Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

16 maggio 2011

Pochi i migranti che sanno che votare è un diritto anche per loro
L'Unità 13 maggio 2011
Osservatorio Italia Razzismo
Acune amministrazioni locali, domenica e lunedì, rinnoveranno la propria assemblea. Potranno votare i cittadini italiani e quelli comunitari regolarmente residenti, che hanno presentato la domanda di iscrizione nelle apposite liste elettorali aggiuntive entro i quaranta giorni precedenti la data delle elezioni.
Non si tratta di un inserimento automatico e bisognerà attendere l’approvazione della specifica commissione elettorale. Ma quanti sono gli stranieri comunitari a conoscenza di questa opportunità? A quanto pare dai dati, di cui per ora dispongono le amministrazioni, pochi. Per esempio: a Bologna solo 502 romeni (comunitari dal 2007) si sono iscritti alle liste su tremila che avrebbero questa possibilità e, a Milano, 754 su quasi diecimila. Per quanto riguarda i bulgari, anche loro neocomunitari, si tratta di appena poche centinaia in tutto il paese.
A meno che la situazione non si ribalti all’ultimo momento, dato che c’è la possibilità di un’iscrizione in extremis accompagnata da una valida giustificazione del ritardo, si tratta di cifre davvero esigue. E, viene proprio da dire, di diritti non fatti valere. Considerando solo i romeni e i bulgari si calcola in circa un milione questi elettori oscurati. Ma non è la prima volta che accade una simile esclusione. Alle elezioni europee del 2009 i comunitari residenti nel nostro paese erano oltre 1 milione e, di questi, solo 65.877 avevano presentato la domanda nei tempi indicati. Impressionante se si considera che allora si votava per la comune “patria europea”. Per concludere, una curiosità: sono sei i candidati sindaco di origine straniera. Può questo essere considerato un microscopico segnale positivo di integrazione?





