Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

31 ottobre 2011

La crisi è di tutti: intere famiglie rispedite a casa loro
l'Unità, 29-10-2011
Italia-razzismo    Osservatorio
684413 sono i permessi di soggiorno non rinnovati nel corso del 2010. E, più nel merito, 398136 quelli che erano stati rilasciati per lavoro subordinato, 49633 per lavoro autonomo, 220622 per motivi di famiglia e 16022 per attesa occupazione. Un’ampia popolazione rimasta in bilico, in attesa, in stato d’allarme.
Quale è stata la causa del mancato rinnovo? La crisi economica, ahinoi. La fonte di questi numeri è il Dossier statistico immigrazione 2011 curato dalla Caritas, nel quale si evidenzia lo stato di precarietà in cui può trovarsi a vivere una persona immigrata in Italia. Perché, se per un italiano la perdita del lavoro è la principale ragione d’ansia, per uno straniero quest’ultima condizione psicologica è aggravata da un’altra perdita, quella dei documenti. È possibile rinnovare il permesso di soggiorno (che scade quando scade il contratto di lavoro) se si è in grado di dimostrare la disponibilità di un reddito, sia esso proveniente dal lavoro subordinato o da quello autonomo. E il rinnovo dei documenti dei familiari a carico del lavoratore (titolari del permesso di soggiorno per famiglia) dipende dalla situazione del lavoratore stesso: se questi perde il permesso di soggiorno, lo perderanno anche gli altri. Ecco spiegati quei 220622 mancati rinnovi. Un panorama tragico dal momento che si tratta di intere famiglie che precipitano in una condizione di extra-legalità. Questa è la sostanza viva e dolente, e tutt’altro che criminale, che alimenta le paranoie collettive sui clandestini: un mercato del lavoro via via più precario che rende marginali bambini, donne e uomini. Esattamente come tanti italiani. Certo, a fronte di ciò sono in molti a dire: «Aiutiamoli a casa loro». Però dal 2008, come ha ricordato Umberto De Giovannangeli su queste colonne, i fondi italiani per la cooperazione siano diminuiti dell’88%.



Gli immigrati irregolari pronti a risalire sulle gru
Torna la rabbia: "Da allora non è cambiato nulla"
Il Giorno, 31-10-2011
Beatrice Raspa
E' passato un anno dalla plateale protesta. Il d-day, sarà il 12 novembre. Gli arrabbiati si troveranno alle 15 in piazza Loggia per una nuova manifestazione corale che si annuncia calda
Brescia, 31 ottobre 2011 - Sono tornati. Pronti di nuovo alla «lotta dura senza paura». «Siamo tutti sulla gru». «Vogliamo i permessi». Gli immigrati bresciani, o quelli che aspirano a esserlo, ieri hanno celebrato un anniversario importante, che nessuno dimentica. Il 30 ottobre di un anno esatto fa in sei si sono arrampicati sul braccio meccanico nel cantiere metrobus in via san Faustino e per 17 giorni hanno protestato a trenta metri d’altezza contro la cosiddetta “sanatoria truffa”.
Giorni di grande tensione, con Brescia spaccata a metà, tra insofferenze e slanci di generosità. Con la chiesa e i sindacati che hanno mediato fianco a fianco. Fino ai momenti degli scontri di piazza. Ieri, appunto, a distanza di 365 giorni dall’occupazione in quota, i protagonisti della battaglia per l’emersione dalla clandestinità si sono dati appuntamento di nuovo davanti a quel cantiere simbolo, le cui immagini hanno fatto il giro di tutta Italia. Non erano moltissimi, non più di 200, sostenuti dall’Associazione diritti per tutti. Ma determinati: «Attendiamo risposte. Se entro la prossima settimana non vi saranno, non ci fermeremo».
