Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

18 luglio 2013

Immigrati, la "gara" per integrarli la vince il Piemonte e le piccole città
Tra le province, Macerata è la migliore. Ma non si sta male neppure a Mantova o Imperia. Sono questi i luoghi più "ospitali" d'Italia. Crolla intanto il "mito" del Nord Est nella capacità d'accoglienza. Regge l'urto l'Emilia Romagna, tengono anche Nord Ovest e piccole realtà del Centro Italia
la Repubblica, 18-07-2013
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - Se lo chiedete a loro, non ci sono dubbi: tra le regioni in testa c'è il Piemonte, tra le province Macerata batte tutte. Ma non si sta male neppure a Mantova o Imperia. Sono questi infatti i luoghi più "ospitali" d'Italia, sempre che tu sia un immigrato, sia ben chiaro. Meglio invece tenersi alla larga dalla Calabria e dalle province di Foggia e Ragusa. A stilare la "pagella" è il IX Rapporto del Cnel sugli Indici d'integrazione degli immigrati in Italia. In sintesi: per effetto della crisi, crolla il Nord Est nella capacità d'accoglienza, regge l'urto l'Emilia Romagna, tengono anche Nord Ovest e piccole realtà del Centro Italia.
Il Rapporto Cnel. Il IX Rapporto Cnel misura (attraverso 18 diversi indicatori statistici) sia il grado di attrattività che province e regioni esercitano sulla popolazione straniera presente in Italia, sia il potenziale di integrazione proprio di ciascun territorio. Ed è questo l'indice che più conta, il "potenziale di integrazione", costruito su un insieme di fattori che riguardano l'inserimento sociale e occupazionale degli immigrati.
Chi attrae più immigrati. Tra le regioni, il grado maggiore di attrattività (basato su numero di immigrati residenti, loro densità e stabilità) è ancora detenuto dalla Lombardia, che supera di gran lunga Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Piemonte, Liguria. Tra le province, la massima attrattività spetta a Brescia che, rispetto al 2009, sorpassa Prato, dovuto "al fatto che molti cinesi stanno effettivamente abbandonando l'area pratese, nella quale da tempo si erano stabiliti numerosi per impiantarvi le proprie attività imprenditoriali, spostandosi in altre zone del Paese".
Integrazione: in testa il Piemonte. Il Rapporto attesta che la regione a più alto potenziale di integrazione degli immigrati è oggi il Piemonte (nel 2009 era il Friuli Venezia Giulia). Seguono: Emilia Romagna, Liguria, Friuli, Abruzzo, Marche. Ultime: Puglia e Calabria. Tra le province, in testa ci sono Macerata, Mantova, Imperia e Pistoia. Ultime: Crotone, Ragusa e Foggia. In generale, le condizioni sono più facili nei piccoli centri: "Le condizioni di inserimento sociale e occupazionale degli immigrati, che determinano il potenziale di integrazione di un territorio - si legge nel Rapporto Cnel - sono migliori in contesti più ristretti e a bassa complessità sociale, ovvero in territori che non fanno capo ad aree urbane particolarmente estese o a realtà metropolitane".
Il crollo del Nord Est. Si nota inoltre come tutto il Nord Est - ad eccezione dell'Emilia Romagna - ha conosciuto in due anni una notevole contrazione del proprio potenziale di integrazione. Un esempio: il Veneto passa dal quarto al tredicesimo posto nella classifica generale. Non solo. Rispetto al 2009, il Rapporto denuncia come "in Italia le condizioni di inserimento sociale e lavorativo degli immigrati (come, del resto, degli italiani) hanno conosciuto un generale e diffuso peggioramento".
"Subito ius soli". "Per i figli degli immigrati si pone con urgenza il problema dell'acquisizione della cittadinanza, come ha riportato in evidenza la recente campagna L'Italia sono anch'io - sostiene Giorgio Alessandrini, consigliere del Cnel - alla luce delle esigenze di riconoscimento e di partecipazione delle seconde generazioni, ormai numerose in Italia, è sempre più auspicato un deciso intervento di riforma dell'attuale legge in direzione dello ius soli temperato. Intanto, è significativo che diversi amministratori locali tengano viva l'attenzione, sia invitando i neomaggiorenni stranieri a inoltrare per tempo la domanda di cittadinanza, sia concedendo quella onoraria a chi è nato in Italia. Ma se cittadinanza significa partecipazione e pari dignità, sono evidenti i limiti che si riscontrano, sotto questo aspetto, a livello sociale ed economico: basti pensare che per gli immigrati le retribuzioni, come pure le condizioni generali di lavoro, sono ancora molto più basse rispetto a quelle degli italiani".
"Esistenza a punti". Il Cnel, guidato da Antonio Marzano, critica anche un'Italia "ancora troppo preoccupata solo di difendersi dai cosiddetti "clandestini" (categoria nella quale sovente vengono impropriamente inclusi anche i richiedenti asilo)", che così "finisce per rendere più complicata e difficile anche la vita di coloro che sono entrati e si sono stabiliti regolarmente in Italia, votandoli ad un'esistenza 'a punti' che li espone al rischio costante di perdere il diritto al soggiorno".
 


