Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

17 novembre 2010

INTERVISTA • «Non smetteremo di lottare»
I migranti dopo la gru sono finalmente liberi
il manifesto, 17-11-2010
Giorgio Salvetti
MILANO- Sono liberi sani e salvi. Già aver portato a casa la pelle, dopo 17 giorni di permanenza su una gru per protestare contro la sanatoria truffa a nome di migliaia di immigrati, è un fatto tutt'altro che scontato. La ragionevole mediazione, dopo giorni drammatici, con le botte della polizia e il terrore che la situazione potesse precipitare da un momento all'altro, si è risolta lunedì sera con la liberazione di tutti e quattro gli stranieri che per ultimi sono scesi di sotto. Per tre di loro non era ancora stata definita la pratica della richiesta del soggiorno, per cui potrebbero riuscire ad ottenerlo, il quarto invece non verrà espulso poiché la questura gli ha concesso un permesso di soggiorno per motivi di giustìzia (il suo avvocato ha presentato una denuncia contro un padrone italiano, e due intermediari stranieri, che gli avevano estorto 4000 euro per una falsa regolarizzazione) . Ma a Brescia la mobilitazione non è finita perché la vertenza contro la sanatoria truffa contìnua, sempre con un presidio permanente nel quartiere più multietnico della città. Oggi, intanto, si tiene un'assemblea pubblica al centro sociale Magazzino 47 per decidere il da farsi,
Ne parliamo con Arun, 24 anni, pachistano, uno dei quattro ragazzi reduci della gru.
Intanto come stai?  Benissimo.
Benissimo dopo 17 giorni lassù. Davvero?
Beh, siamo tutti stanchissimi, ma io non sto male. Non ho mai avuto paura, come abbiamo sempre detto non abbiamo più niente da perdere. Era così prima di salire, era così lassù ed è così anche adesso. Non ho mai avuto paura. Ho sempre detto che non saremmo scesi finché non avessi¬mo ottenuto risposte positive alle nostre domande.
E le avete ottenute?
Siamo scesi solo quando hanno detto sì a tre condizioni. La prima richiesta è che, una volta scesi, non avremmo avuto problemi con la giustizia e che non saremmo stati espulsi. Poi che fosse concesso ai nostri fratelli di continuare la lotta con un presidio visibile e autorizzato. Infine che venisse aperto un tavolo per continuare la trattativa.
Pensi che ora che siete scesi manterranno quanto vi hanno promesso?
Spero di sì, aspettiamo di capire se ci hanno detto la verità o solo bugie. Per adesso siamo liberi. Sulla gru era molto dura, freddo, vento, pioggia. Molto difficile, ma eravamo tutti d'accordo che bisognava resistere.
Qual è stato il momento più difficile?
Dopo le cariche di lunedì scorso contro i nostri compagni del presidio sotto la gru. Abbiamo visto la polizia e i carabinieri attaccare anche le donne. Una vergogna. Da quel momento per noi è finito ogni aiuto, anche morale. La polizia ha bloccato tutte le strade. Non avevamo più nessun contatto. Si sono scaricati i telefonini, non facevano venire a parlare con noi neppure i nostri avvocati e neanche i medici. Non ci davano i giornali, né ci lasciavano parlare con i giornalisti. Non sapevamo più nulla. Ci hanno isolati. Potevamo parlare solo con la polizia e con il prete. Poi hanno cominciato a negarci le sigarette. Non avevamo i vestiti di ricambio e pioveva. Dopo due giorni non ci mandavano più neanche da mangiare. Abbiamo cominciato ad urlare che volevamo il nostro cibo. E ci rispondevano che ci davano da mangiare solo se scendevamo. Ma noi non siamo scesi. Poi ci mandavano cibo che non potevamo mangiare perché era contro la nostra religione. Un giorno avevamo solo qualche biscotto. A un certo punto abbiamo cominciato a buttare contro la polizia le bottiglie con dentro la nostra urina e abbiamo detto che se non ci davano il cibo facevamo un casino. Solo allora finalmente è arrivato da mangiare. La notte facevamo i turni, due dormivano quattro ore, due facevano la guardia. Ci hanno trattato peggio delle bestie.
Cosa è successo quando siete scesi?
Ci hanno portato in questura e dopo qualche ora ci hanno lasciato andare. Fuori c'erano i nostri fratelli, abbiamo festeggiato e poi finalmente a casa a dormire. Cosa hai provato quando ti sei sdraiato nel tuo letto? Non ero contento perché non abbiamo ottenuto quello che volevamo per gli altri nostri compagni. Solo garanzie per noi quattro. Per questo non volevamo scendere ma i nostri compagni hanno detto che per noi era arrivato il momento di lasciare la gru e lo abbiamo fatto. C'è chi dice che la vostra protesta è pilotata da italiani politicizzati. Tu che dici? Salire sulla gru è stata un no¬stra idea. Una protesta che abbiamo programmato, realizzato e portato a termine senza parlare con nessun italiano. Anche noi abbiamo la testa per pensare e decidere. E siamo stati sempre noi a decidere quando scendere. In Italia facevi volantinaggio per quattro soldi e in nero, perché sei partito dal Pakistan? Là studiavo, poi è morto mio padre e sono dovuto partire per mantenere la famiglia. Avevo 18 anni. Sono qui da 7 anni. Mia madre è malata e ogni giorni mi chiede del permesso di soggiorno, non potevo dirle nulla né potevo andarla a trovare. Capite cosa vuole dire che non ho più nulla da perdere? Siamo scesi ma non possiamo rinunciare a lottare finché non smetteranno di trattarci come animali.