Il d-day, sarà il 12 novembre. Gli arrabbiati si troveranno alle 15 in piazza Loggia per una nuova manifestazione corale che si annuncia calda. «Un risultato con la lotta della gru lo si è ottenuto – ha detto al megafono Gabriele Bernardi, Diritti per tutti-. In parte la situazione dei troppi che vivono nell’invisibilità si è sbloccata. Ma purtroppo buona parte di chi avrebbe diritto al permesso, nonostante le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte di giustizia europea a favore, ancora sono in attesa. È colpa della lentezza della prefettura bresciana». E ancora: «Nulla si è sbloccato per gli immigrati vittime di datori di lavoro fasulli che li hanno truffati: questi stranieri hanno diritto al permesso. E poi c’è la situazione degli espulsi (undici, ndr) durante la manifestazione e gli sgomberi – continua Bernardi -. La legge dice che possono rientrare e essere regolarizzati. Ma non hanno ottenuto nemmeno un visto».
Il 12 novembre, dunque, i fronti aperti saranno molti. Si “chiederà giustizia” anche per la morte di Elhadji, senegalese clandestino arrestato e deceduto il dieci dicembre 2010 nella cella di sicurezza della caserma dei carabinieri in preda all’asma. A scaldare soprattutto gli animi, comunque, sono i tempi “insostenibili” di riapertura delle pratiche inizialmente rigettate per via della clandestinità e poi riammesse, ferme negli uffici: «Nessuno se ne assume la responsabilità», lamenta il legale di Diritti per tutti Manlio Vicini. Centinaia di posizioni sono in sospeso, per la prefettura che le sta vagliando una a una circa 700, per gli interessati invece almeno il doppio. Solo l’egiziano Jimi, dei sei immigrati che si arrampicarono sulla gru, ha finora ottenuto il permesso: gli altri sono rimasti in Italia per motivi di giustizia (sono in corso i processi per gli scontri). E ancora: «Migliaia di domande legate ai decreti flussi del 2007 e del 2008 rimangono giacenti. Inammissibile».



L'espulsione amministrativa del cittadino extracomunitario clandestino. Un caso pratico
ADUC Immigrazione, 31-10-2011
Anna Jennifer Christiansen
Abbiamo visto come il legislatore italiano, in seguito alla graduale disapplicazione da parte della giurisprudenza nazionale e comunitaria di gran parte delle disposizioni del pacchetto Sicurezza del 2009, ha rivisto il Testo Unico Immigrazione per adeguarlo agli standard imposti agli Stati europei da parte della Direttiva Rimpatri. Il nuovo testo della legge è in vigore ormai da qualche mese: vediamo come la riforma ha influito in concreto sulla gestione del problema dell’immigrazione clandestina in Italia. Lo facciamo esaminando un decreto di espulsione tipo, ove il Prefetto e' chiamato ad applicare la nuova disciplina e ad utilizzare i nuovi strumenti che essa mette a disposizione.
La prima cosa che si nota, paragonando il nuovo “foglio di via” alle espulsioni emesse prima della riforma, é che gli stranieri irregolari espulsi prima dell’estate ricevevano un ordine di lasciare il territorio dello stato entro 5 giorni, mentre a quello accompagnato in Questura dopo il 6 agosto viene ordinato di andarsene entro 7 giorni. Inoltre cambiano le pene minacciate in caso di inottemperanza a tale ordine: prima la sanzione consisteva nella reclusione da 1 a 4 anni, adesso in una multa da 10.000 a 20.000 €. Lo straniero fermato dopo il 6 agosto deve quindi ritenersi fortunato: ha a disposizione 2 giorni in più per lasciare lo Stato, e se non adempie non va più in galera, ma deve “solo” pagare allo Stato una somma fra 10.000 e 20.000 €.
Il ricorso al rimpatrio volontario rimane –nella prassi– ipotesi solo residuale contravvenendo quindi alla norma e ai principi della direttiva comunitaria. Ne e' esempio la stessa formulazione standard del decreto di espulsione: “rilevato che nel caso in esame si esclude la possibilita' di far ricorso alla facolta' del rimpatrio volontario in quanto ricorrono le condizioni per accompagnamento immediato alla frontiera”. E' lampante la forzatura operata, che ribalta l’ordine di applicazione delle misure previste a livello europeo, disattendendo completamente lo spirito della Direttiva, che impone agli Stati di adottare un provvedimento di rimpatrio volontario ogni qualvolta sia possibile, preferendolo alle misure coercitive, più lesive dei diritti dello straniero. Nella “nuova” formulazione del decreto di espulsione l'ordine e' inverso: si esclude il rimpatrio volontario poiche' ci sono le condizioni per l'accompagnamento immediato.
