Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

15 aprile 2014

Immigrati: Mare nostrum, salvate ieri 257 persone a sud di Lampedusa
(ASCA) - Roma, 15 apr 2014 - Sono terminati ieri sera due interventi di soccorso da parte dei mezzi aeronavali impegnati nel dispositivo ''Mare Nostrum'' a sud di Lampedusa con i quali sono stati recuperati 257 migranti. Il primo barcone - riferisce una nota - e' stato avvistato da un Predator B del 32* Stormo di Amendola (Fg) dell'Aeronautica militare assistito dal pattugliatore Foscari. Sono stati soccorsi 101 migranti, tra cui 4 donne e 13 minori, che questa mattina saranno sbarcati a Porto Empedocle dalla nave della Marina militare. La nave rifornitrice Stromboli, sempre ieri, ha soccorso un secondo barcone di legno con a bordo 156 migranti, tra cui 27 donne e 5 minori. Dopo il recupero sono stati trasbordati sulla motovedetta Avallone della Guardia di Finanza e CP 323 della Capitaneria di Porto e portati a Pozzallo. com-stt/red


    
Sbarchi. Pinotti: "L'Ue collabori". Gasparri: "Respingiamo i clandestini"
Il ministro della Difesa: "La crisi degli sbarchi va affrontata a livello europeo". Il senatore di Forza Italia: "La Marina militare non puo' essere un taxi per l'illegalità"
stranieriinitalia.it, 15-04-2014
Roma  - 15 aprile 2014 - ''L'Italia sta facendo la sua parte nel confine Sud dell'Europa con l'operazione 'Mare nostrum' ed i nostri marinai continuano a salvare migliaia di vite con determinazione. Anche per quanto riguarda 'Mare nostrum' sentiamo, pero', il dovere di costruire una presenza piu' forte non solo nostra, ma dell'intera Europa''.
Lo ha detto ieri il ministro della Difesa, Roberta Pinotti a margine della presentazione di un libro a Roma. L'ennesimo appello all'Ue, mentre aumentano le traversate del Mediterraneo e l'Italia spende 300 mila euro al giorno per l'operazione Mare Nostrum.
"Nello scorso ottobre - ha ricordato Pinotti - abbiamo deciso autonomamente di organizzare la missione Mare Nostrum per evitare altre tragedie, ma fin da subito abbiamo chiesto di ragionare insieme all'Europa". L'operazione "salva tante vite in mare, ma ora l'emergenza si fa sempre più forte a causa delle crisi politiche dei Paesi di provenienza dei migranti e del clima favorevole alle traversate: bisogna affrontarla a livello europeo, non solo italiano".
Maurizio Gasparri, di Forza Italia, vorrebbe invece utilizzare i mezzi della Marina per respingere i migranti. ''Il Mare e' 'nostrum' - dice - ma la Marina italiana e' loro. La Marina militare non puo' essere un taxi per l'illegalita'. Questo dovrebbero capirlo al governo e fare in modo che le navi siano impiegate per riportare in Africa i clandestini."
"Politiche europee miopi e sbagliate - sdenuncia  Gasparri -  hanno gettato paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo nel caos. Ora chi in Europa ha fatto scelte sbagliate corra ai ripari. Il governo italiano non permetta ulteriori prese in giro''.



Cara di Mineo, allarme sovraffollamento: "Si rischia un'emergenza sanitaria"
Immigrati ammassati in una struttura che dovrebbe ospitare al massimo 2 mila persone, ma che al momento ne accoglie oltre 4 mila. C'è chi cucina per terra e chi mangia nelle toilette. La denuncia del deputato di Sel, Erasmo Palazzotto. Nel fine settimana salvate 852 persone, altre 166 in arrivo a Pozzallo
la Repubblica.it, 15-04-2014
ANTONIO FRASCHILLA
Una struttura di accoglienza trasformata in un campo profughi. Una struttura che potrebbe accogliere non più di due mila immigrati, e ne ospita oltre quattro mila in condizioni "di emergenza sanitaria". E' la situazione del Cara di Mineo, il Centro di accoglienza temporanea per i richiedenti asilo. Gli immigrati cucinano per terra e alcuni sono costretti a mangiare nei bagni. La situazione sanitaria è a dir poco difficile: "Il Cara  -  dice il deputato di Sel, Erasmo Palazzotto, che ha visitato il centro domenica scorsa - è ormai un vero e proprio campo profughi, con più di 4 mila ospiti".
