Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

03 luglio 2013

Lampedusa, sbarcati oltre 200 profughi nell'isola che attende papa Francesco
A bordo di un barcone, soccorso a 70 miglia dalla costa, 227 persone, tra cui 41 donne e 4 bambini. C'erano anche due giornalisti francesi, sentiti dai carabinieri. I migranti stanno tutti bene. Lunedì la prima visita pastorale di Jorge Bergoglio. Altre 65 salvate al largo delle coste calabre
la Repubblica, 03-07-2013
LAMPEDUSA - Sono complessivamente 227, tra i quali 41 donne e quattro bambini oltre a numerosi minori, i profughi soccorsi in nottata su un barcone a circa 70 miglia a Sud di Lampedusa da una nave della Marina Militare. Gli immigrati sono stati poi trasbordati sulle motovedette della Guardia Costiera che hanno fatto la spola tra la nave e il porto dell'isola.
Le operazioni si sono concluse intorno alle 3 di notte. Tra gli extracomunitari anche due giornalisti francesi che sono stati accompagnati nella caserma dei carabinieri per accertamenti.
I migranti, tutti in buone condizioni di salute, sono stati poi accompagnati nel centro di prima accoglienza di Lampedusa dove lunedì prossimo è prevista la prima visita pastorale di papa Francesco.
E altri 65 migranti - tra i quali due bambini - sono stati soccorsi la scorsa notte 60 miglia a sud-est di Punta Stilo, a largo delle coste calabre. Le ricerche sono cominciate dopo la segnalazione di un cittadino egiziano, il quale ha riferito di avere un parente a bordo dell'imbarcazione.
Individuato il barcone, i migranti sono stati trasferiti a bordo di una motovedetta della Guardia costiera che ha fatto rotta verso il porto di Roccella Ionica (Reggio Calabria).



I 65 immigrati sbarcati nella Locride
Giornalettismo, 03-07-2013
Nuovo arrivo di immigrati nella Locride. Sessantacinque persone hanno raggiunto il porto di Roccella Jonica alle prime luci dell’alba, a bordo di un’imbarcazione. Si tratta di uomini e bambini di nazionalita’ siriana ed egiziana, in buone condizioni fisiche, avvistati dai radar della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera al loro arrivo nelle acque nazionali. I migranti sono giunti sulla rive dello Jonio dopo 5 giorni di navigazione.
I 65 IMMIGRATI SBARCATI NELLA LOCRIDE - Sul posto Carabinieri, Guardia di Finanza, Capitaneria di Porto, Polizia, e operatori di Croce Rossa Italiana e Protezione Civile. Gli immigrati, terminate le operazioni di riconoscimento e identificazione, saranno trasferiti nei locali della scuola elementare, in Via Carrera.



