Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

22 marzo 2011

Lampedusa, grido di dolore delle associazioni umanitarie
Stefano Galieni
22-03-2011
Da Lampedusa anche le associazioni umanitarie lanciano un grido di aiuto. Ormai il numero dei profughi sbarcati nella piccola isola è superiore a quello degli abitanti, con l’inevitabile precipitazione in condizioni di degrado, di reazioni scomposte di difficoltà oggettive. Questa mattina, secondo il ministro dell’Interno Roberto Maroni dovrebbe giungere in porto, proveniente da Augusta, una nave militare, la S. Marco, per provvedere al trasferimento di un non meglio precisato numero consistente di persone, verso quale destinazione è difficile capirlo, forse non lo sa ancora neanche il ministro. Ieri, nella conferenza stampa che ha tenuto insieme ai suoi colleghi La Russa ed Alfano,  ha messo in fila una splendida serie di affermazioni non proprio lineari. A detta del titolare del Viminale, gli sbarcati sono tutti “clandestini”, non hanno cioè a priori il diritto di chiedere asilo in quanto in Tunisia, paese di provenienza, non c’è più traccia di guerra. Quindi secondo il ministro i profughi vanno messi nei Cie (capacità di accoglienza complessiva 1360 persone a fronte di 14918 arrivi), identificati e rimandati a casa. A tale scopo questa mattina ci sarà un incontro fra ministero e rappresentanti delle Regioni per cercare di risolvere il “problema”. Alcune amministrazioni hanno già garantito disponibilità ad accogliere ma non a rinchiudere, altre, come la Lombardia, chiedono che siano prima le Regioni sprovviste di Cie a darsi da fare. Maroni sarà poi domani a Tunisi, per concordare con l’omologo tunisino il ripristino degli accordi bilaterali per i rimpatri e per fornire strumenti e uomini atti a bloccare nuovi flussi. Una offerta che già alcune settimane fa le autorità del paese magrebino avevano fermamente respinto. Ma se resta aperto il tavolo con le Regioni ancora nulla è stato fatto con gli enti di prossimità del governo che dovrebbero gestire l’accoglienza, le prefetture. Alcune settimane fa è stata fatta richiesta ai prefetti di offrire un quadro di massima ma a ieri non è stato predisposto alcun piano per l’accoglienza e per la gestione di una eventuale emergenza al di fuori da Lampedusa. Un segnale di allarme, presto rientrato è giunto ieri dal porto di Riposto, in provincia di Catania. Sono giunte 124 persone che si sono dichiarate provenienti dalla Libia. A detta degli inquirenti sono invece partiti da Alessandria d’Egitto e hanno tentato di passare per richiedenti asilo. Dopo aver passato la notte al Palanitta, una struttura sportiva di Catania, dovrebbero essere già stati trasferiti nel centro di accoglienza di Crotone. Il timore che dalla Libia in guerra comincino a partire imbarcazioni di profughi che non potranno essere respinte, come avveniva grazie agli scellerati accordi fra il rais italiano e quello della Jamahirya, è molto forte anche se Maroni si dichiara tranquillo e aggiunge che le risorse per gestire una emergenza sull’emergenza ci sono e sono pronte. Si tenta di tranquillizzare i cittadini lampedusani con scarsi risultati: in attesa dei trasferimenti la sottosegretaria al ministero dell’Economia, Sonia Viale è stata incaricata di studiare misure compensative per i danni subiti nell’economia turistica e ittica nell’isola. Sarà coadiuvata da rappresentanti dei ministeri competenti come Ambiente, Infrastrutture, Turismo, dalla senatrice Angela Maraventano, agitatrice leghista e vice sindaco di Lampedusa e dall’ex presidente della provincia di Agrigento, Fontana. Nel frattempo però a Lampedusa si attrezza l’ex base Loran, passata alla cronaca perché doveva divenire un immenso campo di internamento per profughi alcuni anni fa e le cui condizioni logistiche sono inadatte anche ad una fase emergenziale. A denunciare il ritardo del governo per aver creato condizioni di disagio e di condizioni degradanti, tanto autoctoni quanto migranti, sono stati ieri Filippo Miraglia, dell’Arci, che ha parlato di volontaria strumentalizzazione a fini politici di una emergenza gestibile, Vittorio Cogliati Dezza, Lega Ambiente, che ha definito Lampedusa un “carcere a celo aperto” e i rappresentanti di “Save The Children” che chiedono una immediata soluzione per i 230 minori non accompagnati che dormono all’addiaccio nell’isola. Fra i tanti elementi che fanno pensare ad una colpevole mala gestione della fase il fatto che negli stessi Cie, definiti al collasso da Maroni sembra ci siano ancora posti “disponibili” soprattutto nell’Italia centrale. Si cerca forse l’occasione per aprirne altri di urgenza?