Seppur nella sostanza cambia poco, e se anche la pubblica amministrazione esaminera' la sussistenza dei requisiti per il rimpatrio, cio' nondimeno una simile formulazione rende chiaro lo scopo della PA: osteggiare la direttiva, mantenere il sistema delle espulsioni uguale al precedente cercando di non incorrere nella violazione delle norme europee. Lo stesso spirito della circolare Manganelli (Circolare del Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza, del 17 dicembre 2010), emessa nel periodo di diretta efficacia della direttiva –quando ancora l'Italia non aveva provveduto al recepimento– in cui si suggerisce agli operatori una serie di “trucchetti” per aggirare le preclusioni comunitarie.
Le conseguenze sono di non poco rilevo
In primo luogo, la mancata concessione di un termine che consenta allo straniero di rimpatriare di propria volontà, implica (per mezzo di altra norma ben poco conforme alla Direttiva) che l’espulsione viene automaticamente corredata di un divieto di fare reingresso in Italia per 5 anni, pena la reclusione da 1 a 4 anni. Anche qui la differenza con la direttiva e' eloquente: secondo la direttiva il divieto di reingresso va da 0 a 5 anni; per il legislatore italiano va da 3 a 5 anni; le prefetture dispongono quasi sempre il divieto di reingresso per il periodo massimo, di 5 anni.
In secondo luogo, l'esclusione del rimpatrio volontario comporta il trattenimento dello straniero in un CIE ogni qualvolta non sia possibile eseguire immediatamente l’accompagnamento coattivo, ad es. per mancanza dei documenti per l’espatrio o di un mezzo di trasporto col quale accompagnare lo straniero in aeroporto. Si consideri che la mancanza del mezzo di trasporto è, purtroppo, la norma nel nostro Paese.
Ma il circolo vizioso non si interrompe qui. Altra circostanza disciplinata dalla Direttiva europea come ”situazione d’emergenza”, ma che da noi costituisce ormai la regola e non l'eccezione, è infatti la mancanza di disponibilità di posti nei CIE.
Ed è questa circostanza che porta all’ordine di lasciare il territorio, intimato dal Prefetto in applicazione dell’art. 14, comma 5-bis del Testo Unico, il quale recita come segue: “Allo scopo di porre fine al soggiorno illegale dello straniero e di adottare le misure necessarie per eseguire immediatamente il provvedimento di espulsione […] il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di 7 giorni”. La soluzione individuata dal legislatore italiano per gestire la cronica emergenza e' l'ordine di lasciare il territorio entro sette giorni, cioe' esattamente quanto accadeva prima della riforma (rectius, lo straniero ora ha ben due giorni in piu per organizzarsi!).
Nonostante questo rimedio sia, a nostro avviso, assolutamente privo di legittimazione ai sensi della direttiva europea, esso finisce così per trovare applicazione nella stragrande maggioranza dei casi di rimpatrio di stranieri irregolari in Italia.
Chi riceve un decreto di espulsione come quello in esame, ha quindi una settimana di tempo per lasciare il Paese, procurandosi quanto serve al rimpatrio. Un’impresa praticamente impossibile per uno straniero che, in quanto irregolare, non può lavorare.
In realtà sarebbe prevista nel Testo Unico la possibilità per il Prefetto di fornire allo straniero documenti e denaro ai fini del rimpatrio. Così come sarebbe prevista l’attuazione, da parte del Ministero dell’Interno, di ”programmi di rimpatrio assistito” che dovrebbero garantire allo straniero il ritorno in patria in condizioni più umane e dignitose. Ma tutto ciò resta, al momento, un bel miraggio.
La risposta al nostro quesito iniziale, su come la riforma del Testo Unico abbia influito sulla gestione da parte della P.A. del fenomeno dell’immigrazione clandestina, non può quindi che essere la seguente: non ha praticamente influito, se non nel senso di abolire la reclusione e prevedere invece la pena pecuniaria per il caso di impossibilità di adempiere all’ordine del Prefetto.
