donne, solo sei minorenni in attesa di essere trasferiti in centri adatti''. Ovviamente si sente il caldo di questi giorni ''non tanto nelle tende che sono dotate di aria condizionata, quanto fuori dove comunque ogni tanto escono anche perche' non possono restare sempre dentro''.
In questi giorni in Puglia, specialmente nel tarantino, si registrano temperature di circa 40 gradi. In ogni caso, secondo l'intesa trovata, gli immigrati non possono uscire dal campo. Nei giorni scorsi l'assessore regionale pugliese alle Opere pubbliche e Protezione civile Fabiano Amati e i presidenti delle Province di Brindisi e Taranto Massimo Ferrarese e Gianni Florido, hanno riproposto all'attenzione del Governo e del Dipartimento di Protezione civile la necessita' di smantellare il campo di accoglienza di Manduria.
 
 
 
Bimba rom "esentata" dalla scuola
La Lega: "Decisione inaccettabile"
La Repubblica Bologna 12 luglio 2011
Il procuratore dei minori, vista l'assenza della dodicenne dai banchi, aveva chiesto di allontanarla dal campo in cui vive con la famiglia. Il tribunale aveva negato il provvedimento perché "è il suo normale modo di vita". L'interrogazione di un consigliere regionale del Carroccio
Niente scuola per una ragazzina rom "perché quello è il suo normale modo di vita". Niente allontamento dalla famiglia che non le fa frequentare la sua classe perché in questo, per il Tribunale, "non vi è alcun pregiudizio". La Lega insorge contro la decisione dei giudici e in un'interrogazione al Consiglio regionale denuncia: "Bisogna educare i rom alla civile convivenza". 
La ragazzina ha dodici anni, vive con la famiglia in un campo alla periferia di Parma. Il procuratore dei minori Ugo Pastore voleva affidare la pizzola ai servizi sociali per crearle un futuro migliore in comunità. Ma il Tribunale di Bologna ha detto no: "La condizione nomade e la stessa cultura di provenienza non induce a ritenere la sussistenza di elementi di pregiudizio per la minore". Non sono provati, in sostanza, "comportamenti dei genitori che non siano riferibili al normale modo di vita per condizione e per origine". 
 Il consigliere regionale della Lega Nord, Roberto Corradi, ha presentato un'interrogazione: "l'Autorità giudiziaria di Bologna interessata dai servizi sociali della vicenda di una bambina di etnia rom che non frequenta la scuola dell'obbligo, avrebbe comunque deciso di non assumere alcun provvedimento nei confronti della famiglia della minore". E questo, prosegue Corradi, "in considerazione del fatto che trattandosi di rom, anche la mancata frequentazione della scuola dell'obbligo non costituirebbe pregiudizio per la bambina".
Decisione inaccettabile per l'esponente del Carroccio. "La frequentazione della scuola dell'obbligo rappresenta un momento imprescindibile nel difficile percorso finalizzato ad educare i giovani rom a comportamenti compatibili con i criteri di civile convivenza del nostro paese". Ed è "per questo motivo che mi risulta difficile comprendere una decisione che va in direzione opposta".
 
 
 
Gemelline scomparse - Consegnate ai Rom?
EdizioniOggi 12 luglio 2011
Svizzera - Divampano le polemiche sul possibile avvistamento delle due gemelline scomparse, Alessia e Livia, su una spiaggia di Lido Oasi, a Termoli.
I quotidiani svizzeri si domandano come mai nessuno sia intervenuto tempestivamente quando ha notato che le due bambine, bionde, di carnagione chiara, giocavano sulla spiaggia "accompagnate" da due persone di etnia Rom.
Le bimbe erano evidentemente in compagnia dei due nomadi e molte persone le hanno notate ma solo tardi hanno chiamato la polizia. Un ritardo che, di fatto, ha impedito che le forze dell'ordine controllassero subito l'identità delle due piccine.
A notare la presenza delle due bambine, di età apparente simile alle due bimbe scomparse e bionde e di carnagione chiara, sono stati i gestori di un bar di Lido Oasi, in provincia di Campobasso, a Termoli.
Le descrizioni rese agli inquirenti danno buone speranze ma delle due bambine non vi è più traccia.
Torna l'incubo della tratta dei bambini anche se, sino ad ora, non è mai stato provato che le famiglie Rom trattino l'acquisto e la vendita di bambini e molte vicende che sembravano legate proprio a questa "diceria" si sono in relatà dimostrate false.
In queste ore vengono comunque fatti controlli in campi nomadi della zona e le ricerche sono state estese all'intera provincia di Campobasso.
 
 
 
Cologne, la Lega contro la moschea
quiBrescia.it 12 luglio 2011
Lega Nord sul piede di guerra a Cologne (Brescia) contro la costruzione di un centro di preghiera islamico che l’amministrazione comunale ha deliberato di autorizzare in un’area alla periferia del paese.
Il Carroccio ha promosso anche una petizione, il cui testo è stato distribuito alla famiglie in questi giorni.
Intanto è stata anche fissata una manifestazione di protesta, in programma il 25 luglio contro la nuova moschea.
I consiglieri leghisti Aurelio Ghilardi, Ermanno Brusco e Robertino Paderno hanno già espresso in aula la propria contrarietà all'operazione. 
Il luogo di culto islamico è stato inserito in un progetto di riqualificazione urbanistica su un sito di 14.800 metri quadri attualmente a vocazione agricola in via Peschiera. La trasformazione d’uso è inserita nella variante al Pgt. Il comparto avrebbe destinazione commerciale e direzionale nel lato ovest, mentre l’area ad est (1.320 metri quadri) sarebbe ceduta dal comune a privati con destinazione “edifici di culto e attrezzature per servizi religiosi”. 
La nuova moschea dovrebbe comunque rispettare rigide norme di realizzazione: innanzitutto la capienza non potrà essere superiore alle 150 persone e il minareto d’altezza non superiore ai 12 metri. 
La collocazione pensata dalla Giunta risponderebbe dunque a esigenze di vivibilità e agibilità migliori rispetto al seminterrato che ospitava il precedente centro islamico, poi fatto chiudere dal comune e sui cui è ancora aperto un ricorso al Tar.
 