A Lampedusa 5.400 immigrati, isola allo stremo
SBARCHI. Dall'inizio dell'anno in Italia oltre 15mila gli arrivi via mare
Oggi riunione del ministro Maroni con le Regioni per trovare una sistemazione agli stranieri «Rischio di infiltrazione di terroristi e criminali»
Brescia Oggi, 22-03-2011
LAMPEDUSA - Dal primo gennaio sono arrivati in Italia quasi 15mila migranti, per la maggior parte irregolari e non rifugiati. Un'onda umana che potrebbe essere solo il preludio di un esodo di massa dal Nordafrica e che porta con sé il rischio di infiltrazioni terroristiche.
A pagarne di più le conseguenze è Lampedusa, dove la tensione resta altissima: il Centro di accoglienza dell'isola, ha affermato ieri il ministro dell'Interno Maroni, «è saturo e c'è un'emergenza umanitaria grave che stiamo gestendo con le misure più adeguate».
Ora ci sono 5400 immigrati sull'isola e «c'è rischio di un'epidemia perché mancano le condizioni igieniche e di sicurezza», ha denunciato il governatore siciliano Lombardo. In attesa della riunione di oggi con le Regioni per cercare di spalmare sul territorio italiano i migranti arrivati, Maroni ha annunciato: «Invierò da subito la nave San Marco per poter evacuare un numero significativo di migranti da Lampedusa», promettendo «interventi compensativi dal punto di vista economico» per l'isola.
Maroni ha poi reso noto che mercoledì si recherà in Tunisia perché occorre fermare le partenze da questo Stato. Il presidente della Repubblica Napolitano ha elogiato l'operato di Maroni «con cui lavoriamo in piena sintonia» sul fronte delle politiche per la gestione dei flussi migratori, puntualizzando che l'obiettivo è «concorrere al massimo di coesione sociale e politica anche dinanzi a complesse problematiche come quelle di flussi migratori, dell'accoglienza di chi arriva e della vigilanza».
Critiche, invece, le opposizioni. «Il governo e Maroni sono incapaci di gestire l'emergenza», ha commentato D'Antoni del Pd, annunciando un'interrogazione al Viminale. Secondo l'Idv, «Maroni deve andare a Bruxelles e concordare con l'Ue iniziative per l'emergenza, invece di andare in Tunisia».
Intanto, mentre a Catania sono sbarcati 191 migranti egiziani, che hanno sostenuto di essere libici per ottenere lo status di rifugiati politici, l'Italia è tornata a chiedere all'Ue di condividere il peso dell'immigrazione clandestina, in vista di un aumento dei flussi in arrivo dalla Libia.
RISCHIO INFILTRATI. C'è il rischio che terroristi entrino in Italia infiltrati nei flussi di migranti clandestini. Per questo motivo i controlli su chi arriva si sono fatti più stringenti. E dopo l'intervento militare in Libia, è stato anche intensificato il monitoraggio sugli ambienti del fondamentalismo islamico. Lo ha detto il ministro Maroni, che ieri in Consiglio dei ministri ha illustrato le misure per rafforzare la sicurezza nel Paese.
È stato deciso, ha spiegato Maroni, «di aumentare la vigilanza sugli obiettivi sensibili in Italia, intensificare attività informative e investigative ed è stato convocato in seduta permanente il Comitato analisi strategica antiterrorismo (Casa). È stato infine intensificato - ha sottolineato - «il monitoraggio di soggetti che hanno evidenziato in passato contiguità con ambienti del fondamentalismo islamico». L'attenzione da parte di servizi segreti e antiterrorismo è dunque alta.
Occhi puntati soprattutto sugli elementi radicali già presenti in Italia. Il ministro dell'Interno, inoltre, ha messo in guardia dalla possibilità che ci siano terroristi infiltrati tra le migliaia di migranti sbarcati a Lampedusa provenienti dalla Tunisia.
Questo, ha fatto sapere Maroni, «è uno dei motivi per cui le operazioni di controllo su chi sbarca hanno una durata maggiore rispetto al passato. L'attenzione è dunque molto alta sulla possibiltà che tra coloro che arrivano da Tunisia ci sa qualcuno legato al terrorismo o anche alla criminalità organizzata».



Emergenza migranti, Regioni in campo "Pronte ad accoglierne 50mila"
la Repubblica, 22-03-2011
ROMA - Da regioni, provincie e comuni c'è stata adesione alla richiesta di accogliere fino a 50mila migranti, "un numero molto realistico". Lo ha detto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, al termine di un incontro con i presidenti di regioni, Anci ed Upi.
"Il piano predisposto dal ministero dell'Interno - ha spiegato Maroni al termine del vertice - prevede una distribuzione che tenga conto, sul territorio, del numero degli abitanti. Per cui si tratterà di una distribuzione con un numero realistico che terrà conto anche di alcuni, necessari correttivi per regioni che hanno già una forte pressione migratoria come la Sicilia, la Calabria o la Puglia o emergenze quali l'Abruzzo con il terremoto".
Lo stesso Maroni ha poi ribadito gli "impegni finanziari" per l'accoglienza già annunciati ieri dal governo al termine del consiglio dei ministri e che, ha detto il responsabile del viminale, "consentirà al prefetto e commissario straordinario caruso di gestire al meglio l'emergenza con le cose che servono".
Maroni ha, quindi, accennato al villaggio della solidarietà di Mineo dove si sperimenterà "la creazione di un modello di eccellenza per l'accoglienza, un modello italiano che vogliamo presentare in tutta europa".



Immigrati: sindaco Lampedusa, manca acqua e cibo siamo a rischio epidemia
Palermo, 22 mar. - (Adnkronos) - A Lampedusa (Agrigento), dove sono stipati circa 5mila immigrati, ormai mancano acqua potabile e cibo. I migranti in fuga dal Nord Africa e giunti a piu' riprese sulla piu' grande delle Pelagie "dormono a terra e all'aperto in mezzo alla spazzatura" racconda il sindaco Dino De Rubeis, che dice all'ADNKRONOS "il rischio di un'epidemia non e' poi un'ipotesi remota perche' non hanno acqua per lavarsi e vestiti per cambiarsi. Trascorrono la giornata all'aperto e di notte dormono all'addiaccio".



Lampedusa al collasso Riprendono i ponti aerei
Terra, 22-03-2011
Susan Dabbous
EMERGENZE. Dopo giorni di sbarchi con oltre 4.700 migranti sull’isola, sono ricominciati i trasferimenti nei Cie. Maroni: «Gli abitanti saranno risarciti per i danni economici».
Il sindaco di Lampedusa Bernardino De Rubeis tira un sospiro di sollievo e ringrazia il governo per aver ricominciato i trasferimenti dei migranti nei vari centri d’accoglienza della Penisola. Da domani sono previsti 5 ponti aerei al giorno per assicurare un trasferimento quotidiano di 500 persone. Via mare invece i profughi verranno imbarcati sulla nave militare San Marco. La popolazione non ne può più e anche i migranti hanno dato prove di insofferenza. Complessivamente, nelle ultime 24 ore si è registrato lo sbarco di 1.470 immigrati, portando al totale di 4.789 le persone sbarcate (tra cui 230 minori), a fronte di una popolazione residente di 5.000 abitanti.
Nella porta d’Europa sono bastati pochi giorni di mare buono e due di stop alle evacuazioni per dar luogo a una vera emergenza umanitaria. A Lampedusa, infatti, esiste un equilibrio molto importante da rispettare per far sì che il sistema funzioni: per ogni 1.000 che ne arrivano altri 1.000 devono essere spostati altrove. Il centro d’accoglienza può ospitare 850 persone (massimo 1.200), la casa della Fraternità di Don Stefano, parroco dell’isola, altri 200; stessa cifra per l’Area marina protetta dove ora sono stati sistemati donne (solo 19) e minori (oltre 200). «Dall’inizio di gennaio sono arrivati 15mila clandestini. Provocando enormi disagi alla popolazione locale. I cittadini verranno risarciti». Queste le parole del ministro dell’Interno Roberto Maroni che ieri, assieme ai colleghi siciliani della Difesa, Ignazio La Russa, e della Giustizia, Angelino Alfano, ha dedicato al Lampedusa una conferenza stampa  esclusiva a margine del Consiglio dei ministri straordinario sulla Libia.
«Sono quasi totalmente clandestini - ha tenuto a ribadire il leader leghista - non possono essere considerati rifugiati o richiedenti asilo. I Centri di identificazione ed espulsione (Cie) sono saturi». Oggi alla Conferenza delle Regioni si deciderà dove trasferire i profughi; al momento solo la Toscana ha dato offerto la propria ospitalità. Maroni sarà mercoledì a Tunisi per implorare il governo transitorio di bloccare i barconi in partenza dalle loro coste. In cambio verranno offerti soldi, uomini e mezzi. Va ricordato però che esattamente un mese fa il ministro degli Esteri Franco Frattini ha tentato una missione simile a questa, evidentemente fallita. Gli sbarchi invece di diminuire aumentano.
Per il momento i migranti sono quasi tutti tunisini. I 124 giunti ieri sulle coste catanesi, che si erano detti libici per non essere respinti, si sono rivelati poi di nazionalità egiziana.  Ma il vero inferno è a Lampedusa. «L’isola sta diventando un carcere a cielo aperto - denuncia Giusi Nicolini, responsabile locale di Legambiente -. Ci sono circa 3.000 persone che dormono a terra e che hanno bisogno di tutto: ricovero, assistenza, cibo, vestiti, bagni, coperte e medicine. Né le organizzazioni umanitarie che operano nel centro, né i lampedusani di buona volontà, riescono a contrastare quello che sempre più si configura come un disegno politico: ridurre l’isola in ginocchio per costringerla ad accettare qualsiasi soluzione d’emergenza».



