Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

29 marzo 2010

EMERGENZA SBARCH!
Il Viminale gestirà il progetto "Sahamed", 10 milioni dalla Uè Accordi con Algeria, Niger, Ghana, Egitto e Senegal
Immigrazione, patti con 10 Paesi africani
Il prefetto Ronconi: chiedono aiuto all'Italia per fermare l'esodo dei giovani
IL Messaggero, 29-03-2010
di CARLO MERCURI
ROMA - Gli africani si fidano dell'Italia. Altrimenti non farebbero accordi con il nostro Paese. «Aiutateci. Aiutateci a non far partire inostri giovani, mi ripetono». E' un grido d'allarme accorato quello raccolto dal prefetto Rodolfo Ronconi, direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia di frontiera.
L'Italia sta stipulando accordi di collaborazione per la gestione dei flussi migratori con una decina di Paesi africani. A parte il caso della Libia, che è il più noto, il nostro Paese stringerà (e in parte ha già stretto) patti bilaterali con Algeria, Niger, Ghana, Senegal, Gambia, Egitto ed altre Nazioni. Il progetto generale si chiama   "Sahamed", finanziato con 10 milioni di euro dalla Ue. La Commissione Ue ha investito direttamente l'Italia della leadership del progetto;   Ronconi mostrala direttiva di Bruxelles e ne è talmente orgoglioso  che  è combattuto dall'idea di fame un quadretto: «Guardi qua, c'è scritto che il ministero dell'Interno italiano è la sola Istituzione che ha risorse  tecniche,   finanziarie  ed umane necessarie per portare avanti questo progetto europeo». E' come un diploma di laurea.
Così il Viminale s'è messo in moto e, attraverso il Servizio della Polizia di frontiera, ha cominciato a dispiegare poliziotti italiani in pieno deserto, Non contingenti interi: piccoli numeri, ma significativi. D'altronde, la prima frontiera è quella là. «Come collaborare con i libici - si chiede Ronconi -se non si ha idea di cosa significhi "contrasto nel deserto"? Oggi i nostri agenti che intercettano una carovana di vetture cariche di immigrati partiti da Agadez, nel Niger, sanno riconoscere immediatamente se il convoglio prende la rotta di Tamanrasset. in Algeria, e sanno come trasmettere l'informazione».
«Noi non andiamo ad insegnare, ma ad imparare» è un'altra delle locuzioni più frequentate da Ronconi nel corso del nostro colloquio. Ed è, a sentir lui, un atout formidabile: nessuno è maestro di niente, tutti si mettono insieme per risolvere un problema. «In questo momento un gruppo di funzionari di polizia nigeriani è all'opera in Italia accanto ai nostri poliziotti. Sono negli aeroporti, nei principali porti: ci danno una mano ad individuare i loro concittadini sospetti, a verificare l'autenticità dei documenti».
Questa "Polizia globale", questo nuovo concetto di sicurezza in cooperazione, è filiazione diretta dei cosiddetti "Colloqui di San Pietroburgo", quando nella città nassa, nell'ottobre di due anni fa, i Capi delle Polizie dei Paesi interessati dal fenomeno delle migrazioni, lanciarono l'idea di un nuovo tipo di cooperazione internazionale. «La nuova strategia ora è quella di lavorare insieme - dice Ronconi - Noi acquisteremo   camion cisterna per le Nazioni con le quali  stipuleremo accordi, acquisteremo ambulanze e camion per il deserto e tecnologie informatiche. A chi ci accusa di essere poco attenti ai bisogni di quelle popolazioni, io rispondo così acquisteremo ambulanze per loro, non tavolette di cioccolato. Non so se mi spiego. E non paracaduteremo i regali dall'alto, quell'epoca è finita».
Stando ai dati diffusi dal Viminale, questa nuova strategia di contrasto all'immigrazione clandestina i primi risultati
positivi li ha già prodotti: gli sbarchi a Lampedusa e sulle coste siciliane sono diminuiti del 90 percento; in soli tre
mesi, da maggio ad agosto 2009, il numero dei clandestini sbarcati è passato da 15.000 a 1.400. E non
è merito solo delle sei motovedette donate ai libici. Al momento anzi, il problema principale è diventato quello delle
frontiere terrestri, ed è una cosa di cui non si parla tanto. «Tra gennaio e febbraio - dice Ronconi -abbiamo ferma-
to alla frontiera del Nord-Est circa    duemila clandestini».
La filosofia dei "Colloqui di San Pietroburgo" tocca anche altri aspetti del fare "polizia di prevenzione". Polizia di prevenzione, ad esempio, è anche abbreviare i tempi di rilascio dei permessi di soggiorno. Spiega Ronconi: «Bisogna instillare l'idea che sia più pagante venire in Italia in maniera regolare che da clandestino. Per esempio: uno sceglie di
introdursi illegalmente nel nostro Paese se sa che ci vuole un anno per vedersi rilasciato un permesso di soggiorno. Ma se, con le nuove procedure, noi possiamo arrivare a rilasciare un permesso in 45 giorni, ecco
che cambia anche il modo di pensare all'immigrazione».
Sulla scrivania del prefetto Ronconi compaiono i numeri, anche questi a suffragio dell'inversione di tendenza: nel 2008 sono stati rilasciati 169.000 permessi di soggiorno e nel 2009 ne sono stati rilasciati 242.000, con un +43 per cento; nel 2008 sono stati rinnovati 386.000 permessi di soggiorno e nel 2009 ne sono stati rinnovati 528.000, quasi il 50 per cento in più. Inoltre sono state introdotte in Italia oltre 300 nuove postazioni per il permesso di soggiorno elettronico, circa 70 apparecchi "visa-scan" per il rilevamento delle impronte digitali ed è stata pure creata una task-force anti-clandestini, forte di 33 persone, «un'unità di intervento rapido, che può essere facilmente spostata qui e là, per andare ad aiutare questa o quella questura o frontiera che ne abbia improvviso bisogno».
Un mese fa, a Roma, il ministero dell'Interno ha organizzato una conferenza internazionale per il "Progetto Across Sahara II". C'erano i rappresentanti delle Forze di Polizia di 21 Paesi. Davanti a loro, il ministro Maroni ebbe a dire: «L'Italia è convinta che i Paesi africani non possano essere lasciati soli nel gestire fenomeni di così grande portata (come quello dei flussi migratori, n.d.r.) privi dei necessari mezzi». E i Paesi africani hanno accettato di buon grado la leadership italiana nella gestione dei fenomeni migratori. Tanto che è la prima volta in assoluto che Paesi africani hanno firmato accordi in materia di sicurezza con un Paese europeo. «Aiutateci a non far partire i nostri giovani», dicono. E lo dicono all'Italia.