Immigrati: 230 siriani sbarcati nel siracusano
la Repubblica, 18-07-2013
Un barcone con 230 immigrati e' stato intercettato e condotto a terra dalle motovedette della Capitaneria di Porto a venti miglia da Portopalo (Siracusa). Gli stranieri sono stati soccorsi a terra dalla Protezione civile. I migranti sono di nazionalita' siriana. Tra loro ci sono donne e qualche minore e le condizioni di salute sembrano buone. Il barcone, un peschereccio di circa 15 metri, e' stato posto sotto sequestro dalla Procura di Siracusa. Scattae le procedure per l'identificazione degli immigrati per accertare se tra di loro ci sono gli scafisti .



Ecco perché Lampedusa merita il Premio Nobel
Avvenire, 18-07-2013
Giovanni Ruggiero
Il Premio Nobel per la pace? Ai lampedusani. Per quel «faro» indicato da Papa Francesco come «esempio di amore, di carità e di accoglienza» le parole non bastano più. Servono fatti concreti, gesti veri. E se «le parole del Pontefice – come ha spiegato martedì la Cei – invitano a vincere l’indifferenza di fronte al cammino drammatico di tanti nostri fratelli.
Un’indifferenza che è globale e che chiede anzitutto ai cristiani la globalizzazione della solidarietà», un primo passo per questo risveglio delle coscienze potrebbe essere il riconoscimento dell’impegno e dell’amore della gente dell’isola. Su questo giornale la proposta è stata avanzata già nel 2011 (vedi pagina qui a destra) dal direttore, Marco Tarquinio: «I fatti di questi giorni sono la continuazione di una storia di accoglienza faticosa, complicata, un po’ contraddittoria e umanamente generosa come tutte le storie vere – scriveva Tarquinio rispondendo a un lettore – che si sta scrivendo da anni sulle coste, sui moli e tra le case di Lampedusa. Quello ai cittadini dell’isola sarebbe, perciò, certamente un Premio Nobel per la Pace giustificato. Un Nobel “comunitario”, eloquente, emblematico e altamente educativo».
Ma già nel 2009 la Fondazione O’ Scià si era mobilitata col suo socio fondatore, Claudio Baglioni, per ottenere il prestigioso riconoscimento, prendendo contatti con tre premi Nobel per la pace, tra cui la pacifista iraniana Shirin Ebadi, che all’epoca si mossero per verificare l’idoneità della proposta. Sempre nel 2011 fu l’allora premier Silvio Berlusconi a rilanciare la proposta durante la sua visita a Lampedusa. Oggi, dopo la visita del Papa, quell’auspicio si fa appello pressante alle istituzioni e alle autorità. Lampedusa merita d’essere guardata come faro di solidarietà da tutto il mondo. LE DOMANDE
Lampedusa e i lampedusani come Madre Teresa o Nelson Mandela, Nobel per la pace, per la solidarietà che hanno sempre dimostrato verso tutti i disperati che approdano sulle loro spiagge. L’idea piace già a due parlamentari, entrambi senatori, entrambi siciliani. Concordano nel ritenere che l’isola meriterebbe un simile riconoscimento. È già un primo segno di trasversalità, si direbbe in termini politici, poiché i due parlamentari appartengono a schieramenti diversi. Senza esitazione, il senatore Renato Schifani, già presidente dell’assemblea di Palazzo Madama, oggi capogruppo del Pdl, e la senatrice Anna Finocchiaro del Partito Democratico, presidente della commissione Affari costituzionali, si sono detti favorevoli. Ai due parlamentari abbiamo posto queste quattro domande:
1) SAREBBE DISPONIBILE A IMPEGNARSI PER UNA CANDIDATURA DELL’ISOLA DI LAMPEDUSA E DEI SUOI ABITANTI A OSLO PER IL RICONOSCIMENTO DEL NOBEL PER LA PACE ?
2) PENSA CHE IN PARLAMENTO QUESTA CANDIDATURA POSSA AVERE IL CONSENSO DI TUTTI? LEI SAREBBE DISPONIBILE A INIZIATIVE TRASVERSALI NECESSARIE PER SOSTENERLA ?
3) PAPA FRANCESCO NEL SUO RECENTE VIAGGIO NELL’ISOLA HA INDICATO A TUTTI L’ACCOGLIENZA COME UN DOVERE DELL’UOMO. RITIENE CHE IL NOSTRO PAESE ABBIA FATTO O STIA FACENDO ABBASTANZA PER GLI IMMIGRATI ?
4) SI È SEMPRE DETTO CHE L’IMMIGRAZIONE È UN FENOMENO EUROPEO, RITIENE CHE L’EUROPA ABBIA SVOLTO O STIA SVOLGENDO UN RUOLO IMPORTANTE ?


Pensavo che il razzismo fosse archiviato. Poi è arrivato Calderoli
Corriere della sera.it, 17-07-2013
Shady Hamadi
Non è la solita retorica dire che in un Paese estero, se un politico avesse definito un ministro o un’altra persona “orango”, si sarebbe già dimesso. In Italia siamo abituati diversamente. Oggi ci indigniamo, domani dimentichiamo. Così, il vicepresidente del Senato Calderoli, anche se del prestigio dell’inacrico per cui è stato eletto è rimasto ben poco, resta lì al suo posto. Quando il presidente della Repubblica fa sapere di essere indignato per la frase razzista di Calderoli nei confronti del ministro Kyenge, Matteo Salvini risponde alla più alta carica dello Stato: “Napolitano taci, che è meglio”. Questa commedia italo-leghista non è la prima volta che viene rappresentata.
Calderoli ci aveva già abituato alle sue: la maglietta anti-islam e il maiale day. Di tutta questa “storia”, quello che stupisce non è che Calderoli non si dimetta, né che la lega faccia quadrato intorno a lui.
    Quello che sorprende, a mio giudizio, è che Calderoli faccia ancora politica!
La crisi della politica italiana è prima di tutto una crisi morale e di valori.
    Quale modello di fare politica sta passando? Come può aspirare la politica, così come le istituzioni, a riacquistare la fiducia degli italiani finché esistono tali personaggi?
In tutto questo, la povera ministra Kyenge è solo il più facile bersaglio per dei politici-imprenditori della paura, che nell’ordinario razzismo trovano lo strumento ideale per raccattare voti nell’Italietta ignorante che ha paura del diverso.
    Chi vi scrive è figlio di un immigrato e di un’italiana, ed era convinto che il razzismo in Italia, così come la mala politica, fossero, inevitabilmente, sulla via del tramonto. Evidentemente, il mio ottimismo da venticinquenne si sta arenando sugli scogli della dura realtà: abbiamo tanta strada da fare.