Immigrati: sindaco Lampedusa, assaltato camion con cibo e ferito volontario
la Repubblica, 22-03-2011
Palermo, 22 mar. - (Adnkronos) - "Ieri uno dei direttori della cooperativa 'Lampedusa accoglienza', che gestisce il centro di accoglienza si e' sentito male, perche' e' stato scaraventato a terra dagli immigrati, che avevano assaltato il camion con i viveri. I volontari, che stavano distribuendo il cibo, hanno avuto paura e sono scappati". A raccontarlo all'ADNKRONOS e' il sindaco di Lampedusa, Dino De Rubeis, che aggiunge: "E' un episodio grave, che non si era mai verificato sull'isola e che testimonia come l'immigrato che si sente braccato diventa pericoloso". "C'e' esasperazione anche tra i migranti - assicura il primo cittadino - molti dei quali non sono ancora stati identificati e le forze dell'ordine, nonostante stiano dando il massimo, non sono sufficienti. E' necessario che il centro di accoglienza e l'isola stessa siano 'svuotati' entro 72 ore. Bisogna trasferire immediatamente gli extracomu



Lampedusa. Tensione sull’isola per immigrazione
Expo Italy, 22-03-2011
Resta altissima la tensione sull’isola di Lampedusa, dove si trovano oltre 5.500 extracomunitari a fronte di 6.200 abitanti. Il centro d’accoglienza e l’intera isola è al collasso.
“Tiriamo un sospiro di sollievo- dice il sindaco, De Rubeis, commentando le decisioni prese dal Cdm- Attendiamo con ansia la nave militare che trasferirà in luoghi più sicuri”. “Il ministro Maroni ha assicurato che ci saranno giornalmente 5 ponti aerei”. De Rubeis parla a seguito del braccio di ferro tra lo Stato e i lampedusani,che domenica hanno impedito l’attracco della nave con il materiale per allestire la tendopoli.



Immigrazione: Boniver, emergenza gravissima a Lampedusa
''Appoggio a chi opera sull'isola''
(ANSA) - LAMPEDUSA (AGRIGENTO), 22 MAR - ''C'e' una emergenza gravissima''. Cosi' il presidente del comitato Schengen, Margherita Boniver, ha commentato la situazione a Lampedusa dove e' arrivata questa mattina con alcuni componenti del comitato.
''Siamo qui per esprimere pieno appoggio all'opera straordinaria delle forze dell'ordine e delle istituzioni - ha detto - e piena solidarieta' alla popolazione''. La Boniver ha poi ribadito che il Governo ha deciso di intensificare il ponte aereo per trasferire dall'isola gli immigrati.(ANSA).



Emergenza immigrazione, parte la raccolta di indumenti per immigrati
Agrigentoweb.it 22-03-2011
La diocesi e la Caritas di Agrigento hanno organizzato, a partire da oggi e fino a sabato pomeriggio, una raccolta di indumenti per gli immigrati che sbarcano a Lampedusa. Due i centri di raccolta allestiti fra le parrocchie di San Nicola nel quartiere di Fontanelle e a San Lorenzo a Monserrato. La raccolta di coperte, maglioni, giubbotti, scarpe, tute e biancheria intima, prevalentemente per uomo, si terrà ogni pomeriggio a partire dalle 16. Sabato sera tutto sarà trasferito a Lampedusa.