"Il Cara rappresenta il fallimento di un sistema di accoglienza, che ha fatto dell'emergenza la chiave per lucrare sulla pelle dei rifugiati - dice ancora Palazzotto - dietro le parole di Giuseppe Castiglione, che parla di 'ottimi servizi d'accoglienza', o la retorica di Matteo Salvini e dei suoi 'immigrati ospitati in hotel a 4 stelle', si cela un universo di disperazione. I tempi di risposta alle richieste di asilo sono inesorabilmente lunghi e in troppo sono pronti a speculare politicamente ed economicamente su questa situazione".
Per il deputato di Sel "bisogna chiudere il centro di Mineo il prima possibile e tornare a un modello di accoglienza diffusa e meno costosa, non basata sull'emergenza ma sulla gestione efficiente di un fenomeno strutturale come quello migratorio".
Nel frattempo altri 852 immigrati sono stati soccorsi dai mezzi dell'operazione "Mare mostrum" durante il fine settimana nel Canale di Sicilia. La fregata "Espero" ha condotto sabato 378 profughi nel porto di Pozzallo (Ragusa), tra cui 41 donne e 7 minori. Con il supporto della rifornitrice "Stromboli", la stessa "Espero" ieri ha soccorso un natante con 108 persone a bordo, poi trasferite sulla nave "Corsi" della Guardia costiera che le ha sbarcate ad Augusta (Siracusa). Il pattugliatore "Sirio" ha trasborsato sulle motovedette CP819 e 2093 a Porto Empedocle (Agrigento) 249 migranti tra cui 36 donne e 43 minori. Il pattugliatore "Foscari" ha soccorso 117 persone e le ha trasferite sulla "Euro" che le trasportate ad Augusta. Tra gli extracomunitari sbarcati dalla nave anfibia "San Giorgio" venerdì ad Agusta, sono stati fermati un presunto scafista e un'altra persona per resistenza a pubblico ufficiale.
E sono infine 166, compresi 5 minorenni e 27 donne, i migranti che erano a bordo di un peschereccio di 25 metri intercettato da unità navali della Guardia di Finanza a 25 miglia a sud di Capo Passero. I passeggeri, tutti eritrei, sono stati fatti salire su due motovedette, una delle Fiamme gialle e l'altra della Capitaneria di porto di Siracusa, che stanno facendo rotta verso il porto di Pozzallo, nel Ragusano.



Indispensabili, ma non riconosciuti. Il limbo dei mediatori interculturali
L’appello di migliaia di cittadini stranieri che svolgono un lavoro cruciale nell’accoglienza di immigrati provenienti spesso da situazioni di crisi: non esiste una norma sulla professione, né un contratto, né un percorso formativo definito
Redattore sociale, 15-04-2014
Sono passati 22 anni da quando Klodiana Cuka ha lasciato l’Albania per trasferirsi in Puglia. Erano gli anni dei primi flussi migratori di massa, e in Italia – con le stesse parole di oggi – si parlava di stato d’emergenza. I servizi di accoglienza per gli immigrati erano ancora scarsi e inadeguati, e per questo sin da subito Klodiana decise di impegnarsi nel sociale e si specializzò come mediatrice interculturale.