Immigrati: Coldiretti, oggi click day per ingresso 80 mila stagionali

La Repubblica,29-03-2010
(Teleborsa) - Roma, 29 mar - A partire da oggi, lunedì 29 marzo, possono essere presentate dai datori lavoro le domande di nulla osta per il lavoro stagionale degli 80mila cittadini extacomunitari autorizzati, esclusivamente con modalità informatiche e attraverso la collaborazione delle associazioni di categoria autorizzate. E' quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che il "click day", attraverso il sito web dedicato www.interno.it , è stato autorizzato dal Ministero degli interni in attesa della pubblicazione del decreto che prevede la programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali, nel territorio dello Stato, per l'anno 2010.
Si tratta di una procedura informatica con domande di ingresso on line che evitano le lunghe file alle poste del passato, secondo la Coldiretti che lo scorso anno è stata l'associazione che ha presentato il maggior numero di domande ed è impegnata nelle proprie strutture territoriali a raccogliere le richieste dei datori di lavoro. La maggioranza dei lavoratori stagionali extracomunitari - sottolinea la Coldiretti - troverà occupazione in agricoltura che insieme al turismo e all'edilizia è il settore con maggiori maggiore opportunità occupazionali per questi lavoratori sopratutto per le grandi campagne di raccolta delle principali produzioni Made in Italy: dalla frutta alla verdura, dai fiori al vino fino, ma anche negli allevamenti.
Occorre fare presto poiché dopo la pubblicazione del decreto occorrerà attendere - sottolinea la Coldiretti - gli altri adempimenti amministrativi come il nulla osta dello Sportello Unico presso la Prefettura e il rilascio del visto presto i Consolati all'estero con il rischio concreto che i ritardi mettano in difficoltà l'agricoltura che deve confrontarsi con i tempi dettati dall'andamento stagionale delle produzioni.
C'è infatti molta attesa nelle aziende agricole per l'arrivo dei lavoratori stagionali immigrati dai quali dipende - rileva la Coldiretti - il 10 per cento dei raccolti nelle campagne italiane dove stanno per iniziare i lavori di preparazione della primavera. Sono molti i "distretti agricoli" dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso - aggiunge la Coldiretti - della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell'uva in Piemonte fino agli allevamenti in Lombardia dove a svolgere l'attività di "bergamini" sono soprattutto gli indiani mentre i macedoni sono coinvolti principalmente nella pastorizia. Secondo una analisi della Coldiretti, il ruolo dei lavoratori extracomunitari nella produzione dei formaggi piu' tipici del Made in Italy, nelle campagne di raccolta di ortaggi e frutta e nelle vendemmie dei vini piu' prestigiosi è senza dubbio piu' rilevante rispetto alla media delle produzioni agricole italiane. Sono circa 30mila le aziende agricole italiane che secondo la Coldiretti assumono lavoratori extracomunitari con albanesi, indiani, marocchini, tunisini, macedoni che sono le principali nazionalità dei lavoratori extracomunitari impegnati in agricoltura dove prevalgono i rapporti di lavoro stagionali per le caratteristiche proprie del lavoro nei campi legato ai tempi di raccolta delle produzioni.
Con circa il 10 per cento di extracomunitari sul totale dei lavoratori agricoli è nelle campagne dove la presenza di immigrati evidenzia una incidenza tra le più elevate dei diversi settori economici, secondo il XIX Rapporto Caritas/Migrantes sull'immigrazione al quale ha collaborato la Coldiretti. Sono 90.091 i rapporti di lavoro in agricoltura identificati come extracomunitari negli archivi INPS ed appartengono a 155 diverse nazionalità anche se a trasferirsi in Italia per lavorare in agricoltura - conclude la Coldiretti - sono principalmente nell'ordine gli albanesi (17,2 per cento), i marocchini (12,6%) e a sorpresa sorpresa gli indiani (13,8 per cento) che trovano occupazione soprattutto negli allevamenti del nord per l'abilità e la cura che garantiscono alle mucche.










Immigrati: Coldiretti, click day per ingresso 80mila stagionali

(AGI) - Roma, 29 marzo 2010
Da lunedì 29 marzo possono essere presentate dai datori lavoro le domande di nulla osta per il lavoro stagionale degli 80mila cittadini extacomunitari autorizzati, esclusivamente con modalità informatiche e attraverso la collaborazione delle associazioni di categoria autorizzate. E' quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che il ?click day?, attraverso il sito web dedicato www.interno.it , è stato autorizzato dal Ministero degli interni in attesa della pubblicazione del decreto che prevede la programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali, nel territorio dello Stato, per l'anno 2010.
Si tratta di una procedura informatica con domande di ingresso on line che evitano le lunghe file alle poste del passato, secondo la Coldiretti che lo scorso anno è stata l'associazione che ha presentato il maggior numero di domande ed è impegnata nelle proprie strutture territoriali a raccogliere le richieste dei datori di lavoro. La maggioranza dei lavoratori stagionali extracomunitari - sottolinea la Coldiretti - troverà occupazione in agricoltura che insieme al turismo e all'edilizia è il settore con maggiori maggiore opportunità occupazionali per questi lavoratori sopratutto per le grandi campagne di raccolta delle principali produzioni Made in Italy: dalla frutta alla verdura, dai fiori al vino fino, ma anche negli allevamenti. Occorre fare presto poiché dopo la pubblicazione del decreto occorrerà attendere - sottolinea la Coldiretti - gli altri adempimenti amministrativi come il nulla osta dello Sportello Unico presso la Prefettura e il rilascio del visto presto i Consolati all'estero con il rischio concreto che i ritardi mettano in difficoltà l'agricoltura che deve confrontarsi con i tempi dettati dall'andamento stagionale delle produzioni.(AGI) Bru (Segue)