Maroni, la sicurezza e i diritti degli uomini

il Fatto Quotidiano, 17-11-2010
Roberta Covelli
Ministro Maroni, questa è la seconda volta che, dalle pagine di questo blog, Le scrivo una lettera aperta.
Stavolta non sarà la censura preventiva del solerte funzionario che limita la mia libertà individuale l’oggetto di queste righe. No, stavolta vorrei sollevare qualche obiezione direttamente a Lei, signor Ministro, nella duplice veste di rappresentante dello Stato, garante dunque della Costituzione, ma anche in quella di autorevole membro di una forza politica che spesso da quei principi sanciti dalla Costituzione si mostra orgogliosamente lontana.
Avrei voluto chiederLe chiarimenti sulle Sue esternazioni riguardo ai pericoli di nuovo terrorismo (dopo un presunto attentato di cui più niente si sa) o domandarLe dei motivi che l’hanno portata maldestramente a pubblicizzare i Suoi timori di disordini di fronte ad una manifestazione come quella della Fiom (palesati, mi permetterà, in evidente contraddizione con il Suo ruolo istituzionale). Sarei stata anche tentata di chiederLe ragione delle Sue critiche a Saviano con Sua pressante richiesta di confronto televisivo viso a viso nella prossima puntata di Vieni via con me.
Ma, così facendo, avrei distolto la Sua attenzione circa la gestione del problema immigrazione, sulla quale si è fondata, me lo concederà, la fortuna della Sua formazione politica e, in fondo, il pretesto di questa lettera.
Vengo ai fatti.
Succede a Brescia che alcuni extracomunitari salgano su di una gru e, da quella posizione, nella convinzione di essere in una democrazia, pretendano pericolosamente la garanzia dei diritti che spettano a tutti gli uomini, a prescindere dalla loro nazionalità.
Nessuno avrebbe immaginato, neppure Lei, che potessero resistere tanto a lungo in quella situazione, ma proprio questa ostinazione, protratta per tanti giorni, nel rivendicare le loro ragioni avrebbe dovuto consigliare il Suo dicastero, rappresentato dai funzionari di Brescia, a valutare la vicenda anche in senso umanitario.
La cautela per la salute e l’incolumità di coloro che manifestavano in condizioni tanto estreme è invece passata del tutto in second’ordine, per privilegiare l’aspetto ideologico che questo confronto tra noi, italiani brava gente, e i cosiddetti irregolari poteva proporre.
Ma non erano pochi, signor Ministro, coloro che hanno preferito non adeguarsi a questa semplificazione e che, in prossimità del luogo della protesta, hanno testimoniato le profonde differenze di pensiero che, anche in un Paese condizionato mediaticamente alla paura per il diverso, esistono ancora.
Alcune immagini, che hanno fatto il giro della rete, documentano quanto fastidio queste forme di vicinanza e il dissenso in generale, e questo in particolare, possano arrecare alla sensibilità di chi è preposto a garantire l’ordine pubblico. Il riferimento è in particolare allo zelo preoccupante del vicequestore di Brescia, Emanuele Ricifari, che personalmente si incaricava di indicare ai perplessi poliziotti le persone che dovevano essere portate via.
Signor Ministro, lunedì sera, i quattro ragazzi rimasti sulla gru, Arun, Sajed, Rachid e Jimi sono scesi. Ma rimangono interrogativi che Lei, come ministro degli Interni e come responsabile, insieme ad altri, delle iniziative di governo, dovrebbe chiarire. Mi riferisco alla mancata concessione della visita di un medico di Emergency sulla gru, come all’espulsione di nove egiziani, rei di essere presenti al presidio di Brescia e, non ultima, la sorte che attende chi è salito sulla gru.
Lunedì, a Milano, Mohamed, “Mimmo”, uno dei volti del movimento dei migranti, è stato portato in questura per la notificazione di un atto: quello del diniego della richiesta di regolarizzazione con la sanatoria; da lì è stato deportato al centro di identificazione ed espulsione di via Corelli. Signor Ministro, anche se i detenuti non subissero abusi fisici nei CIE, com’è possibile che delle persone, in un Paese liberale, siano detenute per aver compiuto un reato che non dipende dalle loro azioni ma dal loro stato, appunto quello di clandestini?
Signor Ministro, io non credo che Lei sia tanto sprovveduto da non comprendere che leggi immorali e illogiche come la Bossi-Fini non favoriscono la sicurezza dei cittadini e che il trattamento che subiscono gli immigrati in questo Paese non è degno di quel che ci vantiamo di essere: una democrazia liberale. E non credo neppure che i tanti Suoi elettori non si rendano conto che favorire la clandestinità, frapponendo tra l’immigrato e la regolarizzazione una miriade di ostacoli e cavilli, vuol dire creare lavoratori ricattabili, loro malgrado sleale concorrenza dei lavoratori tutelati.
Signor Ministro, spero di sbagliarmi, ma ho l’impressione che il Suo sia un preciso metodo di governo, quello della paura, e che Antonio Albanese, per  la sua fortunata invenzione appunto del ministro della Paura, Le sia debitore di qualcosa.
Se Lei non è né ingenuo né in malafede, dimostri a noi cittadini che il trattamento subito dai manifestanti a Brescia e l’indifferenza verso le condizioni umane dei migranti sulla gru non sono l’atteggiamento che dovrebbero tenere le forze dell’ordine: prenda provvedimenti contro chi ha macchiato la funzione dei servitori dello Stato, non solo per tutelare i cittadini (immigrati o italiani, poco importa) ma per preservare l’autorità del Suo Ministero e, di conseguenza, quella dello Stato.
Per quanto riguarda il problema della clandestinità, della sanatoria-truffa, dei CIE, La rimando a quel che chiedono, con un volantino, i migranti di via Imbonati, a Milano (il 5 novembre, Lei dovrebbe saperlo, cinque immigrati sono saliti sulla torre Carlo Erba).
Come i ragazzi di Brescia, anche loro hanno motivazioni, idee e dignità.
Da loro, tutti, e pure Lei, signor Ministro, dovremmo prendere esempio.
P.S. Quando si chiede qualcosa, si deve essere disposti a poterla concedere a propria volta. Ministro, come Lei ha chiesto a Saviano un incontro faccia a faccia, così ne proponga uno ai cittadini informati. Immagino che gli amici di Telebavaglio sarebbero felici di poterLa ospitare.