Oggi Klodiana è una cittadina italiana, orgogliosa della sua doppia appartenenza a due terre che in fondo sono separate solo da una breve striscia di mare. Nel 2003 ha fondato Integra Onlus, associazione non profit che si occupa di integrazione, solidarietà e politiche sociali. Tra le sue principali battaglie, quella del riconoscimento professionale del mediatore interculturale: una figura indispensabile, ma ignorata e sottovalutata dalla legislazione italiana. “Siamo un esercito di centinaia, forse migliaia di cittadini stranieri impegnati nel campo della mediazione interculturale - dice Klodiana - Ma non sappiamo bene né chi siamo, né come dobbiamo essere formati, né con quali criteri dobbiamo essere retribuiti. Sono già state avanzate tre proposte di legge su questo tema, ma son tutte state archiviate. E fino a quando la figura del mediatore non sarà inserita nel contratto collettivo nazionale del lavoro, non avremo la dignità professionale che ci spetta.”
Come Klodiana, moltissimi cittadini stranieri sono riusciti a valorizzare il proprio percorso migratorio e sono diventati mediatori interculturali. Lavorano negli ospedali, nelle scuole, nei centri d’accoglienza, nelle carceri, negli uffici pubblici e negli sportelli di supporto agli immigrati. Ma è difficile calcolare quanti siano in tutto, poiché manca una chiara definizione del loro ruolo e un Albo che permetta di analizzare il fenomeno a livello nazionale. “Nell’ambito della mediazione interculturale regna il caos”, dice Imad Dalil, vice-presidente di Karibuni, associazione pugliese di volontariato. Nato in Marocco ma cresciuto in Italia, Dalil ha un master in mediazione interculturale e ha lavorato in contesti che vanno dal CSPA di Lampedusa a strutture per minori e centri SPRAR per richiedenti asilo. “Sono 28 anni che lavoriamo sulle emergenze: prima quella albanese, poi quella nordafricana e ora quella siriana. Ma l’emergenza è qualcosa che non puoi prevedere, mentre per l’immigrazione si dovrebbe lavorare sulla formazione e la pianificazione”, continua Dalil.
Il vuoto normativo determina anche una grande incertezza per quanto riguarda la retribuzione. Nelle gare d’appalto al ribasso, i tagli si fanno anche sul costo del personale: i mediatori interculturali lavorano senza un contratto continuativo e vengono spesso pagati meno del minimo salariale. La tematica della precarietà vissuta dai mediatori interculturali è stata al centro della giornata conclusiva del programma In Media Res, INtegrazione MEDIAzione REte Sud, tenutasi l’11 aprile nella sede dell’associazione Arcoiris Onlus (Quartu Sant’Elena, CA). Finanziato dalla Fondazione Con il Sud, il programma è dedicato alla valorizzazione e alla formazione professionale dei mediatori interculturali. Hanno partecipato otto associazioni operanti nell’ambito dell’immigrazione - cinque in Sardegna (Barvinok, Arcoiris Onlus, Labint, FouduDia, Africa e Mediterrano), due in Puglia (Integra Solidale e Karibuni) e una in Basilicata (Associazione Mediterraneo).
La formazione professionale è un altro dei temi caldi per chi opera nel settore. Negli ultimi anni si sono moltiplicate le tipologie di formazione, che vanno dai corsi brevi di 100 ore ai master di secondo livello, ma mancano standard e requisiti certi. “Le competenze acquisite direttamente sul campo oggi non vengono riconosciute”, denuncia con preoccupazione la venezuelana Arlen Haideé Aquino, presidente dell’associazione Arcoiris Onlus e mediatrice interculturale presso la provincia di Cagliari. Nonostante la sua decennale esperienza professionale e la partecipazione a numerosi corsi di specializzazione, la mancanza di un titolo universitario la porta a ritrovarsi in una posizione precaria. “L’università di Cagliari ogni anno sforna dei neo-laureati qualificati in mediazione linguistico-culturale, ma in realtà sono solo interpreti. Senza esperienza sul campo non si è mediatori, eppure il loro titolo è più riconosciuto rispetto al mio percorso”, aggiunge Arlen.