Superare la Bossi-Fini: è tempo di una nuova legge sulle migrazioni
Corriere ella sera, 03-07-2013
Alessandra Coppola
Non è il programma di un partito politico, nè il manifesto di un’organizzazione non governativa. Non si può dire che sia un’iniziativa faziosa o strumentale: un gruppo di esperti (della Fondazione Ismu, dell’Associazione Neodemos e del Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull’Immigrazione) ha stilato un documento che è una proposta moderata, di buon senso, indirizzata a ministri e parlamentari di ogni schieramento. La premessa:  “Il fenomeno migratorio sta entrando in un nuovo ciclo” (meno arrivi, più residenti stabili) e “occorre rinnovare strumenti di governo ormai obsoleti e inadatti allo scopo”. Dunque,  al di là dei giudizi di merito, la Bossi-Fini è superata. Lo dicono gli studiosi: è tempo per la politica di affrontare la questione con una visione più ampia, finalmente a lungo termine, abbandonando i soliti interventi d’emergenza. E’ il momento giusto per una nuova legge sulle migrazioni. Ecco le proposte:
Punto uno: ingressi. La chiamata nominativa come modalità esclusiva di reclutamento si è dimostrata totalmente inadeguata. “Accanto a questa via – indica il documento  – conviene reintrodurre il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro” (sulla base di criteri precisi, che tengano conto anche del profilo del richiedente).
Punto due: espulsioni.  Anche qui il sistema è da ripensare. Gli studiosi suggeriscono di insistere sulla modalità di rimpatrio volontario assistito, in collaborazione con i Paesi di provenienza. Bocciano la pratica delle sanatorie di massa (piuttosto: aumentare i controlli del mercato del lavoro e introdurre la regolarizzazione ad personam). E affrontano la questione del trattenimento nei Cie e del reato di “clandestinità”: “L’esperienza di questi ultimi anni – scrivono – ha dimostrato l’inefficacia deterrente della nuova fattispecie di reato e la scarsa utilità ai fini dell’identificazione dei lunghi trattenimenti”. E’ finalmente il momento di chiuderli.
Punto tre: documenti. Perché non trasferire parte delle competenze in materia di rilascio dei permessi di soggiorno ai Comuni sollevando dell’incombenza le Questure? Sarebbe una soluzione razionale, dicono loro, e contribuirebbe a restituire la materia alla sua dimensione civile, sottolineo io, liberandola da una gestione che mette l’accento sulla sicurezza
Punto quattro: programmazione. Un punto centrale: allargare l’orizzonte. Gli esperti propongono di recuperare la “programmazione triennale dei flussi”, già prevista dalla Turco-Napolitano e dalla Bossi-Fini, ma poi “dimenticata”. Si può, però, anche andare oltre, con la creazione di un’Agenzia – designata dalla presidenza del Consiglio, approvata dalle Commissioni parlamentari competenti e nominata dal presidente della Repubblica – che studi e proponga al Parlamento e al Governo “le linee per la programmazione dei flussi, per la loro articolazione a seconda delle finalità d’ingresso, e della loro composizione”.
Punto cinque: l’Europa. L’Unione è divisa, Roma si è mostrata troppo debole e ha subito decisioni che la penalizzano (una tra tutte, il regolamento di Dublino 2). “L’azione italiana in Europa deve essere oggi assai più attenta e penetrante di quanto non lo sia stata in passato”. Facilitare la mobilità degli irregolari nel territorio Ue, rafforzare il controllo alle frontiere, facilitare accordi con la sponda Sud del Mediterraneo. Aggiungo io: affrontare la questione internazionale e drammatica del traffico di esseri umani. Quello che si decide a Roma o a Bruxelles ha effetti tragici sulle rotte attraverso l’Africa o il Medio Oriente: non possiamo continuare a ignorarlo
Si può fare a costo zero, sottolineano gli studiosi, soprattutto, insistono: si deve fare presto.



Scontri al Cara, notte di sangue: un morto tra i migranti, tre feriti
Una rissa e spuntano i coltelli: intorno alle tre la lite tra gruppi di diverse nazionalità ospiti del centro per richiedenti asilo di Bari
la Repubblica, 03-07-2013
FRANCESCA RUSSI
Notte di scontri al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Bari. Il bilancio è di un morto e tre feriti. Intorno alle tre è scoppiato un litigio tra gruppi di differenti nazionalità. La discussione animata è diventata ben presto una rissa a coltellate.
La maxi rissa a cui hanno partecipato in centinaia è scoppiata tra kurdi e pakistani ed afghani. A perdere la vita è stato un 25enne di nazionalità kurda: il giovane aveva sul corpo ferite da arma da taglio ma non è chiaro se il decesso sia stato causato dalle coltellate o dalle percosse subite, sul suo corpo è in corso l'autopsia. I tre feriti, tutti kurdi, invece non sono gravi: sono stati già medicati e hanno riportato ferite con una prognosi dagli 8 ai 10 giorni. Tutti i migranti sono ascoltati ora dalla squadra mobile di Bari
I militari di turno nel centro sono intervenuti per sedare gli scontri ma hanno chiamato i rinforzi. Sul posto sono arrivate pattuglie dei carabinieri e della polizia, che ora indaga per ricostruire quanto accaduto e individuare i responsabili. Nella struttura convivono oltre un migliaio di migranti di 40 differenti nazionalità e, spesso, basta poco per accendere la miccia.