Ancora una volta il legislatore italiano ha insomma optato per una riforma di facciata, che lascia pressoche’ inalterate le precedenti procedure di gestione del fenomeno immigratorio, rinunciando anche in questa occasione al tentativo di riassumere il controllo di una situazione ormai da tempo sfuggitagli di mano. Una situazione che non consente ne’ di garantire il rispetto dei diritti umani, ne’ di esercitare alcun controllo effettivo sui flussi migratori che interessano il nostro Paese



Immigrati/ In Italia c'è "razzismo istituzionale": il libro bianco di Lunaria
Affaritaliani.it, 31-10-2011
Maggio 2011, dopo la morte di Abderrahaman Salhi, un ragazzo marocchino di 24 anni a Montagnana, in  Veneto, testimoni affermano che alcuni carabinieri  costringono gli stranieri ubriachi a bagni forzati nel fiume gelido, ripetuti più volte per fare smaltire l’alcol. Il 28 giugno a Desenzano del Garda muore un giovane di 19 anni, Imad El Kaalouli, cittadino marocchino, in Italia dall’età di tredici anni. A ucciderlo è il suo datore di lavoro all’interno del ristorante sul lungolago dove Imad lavorava da cinque mesi. Imad era andato, insieme a una consulente del lavoro, a rivendicare il pagamento degli arretrati sull’ultimo stipendio e del Tfr. La risposta del titolare italiano sono 8 colpi di pistola (detenuta illegalmente): Imad è colpito a morte, il consulente del lavoro resta ferito. Yussuf Errahali è un senza tetto marocchino di 37 anni trovato morto, mezzo nudo e inzuppato d’acqua il 12 gennaio 2010 a Napoli, nella centralissima Piazza Cavour. Probailmente Yussuf  non è stato ucciso solo dal freddo, ma dalle molestie e dalle violenze di un gruppo di giovani del quartiere che “per divertirsi” l’avrebbero gettato nella fontana, lasciandolo poi morire assiderato. Sono queste le “Cronache di ordinario razzismo” raccolte nel libro bianco 2009 – 2011 curato da Lunaria.
Un viaggio nell’orrore da nord a sud, senza dimenticare il lavoro nero e lo sfruttamento delle braccia straniere in agricoltura, le violazioni dei diritti umani nei Centri di identificazione ed espulsione, le navi prigione allestite per “liberare” Lampedusa dai tunisini, il divieto di accesso per la stampa e le associazioni non accreditate ai Cie e ai Cara. Il “pacchetto sicurezza” fa da cornice a quello che i curatori del volume definiscono senza mezzi termini “razzismo istituzionale”.
Di tutte queste storie, ben poco è arrivato all’opinione pubblica nazionale. Solo alcuni casi hanno risvegliato l’attenzione dei media: l’omicidio di Sanaa Dafani, la giovane 23enne di origine marocchina uccisa dal padre nel settembre 2009; la ribellione di Rosarno del 7 gennaio 2010; la vicenda della mensa scolastica di Adro dell’aprile 2010; l’omicidio di Maricica Hahaianu, 33enne romena uccisa a seguito di un litigio nella stazione della metro Anagnina di Roma l’8 ottobre 2010. Ma anche in queste vicende, i mass media, i giornalisti e gli opinionisti sono la nota dolente, accusati di usare categorie arbitrarie, di fare confusione fra orientamenti religiosi e nazionalità, di ignorare i termini corretti o, peggio, di malizia, sciatteria e sbavature razziste.
Alcuni esempi riportati nel secondo libro bianco sul razzismo, riguardano i principali quotidiani e le agenzie di stampa nazionali. Si parte dal Corriere della Sera del 20 dicembre 2010 che pubblica un editoriale di Giovanni Sartori, L’integrazione degli islamici, che ripropone “la vecchia tesi – un’autentica ossessione – della “radicale inintegrabilità” degli immigrati musulmani”. A questo proposito, Si legge nel volume: “Oltre a perpetuare l’abituale confusione grossolana fra nazionalità e orientamento religioso, non degna di un politologo, oltre a far finta d’ignorare che si può essere indiani e musulmani, cinesi e musulmani, marocchini e cristiani, tunisini ed ebrei, maghrebini e agnostici, iracheni e atei, e così via, egli mostra di non conoscere dati empirici basilari. Fra questi, un dato che in base ai suoi criteri dovrebbe essere indice di scarsa integrazione proprio degli “asiatici”: secondo stime della Fondazione Ismu (relative al 2008 ma ancor oggi tendenzialmente valide), in Italia la maggior parte degli immigrati irregolari proviene infatti da paesi asiatici, in testa la Cina”.