L'appuntamento finale del progetto In Media Res è stato anche l’occasione di un confronto con alcuni rappresentanti istituzionali, tra cui Romina Mura, parlamentare e sindaco del comune sardo di Sadali. “Alcune regioni hanno già riconosciuto la figura del mediatore ed è importante tenere conto dei contesti locali, ma serve un quadro nazionale certo - dice l’on. Mura - Si parla di pari opportunità per le donne, ma le opportunità devono essere pari per tutti, immigrati inclusi”. Ricollegandosi a questo discorso, Klodiana ricorda che i mediatori per anni sono stati considerati delle “figure ponte”, ma oggi sono dei veri e propri “agenti di sviluppo territoriale”: “Quello del mediatore interculturale non è solo un lavoro, è una missione. E abbiamo bisogno di una legge che ci riconosca”, conclude Klodiana. (Lorena Cotza)
Questo articolo fa parte del progetto Our Elections Our Europe (Oeoe), che, attraverso il monitoraggio della stampa prima delle elezioni europee 2014, identifica dichiarazioni incitanti alla discriminazione da parte di politici e risponde in modo creativo attraverso articoli, vignette satiriche, radio storie, flash mob e una campagna internazionale sui social media. Oeoe è realizzato dal Media Diversity Institute in Gran Bretagna, Symbiosisin Grecia, il Center for Investigative Journalism e CivilMedia in Ungheria e dall'associazione Il Razzismo è una brutta storia in Italia, grazie al sostegno di Open Society Foundations.



In viaggio per Pasqua? Occhio al permesso!
Solo chi ha un documento valido può spostarsi liberamente tra l’Italia il proprio Paese o all’interno dell’area Schengen. Deve invece rimanere qui chi attende la regolarizzazione
stranieriinitalia.it, 14,04.2014
Roma –  14 aprile 2014  - Chi ha preso qualche giorno di ferie per Pasqua e sta programmando un viaggio in patria farebbe bene a controllare la situazione del suo permesso di soggiorno. Vediamo come regolarsi per non rischiare brutte sorprese.
Chi ha un permesso valido può tornare in patria e quindi rientrare in Italia quando vuole, l’importante è portare con sé il permesso.
Può poi spostarsi per turismo, senza chiedere visti, in tutti i Paesi Schengen: Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Austria, Grecia, Danimarca, Finlandia, Svezia, Islanda, Norvegia, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Malta e Svizzera. Se invece sceglie un Paese non Schengen, deve verificare se in base agli accordi  con il proprio Paese d’origine ha bisogno di un visto per visitarlo.
Per chi invece attende il rinnovo del permesso di soggiorno, il viaggio di andata o di ritorno tra l’Italia e il proprio Paese d’origine non deve prevedere il passaggio o scali in un Paese Schengen. Bisogna portare con sé il passaporto, il permesso scaduto e la ricevuta dell'ufficio postale (cedolino) da esibire alla polizia di frontiera.
Chi attende il primo permesso di soggiorno per lavoro o ricongiungimento familiare può viaggiare nell’Area Schengen solo se ha un visto di ingresso del tipo “Schengen uniforme” valido per tutta la durata del viaggio, altrimenti può solo viaggiare tra l’Italia e il suo Paese d’origine senza tappe europee. In ogni caso, insieme a cedolino e passaporto, dovrà esibire il visto rilasciato dal consolato che specifica il motivo del soggiorno in Italia.
Deve invece rimanere qui chi attende ancora la regolarizzazione, perché la ricevuta della domanda non è un documento valido per rientrare in Italia. Prima di essere liberi di viaggiare verso il proprio Paese d’origine, i lavoratori devono quindi attendere la convocazione allo Sportello Unico per la firma del contratto di soggiorno e la presentazione della richiesta di rilascio del permesso.
EP



Padova - I Vigili Urbani picchiano al volto un cittadino nigeriano ammanettato
I controllori dell’autobus gli contestano il biglietto. Finisce la notte in ospedale con il volto tumefatto. Secondo la Polizia Municipale é caduto da solo
Melting Pot Europa, 11-04-14
Un’altra storia di violenza ai danni di un cittadino straniero. Questa volta sono i Vigili Urbani di Padova ad essere i protagonisti di questo vergognoso episodio che riporta alla mente quanto successo nel 2008 ad Emmanuel Bonsu, un giovane studente picchiato da sette agenti della Polizia Municipale.