I figli degli immigrati: "Noi astenuti dal voto per forza"

NuovaSocietà, 29-03-2010
In quelle che si profilano come le elezioni con uno dei più alti tassi di astensionismo di sempre, c'è qualcuno che avrebbe voluto recarsi alle urne ma non ha potuto farlo.
Sono i figli degli stranieri nati in Italia o arrivati in Italia quand'erano bambini. È a loro che si rivolge la banca del voto, iniziativa online di Andrea Sarubbi, deputato Pd, promotore, insieme a Fabio Granata, Pdl, di una proposta di legge che prevede una serie di modifiche alla legge sulla cittadinanza. Tra ieri e oggi Sarubbi sul suo blog e sul suo profilo Facebook ha raccolto le storie di quelli che si definiscono italiani con il permesso di soggiorno, dando loro possibilità di entrare in contatto con altri giovani che, pur avendo il diritto di votare, non sanno a chi dare il proprio voto e vogliono perciò metterlo provocatoriamente a disposizione degli immigrati di seconda generazione. «È una provocazione per far capire che ci sono centinaia di migliaia di ragazzi che vogliono votare, sia a destra che a sinistra, e non possono farlo - ha spiegato all'ANSA l'onorevole Sarubbi - Non so quanti in effetti siano stati i voti prestati, ma è un sasso nello stagno per sollevare il velo sul problema».











Prodi: "Flusso di immigrati continuerà ad essere elevato"

"Soprattutto in paesi sociologicamente stratificati come la Spagna e l'Italia"
Stranieriinitalia
FIRENZE, 29 marzo 2010
''Credo che il flusso dell'immigrazione continuerà in futuro ad essere elevato, e soprattutto in paesi sociologicamente stratificati come la Spagna e l'Italia continuerà ad essere sempre più elevato''.
Sono le parole dell'ex premier Romano Prodi, intervenuto ad una iniziativa all'Istituto Stensen di Firenze. '
'Se nessuno dei nostri figli munge le mucche, e vanno munte anche di giorno di festa - ha detto Prodi - arrivano i sikh che le mungono anche il giorno di festa. E' un discorso che non piace a tutti, ma piace alle mucche''. Per Prodi, l'immigrazione e' ''un fattore che alimenta la paura'', ed e' essa stessa ''una paura quotidiana che spaventa l'uomo politico, perche' incide forse ancor piu' del terrorismo nella vita quotidiana della gente''.










I giovani immigrati studiano per essere la classe dirigente italiana.
ImmigrazioneOggi, 29-03-2010
Un corso di leadership per le seconde generazioni promosso dalla Fondazione Ethnoland.
Un corso per fare dei giovani immigrati la classe dirigente del futuro: è questo l’obiettivo di Talea-G2 Leadership Summer School, l’iniziativa promossa dalla Fondazione Ethnoland.
La scuola, che si svolgerà presso l’Eremo di Camaldoli dal 3 al 13 giugno, è un corso di formazione sulla leadership destinato a giovani immigrati e di seconda generazione. “Un’esperienza - scrivono gli organizzatori - unica in Italia ed una sfida per valorizzare la diversità e promuovere l’inclusione, fornendo ai giovani gli strumenti per inserirsi nella classe dirigente italiana del futuro”.
La formazione avrà lo scopo di aiutare i giovani ad acquisire consapevolezza del loro ruolo e delle loro potenzialità, consci che la diversità e le molteplici esperienze vissute sono una ricchezza da sfruttare per raggiungere l’eccellenza. La formula è quella del corso di formazione intensivo riservato a dottorandi con il massimo dei voti, giovani talenti e professionisti che avranno modo di approfondire una serie di tematiche quali diritti e doveri, etica e responsabilità, carisma e stile di leadership, media e comunicazione e infine diaspora e co-sviluppo.
I posti disponibili sono 25, coperti da borse di studio, che verranno assegnate cercando di ottenere la più ampia rappresentatività, rispetto ai percorsi e ai vari luoghi di provenienza.
(Red.)









Gli extracomunitari conquistano Milano. Bitjoka: "Formiamo una nuova classe dirigente di immigrati"
Affaritaliani, 29-03-2010
di Mario Furlan
Ha conquistato la copertina di Panorama Economy. Sotto il titolo "Li chiamavano vu cumprà". Otto Bitjoka, 52 anni, imprenditore "camerun-milanese", come ama farsi chiamare, è un omone cordiale ed energico, che parla un italiano forbito e colto inframmezzato da espressioni colorite. Due lauree conseguite a Milano con il massimo dei voti, nel '99 - con il boom della new economy - crea una società che offre servizi telematici agli immigrati. E dà lavoro a trenta persone, tra cui sei italiani. Nel 2005 dà vita ad Ethnoland, la prima fondazione creata da immigrati per favorire l'integrazione degli immigrati. Tre anni dopo fonda Impredim, l'associazione di categoria degli imprenditori immigrati. E subito dopo lancia gli Stati generali dell'immigrazione, il principale momento di discussione e confronto sullo stato dell'immigrazione in Italia. E ancora non si ferma: in aprile inaugurerà Extrabanca, il primo istituto di credito per extracomunitari. E dal 3 al 13 giugno promuoverà il primo seminario di leadership rivolto a stranieri. Si chiama Progetto Talea. Andrà in scena nell'eremo di Camaldoli, tra i boschi dell'Appennino toscano.