Milano, la truffa dei profughi di Maroni e Moratti
Il Fatto quotidiano 15 maggio 2011
Lorenzo Galeazzi
“Dei 700 profughi in arrivo in Lombardia, a Milano non è previsto che si fermi nessuno”. Parola di Letizia Moratti che così il 10 maggio tranquillizzava gli elettori milanesi di centrodestra sul rischio dell’arrivo di centinaia di immigrati provenienti da Lampedusa. “La città ha già dato”, diceva il sindaco sottolineando che a farsi carico dell’accoglienza sarebbero state altre amministrazioni locali, di certo non quella milanese.
Passano 48 ore e cosa succede? Con buona pace delle dichiarazioni elettorali della Moratti, il 12 maggio arrivano 420 profughi. Il trucco è che i migranti non sono a Milano, ma sono stati nascosti a meno di cinque chilometri dalla città: a Pieve Emanuele. Un paese dell’hinterland, alle porte dell’ingresso Sud del capoluogo lombardo, nel gigantesco residence Ripamonti, a due passi dal carcere di Opera.
L’aspetto ancora più paradossale della vicenda è che i migranti provenienti dalla Libia sono stati sistemati nella stessa struttura destinata a ospitare 660 agenti di polizia di stanza permanente in città. Una vera e propria caserma dentro il palazzone che ora gli agenti si trovano a dover condividere. “Una scelta davvero infelice. Come è pensabile fare convivere quattrocento profughi negli stessi corridoi di 600 agenti armati? E’ una questione di sicurezza”, sottolinea un agente. “E’ che a Milano si vota. E per la Moratti è meglio che gli immigrati siano invisibili agli occhi dei milanesi”, gli risponde un altro poliziotto.Cronaca | di Lorenzo Galeazzi
Il 10 maggio il candidato sindaco del centrodestra assicurava che in città non sarebbe arrivato nessun migrante, due giorni dopo ne arrivano 420. Ma il Viminale decide di nasconderli in un paese alle porte della metropoli. Per giunta nella stessa struttura che ospita 660 poliziotti che lavorano nel capoluogo lombardo
“Dei 700 profughi in arrivo in Lombardia, a Milano non è previsto che si fermi nessuno”. Parola di Letizia Moratti che così il 10 maggio tranquillizzava gli elettori milanesi di centrodestra sul rischio dell’arrivo di centinaia di immigrati provenienti da Lampedusa. “La città ha già dato”, diceva il sindaco sottolineando che a farsi carico dell’accoglienza sarebbero state altre amministrazioni locali, di certo non quella milanese.Passano 48 ore e cosa succede? Con buona pace delle dichiarazioni elettorali della Moratti, il 12 maggio arrivano 420 profughi. Il trucco è che i migranti non sono a Milano, ma sono stati nascosti a meno di cinque chilometri dalla città: a Pieve Emanuele. Un paese dell’hinterland, alle porte dell’ingresso Sud del capoluogo lombardo, nel gigantesco residence Ripamonti, a due passi dal carcere di Opera.
L’aspetto ancora più paradossale della vicenda è che i migranti provenienti dalla Libia sono stati sistemati nella stessa struttura destinata a ospitare 660 agenti di polizia di stanza permanente in città. Una vera e propria caserma dentro il palazzone che ora gli agenti si trovano a dover condividere. “Una scelta davvero infelice. Come è pensabile fare convivere quattrocento profughi negli stessi corridoi di 600 agenti armati? E’ una questione di sicurezza”, sottolinea un agente. “E’ che a Milano si vota. E per la Moratti è meglio che gli immigrati siano invisibili agli occhi dei milanesi”, gli risponde un altro poliziotto.
Insomma, l’importante è rispettare gli impegni presi con i cittadini-elettori. Nella metropoli nessun profugo, ma nell’hinterland, a meno di venti minuti d’autobus dal centro cittadino. E di colpo Pieve Emanuele, 15mila anime guidate da una giunta Pdl-Lega, ha cominciato a somigliare a Lampedusa o a Ventimiglia ai tempi del fuggi-fuggi verso la frontiera francese. Il provvisorio insediamento ha fatto schizzare la percentuale di popolazione straniera della cittadina dal 10 al 12,5 per cento. E alcune fonti di pubblica sicurezza dicono che dall’isola siciliana arriveranno presto altre 400 persone, partite oggi da Lampedusa.
Il residence Ripamonti è una struttura che può arrivare ad ospitare fino a 3mila persone. Nell’ala sinistra c’è la parte occupata dalle forze dell’ordine, con tanto di cartelli con scritto “riservato agli alloggi della polizia di Stato” e di guardione tipo commissariato, nel lato opposto invece vivono i migranti. Peccato che ai piani superiori, dove ci sono i mini-appartamenti, le due zone della struttura siano collegate. E nei corridoi a un certo punto finiscono le stanze degli agenti e cominciano quelle dei migranti. L’unica separazione è una scritta “zona riservata” appesa a due nastri bianchi e rossi. “Viviamo nella completa promiscuità con queste persone – attacca un dirigente della polizia – Non è assolutamente una questione di razzismo, ma il Viminale avrebbe dovuto decidere se privilegiare l’aspetto umanitario o la sicurezza”.
I 420 profughi sono sbarcati a Genova dalle navi Flaminia ed Excelsior il 12 maggio e poi sono stati trasferiti in autobus nel paese della periferia milanese dagli operatori di Croce rossa e Protezione civile. “Siamo partiti da Lampedusa l’8 maggio – racconta Emmanuel, un giovane nigerino – Eravamo in tremila sulla nave, ma molti sono scesi a Napoli e in altri porti più a nord”. Molti degli “ospiti” del residence provengono dai paesi dell’Africa sub-sahariana: in particolare Niger, Nigeria e Ghana, ma ci sono anche bangladesi, pachistani e anche qualche cinese. Sono quasi tutti operai specializzati impiegati nel settore edile o nei gasdotti. “Lavoravamo tutti in Libia con regolare permesso di soggiorno e di lavoro– racconta Dramani, ventiseienne proveniente dal Ghana – ma quando sono iniziati i bombardamenti siamo dovuti fuggire”. Lui di mestiere fa il piastrellista e quando è cominciato l’intervento militare dell’Alleanza si è trovato di fronte alla scelta obbligata di lasciare Tripoli. “Volevo tornare nel mio paese – racconta – Ma solo l’idea di affrontare un’altra volta il deserto mi ha messo i brividi e ho deciso di prendere il mare”.
Davanti all’unica cabina telefonica dello spiazzo davanti al residence c’è la coda. “Stiamo chiamando a casa per dire che siamo arrivati a Milano”, dicono sorridenti. La storia che raccontano è sempre la stessa: “Con l’inizio del conflitto, i generi alimentari hanno iniziato a scarseggiare e i primi a farne le spese siamo stati noi immigrati che in Libia siamo l’ultimo anello della catena sociale”. Alla loro partenza, le forze dell’ordine libiche non hanno opposto nessuna resistenza. “In un’insenatura vicino a Tripoli – continua Dramani – siamo partiti davanti agli occhi dei militari di Gheddafi. Prima mi hanno rubato il telefonino e i pochi soldi che mi erano rimasti, poi mi hanno messo sulla barca”.
La stra-grande maggioranza dei migranti è intenzionata a chiedere lo status di rifugiato o qualche forma di protezione internazionale. “Non posso tornare in Nigeria e ora nemmeno in Libia. Cosa altro posso fare?”, si chiede Oba, anche lui in coda davanti alla cabina del telefono. Dice di essere cattolico e di non vede l’ora di andare a visitare il Duomo di Milano: “Mi hanno detto che la cattedrale è maestosa”. Meglio non avvisare Letizia Moratti dell’imminente visita. Almeno fino a quando le urne della metropoli rimarranno aperte.






