Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

24 gennaio 2014

Il Cie di Bari va ristrutturato o chiuso. Parola di Tribunale
l'Unità, 24-01-2014
Italia-razzismo
La prima volta in cui abbiamo scritto della seguente vicenda su queste colonne era il marzo 2011. Quasi tre anni fa ormai, i due avvocati Luigi Paccione e Alessio Carlucci si sostituirono al Comune e alla Provincia di Bari per citare in giudizio civile la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e la locale Prefettura chiedendo al Tribunale di disporre l’immediata chiusura del Centro di identificazione ed espulsione barese per violazione dei diritti universali dell’uomo. La domanda venne ammessa e fu disposto un accertamento tecnico che confermò lo stato di detenzione degli “ospiti” nonché le carenze strutturali e igienico-sanitarie del centro. A seguito di questa pronuncia, il Cie di Bari venne ristrutturato e il Tribunale dispose una ulteriore perizia per verificare le nuove condizioni del centro e la sua conformità ai parametri legali. L'associazione Class Action Procedimentale, con i due avvocati prima citati, ha seguito per anni questa vicenda per la quale, appena qualche giorno fa, c'è stato un importante risultato. Il tribunale di Bari ha infatti intimato al ministero dell’Interno e alla locale Prefettura di eseguire, entro il termine improrogabile di 90 giorni, i seguenti lavori: ampliare e migliorare i servizi igienici, incrementandone il numero; provvedere all'oscuramento, anche parziale, delle finestre della stanze d'alloggio; ampliare la mensa o la "sala benessere"; incrementare le aule per attività didattiche, occupazionali e ricreative, così come le aree adibite alle attività sportive; colmare la carenza di segnaletiche antincendio nei moduli abitativi; provvedere alla manutenzione dei moduli e utilizzare materiali resistenti all'usura e allo strappo. Se questi adeguamenti non saranno portati a termine, il Cie di Bari dovrà essere chiuso. Il giudice Francesco Caso, nel scrivere la sentenza, dice delle cose molto importanti. Una parte significativa di questo procedimento era mirato a capire se gli “ospiti” si trovassero o meno in condizioni di detenzione. Il giudice Caso scrive: “Daltra parte, l'adozione di un determinato lessico, per così dire, non ‘carcerario’, non è decisiva, e anzi può apparire ipocrita, nella misura in cui ciò che non si chiami, o non si voglia chiamare, ‘carcere’ o ‘detenzione’ risulti di fatto ancor più mortificante degli istituti così ufficialmente denominati, per come disciplinati”. I trattenuti all’interno dei Cie sono privati della libertà personale ma, appunto, non godono delle garanzie spettanti a chi si trova in carcere, come il giudice specifica in un altro passaggio della sentenza: “Insomma, non è azzardato concludere che, se lo stato degli stranieri trattenuti nei Cie in vista della loro espulsione fosse stato davvero assoggettato alla disciplina dell'ordinamento penitenziario vigente, la loro condizione sarebbe stata migliore e comunque molto più "garantita", quanto meno sul piano formale”. Questa sentenza apre l’ennesima voragine all’interno del sistema dei Cie che, a quanto pare, sta crollando da tutte le parti.  
 

 

Dramma nel residence degli immigrati rogo nella notte: un morto e tre feriti
Fiamme nei monolocali, una persona carbonizzata; grave agente di polizia; 13 anni fa 2 vittime in un analogo incidente
Corriere.it, 24-01-2013
ROMA - Dramma nella notte in una palazzina occupata da extracomunitari nella Capitale: un uomo o è morto carbonizzato ed altre tre persone sono rimaste ferite, di cui due in modo grave, a causa di un incendio scoppiato nella notte in un residence in zona Monte Mario. Sul posto sono intervenute poco dopo le 5 di venerdì mattina le squadre del 118 e dei vigili del fuoco di Roma . Il rogo sarebbe iniziato in due dei piccoli monolocali ida 30-35 metri quadrati n cui è suddiviso il palazzo, soprannominato per questo motivo «l’alveare».
CORPO NON IDENTIFICATO - Non è stato ancora identificato il corpo della persona trovata carbonizzata. Le fiamme, divampate nel residence popolato da immigrati in via Pieve di Cadore 21, potrebbero essere iniziate a causa dell’esplosione di una piccola bombola di gas, ma i vigili del fuoco stanno ancora accertando le cause dello spaventoso rogo.
FERITO AGENTE DI POLIZIA - Le squadre di soccorso hanno trasportato due persone in codice rosso al Policlinico Gemelli ed una in codice giallo all’ospedale San Filippo Neri. Una delle due persone trasportate in gravi condizioni è un agente di polizia di 40 anni, ferito durante i soccorsi. Il residence, formato da una serie di mini appartamenti ognuno di circa 35 metri quadrati, era già noto per un tragico precedente: nel 2001 si era verificato un incidente simile - a causa dello scoppio di una bombola di gas - durante il quale erano morte due persone. All’epoca non c’ erano uscite di sicurezza libere nel residence. E in seguito al primo rogo era stato vietato l’ uso di bombole di gas nella palazzina ed era stata imposta l’installazione di estintori.



