Morire nel Mediterraneo

 

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                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

4 agosto 2010

Scoperti immigrati clandestini in nave
Notiziario italiano 4 agosto 2010
ANCONA - La polizia e la finanza di frontiera hanno scoperto una quarantina di immigrati clandestini in un traghetto proveniente dalla Grecia.
La maggior parte sono persone di nazionalità irachena. Erano nascosti in alcune nicchie di un tir che trasportava pesce non commestibile perchè andato a male.
Gli stessi saranno rimpatriati in Grecia con la stessa nave. L'autista del mezzo è stato arrestato con l'accusa di favoreggiamento all'immigrazione clandestina.


Estate di sbarchi fantasma

Terra 4 agosto 2010
Dina Galano
Prima Lampedusa era l'isola "assediata", invasa dai migranti. Ora è diventata l'isola "liberata"». Così Giacomo Sferlazzo, membro dell'associazione Arci Askavusa e responsabile del Festival delle migrazioni che ogni estate si tiene nell'avamposto mediterraneo, descrive il cambiamento della politica immigratoria che ha interessato Lampedusa. Salva l'immagine del porto turistico come l'efficienza della strategia del governo dei respin-gimenti in mare, quello che non si può e non si deve raccontare è che gli sbarchi non sono finiti. Ieri una piccola imbarcazione è stata avvistata nelle acque territoriali italiane, a poca distanza dall'iso-la, le 39 persone a bordo trasbordate e condotte fino al centro di accoglienza di Porto Empedocle. Continuano, dunque, ad arrivare persone in fuga da territori di conflitto e violenza e, quando non vengono intercettati prima e rinviati in terra d'Africa, toccano terra. Frequentemente di notte, il più delle volte a piccoli gruppi. «Personalmente da maggio ho assistito almeno a quattro sbarchi, di dieci quindici persone al massimo», racconta Sferlazzo. Il più consistente è stato quello del 22 luglio scorso, quando sull'isola sono arrivate 53 persone. Una ricostruzione fedele viene documentata da un video disponibile su youtube,. A raccontare ciò che attende i migranti (in maggior parte richiedenti asilo) dopo una traversata di stenti attraverso il Mediterraneo, è Gianfranco Shiavone, dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione (Asgi): «Le persone non sono state portate al Centro di Lampedusa, che è aperto ma vuoto. Sono state lasciate sul bordo di una strada provinciale dove transitano i turisti per almeno sette ore, sedute per terra sotto un telone improvvisato, con 40 gradi all'ombra». Qualche panino e un po' d'acqua, prima che i mezzi delle forze di polizia o carabinieri vengano a prenderli per imbarcarli verso la terraferma. L'ordine viene d'alto: nessun migrante deve restare a Lampedusa per più di 24 ore. Tanto meno trovare ristoro nella struttura di primo soccorso e accoglienza (Cspa). «Ho avuto testimonianza che questa procedura si ripete in altre circostanze», denuncia Schiavone, che dal sito dell'Asgi ha chiesto «al ministero dell'Interno di riferire al Parlamento e all'opinione pubblica le ragioni di tali scelte». Le «altre circostanze» raccontano di migranti lasciati sostare nelle calette dell'isola o sul molo del porto cui viene garantita un'assistenza d'emergenza dagli operatori della Cooperativa Servizi sociali che gestisce il Cspa (Centro di soccorso e prima accoglienza) di Lampedusa dal primo giugno del 2007. «Persone stipendiate per lavorare in una struttura formalmente aperta ma non utilizzata» incalza Shiavone. Sono 10 unità, tra cui è presente soltanto un medico. «La verità è che l'immigrato non vuole restare nel Centro», asserisce il direttore dell'ente gestore, Cono Galipò. Salvo ammettere che «se dipendesse da me, visite e prima accoglienza non le farei lì (al molo o in strada, ndr). Ma non possiamo andare oltre disposizioni e regole ben precise». Il sistema, che il presidente della Cooperativa definisce «eccessivamente rigido e dai tempi troppo stretti», va avanti dall'estate 2008. «Non è una novità, è la regola», riferisce lo stesso Galipò. Un sistema che punta a smistare velocemente gli arrivi e a farlo, se possibile, lontano dai riflettori. Invisibili anche quando raggiungono il "porto sicuro", i migranti non potevano aspettarsi a Lampedusa trattamento migliore. ?



