Termini Underground La protesta sotterranea merita tutte le luci

l'Unità, 2-11-2010
Italia-razzismo Osservatorio
Tutto avviene sottoterra o, meglio, in un sottopasso che attraversa i binari della Stazione Termini di Roma e da una porticina che dà accesso ai locali di un circolo del Dopolavoro Ferroviario.
E’ qui, per iniziativa dell’Associazione Ali Onlus e per simpatia solidale dei soci del Dopolavoro, che i locali si trasformano in palestra e sala prove per una scuola di ballo particolare, frequentata da allievi di ben sedici nazionalità (italiani inclusi). La particolarità di questa palestra sta nel fatto che i ragazzi sono quasi tutti dei rifugiati politici - come Farid, afgano di vent’anni fuggito dai sobborghi di Kabul - o immigrati alle prese con problemi di regolarizzazione – come nel caso di Anido, venuto in Italia dall’Albania -. Un piccolo miracolo di convivenza, cementato dall’hip hop e dalla gratuità dei corsi e reso complicato dalla decisione delle Ferrovie dello Stato di sfrattare la palestra e mettere a reddito gli angusti locali. Ne nasce una vertenza che vede mobilitarsi anziani del Dopolavoro Ferroviario e ragazzi del corso, e un documentario, presentato alla Festa del Cinema di Roma: Termini Underground, di Emilia Zazza, che racconta l’intrecciarsi della mobilitazione per salvare la scuola e l’allestimento di uno spettacolo, in chiave hip hop, ispirato all’Eneide. Storie che s’intrecciano, Enea che diviene un rifugiato e il protagonista, Farid che, avendo trovato lavoro in un bar, rischia di saltare la “prima”, la festa di un allievo che ottiene la cittadinanza e l’ansia per le decisioni - burocraticamente sorde - delle FF.SS. Tra qualche settimana i promotori di questa storia rientreranno nei locali, decisi a resistere, purché, da sotterranea, la loro vicenda emerga alla luce del sole.
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