Immigrati accoglienza e convenienza
Corriere della sera, 24-01-2014
Come studioso dell'argomento, invio alcune riflessioni sull'articolo di Angelo Panebianco sull'immigrazione (Corriere, 13 gennaio). L'articolo pone in alternativa accoglienza e convenienza. Ma c'è il problema di decidere chi valuta e definisce la convenienza del nostra Paese nei confranti dei candidati all'immigrazione. Ricordo che l'Italia ha varato sette sanatorie in venticinque anni. Solo negli Ultimi dieci anni, oltre un milione di immigrati sono diventati regolari in quanto lavoratori per i quali i datori hanno richiesto l'emersione. In modo ripetuto, imprese e famiglie hanno sfondato le prudenti previsioni dei governi circa il numero di immigrati che era conveniente ammettere sul territorio nazionale. Evidentemente i loro calcoli di convenienza erano diversi da quelli dei governi. In secondo luogo c'è una componente migratoria di importanza crescente, quella dei ricongiungimenti familiari, per cui i calcoli di convenienza sono ancora più complessi. In sintesi: economicamente, non conviene ammetterli, perché accrescono i costi sociali (istruzione, sanità, abitazioni). Socialmente, invece, avere un'immigrazione più integrata, perché formata da famiglie, è di solito ritenuto un vantaggio. In diversi Paesi avanzati è la prima ragione dell'immigrazione regolare. Entrano poi in gioco convenzioni internazionali e Corti di giustizia che sanciscono il diritto all'integrità familiare, e in particolare stabiliscono che i minori hanno il diritto di vivere con i propri genitori. Sorge la domanda: qual è la convenienza che intendiamo privilegiare? In definitiva, l'alternativa tra accoglienza e convenienza risulta essere un po' più complicata di come mi sembra sia stata presentata.
Maurizio Ambrosini Docente di Sociologia delle migrazioni Dipartimento di scienze sociali e politiche Università di Milano


 

Coscienza migrante
l'Unità, 24-01-2014
Flore Murard-Yovanovitch
Ospito qui le parole vive, forse le più vere e vitali sentite da tempo sulle migrazioni, da Rahell, rifugiato iracheno in Italia.
«Oggi siamo parlando di una tema che può cambiare il futuro del mondo.
Io vivevo nel “terzo mondo”,  Iracheno sono cresciuto in Siria sotto un
dittatore, e ho sempre sentito raccontare le esperienze di altri che
erano stati torturati da parte del regime. Ma io fisicamente non ho
mai vissuto quelle situazioni fino a che sono entrato nel primo paese
europeo, in Grecia.
Qui ho vissuto sulle mia pelle le storie che fino ad allora avevo solo
ascoltato, e non potevo accettare quella realtà assurda. Personalmente
attraverso questa esperienza di essere immigrato/rifugiato ho imparato
molto. Ho imparato prima di tutto a emanciparmi da qualsiasi sistema di
potere, e credo che dovrebbero farlo tutti.
Io sono come voi, dormo, mangio, e mi preoccupo. Ma in quei tempi, in
Grecia, ho sviluppato una coscienza forte, per esempio ho deciso che
non avrei più mangiato la carne di una creatura vivente.
Quello che voglio dire è: io credevo nella libertà, soprattutto per
come viene conosciuta in Europa, e nella democrazia.
Invece ora dico che era tutto falso. Perché quelle che vedete in
questi documentari sono persone come voi, ma le vie che hanno a
disposizione per sopravvivere sono solo due: chiedere aiuto ai
“criminali” e trafficanti, o violare da soli le leggi degli stessi sistemi democratici.
Vi lascerò riflettere su questi due punti.  Io credo che attraverso la lotta per i diritti assoluti per i migranti in tutta l’Europa possiamo cambiare il mondo.
Il mondo è di tutti noi.»
Questo è il bellissimo intervento di Rahell, che sono onorata di poter pubblicare qui, pronunciato all’occasione della serata “Fuggire, migrare, sopravvivere. Storie di arrivi e passaggi attraverso il Mediterraneo” del 16 gennaio scorso al Cinema Palazzo di Roma. Rahell apre il documentario Just about my fingers- Storie di confini e di impronte digitali, esordio del regista e videomaker Paolo Martino, che svela le terribili condizioni in cui migliaia di giovani afgani, iracheni, iraniani, curdi, siriani e sudanesi sono costretti a vivere nella prigione a cielo aperto sospesa tra l’Europa e il Levante, la Grecia:  racconta la sopravvivenza dei “ragazzi delle reti” ad Atene, Patrasso e Igoumenitsa, in attesa del passaggio e su cui incombe la minaccia del regolamento di Dublino.
Rahell Ali Mohammad nasce a Suleymania, Iraq settentrionale. Quando nel 1988 Saddam Hussein ordina un attacco chimico sulla città di Halabja,  Rahell ancora bambino trova riparo a Damasco assieme alla famiglia. La sua rotta personale però porta fino in Europa. Costretto nel 2010 a lasciare anche la Siria, attraversa Turchia e Grecia, dove incontra un’umanità in fuga, scoprendo sulla sua pelle che l’Unione europea, patria dei diritti umani, non ha a cuore le vite di tutti gli uomini.



