Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

04 febbraio 2015

Immigrazione, ora la Ue "copia" l'Italia
Avvenire, 04-02-2014
Nello Scavo
Alla fine Frontex è dovuta arrendersi alla realtà. Il pattugliamento esclusivamente entro le 30 miglia dalla costa rischia di provocare continue stragi di migranti. Così i mezzi di Triton, l’operazione europea che ha sostituito Mare Nostrum, sta progressivamente ricalcando le mosse della missione italiana, assai contestata proprio dall’agenzia europea  per il controllo dei confini dell’Unione.
Dall’1 al 22 gennaio 2015 sono avvenuti 29 interventi di soccorso che hanno permesso di trarre in salvo 3.528 persone, tra cui due scafisti arrestati. I mezzi di Triton sono intervenuti in 9 occasioni, lasciando a mercantili, Marina e Guardia costiera italiana il resto del lavoro. Ma in tutte le circostanze in cui il dispositivo dell’Ue è entrato in azione lo ha fatto ben al di là del confine stabilito dal mandato di Bruxelles: 5 operazioni di salvataggio si sono svolte tra le 30 e i 110 miglia, gli altri quattro soccorsi sono avvenuti al di fuori di questo limite. I numeri delle persone trasbordate e condotte sulla terra ferma spiegano perché la missione Triton si stia progressivamente spostando sempre più in là. Degli oltre 3.500 migranti messi al sicuro, 2.889 hanno beneficiato dell’intervento della missione Ue. Entro le 30 miglia, solo 40 profughi sono stati trasbordati, altri 1.957 sono stati raggiunti entro le 110 miglia e 892 oltre quest’ultimo limite. In altre parole, l’Europa non ha altra scelta che andare a prendere i profughi laddove vengono individuati dai mezzi di pattugliamento e sorveglianza.
Inizialmente erano stati stanziati per Triton 2,9 milioni al mese, 7 in meno di quanto non spendesse l’Italia per Mare Nostrum. E adesso nel quartier generale di Frontex, a Varsavia, si rendono conto che quei soldi non basteranno.  In cassa ci sono fondi per arrivare fino a giugno. Qualcosa in più dovrebbe essere ricavato dall’aumento del bilancio complessivo dell’agenzia, ma secondo alcune fonti interne si tratta di denaro che evaporerà entro l’estate.
Nel 2015 Frontex costerà 114 milioni di euro, con un aumento del budget a disposizione del 14%. L’Ue sostiene l’agenzia con 106 milioni (erano 87 nel 2014). E se per un verso aumentano aumentano le donazioni dei Paesi dell’area Schengen (da 5,6 milioni a 7 milioni), calano quelle di Regno Unito e Irlanda (da 900 mila a 820 mila euro). Due terzi del bilancio verrà impiegato per le attività di controllo dei confini. Ma lo stanziamento per le missioni lungo le coste mediteranee dell’Ue arriva a 31,1 milioni di euro, con un aumento di 10 rispetto all’anno precedente.
Intanto lungo le rotte dei migranti si apre un nuovo fronte. «Nel dicembre 2014 i cittadini del Kosovo sono stati per la prima volta i migranti più comunemente rilevati ad attraversare illegalmente la frontiera esterna dello spazio Ue – informa una nota di Frontex - e rappresentano un massiccio 40% delle rilevazioni totali». Ogni mese, secondo stime di polizia, circa 20 mila kosovari lasciano il loro Paese alla ricerca di lavoro nell’Europa occidentale. Un flusso in costante aumento anche a causa delle pereenni tensioni etniche che covano nella regione. Il Kosovo, proclamatosi indipendente dalla Serbia dal febbraio 2008 ma mai riconosciuto da Belgrado, ha circa 2 milioni di abitanti, in stragrande maggioranza di etnia albanese e religione musulmana. I serbi (ortodossi) rimasti sono circa 120 mila e nel Paese la disoccupazione sfiora il 40%. Una nuova sfida per l’Europa ed una nuova emergenza per Frontex, sempre più messa sotto stress dalla pressione di centinaia di migliaia di persone che vedono nell’Europa l’unica opportunità per sopravvivere.
 