Perchè Camaldoli?
E' un luogo simbolo, un crocevia di culture e di slanci ideali. Ci sembrava il posto più suggestivo e di contenuto forte per proporre un percorso di formazione per laureati immigrati.

E perchè Talea?
Per formare la nuova classe dirigente degli immigrati. Persone che possano entrare in politica, nell'imprenditoria, nel mondo della cultura, in quello dell'informazione. Persone che credano in se stesse e nelle loro potenzialità. Un capitale umano in azione.

L'immigrato non crede in se stesso e nelle sue potenzialità?
Spesso si dice che «gli stranieri arrivano in Italia per comandare». Naturalmente si tratta di pensieri privi di fondamento, che però raggiungono l’obiettivo di fiaccare lo spirito dell’immigrato. Che si deprime giungendo a percepirsi cittadino (cittadino quando va bene) di serie b. Avvertono ostilità nei loro confronti; credono che qualunque cosa riusciranno a realizzare in Italia non li libererà dell’etichetta di stranieri. Insomma, un potenziale inespresso.

La mancata valorizzazione degli immigrati non danneggia soltanto loro, ma tutta la società.
Certo. Come non vedere che per la società italiana gli immigrati rappresentano una grande risorsa? Prendiamo Milano, la città nella quale vivo e lavoro da molti anni, dove ho studiato e messo su famiglia. Milano è cresciuta e si è sviluppata anche grazie all’ingegno e all’operosità dei flussi migratori. Prima dal Veneto, poi dal Meridione, adesso da tutte le parti del mondo. Lo scopo della Fondazione Ethnoland, in fondo, è proprio questo: aiutare la mia città, la mia Milano, a ritrovare lo splendore perduto grazie alla moltitudine creativa degli immigrati.

I milanesi sono razzisti?
No, ma non sono ancora abituati a vedere gli immigrati per quello che sono: una ricchezza. Li avvertono ancora come” vu cumprà”, come poveretti morti di fame, forestieri che non ce la faranno mai. Questo gli immigrati lo percepiscono. Il che blocca qualsiasi processo di crescita. E qui torniamo al tema di prima. Il razzismo strisciante, quello sottotraccia, è il più perverso, quello che fa più male. Il virus quasi invisibile che toglie le forze, che fa venir meno la voglia di lottare. D’altronde se una persona viene trattata da poveraccio è pressoché certo che si convinca di esserelo per davvero. E’ ancora lunga la battaglia culturale. Ma ce la si può fare.

E come si fa a partecipare alla sfida di Camaldoli?
E’ necessario avere meno di 40 anni. I posti sono solo 25: si vuole puntare sulle promesse del futuro. Ci saranno anche due italiani: stando per una settimana gomito a gomito con gli immigrati in un ambiente fuori dal mondo, l'eremo, confidiamo li capiscano meglio grazie ad un rapporto basato sul confronto quotidiano, sullo scambio di conoscenze.

E dopo le giornate di studio all’Eremo?
Aziende sponsor dell'evento offriranno un lavoro a quei partecipanti maggiormente distintisi. Naturalmente il progetto Talea è destinato a proseguire, anno dopo anno. Con un percorso articolato che ogni anno sfocerà puntualmente nel seminario. Da dove siamo convinti possano uscire uomini e donne leader. Professionisti capace di dire la propria nel mercato del lavoro. Di occupare ruoli di assoluto prestigio e responsabilità gestionale. In definitiva, Talea vuole essere una speranza per il nostro Paese.













La sentenza
«Non è razzismo dire italiano di m...»

Libero, 29-03-2010
Graziato un extracomutarìo per gli insulti a un friulano: solo "negro di m... " è discriminante
L'espressione «italiano di m...», pur essendo un'ingiuria, non può essere punita con una pena severa, né con l'applicazione dell'aggravante della discriminazione o dell'odio razziale introdotta nel 1993 dalla legge Mancino. Lo ha stabilito la Cassazione che ha confermato Ia condanna al pagamento di una multa di 900 euro inflitta dal giudice di pace di Pordenone a un extracomunitario per ingiuria, percosse e minaccia nei confronti di un italiano. L'imputato si era rivolto alla parte offesa chiamandola «italiano di m...», ma il giudice non aveva ritenuto di dover applicare nei suoi confronti l'aggravante della connotazione razzista Verdetto impugnato dal procuratore generale di Trieste, che aveva chiesto una pena più severa, ma i supremi giudici, con la sentenza n. 11590, hanno ritenuto infondato il ricorso. Nel caso in esame, spiegano, «non si desume che la frase ingiuriosa "italiano di m..." fosse stata pronunciata consapevolmente per finalità di discriminazione o di odio nazionale razziale, non risultando che l'imputato avesse manifestato odio e sentimenti similari connaturati a una situazione di inferiorità degli italiani. Anche perché - sostengono i giudici -non si può ritenere che il riferimento all'italiano, nel comune sentire, nel nostro territorio, in cui l'italiano è stragrande maggioranza e classe dirigente, sia correlato a un sentimento che può dare luogo a un pregiudizio corrente di inferiorità».