L’accusa: odio razziale Kyenge, indagato Calderoli
La leghista che incitò a stuprare la ministra condannata a tredici mesi
l'Unità, 18-07-2013
Jolanda Bufalini
ROMA «Roberto Calderoli è formalmente indagato dalla Procura della Repubblica di Bergamo per «diffamazione aggravata dall’odio razziale». L’esposto contro Calderoli è stato presentato lunedì scorso dal Codacons, che aveva chiesto alla magistratura di Bergamo di verificare la sussistenza di eventuali reati in merito alle dichiarazioni del vicepresidente del Senato, con particolare riferimento all’aggravante del razzismo. Nell’esposto infatti il Codacons scrive: «Le dichiarazioni, e in particolare il contenuto delle stesse, manifestate dal vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, nei confronti del Ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione, Cécile Kyenge Kashetu, risulterebbero non solo lesive dell`ordine pubblico e della dignità umana, ma anche chiaramente idonee ad istigare l’odio razziale», reato sanzionato dalla legge Mancino.
L’associazione dei consumatori non si è limitata all’esposto, si è anche rivolta al collegio dei questori del Senato, unico organo che può prendere provvedimenti di censura nei confronti di Calderoli, non esiste, infatti, l’istituto della sfiducia nei confronti dei presidenti e vicepresidenti delle camere. «Ci aspettiamo dice Carlo Renzi, presidente dell’associazione dei consumatori un
provvedimento dal Collegio dei Questori del Senato, al quale abbiamo formalmente chiesto di sospendere Roberto Calderoli dai suoi incarichi istituzionali».
Per un procedimento che si apre un altro se ne è concluso in prima istanza, con una pena dura, per la leghista che aveva scritto su facebook: «Mai nessuno che se la stupri», riferito al ministro del’integrazione Cécile Kienge. Tredici mesi più tre anni di interdizione dai pubblici uffici la condanna a Dolores Valandro, ex consigliere di quartiere a Padova, per «istigazione a commettere atti di violenza sessuale per motivi razziali», che era stata espulsa dal partito. La condanna ha suscitato la reazione iraconda dell’ex deputata leghista Paola Goisis che se l’è presa con Maroni, Tosi e Zaia: «Deboli con i forti e forti con i deboli», «io ho chiesto l’espulsione di Calderoli e Steval», ha sostenuto l’ex deputata, «ma sono quasi sicura che non ci sarà espulsione. Il contrario di quello che è successo a Valandro che è una semplice militante e che, dopo averla deplorata andava sostenuta».
Ma la deriva razzista di esponenti della Lega Nord non sembra essere stata arginata, ieri la denuncia del consigliere regionale del Pd veneto Bruno Pigozzo nei confronti di Gabriele Michieletto, presidente dell’assemblea comunale di Scorzè, che ha postato su Facebook la foto di un orango con una didascalia in cui il primate dice «io sono più bella e simpatica». Un’ondata preoccupante di volgarità xenofobica, di cui il premier, a Londra per sostenere l’affidabilità finanziaria dell’Italia, ha dovuto rispondere anche alla stampa estera: «Una vergogna», ha detto Letta a Chatham House, «abbiamo chiesto a Calderoli di dimettersi».
Il ministro Kyenge, ospite ieri di un videoforum di Repubblica, ha raccontato di avere offerto il mazzo di fiori mandato da Calderoli per scusarsi alla madonna del buon consiglio. Ha accettato le scuse e i fiori ma: «Sono ministra ha spiegato richiedo rispetto come istituzione. Qualsiasi tipo di offesa razzista non tocca me, diventa un concetto. Una ferita all’Italia».
Il ministro mostra una grande capacità di rappresentare e onorare le istituzioni anche nel rispondere a un altro tipo di attacchi. Quello di Umberto Bossi: «È una tirata fuori dal nulla. La sinistra ha perso i voti dei lavoratori e quindi va a pigliare i voti dei lavoratori esterni. In tutti i modi cerca di dare loro il voto, la cittadinanza. È un progetto». Attacco che segue un sorprendente editoriale di Giovanni Sartori sul Corriere della sera che attacca Cécile Kyenge perché è oculista, come dire che Calderoli dovrebbe dimettersi non per le frasi razziste che hanno fatto il giro del mondo, ma perché è dentista. Kyenge risponde a Bossi: «Letta nominandomi ha dimostrato lungimiranza. Starà ai fatti dimostrare se sono solo una figurina». Quella di Letta «è stata la scelta di far vedere che l’Italia è anche questa, che è fatta di persone che provengono da tanti paesi. Che i nati in Italia hanno anche un colore diverso e che bisogna fare comunicazione e sensibilizzazione per rendere visibile questa nuova cittadinanza. Rafforzare questo non toglie niente all’Italia. L’incontro tra culture non è debolezza, ma è una ricchezza».
Alla campagna per le dimissioni di Calderoli si è associata la Fondazione Nigrizia dei missionari comboniani, ordini del giorno in questo senso vengono votati in tante assemblee comunali e regionali, compresi il consiglio comunale capitolino e quello della regione Lazio. L’imprenditore Oscar Farinetti ha, invece, scelto la ritorsione: «Calderoli a Eataly non entra, dicendo quelle cose ha dimostrato di non avere coscienza, e la coscienza è la molla che ha trasformato le scimmie in umani». L’inventore del supermarket slow, intervistato alla Zanzara, risponde anche a proposito delle battute sulla statura di Renato Brunetta: «Qualche volta se le tira». Al che il capogruppo Pdl alla Camera ha buon gioco nel replicare: «ricorda gli stereotipi del giustificazionismo della violenza contro le ragazze poco vestite che se la cercano».



