Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

La sinagoga, la moschea, i cittadini
Tobia Zevi

La settimana scorsa la Comunità ebraica di Roma, insieme ai dirigenti del XIII Municipio (Ostia), ha inaugurato i locali dove sorgerà la nuova sinagoga per gli ebrei che vivono in quest’area. Un quartiere popolare, in continua espansione urbanistica, situato in un’area molto ampia fra l’EUR e il mare.

Dove risiedono, appunto, circa 500 ebrei romani, che costituirebbero virtualmente la quinta comunità ebraica più popolosa d’Italia. Ostia è però soprattutto un simbolo: da qui transitarono oltre 2000 anni fa i primi immigrati a Roma dalla Palestina, come testimonia ancora oggi la splendida sinagoga all’interno degli schiavi di Ostia antica. E fin qui dunque belle notizie, grazie all’interessamento bipartisan degli amministratori locali di centro-sinistra (prima) e di centro-destra (poi).

C’è però un altro elemento significativo. A molti è sembrato naturale accostare la nuova struttura alla recente moschea di Ostia, inaugurata ad inizio 2008 ed accolta invece da un mare di polemiche. Le due comunità, che siamo abituati a considerare inevitabilmente nemiche, hanno vissuto quasi contemporaneamente un’esperienza analoga. La moschea, installata nel complesso polifunzionale della Vittorio Emanuele, serve una Comunità di svariate migliaia di persone. L’imam e gran parte dei responsabili della congregazione sono egiziani, perfettamente integrati e molti dei quali sposati con donne italiane. Dopo una lunga battaglia il Comune ha concesso loro lo spazio nello stabile, e da allora non si sono verificati gli incidenti paventati dall’allora opposizione capitolina di centro-destra (e anche di estrema destra).
Vedremo se andando avanti le due Comunità saranno veramente in grado di sviluppare attività comuni e strategie solidali come dichiarato durante la cerimonia. Intanto vanno rilevati i motivi di soddisfazione: una minoranza storica di questo paese si pone come ponte per favorire il percorso di integrazione di una minoranza più recente, individuando temi di cui occuparsi potenzialmente insieme (macellazione rituale, scuole parificate, intese); tutto ciò accade in una zona per molti aspetti complessa, certamente non benestante e in cui non mancano motivi di attrito con gli immigrati; l’Amministrazione – con alcune eccezioni – si mostra capace di favorire queste sinergie e di sviluppare politiche serie che, senza indulgere sul tema della sicurezza, affrontano i problemi delle comunità del territorio e li risolvono prima che le tensioni si incancreniscano (vedere le infinite querelle al nord sulle moschee).
Con una differenza importante tra destra e sinistra, su cui secondo me sarebbe interessante riflettere. Nel progetto originario, previsto dalla giunta di centro-sinistra, moschea e sinagoga dovevano essere entrambe all’interno della Vittorio Emanuele. Una scelta coraggiosa ed accettata da entrambe le comunità. Una volta insediatasi, invece, la destra ha preferito individuare un altro sito per la sinagoga, fermo restando che ha mantenuto gli impegni della passata amministrazione. Quando si parla di integrazione, conviene forse andarci piano, visto che la Vittorio Emanuele è un edificio multifunzionale che ha già tanti problemi? E ancora: nei rapporti tra gruppi diversi, conviene forse procedere per gradi? Sono interrogativi importati, la cui risposta è tutt’altro che scontata.


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