IURI MARIA PRADO
??? La Corte di cassazione ha ritenuto che rivolgere a un italiano l'insulto "italiano di merda" non costituirebbe un'offesa troppo grave. Motivo (pare almeno sia questo, leggendo quel che riportano le notizie di agenzia): perché siamo in Italia e perché gli italiani, qui da noi, non sono destinatari di atteggiamenti di discriminazione etnico-razziale. Dice infatti la Cassazione che «non si può ritenere che il riferimento all'italiano, nel comune sentire, nel nostro territorio, in cui l'italiano è stragrande maggioranza e classe dirigente, sia correlato a un sentimento che può dare luogo a un pregiudizio corrente di inferiorità». Come a dire che la curvatura razzista dell'insulto non dipende dal contenuto dell'insulto, ma dall'ambiente in cui è usato e da come lo intende l'insultatore. Che sarà pure un criterio con un aggancio di diritto (non lo sappiamo), ma si presta a qualche imbarazzante stiracchiatura se applicato a casi assimilabili. Che so? Uno cammina lungo una via di Milano e si sente dare di «polentone di merda». Siccome i «polentoni» sono (almeno per ora) maggioranza in Lombardia quell'insulto dovrebbe essere meno grave?
Bisogna precisare che nella vicenda decisa dalla Corte di cassazione era in ballo l'applicazione di una normativa particolare, cioè la cosiddetta legge Mancino contro la discriminazione e istigazione all'odio razziale, e ben può darsi che nel caso specifico l'aggravante potesse apparire poco coordinata, insomma eccessiva. Anche perché sulla bontà di quella legge ci sarebbe molto da dire nel senso che la violenza bisogna punirla quando c'è e perché c'è, e non per la coloritura eventualmente razzista che la contrassegna. Per intendersi: chi dicesse che bisogna picchiare i negri farebbe una cosa schifosa, ma bisognerebbe punirlo perché istiga alla violenza, non perché le vittime della sua istigazione sono di colore.
Detto questo, e cioè precisato che con questa sentenza ci si occupava verosimilmente di un profilo speciale del delitto addebitato all'insultatore, resta che quel criterio lascia perplessi. Che cosa importa infatti che qui da noi, in Italia e tra italiani, non ci si senta discriminati in quanto italiani? È certamente vero, ma questo legittima che ci chiamino "italiani di merda"? Qualcuno risponderebbe che l'insulto è in effetti brutto, ma appunto non è caricato di violenza discriminatoria. Vero anche questo, magari, ma se poi ci spiegano che la matrice etnico-razzista è mancante perché manca nello spirito di chi insulta il ragionamento non funziona più.
Il rischio di questa legge, e delle decisioni che ne fanno applicazione, è pesantissimo e probabilmente con conseguenze incalcolate: e cioè che si appresti in via giudiziaria una tutela antirazzista se, e fino a che, si tratti di categorie per così dire "protette". Una specie di tutela della razza contro le discriminazioni di razza. Una sciocchezza, a dir poco.

;;; LA VICENDA
GLI INSULTI
Il giudice di Pace di Pordenone, nel dicembre 2008, aveva condannato con una multa di 900 euro Onkar S. per i reati di ingiuria, percosse e minaccia nei confronti di Mauro C. Una condanna senza aggravanti, nonostante l'extracomunitario avesse apostrofato la sua vittima con "italiano di m...": per questo la Procura di Trieste aveva fatto ricorso in Cassazione.
RICORSO BOCCIATO
La Cassazione boccia il ricorso e sentenzia: dire "italiano di m...", pur condannabile come reato di ingiuria, è comunque meno grave che dire "nero di m..." perchè non denota razzismo. Il motivo? «"Italiano", nel comune sentire nel nostro territorio è stragrande maggioranza e classe dirigente» e quindi «non dà luogo» a quel «pregiudizio corrente di inferiorità» che è elemento fondamentale, invece, del sentimento xenofobo.









SORGE IL DUBBIO
Si può dire Cassazione di m...?
Libero, 29-03-2010
Per gli "ermellini" della quinta sezione penale della Cassazione «l'espressione "sporca negra" rivolta a persona di pelle scura integra gli estremi di ingiuria aggravata dalle finalità di discriminazione o di odio etnico e razziale, in quanto essa è correlata nell'accezione corrente, adottata nel nostro territorio, proprio ad un pregiudizio di inferiorità razziale». Mentre, sostengono sempre gli "ermellini", «il termine "italiano" accoppiato alla parola ingiuriosa "di merda", può essere letto come individualizzazione della persona singola nei confronti di cui si ha disistima, piuttosto che come riferimento ad una identità etnica in quanto facente parte di una comunità nazionale, quella italiana, che proprio nel nostro Paese non può essere correlata ad una situazione di inferiorità o suscettibile di essere discriminata». Ma se uno non avesse comunque «disistima» degli "ermellini" può dire «Cassazione di merda»?