 
 
I diritti dei migranti dopo l'attentato di Charlie Hebdo
Zeroviolenza, 03-02-2015
Valentina Brinis,
Una delle conseguenze non trascurabili dell'attentato alla redazione di Charlie Hebdo del 7 gennaio scorso, è quella di aver reso più vulnerabili i musulmani che vivono in Europa. L'efferatezza di quel fatto, attribuito a fanatici islamici che agivano in nome di Allah e contro l'Occidente, ha offuscato la fondamentale differenza che esiste tra i fedeli moderati e gli estremisti.
Ecco perché tutti gli islamici sono corsi ai ripari discostandosi da quanto era accaduto, ed evitando così il rischio di finire nel calderone di "tutti i musulmani sono terroristi". È stata sicuramente una mossa opportuna che però non li ha svincolati completamente da critiche sul loro stile di vita, sull'abbigliamento e, in alcuni casi, sulla mancata integrazione. E così, anche chi si trovava in Europa da decenni e aveva già acquisito la cittadinanza di uno degli stati membri, si è ritrovato a essere considerato ancora come uno straniero: ovvero un estraneo al patrimonio culturale comune del paese in cui vive. 
Si è dunque creato un clima in cui vengono accreditati atteggiamenti islamofobi e, più in generale, xenofobi condivisi anche da chi ha cercato in questo periodo di interpretare le cause della strage di Charlie Hebdo. E in particolare da esponenti politici tutt'altro che favorevoli all'ingresso in Europa dei migranti e di chi fugge da zone di guerra e affronta viaggi estenuanti verso le nostre coste per mettere al riparo la propria vita. Non solo. Si sono ipotizzate anche soluzioni per ostacolare ulteriormente il movimento all’interno dell’area Shengen, con proposte quali la “chiusura delle frontiere”. 
A tutto ciò si è aggiunto anche l’allarme terrorismo strettamente collegato all’arrivo di migranti via mare. In Italia, l’ultimo di questi proclami, è quello del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che ha espresso il timore, fondato su un serio rischio, della presenza di terroristi infiltrati tra i richiedenti asilo che giungono in Italia. Nel suo messaggio, però, ha raccomandato prudenza nel mantenere distinte le due figure: quella dei profughi e quella dei malintenzionati. 
Ma quest’ultima raccomandazione non elimina l'effetto di inquietudine provocato dalla prima parte di quel messaggio, oggi confermato da fonti libiche. Tutto ciò produrrà sicuramente delle conseguenze drammatiche: l’ostilità diffusa verso i nuovi giunti, oltre che ulteriori critiche al sistema di accoglienza già contestato in altre occasioni. Ma in questo momento ci sarebbe bisogno di un atteggiamento opposto, più razionale e pragmatico utile a  sviluppare un modello di integrazione e inserimento di chi arriva in Italia. Un sistema di accoglienza che deve essere attuato già prima della partenza, utile a controllare il vero status di chi parte (la sussistenza, cioè, dei motivi per la richiesta di asilo) e le sue reali intenzioni. 
Nell’ultimo anno si è discusso a lungo della questione e sono state numerose le proposte presentate che vanno in questo senso. Tra le altre vi è quella approvata dalla Commissione per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato che prevede la realizzazione di presidi internazionali dove le rappresentanze diplomatiche dei paesi europei possano concedere, a chi ne abbia diritto, un visto utile ad attraversare il mare Mediterraneo per raggiungere il nostro continente. 
I paesi coinvolti sarebbero quelli dell'Africa settentrionale dove transitano i flussi di profughi e migranti, dove le condizioni politico-istituzionali consentono un'attività diplomatica e dove già sono in corso forme simili di intervento umanitario, come il re-insediamento. Per la riuscita del progetto è fondamentale il supporto della rete diplomatica del Servizio europeo per l'azione esterna, della rete diplomatico consolare dei paesi dell'Unione, dell'UNHCR e delle organizzazioni umanitarie. 
Quella appena descritta è solo una delle idee che in questo periodo storico potrebbero essere attuate per invertire le tendenze prima elencate.  
Nonostante i luoghi comuni e gli stereotipi, gli allarmi sociali e l'agitazione di chi vuole alimentare la paura, è esattamente questo il momento più opportuno e, oso dire, propizio.
 