Cagliari, arrivata nave excelsior con 1300 a bordo
Ansa 16 maggio 2011
Cagliari, 16 mag. - (Adnkronos) - E' arrivata puntuale alle 8.20 e sta iniziando le operazioni di attracco al molo Grendi del porto canale di Cagliari, la nave Excelsior della Gnv proveniente da Lampedusa, con a bordo circa 1.300 tra immigrati e profughi. A Cagliari sbarcheranno circa 80 profughi che saranno accolti, 50 in strutture alberghiere della citta', a Carico della Caritas diocesana, ed altri 30 dalla Protezione civile regionale.
Sul molo staff medici della Asl 8 di Cagliari e del 118 che sottoporranno a visita i profughi prima di trasportarli a bordo di pullman nei luoghi di destinazione, alberghi, b&b e residence. La nave, terminate le operazioni di sbarco a Cagliari, ripartira' presumibilmente nel pomeriggio per i porti di Napoli e Genova.




A Lampedusa, evacuati 1300 migranti. Tregua negli sbarchi
TMnews 16 maggio 2011
Palermo, 16 mag. (TMNews) - Sono proseguite ieri le operazioni di evacuazione degli immigrati sbarcati a Lampedusa la scorsa settimana. Sul traghetto Excelsior sono stati imbarcati circa 1.300 extracomunitari destinati ai centri d'accoglienza in Sardegna, Campania e Liguria. Nel centro d'accoglienza sono ancora presenti oltre 300 immigrati tunisini, tra i quali un centinaio di minori che saranno ospitati in alcune comunità della Penisola. Per gli altri maghrebini, invece, sarà disposto il rimpatrio.
Intanto, sul fronte degli sbarchi, continua la tregua iniziata due giorni fa. Dal servizio di pattugliamento del Canale di Sicilia, infatti, non sono arrivate notizie di nuovi avvistamenti.