Gli immigrati che acquisiscono la cittadinanza possono mantenere il doppio cognome.
Sentenza della prima sezione civile della Cassazione che accoglie il ricorso di un cittadino originario del Perù al quale era stato cancellato il doppio cognome dall’ufficiale di stato civile.
Immigrazioneoggi, 18-07-2013

Gli immigrati che hanno un doppio cognome, come quelli provenienti da Paesi di tradizione ispanica dove ai neonati viene attribuito il primo cognome del padre e il primo della madre, hanno diritto a mantenerlo anche nel momento in cui acquisiscono la cittadinanza italiana.
Lo ha sancito la prima sezione civile della Cassazione, accogliendo il ricorso di un uomo – nato in Perù da genitori stranieri, diventato italiano dopo aver risieduto nel nostro Paese per oltre 10 anni – che si era visto cancellare dal suo atto di nascita e da quello dei suoi figli il doppio cognome dall’ufficiale di stato civile italiano.
La Suprema corte non ha condiviso la tesi dei giudici d’appello di Milano che, su reclamo del sindaco di Cornaredo e del Viminale, avevano revocato una precedente decisione del tribunale milanese favorevole all’immigrato, dichiarando legittima la correzione del cognome sui documenti effettuata dall’ufficiale di stato civile, rilevando che “in caso di cambiamento di nazionalità viene applicata la legge dello Stato di nuova nazionalità”, e la legge italiana prevede l’attribuzione del solo cognome paterno.
Per gli ‘ermellini’, invece, “il nome è incontrovertibilmente un diritto della personalità, tutelato anche a livello costituzionale, oltre che dalla normativa ordinaria”, per cui “deve ritenersi che una modifica coattiva del cognome potrebbe essere consentita solo in presenza di diritti di rango parimenti elevato”.

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