LA BUFALA DEGLI SBARCHI

L'ALLARME INFONDATO DEGLI ARRIVI VIA MARE
l'Unità, 17-11-2010
Nicola Cacace
Secondo un antico detto, la madre delle bugie è sempre incinta. E le bugie, con l'amplificazione dei media hanno effetti anche dopo le smentite, pochi giorni fa alcuni giornali (della destra) commentavano il triplice scacco del governo alla Camera sulla esigenza di «impegnare la Libia al rispetto dei diritti umani dei migranti respinti sulle loro coste» rispolverando una antica bugia secondo cui l'ingresso dei clandestini via mare sarebbe stata una invasione e non, come invece è sempre stata, una parte minima di tutti gli ingressi. Il quotidiano Libero titolava a tutta pagina: «Fini ci regala i clandestini», confermando in tal modo che la macchina delle bugie, come la macchina del fango, conta sul "ripetita iuvant", anche quando si tratta di vere e proprie balle. Da anni il saldo migratorio è intorno alle 400mila unità/anno, mentre gli sbarchi dal canale di Sicilia sono intorno alle 20mila unità/anno, avendo solo nel 2008 toccato il tetto dei 36mila. Cioè tra 5% e 10% del totale. Come è stato possibile che, mentre un consistente flusso migratorio calava sull'Italia da tutt'altre vie - Gorizia e permessi semestrali di ingresso - media e ministri della Repubblica hanno potuto vendere agli italiani la bufala dell'invasione via mare? E come è possibile che la menzogna si ripete quando da anni i dati Istat sulla popolazione ci dicono un'altra verità? È possibile che si dicano tante bugie per difendere il più incivile degli accordi, quello tra Libia e Italia che nega diritti elementari ai richiedenti asilo politico? «La crescita di popolazione residente da 57 a 60,4 milioni tra 2002 e 2010 è stata causata esclusivamente dall'immigrazione», dice l'Istat. E si tratta di migliaia di nuovi immigrati, tra regolari e irregolari, entrati in Italia per una semplice ragione: la forza del mercato, una domanda insopprimibile di braccia dal paese più vecchio del mondo che non fa figli a sufficienza per sostituire i vecchi che vanno in pensione. Persone che continuano ad arrivare malgrado una legge d'immigrazione pessima e un clima reso sempre più xenofobo anche dalle bugie sparse da politici interessati e da media incolti. Nessuna meraviglia che il mercato assorba migliaia di immigrati e che anche in tempi di crisi i posti lavoro italiani siano più a rischio di quelli degli immigrati. Perché un sistema a bassa innovazione come il sistema Italia crea più posti di lavoro umili per gli immigrati, che di qualità per i nostri laureati. E nessuna meraviglia che i Paesi a più bassa natalità d'Europa, come Italia e Spagna, siano anche quelli dove più velocemente sono cresciuti gli immigrati. Seguendo la raccomandazione di Gramsci, se la sinistra studiasse un po' di più, alcune di queste bugie si potrebbero controbattere meglio.