Tor Pignattara, rissa tra italiani e bengalesi
Gli extracomunitari: «Una banda di giovani ci tormenta da tempo lanciando uova contro le nostre case»
Ul Messaggero,29-03-2010
di MARCO DE RISI e PAOLA VUOLO
Una rissa tra italiani e bengalesi cominciata con il lancio delle uova e finita con un ferito e quattro denunciati. Gli stranieri hanno raccontato di essere stati aggrediti, ma di non sapere perché. «Prima di tirarmi le uova un ragazzo mi ha detto di lasciar perdere suo fratello - ha detto un bengalese - ma io non ho capito cosa volesse dire».
Sulla rissa indagano gli agenti del commissariato di Tor Pignattara e gli investigatori anche se per ora non escludono nessuna ipotesi, ritengono che la rissa non abbia una matrice politica o razzista.
Da tempo però nel quartiere c'è una banda di giovani che tormenta i bengalesi lanciando uova fin dentro le loro case, e la polizia ritiene di trovarsi di fronte a una storia di vessazioni da parte di un gruppo di bulli probabilmente del quartiere, che attacca i bengalesi confidando nel fatto che le vittime, per paura, non denuncino gli episodi.
«La sera ho paura - dice Wima, che lavora come cuoco - Da un anno qui siamo presi di mira da questi giovani che ci tirano le uova. Se stiamo con le finestre aperte rischiamo dì essere colpiti anche in casa».
La rissa si è scatenata l'altra notte in via Pietro Rovetti, nel cuore di Tor Pignattara. e secondo il racconto degli stranieri sono stati gli italiani a cominciare. «Non sappiamo davvero cosa volevano - hanno spiegato alla polizia - erano tutte scuse per aggredirci e tirarci le uova». I bengalesi hanno detto di avere visto che i giovani italiani, una decina, avevano una spranga di ferro e una pistola, li hanno minacciati e poi sono scappati con una macchina e una moto.
Nella rissa è rimasto ferito un bengalese. L'uomo è stato medicato e dimesso dall'ospedale Figlie di San Camillo e giudicato guaribile in sei giorni.
Secondo una prima ricostruzione fatta dagli agenti del commissariato di Tor Pignattara, era passata da poco mez-
zanotte quando alcuni giovani si sono avvicinati ai bengalesi aggredendoli verbalmente con il pretesto di lasciare stare il fratello di uno di loro. Da qui il lancio delle uova e i cazzotti, poi il gruppo è andato via via crescendo perché altri giovani della banda sono arrivati a dare man forte agli aggressori e in via Pietro Rovetti si sono precipitati anche altri bengalesi per aiutare i loro connazionali.
Alcuni bengalesi hanno anche cercato di mettere fine alla rissa, e hanno tentato di convincere gli italiani, giovani tra i 15 e i 20 anni, ad andare via, ma per tutta risposta si sono presi un paio di pugni.
Tre bengalesi e un romano sono stati identificati dalla polizia e denunciati per rissa.
«Una vergognosa e preoccupante aggressione razzista contro dei ragazzi bengalesi è quella che è avvenuta l'altra notte a Tor Pignattara. Artefici circa dieci ragazzi italiani con coltelli, spranghe e una pistola», sostengono il capo-gruppo del Pd in Campidoglio Umberto Marroni e il capogruppo Pd Roma 6 Gianluca Santilli. Quest'ultimo afferma di avere assistito all'aggressione e di essere intervenuto per fermarla: «C'è in città un clima allarmante di xenofobia». Marroni aggiunge: «Risulta assordante il silenzio di Alemanno». Il sindaco Gianni Alemanno definisce «assordante il tentativo di strumentalizzare in chiave ideologica ogni avvenimento di questa città. Gli esponenti del Pd cercano di trasformare ogni accadimento drammatico nella Capitale in merce di scambio politica ed elettorale. Dal canto nostro oltre a dare piena solidarietà alle vìttime attendiamo la ricostruzione degli inquirenti per accertare le responsabilità e i moventi di questo atto di violenza e di intolleranza».
Per Giorgio Ciardi, delegato del Comune alla Sicurezza, «l'amministrazione Alemanno è impegnata quotidianamente a ricreare condizioni di vivibilità e garanzia dì sicurezza per tutti i cittadini».









Rissa tra italiani e bengalesi con lancio di uova, un ferito
il Messaggero, 29-03-2010
ROMA - Mega rissa l'altra notte a Torpignattara (quartiere multietnico della Capitale) fra ragazzi italiani e cittadini bengalesi, alcuni dei quali minorenni. Intervenuta in forza la polizia che ha fermato quattro giovani: tre ragazzini stranieri e un italiano. Un ferito è stato medicato con pochi giorni di prognosi al vicino ospedale. I quattro giovani sono stati rilasciati dagli agenti del commissariato Torpignattara che li hanno denunciati a piede libero per rissa.
Questa sarebbe l'ennesima aggressione che si verifica in zona. Anche questa volta a fare scoppiare la rissa è stato un lancio di uova fatto da un adolescente italiano ad uno coetaneo bengalese. Si sono formati due gruppi di una decina di persone per parte e si sono affrontati su un tratto di via Pietro Rovetti, dove gli intonaci sono sporche .di uova lanciate da ragazzi italiani. «Ieri sera - racconta Wima, bengalese, cuoco -qualcuno ha tirato uova dentro le finestre di casa e sul bucato che era steso fuori. Più o meno ogni sabato si ripetono questi atti vandalici nei confronti della comunità bengalese».
«Una vergognosa e preoccupante aggressione razzista», è il commento de! capogruppo del Pd in Campidoglio Umberto Marroni.