Stranieri al test d'italiano: online 51mila richieste
Il Sole 24 Ore 16 maggio 2011
Leonard Berberi Francesca Padula
È scoppiata la febbre del test d'italiano. Più di 50mila richieste in tre mesi sono il segno che cresce tra gli immigrati la voglia di mettere in fila tutti i requisiti per conquistare la ex "carta" di soggiorno, primo passo verso la cittadinanza: almeno 5 anni di soggiorno regolare, un reddito adeguato e una casa idonea. Ma dall'inizio di quest'anno bisogna anche dimostrare di avere una buona conoscenza dell'italiano, livello A2, cioè saper usare e capire frasi di uso frequente, leggere testi semplici e scrivere messaggi su argomenti familiari. Gli stranieri che si sono prenotati con la nuova procedura esclusivamente telematica e hanno chiesto di fare il test sono 51.236, circa il 12% dei 400mila immigrati che hanno già i requisiti per richiedere il permesso Ce per soggiornanti di lungo periodo (la ex "carta di soggiorno").
La macchina è partita in tutta Italia: da inizio febbraio sono state fissate più di 2mila sessioni e ne sono state svolte quasi 1.300 distribuite su 378 sedi apposite sul territorio nazionale. Dai numeri delle prenotazioni, aggiornati alla settimana scorsa, emerge anche la geografia dell'immigrazione nel nostro Paese per quanto riguarda la permanenza sul territorio. Gli esami effettivamente sostenuti sono stati poco più di 20mila, con un tasso di bocciatura del 13,6%. Rilevante è il numero di stranieri che si sono iscritti al test, ma non si sono presentati.
La prefettura che ha ricevuto più richieste è stata quella di Milano (circa 7mila), a distanza quelle di Roma (2.544) e Brescia (2.312). Chiudono la classifica Oristano con nove ed Enna con sette. Dal monitoraggio dei test effettivamente sostenuti, i primi tre posti non cambiano. Il capoluogo lombardo resta al primo posto, ma il dato cala a 1.461 stranieri esaminati. La capitale conserva il secondo piazzamento, con 1.070 esami e Brescia ne registra 863. Seguono Firenze, Vicenza e Parma. A livello regionale è in Lombardia che è stato inoltrato in via telematica il maggior numero di richieste per sostenere il test di lingua. E lo dimostra anche il fatto che tra le prime venti prefetture per numero, cinque sono proprio lombarde.
Quanto alle performance, sempre tra le prime venti classificate, a Torino si registra il maggior numero di stranieri promossi: qui ha avuto luce verde il 96,5%. Più o meno gli stessi valori di Roma (96%) e Napoli (95%). Percentuali di promozione decisamente più basse a Verona dove 65 persone su cento hanno superato il test, a Venezia (70%) e a Vicenza (72%). In questo caso gli immigrati bocciati dovranno rifare l'esame per ottenere il permesso Ce per soggiornanti di lungo periodo. Prato, Caserta, Lecce e Rieti - escluse dalla tabella a fianco perchè non sono tra le prime 20 - registrano il picco delle promozioni con nessun bocciato.
La procedura - dalla richiesta via web al test vero e proprio - non sempre è andata liscia. Lo dimostra il fatto che poco meno di 4mila persone, in tutta Italia, non si sono presentate a fare l'esame. Milano è prima anche in questa classifica: il numero degli stranieri assenti il giorno della convocazioPne per l'esame è stato pari a 672, quasi un terzo di coloro che ne avevano fatto richiesta. Motivazioni personali o di lavoro, ma molti immigrati hanno raccontato che le raccomandate con l'indicazione del luogo, della data e dell'ora del l'esame sono arrivate in ritardo. A certificare la conoscenza linguistica sono i centri provinciali per l'istruzione degli adulti.
A proposito delle convocazioni, il Viminale fa sapere che nei tre quarti dei casi i test sono stati effettuati entro 60 giorni dalla richiesta telematica. In questo le prefetture di Roma, Torino, Venezia, Vicenza e Verona dimostrano una certa velocità. Al contrario, a Varese, Milano e Brescia le convocazioni oltre i due mesi superano quelle al di sotto dei sessanta giorni.