Torna in auge nei titoli e negli articoli anche il termine ‘vù cumprà’. Una notizia Ansa del 18 aprile 2011 titola: Protesta venditori souvenir contro vu’ cumprà. Lo stesso giorno “Il Gazzettino” informa che Massimo Cacciari, intervistato in proposito, ha dichiarato: “A me non danno fastidio: qualsiasi città italiana è piena di vu’ cumprà”.  Repubblica.it in un servizio del 28 agosto 2011, usa “vu’ cumprà” per riferire dell’azione meritoria compiuta da alcuni migranti: la pulizia volontaria di alcune strade a Napoli.  Anche nell’uso dei termini, i giornalisti della carta stampata sono accusati di ignoranza. Scambiano spesso i nigeriani per ‘nordafricani’ e confondono i centri di detenzione per stranieri irregolari con quelli di accoglienza per richiedenti asilo. In quest’ultimo caso viene citato come cattivo esempio l’articolo di Alberto Custodero e Corrado Zunino, Guerriglia nei Cie, è strategia della violenza, su “la Repubblica” del 3 agosto 2011. Invece su “Le Monde” Salvatore Aloise non parla mai di ‘clandestini’ e sa distinguere correttamente le diverse tipologie di centri.
Per quanto riguarda gli sbarchi a Lampedusa, “il linguaggio è biblico, bellicoso, catastrofico (fino all’infelice espressione “tsunami umano”), e induce i lettori/spettatori a sentirsi sotto assedio, profondamente minacciati e in stato di pericolo”.
“Scenario apocalittico” ed “esodo biblico senza precedenti” sono termini usati anche dal governo, in particolare dal ministro dell’Interno Roberto Maroni che crea allarmismo. Alcuni esempi di titoli delle principali testate italiane: Esodo di 300mila persone(La Repubblica); Clandestini fuori controllo. E l’Italia teme l’invasione (La Stampa), Una marea di profughi (Il Giornale); Dalla Libia può arrivare un’ondata di immigrazione di proporzioni catastrofiche (Il Sole 24ore); Navi, aerei e paura: Lampedusa pronta come a una guerra (La Stampa).



Tafferugli al Cie, scappa un immigrato
Si è lanciato da cinque metri d'altezza
Il Resto del Carlino, 30-10-2011
Bologna, 30 ottobre 2011 - Feriti tre operatori delle forze dell’ ordine e tre immigrati del Centro di identificazione e espulsione di via Mattei a Bologna durante il contatto avvenuto per impedire il tentativo di fuga di una quindicina di immigrati, uno dei quali è riuscito a scappare.
E’ successo poco dopo le 17, quando un gruppetto di immigrati ha rotto una cancellata che separa gli alloggi dai campi di calcio. Uno di loro, un tunisino di 26 anni, salendo su una pensilina e usando un palo è riuscito a raggiungere la cima del muro di recinzione e a scappare dopo essersi lanciato da un’altezza di cinque metri, senza riportare danni. Al Cie sono giunti uomini della polizia e dei carabinieri e ci sono stati tafferugli. Tre tra agenti e militari e due stranieri sono stati portati al pronto soccorso per lievi contusioni. un altro immigrato è stato medicato sul posto.
I tre immigrati, dopo le medicazioni, sono stati arrestati per lesioni e resistenza a pubblico ufficiale.