Il sindaco di sinistra paga le bollette ai rom
Il Comune di Vicenza paga le bollette insolute di alcune famiglie nomadi. È bufera sul sindaco piddì Achille Variati. Lega: "È il Giornale, 24-01-2014
un'indecenza"
Fabrizio Boschi
Vicenza - Non solo l'abolizione del reato di clandestinità e la richiesta di libertà per il killer picconatore Kabobo, la Lega Nord salta sulla sedia anche per un altro caso destinato ad alzare un vespaio politico.
Ora si scopre che il Comune di Vicenza, guidato dal sindaco Pd Achille Variati (nella foto), paga le bollette insolute di alcune famiglie nomadi. «È un'indecenza», afferma l'ex parlamentare leghista, attuale consigliere comunale del Carroccio, Manuela Dal Lago, che si è detta «scandalizzata» dal fatto che il Comune abbia versato in tre anni 125mila euro per pagare le bollette insolute alle famiglie nomadi, con un ultimo intervento economico costato quasi 60mila euro.
«Siamo di fronte a situazioni abnormi e fuori dalla logica», precisa Dal Lago. Non ha tutti i torti, soprattutto se si considera che a Vicenza (come da altre parti) sono decine i cittadini a cui è stato staccato l'allacciamento di luce e gas perché erano in ritardo con le bollette. «Grazie al sindaco Variati a Vicenza vengono premiati e aiutati coloro che si comportano meno bene degli altri, come i nomadi e gli stranieri che delinquono, mentre il cittadino normale, che magari ha perso il lavoro o non ha i soldi per mangiare, non viene aiutato né ascoltato. Apriamo uno sportello dedicato alle persone a cui sono stati staccati luce e gas», conclude Dal Lago. Questa sarebbe la politica di Integrazione del ministro Kyenge?
 