La vittima delle violenze è un lavoratore nigeriano di 49 anni. Prensley è in Italia da vent’anni, è sposato, ha un figlio di qulache mese, l’ultimo di cinque e lavora da sei anni come steward a chiamata durante gli eventi che si svolgono in fiera. Si occupa di sicurezza e la sua stazza non lascia spazio a dubbi: non è certo uno che può essere facilmente colpito al volto in una collutazione.
Eppure, quando entra nella sede dell’ADL Cobas di viale Cavallotti 2, a Padova, sembra essere stato torturato. Il suo volto è completamente tumefatto. I suoi occhi sono gonfi, quasi non ci vede e ai polsi ha ancora i lividi delle manette.
Mercoledì pomeriggio usciva di casa per fare la spesa. Saliva su un autobus extraurbano per poi scendere ed incrociare il numero 22, linea urbana, che doveva portarlo al supermercato. Doveva, perché una volta salito sul mezzo ha timbrato nuovamente il biglietto e l’autista, dopo aver chiesto l’esibizione del titolo di viaggio, ha contattato l’auto del personale APS che in pochi minuti si è precipitato ad una fermata successiva per salire a bordo. Secondo i controllori il biglietto sarebbe stato irregolare, ma invece di procedere con l’emissione della multa, hanno preferito informare Prensley che sarebbe stato accompagnato in Questura.
Sono le quattro del pomeriggio. Lui, in possesso del permesso di lungo periodo non ha nulla da nascondere. Incensurato, regolarmente soggiornante, Presley é una persona sobria almeno quanto possente e pensa di trovarsi in un enorme equivoco. Ma quando all’altezza dell’incrocio che divide in due Corso Vittorio Emanuele II i controllori di viaggio si accorgono della presenza di una pattuglia della Polizia Municipale, chiedono all’autista di fermare la corsa.
Scendono e con loro scende anche Presley che immediatamente viene circondato dai tre controllori e dai due agenti. Continua a chiedere che gli venga notificata la multa ed invece si ritrova schiacciato addosso al muro con le manette strette ai polsi.
Ma è quello che accade dopo ad essere vegognosamente grave: perché un agente della Polizia Municipale inizia a colpirgli ripetutamente il volto. Sette otto, dieci pugni sferrati contro l’occhio e la bocca di Presley prima di scaraventarlo a terra, mentre lo stesso Vigile non smetteva di rivolgergli frasi che la dicono lunga sui pensieri che passavano per la mente all’agente: "torna al tuo paese, non devi venire qui a rompere, torna a casa tua". Eppure la casa di Presley da vent’anni è l’Italia dove ha costruito famiglia e futuro.
Intanto arrivano altre pattuglie. Presley urla cerca di liberarsi, ha paura, sente il peso degli agenti schiacciargli i polmoni. Poi viene caricato in auto e portato al posto di Polizia Municipale sul retro della stazione dove rimane chiuso in cella per oltre un’ora con il viso grondante di sangue le manette che stringono forti i polsi. Poi arriva il Comandante della Stazione che, evidentemente preoccupato per le condizioni dell’uomo, lo fa liberare e chiama immediatamente il Pronto Soccorso. Arriva l’ambulanza ed i Vigili chiedono semplicemente al personale del Pronto Soccorso di medicare e pulire il viso del ferito. Il personale medico si rifiuta e impone che Presley venga immediatamente trasportato in ospedale, che raggiunge accompagnato da tre agenti, diversi dai protagonisti dell’episodio. I medici sono costretti a visitarlo in presenza degli agenti. Quando all’una di notte il medico chiede di lasciarlo in osservazione i Vigli chiedono le sue dimissioni per poterlo portare in Questura. Il Medico cede chiedendo agli agenti di riportarlo in ospedale una volta finiti gli accertamenti. Una storia grottesca.
Presley raggiunge la Questura e dopo circa un’ora gli viene chiesto di firmare un verbale che muove contro di lui pesantissime accuse, redatto da tre Vigili che neppure erano presenti all’episodio. In tasca ora ha un foglio con l’accusa di violenza e resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamenti e mancata esibizione dei documenti.