Western Union e Caritas Italiana uniscono le forze per il Dossier Statistico Immigrazione 2011
Nel 2010, le rimesse degli stranieri residenti in italia ammontano a 6.6 miliardi di euro. Roma in testa nell’invio di denaro, Firenze e Prato perdono terreno
Informazione.it, 31-10-2011
Roma, 31/10/2011 (informazione.it - comunicati stampa) Nel 2010 le rimesse sono cresciute del 5,5% a livello mondiale, ma in Italia sono scese dello 2,9% per la prima volta dopo anni, raggiungendo la quota di 6,6 miliardi di euro. Questi e altri interessanti dati sono riportati all'interno del Dossier Caritas Migrantes 2011, nel capitolo “Ascesa, declino, ripresa: le rimesse degli immigrati nella variabilità post-crisi economica”, scritto dal ricercatore Lorenzo Luatti e finanziato dalla Western Union (copia del capitolo in allegato).
Western Union è interessata a svolgere un ruolo attivo in progetti che hanno un concreto valore sociale, volto a favorire l'integrazione. Per questo motivo, l'azienda ha deciso di contribuire per il secondo anno consecutivo all’edizione 2011 del Dossier Statistico della Caritas Italiana, Fondazione Migrantes. Il dossier è la principale fonte d’informazioni che fornisce un'analisi precisa e autentica della comunità dei migranti residenti in Italia. Il Dossier Caritas 2011 evidenzia, nel capitolo sponsorizzato da Western Union, il ruolo sempre più rilevante delle rimesse, diventate una fonte importante di reddito finanziario e di sviluppo economico per diversi Paesi. Considerazioni di fondamentale rilevanza per l’azienda, che rappresenta uno dei principali operatori di money transfer e offre servizi in oltre 200 Paesi al mondo.
La contrazione dei flussi di denaro inviati dall'Italia ai Paesi in via di sviluppo nel 2010 è stata principalmente determinata da eventi globali e locali: in primo luogo l'effetto della crisi economica mondiale, che ha colpito l'Italia più tardi rispetto ad altri paesi europei come Francia e Spagna, e in secondo luogo la caduta delle rimesse in Toscana (-35,6%), in particolare da parte della comunità cinese, preoccupata dall’aumento dei controlli fiscali sulle operazioni illegali di trasferimento di denaro nelle aree di Firenze e Prato. L’Italia, tuttavia, è ancora il quinto mercato mondiale per le rimesse e la quantità totale di denaro inviato all'estero dovrebbe raggiungere quota 17 miliardi di euro entro il 2015.
Nel 2010, le rimesse inviate dall'Italia son state pari a 6.385.874 miliardi di euro, pari allo 0,41% del Pil italiano (dati aggiornati a luglio 2010). I principali paesi di destinazione sono stati: Cina (1,7 miliardi), Romania (800 milioni), Filippine (712 milioni) e Marocco (251 milioni). Ognuno dei paesi di destinazione, tuttavia, ha recentemente perso terreno: - 10,2% per la Cina, - 3% per la Romania, -11,1% per le Filippine e - 9,7% per il Marocco. La quantità media di denaro trasferito da ogni migrante in un anno è stata pari a 1.500€, ma con significative differenze tra nazionalità: in particolare modo, i cinesi hanno inviato una media di 9,000 € e i filippini una media di 7,760 €.
Da un punto di vista geografico, le aree più attive delle rimesse sono Roma (27,2% del totale delle transazioni con 1.786 miliardi di euro), Milano (14,3% e 942 milioni di euro), Napoli (3,4% e 226 milioni di euro), Firenze (3,2% e 207 milioni di euro), e Prato (2,9% e 192 milioni di euro). Tra le aree urbane, Roma è rimasta stabile (+0,1% rispetto al 2009), Milano è in crescita (+5,8%), mentre Napoli (-6,2%), Firenze (-18,4%) e soprattutto Prato (-60,5% ) hanno subito una forte diminuzione. Dal punto di vista degli utenti, è importante notare che in Italia il costo medio delle operazioni di trasferimento di denaro si è ridotto, passando dal 9% al 7,7% per l'invio di 150 € (periodo monitorato: ottobre 2009 -febbraio 2011). Una notizia positiva, soprattutto in vista del target "5X5" (l’obiettivo di ridurre i costi delle rimesse del 5% in 5 anni), un progetto internazionale firmato dall’Italia e sottoscritto da molti altri paesi.