Con gli immigrati la possibilità di ripensarci più umani
ilgiornaledipozzallo.it 16 maggio 2011
Con la Messa in San Pietro presieduta dal vescovo di Noto si sono conclusi i lavori del Coordinamento nazionale Caritas 2011, tenuto eccezionalmente a Modica e promosso dalla Caritas Italiana insieme alle Caritas diocesane di Noto e di Ragusa. “Saremo giudicati sull’amore” – ha ricordato Mons. Antonio Staglianò. “Abbiamo bisogno di un cristianesimo vero, di carne e di sangue. Un cristianesimo che ha al centro il donarsi di Cristo, il suo farsi pane. Per questo ci vogliono occhi capaci di vedere”. Le parole del vescovo hanno sigillato con autorevolezza, come già la sera precedente aveva fatto il vescovo di Ragusa Mons. Paolo Urso, il percorso di questi giorni. Ricordando che l’immigrazione è una sfida che chiede a tutti di essere veramente uomini. Accogliere, infatti, non è anzitutto un’opera caritativa da delegare ad alcuni, ma un’opera di verità per tutti: la sfida dello straniero, come quella del povero, ci ricorda che l’uomo conta più di tutto, che la chiamata originaria è quella dell’unica famiglia umana, che alla chiamata si risponde in una libertà vera che nasce dall’obbedienza al Padre rivelato da Cristo e alla conseguente, concreta e generosa, fraternità. D’altronde le testimonianze da Lampedusa, dal parroco don Stefano Nastasi agli operatori della Caritas o delle organizzazioni umanitarie che operano nell’isola, rivelano come l’emergenza nasce dalla disperazione ovvia di chi viene lasciato senza accoglienza. Anche i numeri lo dimostrano: quelli dei primi mesi del 2011 (31.000 persone sbarcate) sono inferiori di quelli del 2008 (36.000). Solo che allora c’era un preciso sistema di informazione che permetteva di distinguere rifugiati in cerca di salvezza da persone in cerca di lavoro e costruire precisi cammini di accoglienza. La questione vera è non lasciare sola Lampedusa, mentre intanto – come ha sottolineato l’Arcivescovo di Agrigento Mons. Franco Montenegro celebrando la notte di Pasqua nell’isola – l’accoglienza spontanea dei lampedusani rappresenta già pezzi di umanità nuova. Come ricordato al Coordinamento di Modica dal direttore della Caritas di Agrigento, Valerio Landri, occorre lasciarsi educare, lasciarsi interrogare per ripensare una vita più aperta, perché meno dipendente da beni e calcoli e più attenta all’altro perché attenta a Dio. Entro questo sfondo, nella mattinata conclusiva sono stati anche affrontati i nodi giuridici e sanitari dell’immigrazione, si sono ascoltate esperienze di accoglienza accadute e progettate in tutte regioni d’Italia, ci si è dati appuntamento al prossimo coordinamento nel mese di settembre. Non senza esprimere soddisfazione per la qualità dei lavori e per il calore dell’accoglienza, con vivo apprezzamento di questa terra e con l’appendice di una sosta nel fine settimana tra monumenti e mare, per riprendere quindi a partire da lunedì ad accogliere con percorsi quotidiani di inclusione, mentre – arrivata la notizia dei nuovi sbarchi – prontamente il responsabile emergenze della Caritas ripartiva per essere accanto ed organizzare i primi aiuti. Tra i molti approfondimenti che hanno caratterizzato questo Coordinamento, uno in particolare sarà importante riprendere anche nel nostro territorio: l’attuale transizione storica, che vede ritornare centrale il “Mare nostrum” per popolazione (raddoppiata nel NordAfrica negli ultimi vent’anni, passando dal 140.000.000 a 280.000.000), per risorse e per commercio (un terzo dei traffici marittimi di tutto il mondo), impegnando tutti ad una maggiore consapevolezza e i governi ad un’adeguata politica corrispondente alla primavera dei popoli arabi. Senza dimenticare l’antica vocazione del Mediterraneo ad essere mare di pace, tanto cara a Giorgio La Pira, grazie ai valori della filosofia, del diritto, dell’arte, delle fedi ebraica, cristiana, musulmana.




Politica, Europa e immigrazione: intervista a Sonia Oranges
ildemocratico.com 16 maggio 2011
Armando Pascale
L’Europa sta attraversando uno dei momenti più critici della sua pur lunga storia. La pressione demografica proveniente dal sud del mondo, e in particolar modo dall’altra sponda del mediterraneo, sta alimentando flussi migratori incontenibili. Identità culturale, sicurezza sociale, ma anche opportunità ed integrazione sono i temi in cima all’agenda dei governi di tutti i paesi europei. Lampedusa, ultimo baluardo d’Europa a poche miglia dal continente nero, sta vivendo giorni tormentati in quanto epicentro degli sbarchi di immigrati clandestini provenienti dalla Tunisia. Migliaia di disperati in cerca di lavoro, opportunità e spesso libertà dai regimi oppressivi dei paesi d’origine. Di questi temi estremamente sensibili abbiamo parlato con Sonia Oranges, giornalista del “Il Riformista” e redattrice di numerosi e autorevoli articoli dedicati al tema dell’immigrazione.
Partiamo subito in quarta, che bilancio possiamo fare delle politiche poste in essere dal governo nella gestione dell’emergenza immigrati?

Da quello a cui si è assistito, il bilancio è tutt’altro che positivo, quanto meno per ciò che concerne la prima fase di gestione dell’emergenza. Essa non è stata prontamente gestita in maniera adeguata ed equilibrata deflagrando inevitabilmente. Lampedusa ha pagato un prezzo altissimo in termini di sovraffollamento. Per fortuna, vi è da registrare un cambio di rotta in un secondo momento. Attualmente sembra che la macchina dei trasferimenti abbia iniziato ad ingranare e quanto meno il problema più pressante del decongestionamento dell’isola appare attenuato.

In un suo articolo Lei polemizza acutamente con lo “show” di Berlusconi sull’isola di Lampedusa, in cui il Premier annuncia con prosopopea un vasto piano di risanamento dell’isola (comprendente incremento di strutture di ricezione turistica, costruzione di casinò, candidatura dell’isola a premio nobel per la pace) non appena questa verrà completamente decongestionata dalla presenza degli immigrati clandestini. Quale sarebbe a suo avviso una strategia vincente per un adeguata risoluzione dell’emergenza?