Mille piccole storie di ordinario razzismo

Corriere della Sera, 17-11-2010
Gian Antonio Stella
Andate a tifare per le squadre dell'Eritrea!». Al tifoso rossonero che in mezzo a un caos allegro festeggiava in strada,      dalle parti di corso Buenos Aires, la vittoria dello scudetto del Milan di dieci anni fa, non importava un fico secco di dove fosse quel giovane milanista che voleva unirsi al corteo insieme col bambino che spingeva nel passeggino «con sciarpa, cappello e ciupa ciupa con i colori del Milan». Era nero. Punto. E tanto gli bastava e avanzava per barrire: «Perché siete qui voi due? Non dovete tifare Milan! Andate in Eritrea!».
Racconta Pap Khouma, il protagonista e vittima di questa storia, che quel tifoso razzista indossava una maglietta rossonera con stampato sopra il nome del grande George Weah, centravanti, pallone d'oro, nero. Come neri erano, nel Milan vincente di quel 1998-1999, Ibrahim Ba e Mohammed Aliyu Datti e Bruno N'Gotty. Esattamente come neri sono stati, a dispetto della battuta più brutta sfuggita a Silvio Berlusconi nel giugno dell'anno scorso («È intollerabile che a Milano ci sia un numero di presenze non italiane per cui non sembra dì essere in una città italiana o europea ma in una città africana») tantissimi campioni che hanno fatto vincere tutto ma proprio tutto al Cavaliere e ai tifosi: da Frank
Com'è possibile adorare George Weah e vomitare odio verso tutti gli altri neri?
Rijkaard a Ruud Gullit, da Edgar Davids a Marcel Desailly. Fino ai neri di oggi: Ronaldinho, Oguchi Onyewu, Clarence Seedorf, Kevin-Prince Boateng, Thiago Silva, Nnamdi Oduama-di, Robinho...
Com'è possibile adorare il nero George Weah e insieme vomitare odio contro tutti gli altri neri senza avvertire l'oscena contraddizione? È quello che Pap Khouma, senegalese di nascita, milanese d'adozione, cittadino italiano, noto ai lettori per due romanzi benedetti da buone critiche e buone vendite (Io, venditore di elefanti e Nonno Dio e gli spiriti danzanti) chiede nel suo ultimo libro. Si intitola Noi italiani neri e narra, spiega il catenaccio, «storie di ordinario razzismo». Mille storie diverse, mille storie uguali. Come quella di Adama Sanneh, nipote del giornalista Idris Sanneh, celeberrimo ai tempi di «Quelli che il calcio», papà senegalese, mamma italiana, che a un certo punto, stufo di una società che nonostante tutti i documenti non lo riconosceva come italiano «perché mulatto, quindi nero», è andato a vivere in Uganda: «Mentre, in Italia in quanto mulatto ero considerato nero, figlio di un immigrato, elemento alieno alla società italiana, in Uganda, la gente mi chiamava muzungu, cioè bianco».
Tra tutte, però, quella che colpisce di più è la storia della ordinaria stupidità di quanti, come certi vigili urbani 0 certi impiegati di uffici pubblici, davanti alla carta d'identità con scritto sopra «nazionalità italiana», ancora insistono: «Ma
dov'è il permesso di soggiorno?».