Grido di dolore dei rom «Non potete farci lavorare»
Il sindaco Variati (Pd) paga le bollette ai nomadi, ma in cambio chiede di svolgere qualche attività. Loro dicono no, incoraggiati dai centri sociali
Libero, 24-01-2014
Alessandro Gonzato    
VICENZA    - «Il sindaco Variati non può obbligare nessuno a lavorare, tantomeno un nomade». Davide Casadio, presidente dell'associazione Sinti Italiani in viaggio per il diritto e la cultura, non accetta che il primo Cittadino di Vicenza (Pd), dopo la decisione del Comune di pagare 59 mila euro per saldare le bollette arretrate di luce e gas di due campi rom abbia chiesto in cambio ai loro abitanti di svolgere qualche attività socialmente utile, come la pulizia delle s trade o lo sfalcio dell'erba.
Casadio sostiene, e in questo caso è d'accordo con Variati, che i sinti devono essere trattati come le altre famiglie della província veneta che non hanno reddito. Il rappresentante dei rom però sottolinea che il Comune è obbligato ad aiutare chi si trova in dificoltà - quindi a saldare eventuali insoluti - e che in cambio, dunque, non deve chiedere un bel niente. «Credo che sia un concetto fondamentale» precisa Casadio, «pensiamo all'articolo 3 della Costituzione». Insomma, i rom come al solito hanno soltanto diritti e nessun dovere. Vivono negli accampamenti per una scelta di vita, devo no essere serviti e riveriti dalle ammini- strazioni locali e, si capisce, devono anche essere equiparati a quelle migliaia di famiglie che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese e che per riuscire a pagare le bollette di casa - quando ci riescono - fanno i salti mortali.
Domani, a Vicenza, ci saranno due manifestazioni opposte. I gruppi di centrodestra si ritroveranno alle 16 davanti al município per il "No bolletta day". Porteranno le loro bollette di luce e gas e chiederanno all'amministrazione di farsene carico. I centri sociali invece manifesteranno un'ora prima in piazza Castello contro chi ritiene sacrosanto che i nomadi si sdebitino con qualche lavoretto utile alla cittadinanza. Forse 59 mila euro (nel solo 2013), per gli amici dei centri sociali non sono abbastanza.
Nei due accampamenti, in viale Cricoli e via Diaz, vivono compassivamente piü di 120 persone. Alcune famiglie, poco prima di Natale, erano rimaste senza gas ed elettricità perche non avevano pagato gli arretrati. L'amministrazione comunale, quindi, si era fatta carico della questione versando la somma all'azienda municipalizzata che eroga il servizio. E non si è trattato certo della prima volta se è vero, come vero, che negli ultimi tre anni il Comune di Vicenza ha sborsato la bellezza di 110 mila euro per pagare i conti di luce e gas dei due accampamenti. La spesa, sommata ai contributi per i buoni pasto, le medicine, e il sostegno scolastico, ha raggiunto i 125 mila euro. Variati fa presente che d'ora in poi chi non accetterà di svolgere lavori socialmente utili non riceverà più un centesimo e che i finti poveri verranno segnalati alla Guardia di Finanza: «Dobbiamo ridare dignità a chi vive là, tra topi e sporcizia. Non facciamo buonismo. Molti dicono "ecco loro li aiutate e noi no". Ma basta avere l'Isee basso precisa il sindaco - e tutti hanno diritto. Sui nomadi poveri o finti si indagherà. Basta logica assistenzialista. Se rifiutano il lavoro - prosegue - e pensano di usare i bambini per evitarlo, porteremo le madri e i figli fuori dal campo, nell'albergo Cittadino». Vedremo se sarà cosi.
Il caso, a Vicenza, ha scosso sia la maggioranza di centrosinistra, al cui interno non mancano gli esponenti che criticano la decisione della giunta, sia l'opposizione. La Lega ha immediatamente chiesto le dimissioni dell'assessore ai Servizi Sociali, Isabella Sala. Sergio Berlato, europarlamentare vicentino di Forza Italia, sostiene che è «una forzatura fuori luogo» paragonare i residenti vicentini agli zingari. Si chiede se il Comune abbia verificato «se i bambini frequentino regularmente la scuola e se il contesto familiare gli garantisca un percorso educativo sufficiente». Berlato rispedisce al mittente l'invito a vergognarsi rivoltogli da Variati e ribadisce che prima dei rom vanno aiutate le famiglie vicentine in difficoltà. Ma questo, secondo i centri sociali che manifesteranno domani, è puro razzismo.