Innanzitutto mi proclamo favorevole ad ogni politica di compensazione. Se queste misure che Lei ha elencato rispondono ai bisogni dell’isola queste non possono essere che ben accette. Il problema è che si rischiano di confondere due piani di intervento differenti. Io non sono nella posizione di potere elaborare un modello vincente nella gestione di questo tipo di crisi. Certamente l’idea e la cultura che sta alla base della politica italiana è perdente. I governi in Italia elaborano politiche “difensive” basate sulla difesa dell’identità culturale e sull’assunto della iattura del diverso e dello straniero. Invece, in special modo in questo momento storico che caratterizzato dalla nuova temperie culturale in molti paesi del sud del mondo, l’immigrato potrebbe essere visto come un valore aggiunto per l’intera collettività, con beneficio per l’intero mercato del lavoro. E’ questo il modello su cui si basa sostanzialmente la Gran Bretagna, che pur caratterizzandosi per una legislazione restrittiva in materia di immigrati e sicurezza, fruisce delle numerose opportunità che questi possono rappresentare per il paese. Questa via è stata additata anche dal Presidente della Repubblica che ha lanciato un monito alle forze politiche sul tema. Non bisogna inoltre dimenticare l’esigenze solidaristiche che possono coinvolgere un consistente numero degli immigrati, e mi riferisco ovviamente ai profughi per motivi politici e di guerra, come sta accadendo per la Libia.

Uno dei punti più spinosi della crisi è stato il trasferimento coatto dei clandestini in altre località. L’opinione pubblica ha mal digerito la scelta dei siti di accoglienza, localizzati quasi tutti nel mezzogiorno. Quanto pensa che nella scelta abbia pesato l’ostracismo leghista nei confronti degli immigrati clandestini, e quanto, più in generale, crede che la maggioranza sia ostaggio della Lega nell’elaborazione di strategie di Problem Solving relative all’immigrazione?

Nel caso specifico un peso decisivo è stato assunto dall’imminenza delle elezioni amministrative in molte province e comuni italiani, che come è noto, sono considerate da Berlusconi un test nazionale per la tenuta del suo partito. Esso sono state determinanti nella strumentalizzazione di tematiche che sono tradizionalmente vessillo della Lega. Ad esempio il tema della sicurezza è stato sicuramente cavalcato dalla Lega a fini elettorali. E’ comunque un dato di fatto che la maggior parte dei siti di “accoglienza” (che mi sembra però un termine improprio) sono localizzati al sud. La regione che per motivi geografici ha dato il contributo maggiore è stata la Sicilia stessa, seguita a ruota da Puglia e Campania. Ciò ha dato adito a nuovi problemi di sovraffollamento e conflittualità come è dimostrato dalle scene del campo di Manduria. Al centro nord le uniche regioni che hanno provveduto ad ospitare immigrati sono la Toscana e l’Emilia Romagna, governate da Giunte di centro Sinistra, cui si aggiunge la Liguria, che per motivi geografici si trova essere punto di transito obbligato per gli immigrati diretti in Francia. La localizzazione dei siti ha secondo disvelato una gran dose di improvvisazione nella gestione della crisi.

Dai problemi domestici a quelli esterni. L’emergenza ha avuto un impatto non indifferente sulle relazioni internazionali dell’Italia. Il rilascio dei permessi temporanei ha determinato la ferma reazione della Francia in relazione al Trattato di Schengen (il blocco dei treni a Ventimiglia è stato un gesto allarmante all’interno dell’Unione Europea), l’ONU ha più volte mostrato le sue perplessità nei confronti della gestione della diaspora dei profughi nel Mediterraneo. Come è cambiata l’immagine internazionale dell’Italia dopo questa emergenza?

Credo che l’immagine dell’Italia sia quello di un paese che non sa cosa fare e non sa dove vuole stare. Tra i numerosi episodi recenti che lo dimostrano vi è l’intervento nelle operazioni belliche in Libia, iniziate a pochi mesi dalla stipula di un “Trattato di amicizia” tra i due paesi, anche se in proposito c’è da dire che l’Italia, per la sua posizione strategica nel Mediterraneo, e per il fatto di ospitare basi NATO, è stata costretta ad allinearsi agli altri paesi. La concessione dei permessi temporanei è stata una decisione unilaterale, ispirato al machiavellico “fine che giustifica i mezzi”. Essa andava quanto meno concordata in ambito europeo o tra i paesi più influenti appartenenti all’area Schengen quali Francia e Germania. Mi sembra chiaro che le relazioni con la Francia, ma anche con la stessa Tunisia, siano state parzialmente erose dalla vicenda.