Il giorno seguente Presley si reca dai Carabinieri per sporgere immediatamente denuncia e poi si rivolge all’Associazione per i Diritti dei Lavoratori (ADL Cobas) che, insieme all’Ass. Razzismo Stop, lo sosterrà nella ricostruzione dei fatti e nella denuncia delle violenze subite. Già nel pomeriggio di venerdì la prima conferenza stampa che certamente non farà dormire sonni tranquilli ai vertici dei Vigili Urbani cittadini. Solo poche settimane fa un attivista del Centro Sociale Pedro aveva avuto un trattamento simile da parte degli agenti del reparto mobile della Questura, con il risultato di una costola rotta e diverse contusioni sul corpo.
Da parte della Polizia Municipale, fino alla serata di venerdì , nessuna ricostruzione dei fatti. I verbali redatti si limitano solamente a riferire che "il soggetto tentava la fuga alla richiesta da parte degli agenti dell’esibizione dei documenti". Ma sollecitati dalla stampa a rispondere dell’episodio i Vigili ora sostengono di essere stati aggrediti da Presley. Non sarà facile ricostruire la verità di quei minuti trascorsi in cosrso Vittorio Emanuele. E forse, non è neppure interessante. Perché qualsiasi sia la colpa di Presley, è il suo volto a raccontare quegli istanti. Un uomo con il volto tumefatto che evidentemente non ha potuto proteggersi da colpi che a tutto assomigliano meno che ad un tentativo di fermare una persona che fugge per non aver obliterato correttamente un biglietto dell’autobus.
Le immagini parlano chiaro: un "nigeriano" di quasi due metri con i segni delle manette strette ai polsi che viene colpito ripetutamente al volto. che operazione giustifica un pestaggio simile?
Nelle prossime ore il Comandante della Polizia Municipale di Padova, Lorenzo Panizzolo, dovrà spiegarlo alla città. Sempre che si voglia andare fino in fondo. Sempre che il colore della pelle del nostro amico Presley non sia già una mezza accusa contro di lui.
Di seguito riportiamo la nota della Polizia Municipale che contraddice i referti del Pronto Soccorso imputando le ferite al volto di Presley (contusioni multiple secondo i medici) ad una caduta.
Verso le ore 16.00 del 9 aprile una pattuglia della Polizia Municipale è intervenuta in corso Vittorio Emanuele II all’altezza di via Mario su richiesta del personale di Aps Mobilità con lo scopo di identificare un cittadino di etnia africana che aveva omesso il pagamento del titolo di trasporto.
Gli Agenti intervenuti chiedevano alla persona di esibire i documenti; il soggetto in questione affermava di non averli - ad un successivo controllo invece risultava averli addosso - con sè. Una volta sceso dall’autobus la persona cercava di darsi alla fuga.
Trattenuto dagli Agenti per identificarlo, lo stesso metteva in atto una resistenza violenta che obbligava il personale intervenuto ad immobilizzarlo.
Ne scaturiva una violenta colluttazione, durante la quale il soggetto aggrappandosi ad una inferriata di una finestra del fabbricato in loco perdeva l’equilibrio e picchiava il volto contro la stessa, e cominciava a sanguinare; nonostante la lesione l’uomo continuava a divincolarsi, colpendo gli Agenti di Polizia Municipale con gomitate, pugni, calci, prima di essere definitivamente ammanettato.
Il cittadino è stato successivamente accompagnato presso gli uffici di via Liberi ove in considerazione delle sue condizioni fisiche, veniva immediatamente fatto giungere un veicolo del 118 che lo trasportava al Pronto Soccorso dell’Azienda ospedaliera.
Una volta medicato e dimesso è stato riaccompagnato agli uffici di via Liberi per completare le procedure di identificazione e per tutte le incombenze di legge.
I componenti della pattuglia intervenuta sono ricorsi anch’essi alle cure del Pronto Soccorso ove venivano medicati e dimessi con prognosi di 7 giorni s.c. ciascuno.


 

Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links