Le strane sentenze della Cassazione
«Italiano di m...». Non è razzismo (negro invece sì)
il Giornale, 29-03-2010
Gabriele Villa
Dire a qualcuno «Italiano di merda» è sì un'ingiuria ma è meno grave che apostrofare un tipo dalla pelle scura come «negro di merda». Scusate l'esordio scurrile ma era l'unico modo per entrare in argomento e tentare di farsi largo nel labirinto dei distinguo che giunge dall'ultimo pronunciamento della Cassazione.
Dunque, secondo i giudici della Suprema Corte, l'espressione in questione, pur condannabile come ingiuria, non ha, a differenza dell'altra, una connotazione «razzista» dal momento che «italiano», nel comune sentire nel nostro territorio è stragrande maggioranza e classe dirigente che non dà luogo a pregiudizio corrente di inferiorità». Ecco perché la Quinta sezione penale (sentenza 11590) ha bocciato il ricorso della Procura di Trieste che chiedeva una condanna più grave per un immigrato residente a Pordenone, Onkar S., multato con 900 euro per avere ingiuriato Mauro C. dandogli appunto dell'«italiano di m...». Chiaro? Non tanto, diciamo la verità, quindi vediamo di mettere a fuoco il concetto, traducendo dal sentenziese: il termine  italiano, precisa la Cassazione, accoppiato alla parola ingiuriosa, può essere letto «come individualizzazione di una persona singola nei cui confronti si ha disistima, piuttosto che come riferimento ad una identità etnica in quanto facente parte di una comunità nazionale, quella italiana, che proprio nel nostro Paese può essere correlata ad una situazione di inferiorità o suscettibile di essere discriminata». Un'espressione, e qui torniamo al via e ci fermiamo per un giro a riflettere, non equiparabile a «negro di m..» o a «sporco negro», perché quest'ultima «rivolta a persona di pelle scura integra gli estremi di ingiuria aggravata dalle finalità di discriminazione o di odio etnico». Adesso sì che tutto è più chiaro. Talmente chiaro che, visto che siamo già in Primavera e fra poco sulle spiagge dell'Adriatico caleranno, come al solito, i tedeschi, noi tutti potremo sbizzarrirci tranquillamente ad abbinare la loro nazionalità al classico simbolo dell'evacuazione senza paura di incorrere in particolari sanzioni.
Perché anche i tedeschi, curioso no?, in Germania sono stragrande maggioranza e classe dirigente. E a questo punto perché mai dovremmo tralasciare, in quest'insolita gara all'insulto impunito, gli inglesi, i finlandesi. O i cechi e gli slovacchi? Tutti, nei rispettivi Paesi sono stragrande maggioranza e classe dirigente. In più, se non andiamo errati, hanno tutti la pelle chiara. Quindi non c'è né, presumiamo ci sarà mai dopo questa sentenza, alcuna aggravante nell'insultarli liberamente solo per il passaporto che tengono in tasca. Per completezza d'informazione corre l'obbligo di aggiungere che era stato il giudice di Pace di Pordenone, nel dicembre 2008 che aveva condannato con una multa di 900 euro Onkar S. per i reati di ingiuria, percosse e minaccia nei confronti di Mauro C... E che proprio perché si trattava di una condanna senza aggravanti la Procura di Trieste si era sentita in obbligo di fare ricorso in Cassazione per ottenere che «l'italianità» fosse, come dire, salvaguardata e tutelata adeguatamente. E tenuta lontana da ingiuriosi e maleodoranti abbinamenti. Ma «gli ermellini» hanno respinto al mittente le obiezioni della Procura triestina evidenziando che «dalla sentenza impugnata non si desume che la frase ingiuriosa  italiano di m.... fosse stata pronunciata consapevolmente per finalità di discriminazione, di odio nazionale razziale o di conflitto tra persone a causa della etnia, non risultando che l'imputato avesse manifestato odio e sentimenti similari connaturati da una situazione di inferiorità degli italiani» . Sarà, ma noi non siamo convinti. E rimaniamo nel sospetto che i giudici della Suprema Corte si siano lasciati fuorviare da un certo buonismo di tendenza che sente solo puzza d'insulto, è il caso di dire, solo quando l'insulto può, anche solo lontanamente, venire ricondotto ad un retropensiero di razzismo e intolleranza etnica. Eppure, scusate se insistiamo, quella cosa là, quella che puzza, dovrebbe essere uguale per tutti. Bianchi o neri, italiani o tedeschi. E procedere all'imbrattamento della nazionalità con la medesima cosa, sempre quella cosa là, dovrebbe venir considerato ugualmente brutto. E ugualmente punibile. A prescindere dal colore. Della pelle, naturalmente. Gli studiosi, ebbene sì ci sono anche gli studiosi dell'insulto, o meglio gli studiosi comportamentali, hanno individuato 14 categorie di insulti. Tra i più diffusi ci sono maiale, stupido ma, sorprendentemente, anche ciccione. Ecco, «italiano ciccione» suona meglio, fa sentire in colpa, forse, ma eviterebbe alla Cassazione di cercare in pelo nell'uovo. E farci andare di traverso anche la Pasqua.










Bene i corsi per le badanti ma non basta

di Cristiano Gori
il Sole, 28-03-2010
1- Perché le regioni sono decisive?
Gli anziani non autosufficienti hanno bisogno di servizi di assistenza continuativa: personale che trascorra tempo con loro sorvegliando che tutto vada bene, che risponda alle esigenze di cura quotidiana, che offra interventi infermieristici e di fisioterapia. I servizi possono essere forniti a domicilio o in strutture residenziali. Poiché in Italia la loro disponibilità è scarsa, minore che negli altri paesi, si sono diffuse le badanti. La maggior parte dei servizi esistenti è titolarità delle regioni, che li finanziano con una quota del proprio fondo sanitario e li erogano attraverso le Asl. In un quadro complessivamente critico, alcune regioni hanno compiuto negli ultimi anni importanti passi in avanti.
2- Perché la pressione si concentra sulle regioni? Perchè le domande di servizi crescono e gli altri livelli di governo rispondono poco. Le possibilità dei comuni di offrirli sono limitate dalle politiche nazionali di bilancio, che li penalizzano particolarmente. Lo stato, a sua volta, polarizza il proprio sforzo verso un trasferimento monetario, l'inden-
nità di accompagnamento, e dedica una quota assai marginale di stanziamenti ai servizi (il "Fondo non autosufficienze"). Gli altri paesi europei - ad esempio Spagna e Francia - hanno introdotto negli ultimi 15 anni riforme statali che hanno trasferito nei territori cospicue risorse per ampliare l'offerta di servizi, mentre ciò in Italia non è accaduto.
3- Qual è la principale differenza con l'assistenza ospedaliera?
Riguarda lo scopo da persegui* re nei prossimi anni. L'assistenza ospedaliera esiste, pur non senza criticità, e l'obiettivo futuro dovrebbe essere migliorarne la gestione. L'assistenza continuativa si sta sviluppando, alcune Regioni sono più avanti e altre più indietro ma ovunque l'obiettivo dovrebbe essere quello di dare vita a un'offerta adeguata di servizi.
4-  Cosa fare quando compare la non autosufficienza?
Il primo problema delle famiglie è capire a chi rivolgersi e recentemente le regioni ne sono diventate consapevoli. Lo strumento sono i "Punti unici d'accesso", luoghi facilmente raggiungibili dove poter trovare tutte le informazioni sui servizi e dove essere messi in contatto con quelli di cui si ha bisogno. Sinora sono stati introdotti in alcuni contesti locali: la sfida è adesso diffonderli su larga scala.
5- Come rafforzare i servizi a domicilio? Nelle regioni i nodi sul tappeto sono i medesimi, ma con intensità variabile. Primo, incrementare gli utenti dei servizi domiciliari pubblici, che in gran parte del paese sono meno della media europea. Secondo; aumentare il numero delle visite, perché sovente gli utenti ricevono troppe poche ore settimanale
6- Come rafforzare le strutture  residenziali?
In molte regioni i posti letto in queste strutture - le versioni evolute delle vecchie "case di riposo" -sono inferiori ai bisogni e debbono essere aumentati. Ovunque è necessario adeguare la qualità al fatto che oggi chi entra in una struttura residenziale è più anziano e in condizioni maggiormente compromesse rispetto al passato, pensiamo alle persone con Alzheimer.
7- E le badanti? Negli ultimi anni le regioni hanno realizzato corsi che permettono alle badanti (regolari) di acquisire competenze tecnico-operative di assistenza e competenze relazionali. Hanno anche attivato
sportelli per aiutare l'incontro e la relazione tra famiglie e badanti. Numerose le esperienze stimolanti, perlopiù su piccoli numeri. Si tratta di capire se si riuscirà a diffonderle maggiormente.
8- Come trovare i finanziamenti?
Facendo politica. A livello regionale le giunte dovrebbero affrontare l'impegnativo compito di ridurre le risorse destinate agli ospedali - soggetti sovente meno utili ma più potenti di strutture per anziani e infermieri a domicilio - per spostarle all'assistenza continuativa, di cui c'è maggiore necessità. A livello nazionale le regioni dovrebbero allearsi per spingere lo stato a una maggiore assunzione di responsabilità verso i servizi.
9- Se l'assistenza ai non auto-sufficienti è così importante, perché non se parla in campagna elettorale?
Perché il confronto si è giocato su generiche questioni di natura nazionale senza affrontare i concreti problemi locali. Inoltre, l'opinione pubblica rimuove l'argomento per un semplice motivo: nessuno di noi ama immaginare quando avrà difficoltà ad alzarsi dal letto o sarà malato di Alzheimer.