La minaccia di Maroni di abbandonare l’Unione Europea può essere presa in considerazione o è davvero solo uno sfogo? E come giudica la posizione dell’UE sulla vicenda, la posizione comunitaria è stata davvero così passiva se non ostativa al piano italiano?

Quello di Maroni è stato essenzialmente uno sfogo, diretto in primis al suo elettorato, e risponde a quella politica del “fora da i ball” proclamato dalla Lega. Una reazione determinata anche dall’inaspettata reazione della Francia. C’è da fare una considerazione. La situazione della Francia è in gran parte speculare a quella italiana. Se Berlusconi è ostaggio dell’anti europeismo leghista, Sarkozy è ostaggio del Fronte Nazionale di Le Pen. Ma non solo. In Europa tutta sembra spirare un vento di destra. Anche la recente decisione della Danimarca di sospendere il Trattato di Schengen è stata motivata da una politica di chiusura verso il “diverso”, retaggio di anti europeismo dilagante in tutto il continente. Io credo che siccome non esiste un modello nazionale totalmente vincente, il tema dell’emergenza degli immigrati clandestini andrebbe comunitarizzato. Esso dovrebbe formare oggetto di decisione di istituzioni dell’Unione più che di quelle nazionali come attualmente avviene. Tali decisioni dovrebbero estrinsecarsi quanto meno in direttive vincolanti gli stati membri che “scavalchino” le normative nazionali. In questo modo verrebbero anche ridotte ai minimi termini le occasioni di contrasto.

Un ultima domanda, lei conosce bene il contesto spagnolo, lì come si è affrontata l’emergenza immigrati? Quali elementi, se ci sono, possono essere esportati?

La Spagna alcuni anni fa si trovò a fronteggiare una situazione per molti versi molto simile a quella attualmente sperimentata dall’Italia. Epicentro della crisi erano le isole Canarie, ove si assistevano a sbarchi quotidiani di immigrati dalla Mauritania e altri paesi Africani. Anche la reazione spagnola fu ferma, il governo mise l’esercito alle frontiere e anche allora non mancarono motivi di frizione internazionale, specialmente con la Gran Bretagna. Tuttavia alcune differenze culturali hanno giocato un ruolo chiave nelle iniziative governative. Nel paese Iberico il livello di integrazione degli extracomunitari è molto maggiore, gli stereotipi dell’extracomunitario “delinquente, fondamentalista e terrorista” ancora così radicati e introiettati nella nostra cultura, sono lì stati superati in gran parte. Così, alla fermezza nell’arginare il flusso di immigrati alle Canarie, ha fatto da contrappeso una regolarizzazione della posizione degli immigrati già presenti sul territorio spagnolo e una totale assenza di incriminazioni preventive. Valga questo dato come esempio; nel centro storico di Barcellona, capitale della cattolica Catalogna vi sono ben 3 moschee, e ciò non desta scandalo alcuno nella popolazione locale. Non sto sostenendo che il modello spagnolo possa essere trapiantato in toto in Italia, in quanto la differenza del dato culturale è ineliminabile. Essendo però i modelli nazionali contingenti ed eterogenei, quella che secondo me offrirebbe una migliore concertazione della gestione del fenomeno migratorio è, ancora una volta, la comunitarizzazione della competenza.




I pomodori “pagano” gli Alberghi agli immigrati
statoquotidiano.it 15 maggio 2011
Agostino Del Vecchio
Foggia – CON una direttiva dello scorso 11 maggio, la giunta regionale pugliese ha approvato il finanziamento dei centri di accoglienza per lavoratori stranieri immigrati stagionali dei Comuni di Foggia e Cerignola. Si tratta complessivamente di € 200.000, pari a € 100.000,00 per ciascun Centro, fondi per la gestione dei Centri di Accoglienza per lavoratori stranieri immigrati, detti anche Alberghi diffusi, di Foggia e Cerignola.