In una nota finale, il Dossier Caritas evidenzia che mentre gli organismi internazionali, le ONG e le associazioni sono consapevoli del ruolo cruciale delle rimesse per alcune regioni del mondo, le istituzioni locali e le associazioni di migranti dovrebbero fare di più per indirizzare i flussi di denaro verso lo sviluppo di imprese locali.
Western Union Company
The Western Union Company (NYSE: WU) è l’azienda leader nei servizi di pagamento internazionali. Con i suoi servizi di pagamento a marchio Vigo, Orlandi Valuta, Pago Facil e Western Union Business Solution, Western Union propone ai consumatori e alle aziende modalità rapide, affidabili e convenienti per inviare e ricevere denaro in ogni parte del mondo, oltre ad inviare ordini di pagamento e di acquisto di valuta. I servizi a marchio Western Union, Vigo e Orlandi Valuta, vengono proposti attraverso una rete combinata di circa 485.000 agenzie in 200 paesi. Nel 2010, The Western Union Company ha effettuato 214 milioni di transazioni consumer-to-consumer su scala mondiale - spostando 76 miliardi di dollari di capitale tra consumatori - e 405 milioni di pagamenti commerciali. Per ulteriori informazioni visitare www.westernunion.com



LA SVIZZERA DOPO LE ELEZONI IL COLORE DELLE SUE PECORELLE - LETTERE
cORRIERE DELLA SERA, 31-10-2011
Risponde Sergio Romano
Euroscetticismo e populismo anti immigrati sembrano le ricette vincenti della Svizzera moderna. Il bucolico Paese neutrale e pacifico è forse in realtà il Paese più chiuso d'Europa a dispetto del multiculturalismo di uno Stato con tre lingue e tre popoli. Lo stereotipo dello svizzero «doc», alto biondo e forte sembra prevalere in una cultura che cede il passo ad una ideologizzazione pericolosa e chiaroscuri preoccupanti.
PierAngelo Paleari,  Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
Caro Paleari,
I n una dichiarazione pronunciata dopo le elezioni del 23 ottobre, Christoph Blocher dice che il suo partito (Schweizerische Volkspartei nella denominazione tedesca, Unione democratica di centro in quella italiana) «è sempre il numero uno». Per quanti temono una Svizzera nazionalista, introversa e xenofoba questa affermazione non è una buona notizia. Nelle elezioni politiche del 2007, l'Udc tappezzò il Paese con un manifesto, graficamente molto incisivo, in cui tre pecorelle bianche, fermamente accampate su un prato rosso contrassegnato da una croce bianca, allontanavano al di là della frontiera, con sguardi severi, una pecorella nera. Non sembra che la linea del partito, in queste ultime elezioni, sia cambiata e che il suo atteggiamento verso gli immigrati sia divenuto più conciliante.
Eppure non credo che Blocher possa compiacersi dei risultati. Dal 28,9% del 2007 la percentuale dei voti raccolti è scesa al 26,8%. Nel corso della legislatura il partito ha perduto uno dei due posti che aveva lungamente occupato nel Consiglio federale (il governo della Confederazione) e il suo obiettivo, in vista delle ultime elezioni, era quello di riconquistarlo. Potrebbe soffrire una delusione perché gli elettori, come ricorda Maria Serena Natale in una corrispondenza da Zurigo apparsa sul Corriere del 24 ottobre, hanno premiato due «formazioni giovani: i Verdi liberali (Pvl), che salgono al 5,3%, e il Partito borghese democratico (Pbd), nato solo nel 2008 da una costola dell'Udc, che debutta al voto con il 5,2%». Il secondo è conservatore e contrario all'Unione europea, ma più moderato della forza politica da cui si è staccato.
La Svizzera è orgogliosa dei suoi successi, fiera delle sue tradizioni, sospettosa e diffidente verso l'Europa di Bruxelles, incline talvolta a rinchiudersi nella sua gabbia dorata. Ma per un quadro del Paese più somigliante della realtà, le ricordo, caro Paleari, che gli stranieri rappresentano il 20% della popolazione elvetica e che il 50% dei bambini nati nel corso di questi ultimi anni ha un padre straniero. Sono pecorelle bianche o nere?

 


C'era una volta un pulmino che portava i bambini rom a scuola...