"In Germania i disperati eravamo noi italiani"

"Facevo il manovale, vittima di regole e razzismo"
La Stampa 3 agosto 2010
Quando gli spiegarono che per prepararsi la minestra doveva inserire una moneta da 20 pfennig nella cucina elettrica del dormitorio aziendale (circa 20 centesimi di oggi), il quindicenne Vito Primucci capì che in Germania le regole erano la misura dell'integrazione: «E chi se lo dimentica. Dividevo la stanza con altri cinque, avevamo un tavolo, due armadietti di lamiera, docce calde, il letto con le lenzuola nuove una volta al mese. Il padrone si teneva dalla busta paga 1,5 marchi al giorno per l'alloggio, 300 lire». Era il 1970, nella Basilicata senza futuro il biglietto del treno per l'Europa era l'unica alternativa a quello della lotteria. Vito ricorda farcendo la favella lucana di esclamazioni in tedesco, «genau», esattamente. E' tornato a casa nel 2007 portandosi dietro dalla vita precedente una busta di monete fuori corso, il vangelo in tedesco, l'articolo della Suddeutsche Zeitung che lo racconta, l'immigrato italiano modello.
Come fu l'accoglienza quando ar-rivò alla stazione di Augsburg? «Avevo la 5° elementare, conoscevo solo Palazzo San Gervasio, il mondo era grande e terribile. Mio padre lavorava ad Augsburg come manovale dal '65, mi prese con sè al cantiere. I tedeschi sono un po' nazisti dentro, impossibile inserirsi. Ma si sforzavano di trattarci bene, non ci insultavano, l'importante era rispettare le regole e poi, come nel mio caso, potevi guadagnare anche 550 marchi al mese, 90 mila lire di allora. La Germania era più preparata dell'Italia di oggi, non ci permetteva di fare i delinquenti, chi sgarrava finiva in carcere sul serio. I datori di lavoro avevano bisogno di braccia e quelle straniere erano benvenute al punto che per ogni salariato era previsto un alloggio. La situazione è stata buona fino all'89, con l'unificazione però è cambiato tutto».
Intende dire che è cominciata una guerra tra poveri, immigrati contro tedeschi dell'est? «Ricordo le carovane di auto, le Trabant, che attraversavano la frontiera con dieci persone a bordo. Feci training a due tedeschi dell'est, gli insegnai il mestiere di carpentiere, ma capivo che era la fine. Il costo  dell'unificazione l'abbiamo pagato  noi immigrati, quando la Germania si è presa in casa i fratelli poveri ha dimenticato gli altri, gente come gli italiani che negli anni '50 avevano contribuito a rendere grande il paese. Peccato che nel frattempo i nostri figli, nati e cresciuti lì, non parlassero neppure l'italiano. Ci hanno liquidato così, arrivederci e grazie».
E' per questo motivo che ha deciso di tornare in Italia? «Alla fine mi ero ambientato, avevo il permesso di soggiorno illimitato, un gradino sotto la cittadinanza. Certo nel tempo libero stavo sempre con i
connazionali, frequentavo le Acli, vedevamo film come Ercole, Maciste, le commedie di Sophia Loren. Ma questa chiusura dipendeva anche da noi, eravamo un'immigrazione culturalmente impreparata, io, per dire, ho preso la terza media con i corsi serali dopo il cantiere. Insomma, in Baviera si poteva vivere. Almeno finché l'unificazione non ha alterato il mercato del lavoro, allora ho mollato e son tornato qui insieme alle mie figlie». S'identifica    un po' negli immigrati che oggi raccolgono i pomodori   a   Palazzo San Gervasio? «La   situazione   è brutta, l'Italia spende male i soldi pubblici, dispersi tra clientelismo e scambi di favori. Gli immigrati che girano in paese però, sono menefreghisti, non rispettano il poco che ricevono. Io in Germania mi pulivo con cura, se mi regalavano un mobile usato lo tenevo da conto al punto che ho riportato delle cose qui con me. Loro, quando vanno via, bruciano i materassi, gettano la spazzatura in terra, distruggono tutto. Senza regole non è possibile alcuna integrazione».      [F. P.]




