«Migranti oppressi». Soprattutto quelli senza il permesso...

Italia-Razzismo 17 maggio 2011
Papa Benedetto XVI lancia l’allarme riportando un’equazione difficile da negare: l’aumento «dei poveri, degli emigranti, degli oppressi» porta alla nascita di «nuove schiavitù». Smontare quella equazione e rompere il rapporto di causa-effetto, sarebbe possibile se la condizione del migrante non fosse associata esclusivamente alla categoria dei “casi umani”. Come mai infatti non stupisce che tra i termini utilizzati dal Papa, «poveri» e «oppressi», ci sia quello di «emigranti»? Non stupisce e non colpisce perché riprende un pensiero comune assai diffuso e, spesso, confermato nei fatti.


Nei giorni scorsi per esempio alcuni quotidiani hanno ripreso la notizia che, in un paese del Nord d’Italia, un gruppo di indiani sfruttava persone immigrate senza permesso di soggiorno. L’aspetto sconcertante è che venivano utilizzati dei collari elettronici per evitare la fuga dei prigionieri. Un vero e proprio meccanismo schiavista basato su processi di reificazione (rendere cosa) messi in atto da alcune persone su altre persone. Ma qual è la differenza tra le prime e le seconde? A distinguere i padroni dagli schiavi è spesso la condizione giuridica (i primi titolari di un permesso, gli altri no). È proprio questa a diventare arma di ricatto.

E così, a perdere ogni caratteristica umana, sono persone già costrette in ambiti marginali della società a causa del loro status giuridico di irregolari. E per quanto riguarda i regolari? Come fare a sottrarli al marchio di “sfigati”? Si potrebbe cominciare analizzando questa macro categoria che risulterebbe molto variegata al suo interno e non solo disperata. Insomma, c’è anche chi lavora, chi studia, chi dona il sangue, chi si sposa, chi fa figli, chi dipinge, chi fa le maratone.

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