Svizzera, il referendum: “Chiudere a immigrati e lavoratori frontalieri”
I cittadini chiamati a votare il 9 febbraio. I quesiti, avanzati dal partito di ultradestra Udc, riguardano la riduzione dei flussi di stranieri, compresi gli italiani che hanno un impiego nella Confederazione elvetica, e il contingentamento dei permessi di dimora, inclusi i richiedenti asilo e i ricongiungimenti familiari
il Fatto, 24-01-2014
Alessandro Madron
Chiudere le frontiere agli stranieri e limitare la libera circolazione, mettendo un freno anche al numero di lavoratori frontalieri. Questo il succo della proposta di legge popolare “basta immigrazione di massa” che gli svizzeri dovranno votare il prossimo 9 febbraio. Quello della lotta all’immigrazione e al fenomeno del frontalierato è un vecchio pallino dell’Udc svizzera, partito di ultradestra che già tre anni fa si impose nelle cronache di casa nostra per aver promosso una campagna di affissioni che prendeva di mira i frontalieri italiani, raffigurati come topi intenti a divorare il formaggio elvetico. Ed è proprio l’Udc ad aver lanciato un referendum che vuole arrivare alla reintroduzione del contingentamento dei flussi di stranieri (compresi i lavoratori frontalieri italiani), attraverso la rinegoziazione degli accordi bilaterali sulla libera circolazione stipulati con l’Unione europea tra il 2002 e il 2008.
I numeri – A preoccupare i promotori del referendum è il momento di stagnazione economica che sta interessando anche la Confederazione, diventata sempre di più un punto di approdo per molti immigrati. In cima alle statistiche ci siamo proprio noi italiani che rappresentiamo il 15,8% del totale della popolazione straniera residente in Svizzera (291.822 persone alla fine del 2012), con un saldo migratorio che dal 2008 è sempre stato positivo (più 7286 unità solo nel 2012). Persone in cerca di una seconda occasione in quella che viene ancora ritenuta una delle zone più ricche del pianeta e che, oltre agli immigrati, ogni giorno accoglie migliaia di lavoratori frontalieri (secondo l’ufficio statistico svizzero sono 65658 gli italiani che hanno lavorato oltreconfine nel terzo trimestre 2013, in aumento del 4,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). “La Svizzera – si legge sul portale dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa – deve poter riprendere a gestire l’immigrazione e deve rinegoziare gli accordi internazionali che ostacolano questa facoltà”.
La proposta – La proposta di modifica della Costituzione Federale prevede di contingentare il numero di permessi di dimora per stranieri, compresi i richiedenti asilo e i ricongiungimenti familiari. Secondo la proposta dell’Udc i tetti massimi devono essere imposti anche agli stranieri che esercitano un’attività lucrativa “compresi i frontalieri”, sempre in funzione degli “interessi globali dell’economia svizzera” e comunque nel rispetto “del principio di preferenza agli svizzeri”. Secondo le stime diffuse dai sostenitori del referendum, dal 2007 la Svizzera ha accolto ogni anno 80mila persone in più rispetto a quelle che hanno lasciato il paese, portando la piccola confederazione sopra quota 8 milioni di abitanti “e se continua così – spiegano – tra 20 anni saremo 10 milioni”, con ripercussioni giudicate pesanti sull’occupazione e sulla vivibilità del territorio.
I sondaggi – Stando all’esito del primo sondaggio effettuato sull’argomento nei primi giorni del 2014, sembra che la maggioranza dell’elettorato svizzero sia contraria all’iniziativa contro l’immigrazione di massa, che raccoglie il favore del 37% dei cittadini, lasciando però ancora un’ampia fetta di indecisi che la campagna referendaria delle prossime settimane punterà a convincere. La preoccupazione sui temi legati alla libera circolazione delle persone è diffusa soprattutto in quei territori di confine, come il Canton Ticino o il Canton Ginevra, dove gli svizzeri vedono minate le loro posizioni lavorative dalla concorrenza straniera (italiani e francesi) disposta ad accettare condizioni di lavoro più basse. È in questi territori che la proposta dell’Udc fa più presa e ha raccolto sostegno anche di alcuni esponenti di partiti moderati o addirittura nelle fila delle forze di centrosinistra che ufficialmente si schierano per il No.
Il referendum, come funziona – Il referendum in Svizzera è un istituto ultracentenario. Dal 1848 può essere richiesto con 50 mila firme per modificare ogni progetto di legge o decreto adottato dall’Assemblea Federale (il parlamento). Dal 1891 è stato introdotto il diritto di iniziativa popolare che prevede la possibilità di sottoporre al voto la modifica di una legge costituzionale (servono 100mila firme). Il voto referendario è molto diverso da quello italiano. Non c’è quorum e le decisioni vengono prese su un piano molto concreto, si aggiunge un articolo o lo si modifica e potenzialmente può riguardare tutto (tranne il bilancio federale). I cittadini ricevono a casa un libretto di spiegazioni del Consiglio Federale (nella lingua preferita) dove sono elencate le ragioni dei promotori con il testo di legge, la posizione del parlamento (con tanto di esito del voto dettagliato), quella del governo e l’eventuale controproposta. Una decina di pagine che danno la possibilità di capire con chiarezza e trasparenza cosa si andrà a votare.