 
 
Germania: Merkel, necessario rivalutare le norme sull'immigrazione
Adnkronos, 03-02-2015
La cancelliera tedesca Angela Merkel apre il dibattito per una possibile riforma delle leggi sull'immigrazione in Germania in grado di attirare forza lavoro qualificata, incurante degli equilibri politici e dei movimenti anti immigrazione come Pegida e il partito dell'AfD.
"Dobbiamo riconsiderare in modo pacato quello che abbiamo fatto negli ultimi anni per migliorare le leggi sull'immigrazione. Poi potremo decidere se c'e' effettivamente bisogno di ulteriori miglioramenti", ha dichiarato dopo che la Csu e molti esponenti della sua Cdu, fra cui anche il ministro degli Interni Thomas de Maiziere, si sono già espressi contro una revisione delle norme.
Merkel dimostra così attenzione per le richieste provenienti, oltre che dal segretario della Cdu Peter Tauber, dall'Spd, che entro fine mese presenterà un documento programmatico sull'immigrazione, e dai Verdi. La Spd ha anticipato una proposta per l'introduzione di un sistema a punti per premiare i migranti qualificati sul modello di quanto in vigore in Canada. La cancelliera ha tenuto a precisare di non aver ancora definito una posizione precisa.
 
 
 
Rc auto più cara per gli immigrati? Interviene l'Ivass: "Una discriminazione"
L'istituto per la vigilanza sulle assicurazioni richiama le compagnie per le tariffe maggiorate ai guidatori stranieri. “Eliminare il Paese di nascita dai criteri per preventivi e premi”
stranieriinitalia.it, 04-02-15
Roma – 3 febbraio 2015 - Se sei un immigrato l'assicurazione dell'auto può costarti di più.
Diverse compagnie considerano infatti la cittadinanza straniera un fattore di rischio e quindi alzano il premio della polizza. Per verificarlo basta collegarsi a uno dei tanti siti che confrontano i preventivi e chiederne uno come italiano e uno, lasciando invariati gli altri dati, come straniero.
“Sono le statistiche a dire che gli immigrati fanno più incidenti”, si difendono gli assicuratori. La legge, però, dice che non si possono fare discriminazioni in base all'origine, e non a caso le compagnie che sono state portate in tribunale per questo motivo hanno preferito eliminare le tariffe etniche prima di andare incontro a una probabile condanna per razzismo.
Del resto, già all'inizio del 2012, l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali aveva denunciato questa prassi, chiedendo alle compagnie assicurative “tariffe indipendenti dalla cittadinanza dei richiedenti". Qualche mese dopo era intervenuta anche la Commissione Europea, che rispondendo a un  quesito dell'Asgi aveva parlato di un “restrizione discriminatoria ingiustificata, poiché la cittadinanza non ha (a differenza dell’esperienza di guida, ad esempio) un impatto sulla capacità di guida degli utenti”.
A quanto pare quei richiami non sono serviti, se a tirare le orecchie alle compagnie adesso è arrivato anche l'Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (Ivass), l'ente, cioè,  che dovrebbe garantire “la stabilità e il buon funzionamento del sistema assicurativo e la tutela dei consumatori”.
“Alcune imprese adottano, quale criterio per la determinazione del premio r.c.auto, quello della nazionalità di nascita del soggetto assicurato, applicando, a parità di ogni altro elemento oggettivo e soggettivo, una maggiorazione tariffaria ai soggetti nati in alcuni Paesi europei ed extraeurope” conferma l'Ivass in una lettera inviata lo scorso novembre a tutte le compagnie.  “Tali prassi presentano un elevato contenuto discriminatorio”.
Il Servizio Tutela del Consumatore dell'Istituto ricorda proprio il parere dell'Unar.  E conclude: “Al fine di evitare comportamenti discriminatori, si richiamano le imprese in indirizzo a riconsiderare tale criterio di determinazione del premio, ponendo in essere ogni attività che si renda necessaria dal punto di vista organizzativo ed operativo affinché i preventivi elaborati ed i contratti del ramo r.c.auto non tengano in considerazione il Paese di nascita dell’assicurato”.
Ennesimo richiamo, quindi, per le compagnie assicurative, stavolta proprio dall'organismo che vigila sul loro comportamento. Sancirà la fine delle tariffe etniche sull'Rca?
Leggi:
Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni. Tariffazione del rischio r.c.auto. Fattore tariffario “Nazionalità di nascita”
 