Lampedusa è al collasso Più immigrati che residenti
l'Unità, 22-03-2011
Mariagrazia Gerina
«Portateci via di qui, non ce la facciamo più», dice Mehdi anche a nome degli altri bambini che gli si affollano intorno. Voci ancora stridule, facce già cotte dalla fatica di stare al mondo. Bambini partiti dalle coste africane senza padre né madre. Nella Marina protetta, dove vengono portati dai due operatori di Save the children, di minori ce ne sono ormai 230, con due bagni. Sono loro il dramma nel dramma di un isola che trabocca di migranti.
Gli ultimi sono arrivati a decine con gli sbarchi della notte. Gli altri stanno qui anche da quindici giorni, ad attendere che cominci la loro seconda vita. «Non ci importa nemmeno di mangiare – ripete Mehdi da piccolo leader della “rivolta” improvvisata - vogliamo andare via da qui».
Non è un'isola per bambini quella in cui gli uomini che sbarcano dal mare sono costretti a vivere come bestie. Cinquemila disperati: un po’ meno secondo le stime ufficiali, che tengono conto dei 300 trasferimenti raggiunti a fine giornata (più un ultimo annunciato per la notte). Un po’ di più: 5600, secondo l'assessore al Turismo. Ma non c'è bisogno di contarli per sapere che oramai qui sono quanti e più dei lampedusani. Basta dare uno sguardo al molo dove vivono ammassati da giorni, dopo una notte di sbarchi. Trascorsa in veglia con qualche fuoco acceso qua e là per tentare di stiepidire l'addiaccio.
La metà degli immigrati ormai vive qui. I più fortunati, si fa per dire, dormono nella piccola Stazione Marittima che sembra un lazzaretto. Gli altri all'aperto, cercando riparo sotto una barca o un tir. Al risveglio, il piccolo promontorio lungo il porto, tra panni stesi ad asciugare lungo le recinzioni, è un’unica discarica di rifiuti, urina e uomini ancora avvolti nelle lenzuola di plastica. O fantasmi che si aggirano in cerca del giorno. C’è chi cerca di lavarsi con una bottiglia di plastica, chi usa i cespugli al posto del bagno che non c’è.
La tensione sale quando a gruppi di poche decine, dopo giorni, cominciano a portarli nel Centro di accoglienza, che, costruito per 850 trabocca, ma visto da qui sembra già una meta. Solo una volta che arrivi lì cominci ad avere un nome, una faccia, una identità. Prima sei solo massa allo sbando su un'isola diventata colonia penale a cielo aperto. «Qui è saltato tutto», dice un agente, mentre tra loro la massa degli sbarcati senza nome – più di 2500 dopo la notte - si organizzano per selezionare secondo l'ordine di arrivo quelli che potranno passare da quest'inferno alla tappa successiva: 500 a fine giornata.
Ma è come svuotare il mare con un cucchiaino. «Questo è un teatro di guerra», scuote la testa don Stefano. Anche al cosiddetto Centro d'accoglienza gli immigrati si arrangiano per dormire come possono. Qualcuno ha persino fatto delle tende sulla roccia con le lenzuola di plastica distribuite dall'organizzazione. Gli unici che hanno qualcosa da festeggiare sono i pochi che stanno per partire, accompagnati dai tamburi. Per gli altri, non resta che evadere per riversarsi in massa lungo le vie di Lampedusa.
Sciamando lungo i bar di via Roma o in fila davanti alla chiesa dove i lampedusani portano ogni giorni i vestiti. Eppure, non si stanca di ripetere l'Unhcr, i numeri non sono quelli di un esodo in massa. Solo che dopo settimane non si vede nessun piano per trasferire altrove chi arriva. «La verità è che hanno fatto di quest’isola un centro d’accoglienza a cielo aperto», dice Nino, che corre con il motorino sul promontorio, in cerca di giornalisti che vogliano raccontare quello che vede lui: immigrati e lampedusani disperati. «A loro non li considerano esseri umani, a noi non ci considerano italiani: ci hanno abbandonati gli uni e gli altri».
Le parole scandite da Roma dal ministro Maroni al termine del Consiglio dei ministri rimbalzano come promesse di cui non ci si può fidare. Parlano di compensazioni e di «provvedimenti immediati per decentrare gli immigrati». Ma è solo rabbia che si aggiunge alla rabbia. «Noi lampedusani siamo umanitari, non l'Italia che lascia così su quest'isola migliaia di persone», si scaglia contro lo Stato che non c'è Battista. «Non c'è spazio in Italia per loro? Non c'è spazio nella sua Italia? vorrei dire al ministro Maroni».
Di tendopoli non ne vogliono sentire parlare. Mentre la nave militare San Marco, ripromessa anche ieri da Maroni la aspettano da giorni e ormai è diventata un miraggio. «Questa isola è stata abbandonata a se stessa», osserva Sandra Zampa, che da deputata Pd è voluta venirci di persona a Lampedusa, percorrere tutte le stazioni della via crucis lampedusana, dal porto alla “Marina protetta”. Abbandonati gli immigrati che «vivono in condizioni inaccettabili», abbandonata la popolazione «che ha gli stessi diritti di chi abita in Lombardia». E abbanonate anche le forze dell’ordine. E certo – dice - che questo problema va affrontato in sede europea: «Ma il ministro delle Politiche comunitarie che dovrebbe stare lì a battere i pugni tutti i giorni non ce lo abbiamo da novembre».



IMMIGRATI: FRATTINI, PER NOI INSOSTENIBILE. PROFUGHI IN UE (1 UPDATE)
(ASCA) - Roma, 22 mar - L'Italia (con Lampedusa in testa) non puo' sostenere da sola il peso dei profughi che arrivano dal Nord Africa. Profughi che dovrebbero invece essere distribuiti sul territorio di tutta l'Ue. Lo afferma il ministro degli Esteri Franco Frattini, nel suo intervento a Radio anch'io.
Per Frattini ''il problema sollevato dalla Lega Nord e' serio, non puo' essere l'Italia che si prende da sola il peso dell'impatto migratorio dalla Libia'' un domani, come oggi accade per i profughi tunisini. ''Non lo puo' e non lo deve prendere'', dice.
Il ministro non ha dubbi, ''credo che si debba arrivare al punto che ogni paese Ue si prenda una quota di immigrati''.
Frattini spiega che nell'Unione europea ''ci sono 27 Paesi'' ed una direttiva comunitaria stabilisce che in ciascuno di questi debbano essere realizzati Centri di identificazione e accoglienza, ''come abbiamo noi a Lampedusa''. Se tutti ne fossero dotati, dice Frattini, ''oggi saremmo nelle condizioni di chiedere aiuto per evitare un peso per noi insostenibile''.
Il ministro punta poi il dito sulla legislazione comunitaria in materia di diritto d'asilo. In Europa, spiega, ''ci sonotutte legislazioni diverse. Oggi sta accadendo che per esempio l'Italia, definta da alcuni intollerante, sia stato l'unico paese a prendersi carico di oltre 100 profughi eritrei''.
Frattini aggiunge che comunque ''su Lampedusa Maroni ha preso decisioni importanti'' ma ''non basta, e' l'Ue che deve farsi carico del problema''.
In settimana, continua il titolare della Farnesina, ''compiremo un ulteriore passo con la Tunisia per un controllo forte dei porti da cui partono i profughi, anche con mezzi italiani''.