Il mezzo che conduceva gli studenti rom dal campo della Bigattiera fino alle scuole del complesso "Niccolò Pisano" è stato "tagliato". La denuncia di Guia Giannessi, insegnante impegnata da anni nei progetti di intercultura: "La giustificazione avanzata dall'Amministrazione è che il campo deve essere smantellato, quindi perché continuare con il servizio? Ma così si mandano a monte anni di lavoro e si compromette la scolarizzazione dei bambini"
Pisa Notizie, 28-10-2011
C'era una volta un pulmino che andava dal campo della Bigattiera verso le scuole del complesso intitolato a Niccolò Pisano. C'era una volta, appunto, perché adesso non c'è più. Il mezzo che tutte le mattine conduceva decine di bambini che vivono nel campo rom nei pressi della Bigattiera è stato abolito, "tagliato" e questa volta - parrebbe - non per far fronte alle sottrazioni governative, ma per ragioni "strategiche" ben diverse.
A raccontare questa particolare storia è Guia Giannessi, docente, più di trent'anni di esperienza alle spalle, promotrice di un modello di integrazione all'interno delle scuole pisane che ha da sempre visto insieme bambini di culture diverse, con un occhio particolare alla famiglie rom: "Negli anni eravamo riusciti a portare i bambini, i ragazzi rom a scuola. E non per una frequentazione occasionale, come purtroppo spesso accade, vista la loro particolare condizione, bensì in modo continuo, diffuso, con il grande vantaggio di vedere i primi importanti frutti anche sul piano della scolarizzazione".
"Con grande impegno da parte di tutti siamo riusciti a portare anche i bambini delle scuole elementari - racconta la Giannessi. E questo grazie al mezzo di trasportomesso a disposizione dal Comune, condizione essenziale per far arrivare i bambini dalla Bigattiera sin qui. Senza di quello non è pensabile la continuità raggiunta nei mesi scorsi".
Guia Giannessi ha illustrato poi i risultati extra scolastici guadagnati in questi anni, in virtù della presenza continuativa di alunni rom presso le scuole dell'istituto comprensivo "Niccolò Pisano": "Avevamo superato quel clima di diffidenza reciproca che segnava prima i rapporti con le famiglie rom. I genitori venivano agli incontri con gli insegnanti, avevamo avviato un progetto di 'merenda multietnica' molto partecipato. I bambini e i ragazzi rom partecipavano ai laboratori, avevano imparato a presentare la giustificazione nei giorni di assenza, noi insegnanti telefonavamo ai genitori nel caso di problemi, oppure ci recavamo al campo, insomma: si era stabilito un contatto".
"Dopo la chiusura di 'Città Sottili' la situazione è precipitata - racconta Guia Giannessi - e l'abolizione del pulmino che conduceva i bambini a scuola è forse figlio di questa nuova fase espressa dall'amministrazione verso le famiglie rom. Basta vedere la giustificazione data dall'assessore alle Politiche Sociali e da quello all'Istruzione: il campo alla Bigattiera deve essere smantellato, perché dunque continuare con un servizio che, al contrario, sembrerebbe legittimare la presenza delle famiglie rom in quella sede?".
"I bambini e i ragazzi hanno così ripreso una frequentazione sporadica. Questo è il risultato. Noi insegnanti non riusciamo a capire qual è la filosofia di fondo. Il campo deve essere sgomberato e dunque nell'attesa si sacrifica la scolarizzazione dei bambini? Qual è il senso? Ci rendiamo conto che questo, soprattutto nell'insegnamento della lingua italiana, potrebbe compromettere il lavoro di mesi di frequentazione?".
"Ci sembra - conclude la Giannessi - che questa scelta danneggi per primi i bambini, soprattutto quelli in età di scolarizzazione. Certo, lasceranno il campo della Bigattiera e ricominceranno, forse, da un'altra parte. Ma in questa 'strategia' che contempla l'abolizione del pulmino che portava gli studenti a scuola, gli unici a rimetterci saranno solo e soltanto i bambini. E, per quanto altri possano dire che la frequenza non sia diminuita, un dato è certo: dalla Bigattiera tutto tace. E la cosa più frustrante, oltre al passo indietro, è che non sappiamo più a chi rivolgerci".

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