Con l’approssimarsi del periodo della raccolta del pomodoro, gli immigrati stranieri (che per il resto dell’anno sono considerati da molti “indesiderati”) si tramutano per gli stessi in “desiderabili part-time”, dato che diventano operai senza alcun tipo di diritto, adibiti per raccogliere un prodotto che acquista vero valore solo quando inscatolato per le industrie di conservazione, quasi tutte di collocazione campana. Gli immigrati, costretti a dormire in condizioni igieniche drammatiche, sfuggono spesso anche agli Alberghi Diffusi in quanto perfettamente consapevoli che, dopo il periodo della raccolta, torneranno a essere “indesiderati”, rischiando anche il rimpatrio forzato.

Già nel 2006 la Giunta Regionale approvò una iniziativa di carattere sperimentale che prevedeva il concorso finanziario della Regione a supporto della attivazione di Centri di accoglienza per i lavoratori stagionali immigrati in alcuni Piani di Zona del territorio della provincia di Foggia e, precisamente, Foggia, Cerignola e San Severo, con uno stanziamento pari ad Euro 300.000 nell’ambito del Piano di interventi per l’immigrazione 2006.

A rafforzamento della suddetta decisione, la Giunta Regionale, con propria deliberazione n. 2002/2006, autorizzò l’Assessorato al Lavoro e Formazione, nell’ambito delle attività di attuazione della legge regionale n. 28 del 26 ottobre 2006 “Disciplina in materia di contrasto al lavoro non regolare”, alla promozione di ulteriori misure di sostegno all’uscita dalle situazioni di irregolarità e al contrasto di tutte quelle situazioni che determinano condizioni di rischio per lo sfruttamento lavorativo dei cittadini stranieri immigrati che lavorano come stagionali nelle campagne di raccolta agricola pugliesi. In particolare, la citata deliberazione autorizzava l’Assessorato al Lavoro e alla Formazione a partecipare al potenziamento della sperimentazione dei tre centri di accoglienza abitativa e sociale per lavoratori stranieri stagionali con uno stanziamento ulteriore pari ad Euro 1.000.000,00.

I Comuni destinatari dell’intervento regionale, che ha previsto un impegno finanziario complessivo di € 1.300.000, sono stati individuati sulla base di una serie di criteri, quali la configurazione del mercato del lavoro stagionale locale, le caratteristiche della manodopera straniera, la portata del fenomeno migratorio stagionale sui rispettivi territori, il sistema di accoglienza locale, la opportunità di non disperdere le risorse e le potenzialità esistenti, la valorizzazione e la ottimizzazione di esperienze già autonomamente intraprese, i rapporti di collaborazione avviati con la Amministrazione regionale nell’ambito delle consultazioni svoltesi presso la Prefettura di Foggia.

Peccato che, negli anni passati, tali centri fossero occupati da ben pochi stranieri e niente fa pensare ad un cambio di rotta per quest’anno. Se, infatti, è socialmente accettato l’utilizzo dei lavoratori extracomunitari in lavori che, ormai, ben pochi italiani sono disposti a effettuare, ben altro discorso è l’accettazione pubblica di quest’ultimi come esseri umani dotati di dignità e diritti, specie durante le tornate elettorali, durante le quali gli immigrati sono additati come causa di tutti i mali di questa Nazione. E, per tale ragione, costretti a nascondersi.




IMMIGRAZIONE, PRIMI EFFETTI SENTENZA CORTE GIUSTIZIA UE
justicetv.it 16 maggio 2011
Tornano in libertà più di 60 immigrati finiti in carcere per il reato d’inottemperanza. Una volta ricevuto il foglio di via, erano colpevoli di non aver lasciato l’Italia entro cinque giorni. La Corte di giustizia europea, lo scorso 28 aprile, ha stabilito che la detenzione non è legittima respingendo il reato di clandestinità, previsto nell’ordinamento italiano.
Gianfranco Schiavone, membro del direttivo dell’Asgi (nella foto in alto a sinistra) ai microfoni di Justice Tg ha dichiarato: “Nel sistema italiano è possibile entrare in un circolo vizioso che porta dal Cie al carcere e viceversa”. Nella sentenza, la Corte si richiama alla direttiva 115 Ce del 2008, in cui ci si appellava ai principi di “proporzionalità e gradualità del sistema”. “Al contrario – ha proseguito Schiavone – nel sistema italiano si fa immediatamente ricorso alla detenzione amministrativa, mentre la prima via per il respingimento dovrebbe essere il rimpatrio volontario”. Il sistema italiano, secondo Schiavone, si pone quindi al di fuori del diritto europeo. Da chiarire ora il destino dei 1300 immigrati ancora in carcere per il reato d’inottemperanza.










 

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