Ancora sbarchi a Lampedusa Maroni lancia l'allarme terrorismo
Avvenire, 22-03-2011
Alessandra Turrisi
Sono arrivati a Lampedusa con tre barconi altri 291 immigrati dopo le migliaia che hanno raggiunto l'isola nei giorni scorsi. Due sbarchi, il primo di 105 persone e il secondo di 22, sono avvenuti nella notte mentre l'ultimo barcone - con a bordo 164 persone tra cui un minore - è entrato in porto scortato da una motovedetta della Capitaneria di porto poco dopo le 8 del mattino.
L'ALLARME DI MARONI
Tra le migliaia di immigrati che sono sbarcate in questi mesi c’è il rischio che «possa esserci qualcuno legato al mondo della criminalità o, peggio ancora, del terrorismo. Rischio segnalatoci anche da servizi stranieri». Roberto Maroni lancia l’allarme al termine del Consiglio dei ministri straordinario, con al fianco i colleghi La Russa e Alfano. Dunque, accanto ai problemi esplosivi, meramente aritmetici, che vedono ormai a Lampedusa il numero degli ospiti pareggiare, se non superare, quello dei residenti se ne aggiunge un altro, "qualitativo", legato al rischio infiltrati.
Per tentare di fronteggiare come sistema Paese un’emergenza immigrazione la cui portata è ancora non prevedibile, oggi al Viminale ci sarà un vertice con Regioni, Comuni e Province, che però chiedono aiuti statali per i costi che gli enti locali dovranno sopportare, mentre «è riunito in sede permanente», informa il questore di Roma Francesco Tagliente, il Comitato di analisi strategica antiterrorismo. «Nessuna minaccia specifica, ma c’è stato di allerta», dice Tagliente. I timori maggiori come lascia intendere Maroni, (e come conferma esplicitamente il prefetto Carlo De Stefano, esperto di Antiterrorismo della fondazione Icsa) vengono dalla Tunisia, dalle cui carceri sono uscite a seguito delle rivolte centinaia di terroristi e criminali comuni che ora potrebbero infiltrarsi fra profughi e clandestini in viaggio disperato verso le nostre coste.
Il ministro dell’Interno sarà a Tunisi, domani, per far valere il Trattato di cooperazione e contrasto all’immigrazione che - ricorda lo stesso Maroni - aveva ben funzionato nel 2010 «con soli 25 sbarchi» (a fronte dei quasi 15mila degli ultimi due mesi) anche per meglio prevenire questi rischi di infiltrazione. E nella sua Varese il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha voluto certificare piena unità d’intenti, anche su questo versante, con l’azione del governo. Va affrontata la questione «dei flussi migratori, dell’accoglienza di chi arriva, della vigilanza rispetto a tutto quello che si può mescolare di torbido negli sbarchi verso le nostre coste», ha sottolineato il capo dello Stato. «Ho apprezzato in questo frangente - ha aggiunto - l’impegno del ministro Maroni. Lavoriamo in piena sintonia», ha aggiunto Napolitano, avvertendo però la Lega, senza citarla - nel pieno di una manifestazione che segna il disgelo, a Varese, sull’Unità d’Italia - che se «qualsiasi preoccupazione è pienamente legittima e va rispettata, non potevamo e non possiamo sottrarci alle nostre responsabilità».
Maroni dal canto suo, nel dare la notizia che «per la prima volta 200 libici sono sbarcati in Italia, non a Lampedusa, ma a Catania, novità - ha sottolineato - non certo positiva», ha voluto ringraziare i cittadini lampedusani ha assicurato che «il governo esaminerà misure compensative per l’isola siciliana», aggiungendo che la nave San Marco della Marina militare si recherà subito nell’isola per evacuare un «numero significativo» di immigrati.
E, accanto alle preoccupazioni geo-politiche e militari, l’emergenza clandestini resta al centro dell’iniziativa del nostro governo «Abbiamo chiesto che si riaffermi la solidarietà tra paesi europei in materia migratoria», sottolinea il ministro degli Esteri Franco Frattini, al termine di una riunione tra i ministri degli Esteri della Ue «Abbiamo chiesto - spiega - che venga fornito un supporto ai paesi più esposti», richiesta messa nera su bianco nel paragrafo 7 di un documento approvato al termine del vertice.
«Unire accoglienza e sicurezza», auspica il ministro degli Affari Regionali Raffaele Fitto. Ma la mano ferma sull’invasione migratoria diventa anche il nodo su cui ricostruire l’unità di intenti nella maggioranza sulla Libia, con Umberto Bossi che ha chiesto e ottenuto la linea dura nel prevenire gli sbarchi, anche con la Ue. Angelo Picariello
A LAMPEDUSA RADDOPPIA LA POPOLAZIONE
Lampedusa non vuole la tendopoli, ma l’isola si è già trasformata in un enorme accampamento di immigrati. Basta guardarsi attorno per capire che non c’è più dove metterle quelle 5.400 persone che dal Nord Africa sono giunte sulle coste più meridionali d’Europa e che hanno fatto improvvisamente raddoppiare la popolazione delle Pelagie. Lampedusa, assieme a Linosa, conta circa seimila abitanti, e in questi ultimi giorni di emergenza sta scoppiando. Ci sono migliaia di migranti stipate nel centro d’accoglienza, che avrebbe solo 850 posti; altre migliaia accampate nella stazione marittima, costretta a dormire all’aperto, in situazione di precarietà igienica; altre centinaia di persone sistemate alla meglio su una collinetta. I pochi bagni chimici e le docce arrivati via nave non bastano per tutti. Di notte c’è freddo e umidità, di giorno si respira tensione fra gli immigrati che vorrebbero andare via e gli abitanti che non tollerano più questa situazione di abbandono.
Oggi la nave San Marco dovrebbe arrivare a Lampedusa per ospitare in mare parte degli immigrati presenti sull’isola. Lo annuncia il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che aggiunge: «Entro un paio di settimane vareremo le misure compensative per quanto sta subendo l’isola di Lampedusa». Rassicurazioni che il sindaco, Bernardino De Rubeis, accoglie con ottimismo: «Tiriamo un sospiro di sollievo Siamo felici per la decisione del governo Berlusconi, che abusando un po’ della pazienza dei lampedusani, ha dimostrato grande vicinanza a questa terra».
Nelle ultime 24 ore sono arrivati 1.470 immigrati con 13 diverse imbarcazioni, di cui 450 approdati nella scorsa notte e altri 40 migranti sbarcati in porto nel pomeriggio. Si fa fatica a tenere il conto. Una situazione esplosiva su cui interviene con forza anche il consiglio pastorale parrocchiale dell’isola, che ribadisce alcune posizioni sostenute nei giorni scorsi dall’arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro. «L’arrivo in massa dei migranti deve essere al centro di un programma di accoglienza con la creazione di centri spalmati sul territorio italiano, in modo da non gravare solo sull’isola che rischia di trasformarsi in una polveriera - si legge in un documento -. Vanno perciò intensificate e accelerate le turnazioni per il trasferimento dei migranti in altre strutture». La parrocchia guidata da don Stefano Nastasi ha anche lanciato un appello “agli uomini di governo”, ai quali è stato ricordato che i lampedusani «sono più vicini alla Libia, più di qualunque cittadino italiano, e certamente più di chi siede su uno scranno di governo».
I problemi di Lampedusa sono stati al centro di un incontro nella sede della Presidenza della Regione siciliana a Palermo tra l’amministrazione comunale dell’isola e il governatore Raffaele Lombardo. Nell’immediato l’amministrazione comunale chiede lo svuotamento dell’isola dai profughi, incrementando il ponte aereo, lo spostamento di una nave militare che faccia da navetta per i profughi, dirottandoli su altri porti, e la programmazione di una riunione del consiglio dei ministri a Lampedusa. Il Comune ribadisce il no alla tendopoli. Tra gli interventi anche la moratoria per mutui ed esenzione fiscale per il 2011 e la zona franca a fiscalità zero o di vantaggio, ma anche l’implementazione del pronto soccorso, il rifacimento delle strade e iniziative per la promozione del turismo.



