ISRAELE - Esportare immigrati in Australia

 

Saleh Zaghloul
Il governo israeliano ha proposto a quello australiano di esportare in Australia gli immigrati africani che vivono in Israele in cambio di cooperazione tecnico–scientifica con Israele e la possibilità così per l’Australia di evitare l’obbligo umanitario di accogliere i profughi asiatici dall’Afghanistan o da Timor Est. “Il governo Netanyahu - scrive il Corriere della Sera, del primo luglio - eviterebbe (questo il vero scopo della proposta) un aumento dei musulmani nella popolazione d’uno Stato che preferisce ebraico”.
Quello del carattere ebraico dello stato di Israele è stato uno dei vari pretesti che gli israeliani hanno inventato per bloccare le trattative di pace con i palestinesi ed impedire la nascita dello stato palestinese: non basta che i palestinesi riconoscano Israele (cosa che hanno già fatto dagli accordi di Oslo del 1993), ma occorre che i palestinesi riconoscano il carattere ebraico dello stato di Israele. I palestinesi temono che questo possa dare forza ai piani di pulizia etnica e di deportazione dei palestinesi che hanno la cittadinanza israeliana dal 1948. 
L’altra faccia della medaglia è rappresentata dalla preoccupazione del governo israeliano di fermare l’emigrazione di ebrei da Israele per gli Stati Uniti ed altri paesi europei: secondo l’americano Foreign Policy, del 5 luglio, si tratta di circa 800 mila - un milione di persone equivalenti al 13% della piccola popolazione israeliana che sono la parte più giovane, istruita, democratica e laica dei cittadini israeliani.
Oltre a mettere in pericolo la purezza ebraica dello stato, la partenza degli ebrei israeliani contribuisce a minare l'ideologia sionista; se un gran numero di ebrei israeliani sceglie di emigrare, perché gli ebrei che sono ben integrati e accetti in altri paesi dovrebbero immigrare in Israele? 
Questo accade mentre persone illuminate di tante parti del mondo sono convinte che in Palestina sia necessario un unico stato laico, veramente democratico ed interculturale, dove palestinesi e israeliani, ebrei, musulmani e cristiani possano convivere in pace con pari diritti e opportunità.
 
 
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