Consulta contro Interno. Quei provvedimenti «infelici» del ministero

Osservatorio Italia-razzismo 5 agosto 2011
Mesi duri per la sopravvivenza dei provvedimenti in materia di immigrazione irregolare. Da giugno del 2010 ad ora, infatti, diversi sono stati i momenti in cui il ministero dell’Interno ha tremato.

Si può partire dal giugno dell’anno scorso, quando la Consulta definisce illegittima l’aggravante di clandestinità (che prevede pene più severe se a compiere il reato è un irregolare). A dicembre, ancora la Consulta, dichiara non punibile la persona immigrata che, a causa del proprio stato di indigenza, non può rispettare l’ordine di allontanamento dall’Italia. Il 27 aprile, poi, la Corte di Giustizia europea afferma che la pena detentiva, prevista nel caso di inottemperanza all’ordine di allontanamento, è in contrasto con la Direttiva europea sui rimpatri delle persone senza documenti e con il rispetto dei loro diritti fondamentali. E fin qui pare che quei provvedimenti non abbiano speranze di vita. Ma attenzione, come in una lotta all’ultimo sangue, il ministero dell’Interno rilancia con il completo recepimento della direttiva comunitaria 2004/38/CE in cui spicca il prolungamento del periodo di permanenza all’interno dei centri di identificazione e di espulsione: da 6 a 18 mesi. E, dal primo aprile, a causa di una circolare ministeriale, i giornalisti non possono più avere accesso ai centri (non che prima…). Così, oltre allo sviluppo di alcune azioni di protesta, come quella che il 25 luglio ha portato molti parlamentari a visitare diversi Cie in Italia, c’è stata anche una proposta di legge firmata dai deputati Guido Melis e Jean-Léonard Touadi che prevede l’«abolizione del reato di immigrazione clandestina». Per ora si tratta solo di qualche scossa che non sembra, però, né troppo lieve e neppure destinata ad esaurirsi facilmente.

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