Il business di Mineo salvato dai profughi
Stefano Galieni
20-03-2011
Ha aperto le sue porte venerdì 18i, a 210 richiedenti asilo provenienti dai Cara di Trapani, Bari, Caltanissetta, Foggia e Crotone; altri 150 sono giunti sabato sera e altri ne stanno arrivando alla spicciola, da Roma e da Gradisca d’Isonzo. Ha aperto in sordina dopo che il Sindaco Castania aveva dichiarato inutilmente “spero ci avvisino almeno 24 ore prima”. La struttura ribattezzata con misera ipocrisia “Villaggio della Solidarietà” di Mineo, provincia di Catania, non ancora chiaro se per richiedenti asilo o per immigrati da espellere è l’ennesima operazione di indecoroso business sulla pelle di chi fugge. L’incontro con gli altri sindaci della Calatina e con il presidente della Provincia di Catania, le telefonate con il commissario straordinario per l’emergenza immigrazione, il prefetto Giuseppe Caruso, non hanno ancora risolto i numerosi problemi. La bozza di “patto territoriale per la sicurezza” (si ritorna con i patti onnicomprensivi) non si è tradotta in un testo adatto a quanto ci si appresta a realizzare. La Croce Rossa, che non perde occasione, gestirà per ora l’accoglienza, i negozianti della zona si preparano a divenire i fornitori per i pasti, le strutture di recinzione nuove, di sorveglianza e di video sorveglianza ci sono e già, in alcuni alberghi sono stati prenotati posti per polizia e carabinieri. Mancano dettagli, politici e organizzativi e manca anche una piccola quisquilia? Chi ci finirà nel residence oltre al primo gruppo? E come mai la scelta di questo posto sperduto? Partiamo dalla seconda domanda. La struttura, originariamente “Residence degli Aranci” viene realizzata dalla centenaria ditta Pizzarotti di Parma, 10 anni fa, 404 villette, 25 ettari di verde, negozi, infrastrutture, ma nessun collegamento con la rete idrica,- per lavarsi ci si è collegati ad un pozzo distante 21 km – una spesa enorme affrontata accendendo un mutuo di 100 milioni di euro. Roba da poco, basti pensare che solo di manutenzione ordinaria il residence costa 2.5 milioni di euro l’anno. Fino allo scorso anno nelle grandi unità abitative erano ospitati i militari americani della base di Sigonella, l’amministrazione americana pagava circa 8,5 milioni di euro l’anno di affitto che venivano, a detta di rappresentanti della Pizzarotti, interamente utilizzati per pagare il mutuo, durata 14 anni. Lo scorso anno gli americani se ne sono andati insoddisfatti da questo “paradiso” lasciando la Pizzarotti S.p.a. in braghe di tela. Chi paga il resto del mutuo alla Banca San Paolo Intesa? In autunno si raggiungeva un accordo con la provincia di Catania per l’utilizzo degli appartamenti in Social housing, non case popolari, come le si vuole provare a far passare, ma come un investimento per abitazioni a costi contenuti che vede presenti pubblico e privato. L’accordo sembrava fatto ma c’era qualche difficoltà. Non erano molte le famiglie disponibili ad andare a vivere in una contrada a 8 km dal paese, nel verde si, ma isolata totalmente da un contesto reale e sociale. L’arrivo dei profughi tunisini è sembrata alla Pizzarotti e al governo nazionale, provvidenziale. Ci penserà la collettività a saldare il mutuo con gli interessi, pagando la Pizzarotti. Gli americani hanno reciso un contratto senza pagare un euro di penale, nulla di strano la potente Pizzarotti ha avuto in appalto la realizzazione di nuove strutture per l’amministrazione statunitense e poi, l’idea di rivolgersi a questa azienda dalla longa manus e dalle molteplici attività, è farina del sacco di una persona di massima fiducia, il presidente del consiglio. Oltre alla Pizzarotti a beneficiare di questa genialata saranno la CRI, i fornitori, la prefettura e l’esercito. Certo utilizzando per i rifugiati il sistema Sprar (affidamento di piccoli progetti di inserimento sociale ai Comuni) i costi si sarebbero ridotti in maniera stratosferica, ma quando si tratta di grandi eventi a che serve risparmiare?  La vicenda è stata recepita in maniera complessa dagli amministratori comunali delle aree coinvolte. In 10 sindaci su 15 hanno firmato la prima intesa, a condizione che non venisse messo a rischio l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini. E lì scatta la seconda trovata, deportare nel centro tutti i richiedenti asilo dispersi nei Cara nazionali. Che importa se le pratiche di richiesta o di ricorso sono nelle mani di altre commissioni, che importa se il singolo profugo abbia trovato un po’ di pace e magari sia seguito da persone di cui si fida per ricostruirsi una vita dopo aver subito tortura, che importa se si trovi ad aver trovato un contesto in cui inserirsi lavorativamente e socialmente. Il profugo è un pacco da trasportare anche senza troppe cautele. Si dice:«Ma nel “Villaggio della solidarietà” i profughi saranno liberi ad orari prestabiliti di entrare e uscire a piacimento». Certo con i centri abitati lontani è agevole per tutti stabilire una relazione col tessuto sociale. Se poi come sembra, vincerà l’emergenza, a finire nel recinto dorato saranno i tanti ammassati oggi a Lampedusa – si parla di una tendopoli nella ex base Loran-, ma i nuovi arrivati a Mineo non li vogliono, li temono. Nei comuni si vogliono i richiedenti asilo, considerati meno “problematici” e più redditizi (costano 52 euro al giorno per un risultato di circa 100 milioni di euro l’anno, “spesa contenuta”) e si prospetta anche, superata la fase emergenziale una gestione pubblica del centro. Del resto a Mineo arriveranno quest’anno 130 mila euro in meno, tanti sono quelli che l’amministrazione americana pagava infatti al Comune di Ici. Soldi creati dall’indotto e posti di lavoro, sono le armi utilizzate per convincere i recalcitranti, si parla di 300 assunzioni, ma il vortice di interessi è enorme, coinvolge enti locali, Cri, l’AGCI, Associazione di cooerative che ha inviato a Maroni una inquietante lettera dichiarando che i propri mezzi e le proprie strutture sono a disposizione da subito. Leone Venticinque, giornalista, anima il sito “Qui Mineo” per cui ha realizzato numerose inchieste, esprime preoccupazioni di diverso tipo. «Nel residence c’è un piano sociale da ghetto – afferma – Sarà difficile costruirci convivenza migliore. L’ipotesi di far convergere da noi i richiedenti dei vari centri era stata fatta per accontentare amministratori che nel dire si non avevano fatto i conti con la pubblica opinione. Io temo, al di là del tutto che queste siano cose nate male che possono finire anche peggio». Leone Venticinque teme che, in assenza di un serio intervento politico, finiscano col prevalere gli istinti peggiori:«Questo paese non è immune dalla microcriminalità – afferma- quello che si sta mettendo in piedi è un gigantesco capro espiatorio, basterebbe un nulla a scatenare i pogrom. Ho messo in piedi il “Comitato cittadino Calatino Solidale per Davvero”, abbiamo raccolto firme antirazziste e siamo intervenuti in consiglio comunale per scoraggiare questa realizzazione, ma temiamo soprattutto la rassegnazione di fronte a grandi e piccoli business. Invece occorre che il mondo dell’informazione, del sociale, della politica intesa come interesse collettivo, si mobilitino senza minimizzare».Ieri le forze politiche di sinistra  e il mondo dell’antirazzismo hanno tenuto dibattito pubblico, fra i relatori, Domenico Lucano (Sindaco di Riace), Antonio Mazzeo, giornalista e Tania Poguish, operatrice sociale. Un momento per cercare di uscire dalla confusione in cui sembrano permanere tutti. Confusione mista a fatalismo e indifferenza, all’idea che contro certi poteri non si possa fare nulla che non serve opporsi. Eppure Mineo non va lasciata sola, quello che si determinerà con il residence peserà sulla politica nazionale. Soprattutto ora, che la sciagurata ipotesi della guerra sembra avvinarsi.   