«Pediatri per i figli degli immigrati» Bocciata la mozione di Ambrosoli
Il centrodestra ha negato che la Lombardia abbia accusato i gruppi di opposizione di «sfruttare» la questione
Corriere della sera, 03-07-2013
«Una mozione pretestuosa e strumentale», dicono dal centrodestra. «Una scelta disumana, quella bocciatura è una barbarie», l'accusa dai banchi dell'opposizione. Niente pediatra per i figli degli stranieri irregolari. Lo ha ribadito il voto contrario alla mozione presentata dalla lista civica Ambrosoli, ieri mattina al Pirellone. Una scelta che farà discutere. L'ex candidato del centrosinistra alla presidenza delle Regione ha spiegato il senso della sua mozione: iscrivere al sistema sanitario regionale i minori stranieri anche non in possesso del permesso di soggiorno. «Tale riconoscimento è già attivo in Friuli, Umbria, Toscana. La lacuna che interessa la Lombardia deve essere colmata perché lasciare senza cure continuative un bambino non è un'eccellenza, ma una barbarie».
L'aula si è divisa a metà: il centrodestra ha negato che la Lombardia non assista i bambini non regolari e accusato di gruppi di opposizione di «sfruttare» la questione per portare avanti invece la «battaglia ideologica che punta alla cancellazione della legge Bossi-Fini che regola i flussi immigratori». La maggioranza Pdl-Lega-Fdi-Pensionati ha votato contro. A favore, invece, Pd, patto Civico Ambrosoli e M5S. «Anche i minori stranieri "irregolari" - ha risposto in aula l'assessore alla Salute, il pidiellino Mario Mantovani che pure ha lasciato libertà di voto alla maggioranza - hanno comunque il diritto di ricevere le prestazioni previste dalla legge, come le cure urgenti e quelle essenziali».
«Nessuna posizione ideologica - ha controreplicato Ambrosoli -: vogliamo solo la parità di accesso al sistema sanitario». Fabio Pizzul del Pd ha annunciato che chiederà in commissione Sanità l'audizione dei responsabili di Caritas e Naga che si occupano dei bambini stranieri «per conoscere i numeri, i costi e i dati epidemiologici di questo settore». L'eco della bocciatura della mozione è arrivata anche a Palazzo Marino. Durissimo l'assessore al Welfare, Pierfrancesco Majorino: «Una scelta disumana che non tutela affatto la salute dei minori. Da parte nostra continueremo ad accogliere e ad assistere tutti, indipendentemente dal permesso di soggiorno in tasca».



Indennizzo di 30 euro per ogni giorno di ritardo a partire dalla scadenza del termine massimo del procedimento amministrativo, ma non per quelli in materia di immigrazione.
La norma che stabilisce il diritto all’indennizzo è contenuta nel decreto legge n. 69/2013 “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia” ma si applica solo ai procedimenti relativi all’avvio e all’esercizio dell’attività di impresa. Poi, tra 18 mesi, si vedrà.
Immigrazioneoggi, 03-07-2013
Mai limitarsi a leggere solo una parte di un articolo di legge, soprattutto se prevede inaspettati e sostanziosi indennizzi in favore del cittadino.
Emblematico in questo senso è l’art. 28 del decreto legge n. 69/2013 “Indennizzo da ritardo nella conclusione dei procedimenti” secondo il quale “1. La pubblica amministrazione procedente o quella responsabile del ritardo e i soggetti di cui all’art. 1, comma 1-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento amministrativo iniziato ad istanza di parte, per il quale sussiste l’obbligo di pronunziarsi, con esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, corrispondono all’interessato, a titolo di indennizzo per il mero ritardo, una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo con decorrenza dalla data di scadenza del termine del procedimento, comunque complessivamente non superiore a 2.000 euro”.
Il testo è chiarissimo e perciò, pensando ai 20 giorni di legge entro i quali le questure devono rilasciare o rinnovare il permesso di soggiorno, termine che solo in rare eccezioni è possibile rispettare, è naturale chiedersi come farà lo Stato a sostenere una spesa così elevata per indennizzare tutti coloro che riceveranno il documento ben oltre questa scadenza.
La risposta è semplice: basta scorrere il testo dell’articolo, arrivare al comma 10, e leggere che in realtà queste disposizioni “si applicano, in via sperimentale e dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ai procedimenti amministrativi relativi all’avvio e all’esercizio dell’attività di impresa iniziati successivamente al detta data di entrata in vigore”.
Per tutti i restanti procedimenti, compresi quelli in materia di immigrazione, si dovranno attendere 18 mesi, dopo di che il Governo potrà stabilire “la conferma, la rimodulazione, anche con riguardo ai procedimenti amministrativi esclusi, o la cessazione delle disposizioni del presente articolo, nonché eventualmente il termine a decorrere dal quale le disposizioni ivi contenute sono applicate, anche gradualmente, ai procedimenti amministrativi diversi da quelli relativi all’avvio e all’esercizio dell’attività di impresa. Sempre che… non si decida di prolungare con legge il termine di 20 giorni stabilito dal testo unico immigrazione.
(Raffaele Miele)



