La sinagoga, la moschea, i cittadini
Tobia Zevi
La settimana scorsa la Comunità ebraica di Roma, insieme ai dirigenti del XIII Municipio (Ostia), ha inaugurato i locali dove sorgerà la nuova sinagoga per gli ebrei che vivono in quest’area. Un quartiere popolare, in continua espansione urbanistica, situato in un’area molto ampia fra l’EUR e il mare.
Dove risiedono, appunto, circa 500 ebrei romani, che costituirebbero virtualmente la quinta comunità ebraica più popolosa d’Italia. Ostia è però soprattutto un simbolo: da qui transitarono oltre 2000 anni fa i primi immigrati a Roma dalla Palestina, come testimonia ancora oggi la splendida sinagoga all’interno degli schiavi di Ostia antica. E fin qui dunque belle notizie, grazie all’interessamento bipartisan degli amministratori locali di centro-sinistra (prima) e di centro-destra (poi).
Vedremo se andando avanti le due Comunità saranno veramente in grado di sviluppare attività comuni e strategie solidali come dichiarato durante la cerimonia. Intanto vanno rilevati i motivi di soddisfazione: una minoranza storica di questo paese si pone come ponte per favorire il percorso di integrazione di una minoranza più recente, individuando temi di cui occuparsi potenzialmente insieme (macellazione rituale, scuole parificate, intese); tutto ciò accade in una zona per molti aspetti complessa, certamente non benestante e in cui non mancano motivi di attrito con gli immigrati; l’Amministrazione – con alcune eccezioni – si mostra capace di favorire queste sinergie e di sviluppare politiche serie che, senza indulgere sul tema della sicurezza, affrontano i problemi delle comunità del territorio e li risolvono prima che le tensioni si incancreniscano (vedere le infinite querelle al nord sulle moschee).
Con una differenza importante tra destra e sinistra, su cui secondo me sarebbe interessante riflettere. Nel progetto originario, previsto dalla giunta di centro-sinistra, moschea e sinagoga dovevano essere entrambe all’interno della Vittorio Emanuele. Una scelta coraggiosa ed accettata da entrambe le comunità . Una volta insediatasi, invece, la destra ha preferito individuare un altro sito per la sinagoga, fermo restando che ha mantenuto gli impegni della passata amministrazione. Quando si parla di integrazione, conviene forse andarci piano, visto che la Vittorio Emanuele è un edificio multifunzionale che ha già tanti problemi? E ancora: nei rapporti tra gruppi diversi, conviene forse procedere per gradi? Sono interrogativi importati, la cui risposta è tutt’altro che scontata.