Immigrati: Calabria, Udc propone legge con inserimento stranieri in istituzioni locali

Libero.it, 17-11-2010
Reggio Calabria. (Adnkronos) - Il capogruppo dell'Udc nel Consiglio regionale della Calabria, Pasquale Tripodi, ha presentato un nuovo testo di legge sull'immigrazione. La proposta ha come titolo ''Norme a sostegno dell'accoglienza, dell'integrazione partecipe e della tutela dei cittadini stranieri immigrati nella Regione Calabria''. ''La proposta di legge -spiega in una nota- disciplina una vasta pluralita' di interventi, eterogenei tra loro e volti a promuovere su diversi ambiti l'integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati in Calabria''.
''Essa - aggiunge - ha un carattere di estrema trasversalita', toccando materie ed ambiti differenti: dalle politiche abitative regionali alle misure contro lo sfruttamento, dagli interventi di sostegno al lavoro autonomo ai contributi a favore dell'associazionismo. Inoltre, la proposta di legge riguarda la promozione di percorsi partecipativi e di rappresentanza presso le istituzioni locali, l'istituzione di consulte provinciali, zonali e comunali per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati, l'avvio e l'implementazione di centri interculturali, lo svolgimento di manifestazioni pubbliche di informazione sui temi legati all'immigrazione, di iniziative culturali, artistiche e sportive che vedano la partecipazione di persone di diversa nazionalita', nonche' contributi ad associazioni di cittadini stranieri immigrati che svolgono funzioni culturali, sociali o assistenziali''.
''Mi preme sottolineare, al di la' delle molteplici sfaccettature del testo legislativo sintesi di altrettante problematiche -commenta Tripodi- che questa proposta di legge mira ad uno scopo primario: porre attenzione a questa specifica realta', significhera' migliorare la qualita' dei servizi per tutti, vecchi e nuovi cittadini, in un percorso comune di crescita e di feconda convivenza''.



D'Elia inaugura mostra su tate, colf e badanti

Cinque, 17-11-2010
L'assessore alle Politiche culturali della Provincia Roma, Cecilia D'Elia ha inaugurato ieri pomeriggio a Zagarolo la mostra bibliografica itinerante "Cosi Vicine, Cosi Lontane - Tate, Colf e Badanti". L'evento curato dall'esperto di Letteratura Interculturale Vinicio Ongini, coordinata dal Sistema Bibliotecario Provinciale con il contributo dell'Assessorato alle Politiche Culturali della Provincia di Roma, fa parte delle iniziative previste nell'ambito del progetto "Biblioteche del Mondo, che vedrà coinvolte le biblioteche civiche presenti negli otto Comuni che hanno firmato un Protocollo d'Intesa con la Provincia di Roma, per promuovere politiche che vedano l'integrazione delle persone migranti presenti sul nostro territorio. La mostra è costituita da oltre 120 documenti, diari, fiabe, romanzi, biografie, fotografie, manuali, cataloghi di mostre, dizionari, materiali plurilingui, riviste, inchieste e reportage sul tema delle collaboratrici domestiche di oggi e di ieri. «Più conoscenza significa più integrazione e più benessere per tutti. - ha detto l'assessore Cecilia D'Elia - L'obiettivo primario della mostra è far conoscere ai giovani e alle famiglie italiane l'importanza del lavoro di cura svolto dalle badanti».



La Regione per l'autoimpiego e la creazione d'impresa

Territorio Latina e Provincia, 17-11-2010
L'assessore alle politiche sociali del Comune di Castelforte, Giancarlo Cardillo, informa che la Regione Lazio ha previsto la realizzazione di interventi diretti allo sviluppo dell'occupazione attraverso soluzioni di autoimpiego e di creazione d'impresa, con particolare alle fasce di lavoratori immigrati e al reingresso nel mondo lavorativo degli over 45. I soggetti beneficiari dell'intervento devono avere un'età pari o superiore a 45 anni oppure essere cittadini extracomunitari in possesso di regolare permesso. Inoltre, devono avere almeno uno dei seguenti requisiti: non occupati oppure iscritti alle liste di mobilità; o essere in cassa integrazione; o, ancora, essere occupati in forme diverse da quelle del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Il bando nel dettaglio è disponibile presso il Servizio politiche sociali. Gli interessati potranno presentare progetti per l'avvio di nuove attività ma anche la rilevazione di attività preesistenti.




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