Grecia - Naufragio Farmakonisi. La Guardia Costiera ha ucciso 12 migranti
Secondo l’Unhcr i testimoni accusano la Guardia Costiera greca di aver affogato alcuni migranti vicino l’isola di Famakonisi
Melting Pot Europa, 24-01-2014
Si ringrazia Atenecalling.org per la segnalazione e la traduzione da x-pressed
Secondo l’annuncio dell’UNHCR: “i testimoni sopravvissuti raccontano che la nave della Guardia Costiera stava trainando una barca piena di migranti a grande velocità verso le coste della Turchia, quando è accaduto il tragico incidente in mezzo al mare agitato. Gli stessi testimoni hanno detto che la gente gridava chiedendo aiuto, visto che nella barca c’erano molti bambini”.
Le organizzazioni internazionali hanno condannato diverse volte la pratica delle autorità greche per obbligare i migranti a tornare in Turchia.
L’UNHCR ha chiesto spiegazioni alle autorità greche sulla “sparizione” misteriosa di decine di migranti per colpa della polizia greca, su casi che hanno causato proteste internazionali contro il governo greco. In altri casi, i residenti delle isole periferiche hanno riferito che i migranti che dovevano essere trasferiti nei centri di accoglienza dei porti non sono mai arrivati.
Il comunicato dell’UNHCR
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) è costernato per il naufragio di un’imbarcazione a largo delle coste greche nelle prime ore di ieri, che è costato la vita ad una donna e a un bambino. Sono ancora 10 le persone scomparse, tra loro bambini e ragazzi.
In base alle informazioni ricevute da alcuni dei 16 sopravvissuti e dalla Guardia Costiera Greca, l’imbarcazione aveva a bordo 26 afghani e 2 siriani ed è stata intercettata nel Mar Egeo del sud poco dopo mezzanotte a seguito di un guasto meccanico, apparentemente diretta dalla Turchia alla Grecia. La barca, con tutte le 28 persone ancora a bordo, si è capovolta mentre veniva scortata da un vessillo della Guardia Costiera. I sopravvissuti, che ora si trovano nell’isola di Leros, hanno riferito all’UNHCR che al momento del naufragio, l’imbarcazione era scortata verso la Turchia.
"L’UNHCR esorta le autorità a indagare su questo incidente e sul motivo per cui queste vite siano state perse su un’imbarcazione che già era a rimorchio", ha dichiarato Laurens Jolles, Delegato UNHCR per il Sud Europa. "Inoltre i sopravvissuti devono essere rapidamente trasferiti in altre località, così da poter rispondere in maniera più adeguata alle loro necessità."
Quello di martedì è il primo incidente di questo genere nel 2014, e l’ultimo di una lunga serie di tragedie nel Mediterraneo, che coinvolgono persone in fuga via mare verso l’Europa. Il 3 ottobre 2013, in Italia, più di 360 persone sono morte in un naufragio a largo dell’isola di Lampedusa. A questo sono seguiti diversi altri incidenti mortali nelle settimane successive.
Le traversate irregolari del mar Mediterraneo generalmente coinvolgono flussi migratori misti di migranti e richiedenti asilo, tuttavia, a causa dei conflitti in Siria e nel Corno d’Africa è stato registrato un aumento delle morti di persone in fuga da guerre e dalle persecuzioni.
Nel 2013, circa 40.000 persone sono arrivate irregolarmente in Italia, Malta e Grecia via mare. Nel 2011, durante la crisi in Libia, gli arrivi erano stati più di 60.000. Le traversate irregolari del Mediterraneo si verificano in genere tra marzo e ottobre, nei mesi primaverili ed estivi, ma quest’anno stanno proseguendo anche durante l’inverno, nonostante condizioni meteorologiche estreme. Finora, solo in Italia, sono arrivate via mare oltre 1.700 persone.
L’UNHCR ha esortato l’Unione Europea e ad altri governi a collaborare per ridurre il numero di morti di persone che intraprendenono queste pericolose traversate nel Mediterraneo e nelle altre principali frontiere marine del mondo, continuando a rafforzare le operazioni di ricerca e soccorso ma anche attraverso la creazione di canali di migrazione legale alternativi a questi pericolosi movimenti irregolari.

Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links