Immigrati, sopravvive il pregiudizio
UNIVERSITÀ CATTOLICA. Lo studio del Cirmib evidenzia come siano un elemento strutturale della nostra società, ma la diffidenza resta forte
Uomini e donne sono pressochè pari, uno su due vive in Italia da più di cinque anni, la loro presenza al lavoro è più costante di quella degli italiani
Brescia Oggi, 22-03-2011
Thomas Bendinelli
Una tendenza all'equilibrio di genere (55% uomini); quattro su cinque che, con la famiglia, o vivono in affitto o hanno la casa di proprietà (15%); uno su due che vive in Italia da più di cinque anni; una partecipazione al lavoro più alta degli italiani. Basterebbero questi numeri per dire che gli immigrati sono oramai elemento strutturale della società italiana. Eppure diffidenza e pregiudizio nei loro confronti continuano a esserci, come è stato ricordato ieri in università Cattolica in occasione della presentazione dell'Annuario 2010 del Cirmib, il Centro interuniversitario di Ricerca sulle Migrazioni di Brescia.
Elena Besozzi, che del Cirmib è la direttrice, nel presentare il rapporto ha richiamato l'attualità di questi giorni e quella «sindrome da invasione» errata e pericolosa che aleggia nel dibattito pubblico. Il lavoro del Cirmib, presentato in concomitanza con la Giornata mondiale contro il razzismo, ha l'ambizione di andare oltre i pregiudizi, mettendo a disposizione dati reali e spunti di riflessione.
La tavola rotonda (coordinata da Pierluigi Ferrari di Rai Tre) che ha accompagnato la presentazione dell'Annuario aveva per titolo «Italiani e stranieri al lavoro», dove «al lavoro», lo ha sottolineato Elena Besozzi in apertura, non significa semplicemente il voler ragionare del grande fattore di integrazione determinato proprio dall'avere un'occupazione, ma è un richiamo all'impegno che «tutti devono metterci per costruire una società migliore». Pensando soprattutto alle seconde generazioni, figli di italiani e figli nati in Italia da genitori stranieri.
Franco Valenti, presidente della Fondazione Piccini, avverte: c'è un rischio rancore nelle seconde generazioni determinato dall'esclusione dalle opportunità e per scongiurarlo bisogna fare in modo che gli immigrati siano sempre più attori della società civile, che si favoriscano i percorsi di formazione e scuola e si accrescano le competenze linguistiche. Giovanna Mantelli (segreteria Cisl) pone l'accento sugli immigrati - lo dicono le ricerche e lo ha ricordato ieri Ugo Melchionda dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni – che rispetto ai lavoratori italiani sono sottopagati o sottoccupati. «Da un lato scontano la mancata conoscenza dei loro diritti - afferma -; dall'altro, nel limbo di non sentirsi cittadini a pieno titolo, vivono una condizione di inferiorità nei confronti dei datori di lavoro». Da qui, osserva, la necessità di affrontare il tema dell'ottenimento della cittadinanza italiana per le seconde generazioni.
IL SEGRETARIO della Cgil di Brescia Damiano Galletti, al tema della cittadinanza aggiunge quello della rappresentanza. Che significa diritto di voto amministrativo che dia voce a quei 200mila immigrati che oramai vivono in provincia di Brescia (5 milioni in Italia). Poi chiama in causa chi, a livello politico, alimenta le paure. «Abbiamo ricordato il peso che gli immigrati hanno nel Pil italiano (vicino al 15%, Ndr.) – ha osservato -, eppure ci ritroviamo sempre ad affrontare la questione solo sul versante dell'ordine pubblico e della sicurezza. Il diverso interroga, è preoccupante che questo Governo abbia affrontato il tema immigrati solo in termini di impedimenti».
Antonio Guariso, esponente dell'Associazione Studi giuridici sull'immigrazione, ricorda che un gran numero di discriminazioni di cui sono vittime gli immigrati sta nella «zona grigia» tra clandestinità e regolarità. Un meccanismo che alimenta sfruttamento, illegalità e corsa al ribasso dei salari. «Dobbiamo scegliere - afferma -: o "ci va bene" questo mercato del lavoro segmentato o decidiamo di reintrodurre l'ingresso per ricerca lavoro». Padre Mario Toffari si sofferma sull'idea di cittadinanza nel tempo della globalizzazione: «Le prime generazioni salvaguardano la propria identità, le seconde si incontrano». Mariarosa Raimondi, responsabile della Ufficio scolastico provinciale, fa un richiamo a Massimo d'Azeglio e al «Abbiamo fatto l'Italia ora dobbiamo fare gli italiani», ricorda come la scuola abbia avuto un ruolo fondamentale per costruire un sentire comune e valori condivisi. Un discorso valido anche in questo passaggio epocale. «Spesso diventano di dominio pubblico le patologie - osserva -, meno il lavoro quotidiano degli insegnanti. Ma spesso è la scuola la prima istituzione che la famiglia immigrata incontra».
Aristide Peli, assessore provinciale della Lega Nord, rileva che, sì, «la coesione è fondamentale», ma non si può lasciare campo libero all'immigrazione «non controllata». E se le paure ci sono non è perché c'è chi le alimenta, ma perché i problemi sono reali. E per cui, conclude chiamato in causa a riguardo, «la risposta del sindaco di Adro è estremista» ma neanche dall'altra parte si può ragionare senza porre delle regole.