Un dono un monito
Avvenire, 03-07-2013
Paolo Borgna
La visita pastorale di papa Francesco a Lampedusa si annuncia come una di quelle testimonianze destinate a lasciare il segno. Come fu la visita di papa Giovanni XXIII a Regina Coeli del 26 dicembre 1958. Come il viaggio in Palestina di Paolo VI del 1964. Come le parole con cui, nel settembre 1966, rivolgendosi agli operai di Colleferro, papa Montini raccontò, da intellettuale e uomo moderno, l’angoscia di una Chiesa desiderosa di superare l’incomunicabilità storica con la classe operaia: «Noi vi conosciamo e desideriamo sempre più conoscervi. La Chiesa si è curvata sopra le vostre condizioni… Quante volte, negli anni decorsi, andando in mezzo agli operai … è occorso al papa di scorgere tanti volti di lavoratori silenziosi, muti, che sembrano soltanto osservare. … Ebbene, la Chiesa spiega questo silenzio e questo riserbo. Essa arriva nell’intimo del cuore e coglie il risentimento per tutto quanto è ingiusto o il rammarico per cose non bene eseguite…».
Gesti e parole che scossero quella cultura laica che – come ricorderà il comunista Lucio Magri nel suo libro-testamento Il sarto di Ulm – aveva per anni ritenuto che la religione fosse questione da considerarsi ormai «irrilevante, politicamente chiusa con la formula libera Chiesa in libero Stato, culturalmente destinata alla marginalità dell’indiscutibile affermarsi della scienza e della tecnologia». E invece scopriva che la Chiesa «ha continuato a interagire con la storia dell’Italia e del mondo, nel bene e nel male».
Verità ancor più valida per la religione cattolica «la quale, tra le altre, ha per sua natura sempre legato fede e opere, aspirato a dare alle opere come fondamento un diritto naturale, cioè ad affermare una coerenza tra fede e ragione, entrambe con una propria storia». Un legame che ritroveremo particolarmente, negli anni a cavallo dei due secoli, nel concreto, minuto e quotidiano operare, di tante donne e uomini di fede, in favore degli ultimi, degli immigrati, dei perseguitati dalle violenze e dai razzismi di ogni tipo.
Oggi, papa Francesco continua a parlare quella lingua e a scuotere le nostre coscienze e la nostra opaca indifferenza, lanciando un «limpido sguardo» – come scriveva ieri su questo giornale Marina Corradi – sulla più derelitta tra le periferie, sulle «urla nel silenzio» di quei ventimila morti, nel mare nostro, nel loro viaggio verso l’Europa. Sullo scandalo della nostra mancata o insufficiente indignazione, degli anni scorsi, di fronte alle centinaia di uomini e donne respinti senza essere guardati in faccia e riconosciuti dai nostri mari e mandati a morire di sete nel deserto libico.
Anche chi – come noi – crede che il fenomeno epocale dei grandi flussi migratori va governato e disciplinato, mirando a creare una comune cultura dei diritti e dei doveri; anche chi sa che le leggi nazionali devono inquadrarsi in una rigorosa normativa europea; anche chi crede che occorre lasciare «a Cesare quel che è di Cesare», non può non accogliere lo sguardo di papa Francesco come un dono, un monito a tutti gli umanesimi di culture diverse, un appello a quella intesa sulle grandi cose semplici, fondata sul riconoscimento della dignità di ogni persona umana, su quella voce della coscienza che è immanente in ogni uomo e che stabilisce la condizione prima per un dialogo tra tutti gli uomini di buona volontà, a cui ci richiamava il cardinal Martini in un suo celebre dialogo con Umberto Eco.
Chi ogni giorno tenta, con mille difficoltà, di coniugare il principio di solidarietà con il principio di realtà; chi cerca di lavorare per uno Stato che non sia forte con i deboli e debole con i forti; chi cerca di contrastare una criminalità legata all’immigrazione, che ha come principali vittime gli stranieri e i ceti più deboli delle nostre città, sente, nel limpido sguardo di papa Francesco, un incoraggiamento paterno, un incitamento a fare meglio il proprio piccolo lavoro quotidiano, a essere più giusto nell’applicare la legge, a sforzarsi, insieme, ad avere leggi più giuste e più degne delle nostre tradizioni culturali.

 

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