Immigrazione: auto di marocchini bruciate nell'Alessandrino

Sono tutte di immigrati regolari. Preoccupazione nella comunita'
03 agosto
(ANSA) - ALESSANDRIA, 3 AGO - Negli ultimi mesi cinque auto di immigrati marocchini regolari, a Serravalle Scrivia (Alessandria), sono state date alle fiamme da sconosciuti.
La Comunita' marocchina chiede che i responsabili vengano al piu' presto identificati, offrendo la propri collaborazione alle forze dell'ordine e alle istituzioni.
''Siamo molto preoccupati - dice Abdellatif Dandane, rappresentante della comunita' marocchina della Consulta comunale della comunita' serravallese non italiana''. (ANSA).



Cassia, sgomberate le case-ghetto
la Repubblica 4 agosto 2010
Cassia, sgomberate le case-ghetto anche 600 euro per due metri quadri
Vivevano in soli 2-3 metri quadrati, nella promiscuità più totale, praticamente in celle senza finestre, aerazione, riscaldamento e servizi igienici, dandosi il cambio a seconda del lavoro e per le quali pagavano tra i 430 e i 660 euro al mese. Sono i 130 nordafricani e filippini, in tutto 52 nuclei familiari, lavoratori con permessi di soggiorno regolari che vivevano stipati nel residence di via Mastrigli, in località Tomba di Nerone, 'liberati' oggi dalla polizia municipale con un'ordinanza del sindaco di Roma Gianni Alemanno. Centotrenta persone in gran parte sfruttate dal racket dell'abusivismo commerciale o occupate come badanti o colf di giorno, e vessati da proprietari senza scrupoli di notte che affittavano loro ogni metro quadrato del residence che già tanti anni fa veniva definito 'il lager della via Cassia'.
Ci sono volute numerose relazioni della Asl RmE (già nel 1983 individuava 293 locali "simili a loculi senza luce e ricambio d'aria"), sopralluoghi dei vigili del fuoco e della polizia municipale, per arrivare, dopo 26 anni, allo sgombero della palazzina 'B' della Tosirom di Giuseppe Callarà. Una proprietà che non solo ha affittato nell'illegalità alloggi privi di garanzie igienico sanitarie e di sicurezza, presentato istanze di condono edilizio (160 ne sono state contate), ma che oggi agli agenti di polizia municipale, oltre 150 dell'VIII e del XX Gruppo, diretti dal comandante Antonio Di Maggio responsabile anche del nucleo di polizia giudiziaria per l'abusivismo edilizio, ha fatto trovare affissi volantini che invitavano i residenti a non lasciare le 'celle': "Il condominio informa - vi si legge - impedire ai razzisti, anche se in divisa, l'ingresso al vostro domicilio. Il vostro domicilio è sacro". E che sapendo dello sgombero ieri ha preteso il pagamento della pigione, l'ultima beffa.
"Un intervento importante che si inserisce nella costante attenzione di evitare forme di illegalità" ha dichiarato Alemanno al quale ha fatto eco il delegato alla Sicurezza Giorgio Ciardi che ha sottolineato come "dopo 26 anni si comincia a rimarginare una ferita aperta nel cuore della Cassia". Effettuato lo sgombero sono partite anche le operazioni di bonifica del territorio antistante l'immobile per rimettere in sicurezza e migliorare le condizioni di fruibilità di un'area per decenni colpevolmente abbandonata a se stessa.
Oltre al degrado, infatti, all'interno dei locali i vigili del fuoco avevano denunciato "la difficoltà di accesso ai mezzi di soccorso, la mancanza di presidi antincendio, gli spazi comuni non ottimali dal punto di vista della fruibilità dei percorsi d'esodo e la presenza di locali con potenziale pericolo d'incendio". Un allarme al quale il Dipartimento Ambiente del Campidoglio ne aveva affiancato un secondo che riguarda "gravi problematiche ambientali". Infatti nell'area limitrofa alla palazzina "è presente una discarica interrata di rifiuti urbani (ma potrebbero esserci anche residui di altra natura), ricoperta con un piano solido adibito a parcheggio e usato dagli abitanti del complesso.
Ora che dal palazzo sono state allontanate le persone - in 8 hanno chiesto e ottenuto l'assistenza alloggiativa del Comune - "gli operatori dell'Unità Bonifiche Ama lavoreranno quotidianamente per rimuovere l'enorme quantitativo di rifiuti, stimato - ha detto l'assessore all'ambiente Fabio De Lillo - in circa 3 mila metri cubi di materiali vari sepolti sotto il cemento". Un "punto di svolta per la riqualificazione dell'area" ha commentato il presidente della Commissione Sicurezza Fabrizio Santori.











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