 
 
“Fuori Piove, Dentro Pure, Passo a Prenderti?”
Corriere.it, 05-02-2015
Nura Tafeche
È appena uscito il libro edito da Mondadori “Fuori Piove, Dentro Pure, Passo a Prenderti?”, scritto da Antonio Dikele Distefano, giovane autore che abbiamo già presentato a La Città Nuova.
Antonio è il protagonista e voce narrante di una serie di episodi avvenuti durante la sua stessa vita. Il nucleo è una storia d’amore vissuta con Linda, sua coetanea, di cui riporta stralci di messaggi scambiati con lei e una serie esercizi quotidiani per fortificare la propria personalità in una società di pregiudizi.
Gli aneddoti sono ambientati in una Ravenna annoiata e distratta, noncurante dei suoi giovani, spesso impegnati a districarsi tra le tensioni dell’amore e la distensione delle amicizie.
Tante altre figure fanno conoscere la personalità introspettiva di Antonio, la smisurata ammirazione per i genitori, la presenza ricordata con grande nostalgia della madre, (a cui dedica il libro) trasferitasi in Angola durante la sua adolescenza, la complicità nei discorsi con gli amici. La relazione d’amore è il veicolo del messaggio del libro.
Senza alcun dramma, Distefano racconta della difficoltà di saper affrontare questo mondo in due, con due eredità culturali e famigliari differenti.
Ad ogni capitolo è annesso un tasto “play” da schiacciare, una canzone che rispecchia lo stato d’animo con cui è stato scritto l’episodio o in cui si vuole trasportare emotivamente il lettore. Senza preavviso, ogni capitolo passa da un flashback all’altro. Per quanto possa sembrare destabilizzante in un primo momento, si capisce subito dove si vuole arrivare: descrivere con meno convenevoli possibili la chimica di una relazione giovane, di due ragazzi che con le necessarie contraddizioni, si amano. Sembrerebbe un libro d’amore ma c’è qualcosa di più profondo, una fotografia di un panorama italiano affaticato dalla diffidenza, che non perdona neanche l’amore. Le nuove  tecnologie sono fedeli presenze negli aneddoti che racconta Distefano, “Whatsappami O’ Diva del Pelide Achille”…
Sono i messaggi scambiati al telefono e riportati nel libro a decodificare lo sforzo e le pulsioni di questa storia. Il libro, nel suo svolgersi narrativo, rispecchia il modo in cui un ragazzo pensa e vive: velocemente, apparentemente sconnesso, ma in perenne osservazione critica verso il mondo. È una cartella di bozze mai spedite al vero destinatario, ma pubblicate in un libro, e forse il suo prezzo da pagare è stato spezzare una certa intimità, vissuta con lucidità e impulso ma certamente con onestà. È questo che differenzia il libro di Distefano, da un verboso dattiloscritto di un giovane appassionato in vena di sfogo. Spesso si dice che la scrittura sia un sedativo per le emozioni, e
si ha l’idea che l’autore stesso voglia accompagnare il lettore nella meccanica di questa relazione e di questa società, per comporre insieme il mosaico di un amore introspettivo, a volte vissuto con solitudine, in lotta con le continue intromissioni dei tabù e dell’ignoranza.
Quello che traspare, alla fine, è una grande voglia di capirsi al volo, ecco il perché tante similitudini e tante metafore che costellano ogni sua riflessione. È attraverso lo spogliarsi dei propri sentimenti che Distefano è riuscito a conquistare e a guidare i lettori, la cui fascia di età è variabile tra i 20mila downloads della versione originale del libro avvenuta l’anno scorso. È la grande speranza e sfida che caratterizza “Fuori Piove Dentro Pure Passo a Prenderti?”, che saper spiegare nei libri, con onestà, i conflitti e l’interiorità, ritorni ad essere una ragione sufficiente per riavvicinare il pubblico adulto e quello più giovane alla lettura, meditativa o scorrevole, prendendosi più cura di se stessi attraverso questa pratica di scambio.
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