"La democrazia europea rischia di suicidarsi"

L'allarme di Prodi: comandano gli stati nazionali
la Repubblica,28-03-2010
SIMONA POLI
FIRENZE—«Se la  democrazia europea continua a pensare solo nel breve periodo allora è il suicidio della democrazia». Parole di Romano Prodi, ex premier ed expresidente della Commissione europea, ieri all'Istituto Stensen di Firenze per un dibattito con il demografo Massimo Livi Bacci. La riflessione  di Prodi parte dalla  crisi economica della Grecia che, fa notare, «ha violato tutti i dieci comandamenti comunitari ma rappresenta comunque solo il 2 per cento dell'economia complessiva, ossia un quarto di quella di Renania e Westfalia». L'esempio della Grecia gli serve per analizzare lo stato dell'Unione e lanciare un appello alla coesione. «In Europa in questo momento comandano gli Stati nazionali», dice Prodi, «ma nessuno di loro ha la robustezza politica per offrire risposte di lungo respiro, a cominciare dalla Germania, che è sempre stato il paese che guardava avanti mentre ora non lo è. L'orizzonte si accorcia e questo mi preoccupa moltissimo perché Cina e  India si sviluppano sempre di più». Secondo Prodi «a fronte del grande coraggio di andare avanti con la moneta unica, non c'è stato il coraggio di andare avanti parallelamente con una politica
economica unitaria - quando qualcuno faceva come la Grecia -e neppure di istituire un'autorità
di sorveglianza vera. È stato fatto solo il patto di stabilità,senza nessuno che possa controllare». Pro¬di insiste su questo punto, meditando probabilmente anche alla sua esperienza personale, a cui accenna con una battuta: «Si deve sempre pensare sul lungo periodo. Poi si perde il governo ma questo è un altro discorso...».
La debolezza dei governi è uno dei temi ricorrenti nel suo intervento:«Da qualche tempo l'Europa è dominata dalla paura, soprattutto a causa dell'immigrazione. Non avendo più un grande nemico si sono svegliate le piccole paure quotidiane come quella dell' estraneo, una paura che spaventa l'uomo politico, perché incide forse ancor più del terrorismo nella vita della gente: c'è sempre qualche elezione da qualche parte. Più una  democrazia diventa ricca e più si moltiplicano nella società i poteri di veto e la parcellizzazione degli interessi organizzati che influenzano i politici». Il rischio è tornare indietro, fermarsi, negarsi il futuro. «L'Europa è stata il più grande laboratorio politico dell'età moderna, basti pensare alla creazione della moneta unica e alla cessione.seppure parziale, di sovranità da  parte degli Stati. Abbiamo fatto progressi impressionanti anche rispetto ai diritti delle minoranze etniche e ora invece corriamo il pericolo di trasformare questo laboratorio in un museo. Ma è nei laboratori che si crea il futuro, non nei musei».
È un invito pressante all'unità, quello di Prodi. «Nel Cinquecento gli stati italiani erano i primi al mondo da ogni punto di vista, politica, arte, economia», osserva. «Poi è arrivata nell'Ottocento la prima grande globalizzazione e l'Italia è scomparsa dalla carta geografica. Oggi questo stesso rischio lo corre l'Europa». Non su ogni materia, però, occorre omogeneità di comportamenti. Quando Livi Bacci gli chiede se sia possibile pensare a un sistema previdenziale di livello europeo, anziché nazionale, Prodi risponde: «Non è possibile e non deve esserlo. Alcuni obiettivi comuni devono esserci ma la scelta del  sistema scolastico e previdenziale si deve attenere alla regola che tutto quello che può essere fatto vicino al cittadino va fatto vicino al cittadino, in base al principio della sussidiarietà in cui credo fermamente. Sono convinto che il sistema sanitario italiano lavorerebbe peggio se dovesse adeguarsi a un modello europeo».
















Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links