 
 
Il poeta sardo e il suo erede senegalese. Una storia di amicizia e amore per i libri
Vladimiro Polchi 
Repubblica.it 11 luglio 2011
"In Africa, quando un vecchio muore è una biblioteca che brucia". Tziu Cuccu fa l'editore. Gira la sua isola da costa a costa, seguendo le tracce delle gare poetiche sarde: un'antica e sfuggente tradizione orale, che lui vuole fermare su carta. Stampa i suoi libretti di poesie col ciclostile, sale su una vecchia Bianchina e se ne va per fiere e mercati. Quando tziu Cuccu muore, la sua biblioteca non brucia. A salvarla è Cheick Tidiane Diagne, un migrante sbarcato sull'isola negli anni '90. La loro è una storia di amicizia e di passione per i libri. Un rapporto da padre a figlio. E così oggi sull'isola, accade di imbattersi nella bancarella di un corpulento senegalese, che non vende artigianato africano, ma poesie sarde. E' la biblioteca di tziu Cuccu.
Il cacciatore di poesie. "Sono arrivato a Nuoro in un pomeriggio d'agosto del 1992 col trenino da Macomer - ricorda Cheick - fuori dalla stazione, ho incontrato un uomo anziano e col mio francese, misto con qualche parola d'italiano, gli ho chiesto di indicarmi dove potevo trovare i miei connazionali. Il vecchio mi ha guardato, mi ha preso per mano e mi ha portato in via Lamarmora dove si trovavano i senegalesi. Si chiamava Antonio Cuccu. Da quel giorno è nata la nostra amicizia e la mia scoperta del suo incredibile lavoro". Tziu Cuccu è un cacciatore di poesie. "Mio padre - racconta il figlio Vittorio - ha fatto un po' di tutto. Ha lavorato in miniera, ha fatto il pastore, l'agricoltore: insomma i soliti mestieri che si fanno qui in Sardegna. E' stato anche in Germania. Quando eravamo piccolini, a me e mia sorella ci portava in bici alle gare poetiche". L'editore? "All'inizio lo faceva così a tempo perso. Aveva poco e niente da vendere: come faceva qualche soldo, andava in stampa e faceva dei nuovi libretti. Così, mano a mano, è andato avanti". 
La "Valigia di Tidiane Cuccu". A raccontare la sua storia è un documentario ("La valigia di Tidiane Cuccu"), girato da Antonio Sanna e Umberto Siotto, che verrà presentato il 14 luglio alla Festa democratica di Cesena da Marco Paciotti, coordinatore del Forum immigrazione del Pd. "Antonio Cuccu - spiega nel documentario, lo studioso Armando Piras - mi disse che cercava i poeti, ma anche le persone anziane che gli avrebbero potuto raccontare le gare poetiche. Lui aveva capito che in queste gare c'erano ascoltatori attenti, che si trasmettevano le poesie da una generazione all'altra. Tutti ricordi orali, che lui trascriveva. Aveva una memoria formidabile per fare quello che ha fatto: mettere su carta tutte le gare dagli anni '50 ad oggi è stato un grande lavoro". 
Cuccu diventa presto un esperto, in grado di valutare rapidamente la qualità di ogni componimento. "Non si lasciava sfuggire nessuna manifestazioni di carattere popolare - conferma don Peppino Pes, il parroco che gli stampava i primi libretti - e la sua esperienza pluriennale lo aveva messo nella condizione di fare una selezione, per cui diceva "in tale posto manco ci torno perché sono burrumballa" cioè di poco conto e andava invece dove, a suo parere, il livello era più alto, come Raimondo Piras tanto per fare un nome". 
Il vecchio sardo e l'erede senegalese. Gli anni rafforzano l'amicizia tra il vecchio sardo e il giovane senegalese. "Era come il rapporto tra un padre e un figlio", sostiene Diagne. Ma Cuccu ha una malattia, una fissazione: "Non vedeva altro - afferma il figlio Vittorio - la Sardegna era la cosa più bella sulla faccia della terra. Per lui c'era solo questo: salvare la lingua sarda e la sua cultura. Nient'altro". E quella malattia è contagiosa. Diagne lo segue e se ne ammala: "Ho iniziato a vendere i libri di tziu Cuccu quando lui già non c'era più. Mi ha chiamato sua moglie. La cosa interessante per me è di poter conservare la tradizione. In Senegal mi sono sempre domandato come mai non c'è una persona come tziu Cuccu, un personaggio che riscriva i racconti orali. Insomma quello che non posso fare in Senegal, sto cercando di farlo qui".Oggi Diagne ha ereditato la biblioteca di Cuccu, prosegue la ricerca e vende i suoi libretti di poesie sarde in giro per i mercati dell'isola. I più venduti? "I testi di Raimondo Piras - risponde Diagne - ma fra un paio di mesi sono pronto a stampare nuovi autori e nuove poesie tradizionali". Sempre sulla scia degli insegnamenti di tziu Cuccu: "Sono solo un tramite, non ho fatto nient'altro che credere in quello che faceva lui e cercare di continuare".
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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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