 

Immigrazione, fiamme nei Cie di Torino e Gradisca
Il Messaggero, 21-03-2011
TORINO - È scattata contemporaneamente, nel cuore della scorsa notte, a Gradisca d'Isonzo (Gorizia) e a Torino la protesta degli immigrati ospitati nei Cie, Centri di identificazione e di espulsione (Cie). Gli investigatori, come già in episodi analoghi all'inizio di marzo e nei mesi scorsi, ritengono «molto probabile» che gli immigrati siano stati in contatto fra loro. Alcuni - la verifica è tuttora in corso - si sono conosciuti nei viaggi con i quali sono giunti nelle settimane scorse, provenienti dal Nord Africa. Protagonisti la scorsa notte, a Gradisca come a Torino, gli immigrati tunisini, che costituiscono la grande maggioranza degli ospiti e che sono arrivati in Italia nelle ultime settimane, soprattutto con gli sbarchi a Lampedusa. A Milano, sempre oggi, gli operatori del servizio 'Sos dirittì dell'Arci hanno raccolto molte segnalazioni da parte di ospiti del Cie di via Corelli del capoluogo lombardo che denunciavano maltrattamenti da parte delle forze dell'ordine presenti nel Centro. Un giovane - hanno riferito - avrebbe tentato di darsi fuoco e un altro avrebbe tentato di suicidarsi impiccandosi. A Gradisca, ieri sera, dopo una serie di episodi di intemperanze all'interno del Cie, che hanno coinvolto una quindicina di immigrati, sei di loro sono riuscirti a fuggire: quattro clandestini sono saliti sul tetto per distogliere l'attenzione degli operatori, mentre gli altri sei si sono allontanati facendo perdere le tracce.
Nei disordini seguiti poco dopo, due agenti delle forze dell'ordine sono rimasti lievemente feriti e otto immigrati sono stati arrestati per lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. Il Cie di Gradisca attualmente oggetto di lavori di adeguamento alle norme di sicurezza, ospita complessivamente un centinaio di immigrati. Era dal 28 agosto scorso che non si verificava un episodio di fuga, mentre sono stati molto frequenti fino ad oggi episodi di rivolta. Al Cie di Torino, invece, un gruppo di tunisini ha dato fuoco ad alcuni materassi. Non ci sono stati feriti. L'incendio è stato spento dai Vigili del fuoco, intervenuti con cinque squadre. Sono state gravemente danneggiati tre moduli abitativi, lievemente altri due. Un episodio analogo era avvenuto, sempre al Cie di Torino, lo scorso 1 marzo, quando erano stati danneggiati tre dei quattro moduli abitativi della cosiddetta «area gialla». Anche allora per fortuna non ci furono feriti e gli immigrati furono trasferiti in altre strutture abitative sempre del Cie che conta al suo interno 150 posti (125 sono occupati da tunisini).



Basta un ombrello per far piovere tenerezza
Marcello Veneziani
il Giornale, 22-03-2011  
Roma, piazza Venezia. Il sole scoppia nel cielo e un indio che vende ombrelli - sarà peruviano, colombiano, chissà - si gode il sole a occhi chiusi e accenna con la bocca a bere i suoi raggi, come una delizia di miele. Poi, scoprendosi osservato, apre gli occhi e mi dice: vendo ombrelli, ma è piü bello il sole. Avrei voluto abbracciarlo. Aveva necessità di venderli, quei maledetti ombrelli, per campare; ma confessa di preferire il sole. Ho comprato l'ombrello in segno di gratitudine, sostegno e scaramanzia. L'indio non gufava in favore della pioggia, anzi andava contro i suoi interessi pur di godere il sole che dalle sue parti, una volta, era un dio. È bello comprare gli ombrelli quando non piove, come i medicinali quando non servono. Ricorda un pessimo cantante napoletano che girava per i tavoli dei ristorante minacciando di cantare e stuprare la chitarra, e la gente lo pagava perché non cantasse. L'obolo funzionava all'inverso, non perché offriva una piacevole canzone, ma per farsi esonerare dal fastidio di ascoltarlo, A volte le migliori azioni sono quelle non compiute. L'indio, però, non minacciava con i suoi ombrelli ma li aveva stesi per terra come arresi alla maestà del sole e alla bellezza di Roma in azzurro.
Vedo in tv i disperati che sbarcano in massa a Lampedusa portando solo se stessi. Quei bambini imbarcati da soli, al buio, confidando nella pietà dell'ignoto. Penso a gli immigrati alla luce del sole che si ritrovano nelle piazze o davanti alle fermate di autobus e metro. Cosi vivi, cosi animati; più dei miei compatrioti spenti. Li vedo come i braccianti della terra mia che si ritrovavano in piazza a discutere e a godere un'ora d'aria dopo una giornata di fatica. Provo tenerezza per loro, hanno ancora il sapore e lo stupore dela vita di chi viene da mondi poveri e antichi. Se sono qui è per la loro miseria nutrita di Speranza e la nostra opulenza ipernutrita di disperazione; se vengono da noi è perché noi abbiamo tanti beni e pochi figli e loro invece tanti figli e pochi beni. Vorrei un Paese più duro con i delinquenti e più accogliente con i mansueti, che vendono ombrelli ma si lasciano corrompere dal sole.

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