Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

14 aprile 2011

Il governo aspetta a concedere i permessi
Terra, 14-04-2011  
Dina Galano
A conti fatti, non dovrebbero essere più di 15mila i profughi che riceveranno i permessi di soggiorno temporaneo. La stima di 22mila persone giunte in Italia al 5 aprile, giorno in cui si è chiusa la finestra voluta dal governo per concedere la libera circolazione dei migranti nell'area Schengen, deve essere ridotta dei numero dei rifugiati e dei Cittadini dei Nord Africa che hanno fatto richiesta di protezione umanitaria. Ma la maggior parte delle 7.000 persone che verranno escluse dal riconoscimento del «motivo umanitario», a ben vedere, sarà tagliata fuori a causa del brevissimi tempi disposti per avanzare la richiesta alla questura competente. Otto giorni che hanno iniziato a de- correre dall'8 aprile scorso e che renderanno «impossibile», commenta il responsabile Arci immigrazione, Filippo Miraglia, anche soltanto «informare le tante persone che sono fuggite dai campi e dalle tendopoli» e che si trovano in giro per l'Italia prive di documenti. La voce della regolarizzazione intanto circola e ha addirittura fatto rientrare a Manduria, in Puglia, due tunisini che avevano irregolarmente raggiunto Germania e Olanda. La possibilità del permesso ha calmato gli animi nella tendopoli pugliese dove ieri sono arrivati i primi 130 visti, un numero pari alle domande che la questura di Taranto riesce a smistare in un giorno. Non altrettanto e accaduto a Santa Maria Capua Vetere dove tra i mille trattenuti, oltre al sovraffollamento, sono stati denunciati pestaggi e risse. Proprio per diffondere l'informazione sul permesso, la Rete antirazzista pugliese sta distribuendo volantini esplicativi, in francese e arabo, d'intesa con la Regione. «Le persone che si sono allontanate da Manduria sono moltissime», spiega Enzo Pilo della Rete, «ma qualsiasi questura puö rilasciare il permesso dato che il decreto non specifica nulla a riguardo. Se le persone, ufficialmente mai state "detenute" nella tendopoli, si dovessero trovare Savona o a Verona potrebbero far li la domanda». Resta il problema della prova della data d'ingresso, perché soltanto chi, tra quelli arrivati a Lampedusa prima dei 5 aprile, ha conservato il tesserino con il numero identificativo potrà van- tare il diritto. Secondo indiscrezioni, ci sono alcuni campi dove le procedure di rilascio dei permessi stanno awenendo a rilento, come Civitavecchia e Caserta, o sono addirittura bloccate in attesa di ulteriori specifiche dal Vimina-
le. «Colpa delle rilascio dei titolo di viaggio che sta causando molta confusione», valuta Miraglia. Infatti, secondo quanto dichiarato dal sottosegretario all'Interno Mantovano, la zecca di Stato starebbe per diffondere 10mila per-messi magnetici e altrettanti «documenti cartacei validi per l'espatrio». Si sta lavorando, insomma, per «togliere il tappo», evitando che, con la libera circolazione garantita sul solo territorio nazionale, i permessi si trasformino in un pesante autogol per il governo



Maroni: «Gli immigrati in regola potranno circolare in Europa
Il ministro dell'lnterno chiãrisce la questione dei permessi temporanei
la Padania, 14-04-2011  
IVA GARIBALDI
ROMA - Tutti i clandestini saranno rimpatriati. Roberto Maroni prende di petto l'emergenza immigrazione e chiarisce anche la questione dei permessi di soggiorno temporanei che sono stati concessi: con quel documento si può circolare liberamente in Europa. È un messaggio chiaro a quei Paesi, come la Francia, che vorrebbero rimandare in Italia quei tunisini che, con i documenti in regola, cercassero di oltrepassare i confini del nostra Paese.
«Ventimila tunisini giunti nelle scorse settimane - dice il ministro dell'Interno - possono circolare liberamente nell'area di Schengen con i permessi di soggiorno temporaneo che stiamo rilasciando. L'unico modo per bloccarli sarebbe sospendere Schengen, mi auguro che non si arrivi a questo. Queila sarebbe la fine dell'Europa. Anche questa dimostrazione di forza muscolare che stanno facendo Francia e Belgio -ha aggiunto Maroni - dimostra che i tunisini possono circolare nel territorio dell'Unione Europea».
Maroni fa anche sapere che l'iter per il rilascio dei permessi per i migranti dei Paese nordafricano sta procedendo: «Stanno facendo le domande. A poco a poco - spiega il titolare del Viminale - stiamo rilasciando i permessi elettronici e i titoli di viaggio. Appena li riceveranno potranno circolare».
Insomma, chiarisce ancora Maroni «ci sono delle regole precise sulla libera circolazione i nostri documenti la con- sentono». E su questo fronte si è espresso anche Silvio Berlusconi: «I permessi temporanei funzionano - ha detto il premier - e permetteranno di girare per l'Europa».
Il ministro dell'Interno si è mostrato ottimista sulla possibilità di fermare gli sbarchi di clandestini sulle coste italiane e per questo ha lanciato un invito a tutti coloro che «pensano di poter entrare clandestinamente in Italia» dalla Tunisia e dal mare. «Vorrei dire loro - ha spiegato Maroni - di non partire, perché è inutile: tutti i clandestini che arriveranno verranno rimpatriati», quindi «è inutile che paghino un mucchio di soldi ai criminali, rischino la vita e poi arrivino qui solo per dover tornare indietro».
Diversa, invece la questione per i profughi. Proprio per il piano di accoglienza dei migranti provenienti dal Nordafrica da distribuire nelle diverse regioni il ministero dell'Economia fornirá al Fondo della Protezione civile una prima assegnazione di 110 milioni di euro. È la cifra indicata nella bozza di ordinanza che verra firmata in settimana dal presidente del Consiglio.
«Dalla Libia - spiega Maroni - continuano ad arrivare profughi, che chiedono asilo. Il problema dei profughi c'è ma loro saranno accolti come è giusto fare». Il ministro ricorda il piano con le regioni che riguarda «SOmila profughi: adesso - continua Maroni -stiamo circa a 5mila provenienti dalla Libia, ma non sappiamo quanto durerà la guerra».
Ma per il capitolo che riguarda i clandestini la strada del loro rimpatrio è ormai segnata: saranno rimpatriati e saranno bloccate le partenze dalla Tunisia. Il ministro, conversando con i cronisti a Montecitorio, ha infatti assicurato che «il rubinetto è quasi chiuso», spiegando che «la priorità è fermare gli sbarchi» e fare in modo che cessino, operazione che «sta riuscendo» anche grazie alla messa in opera dell'accordo «firmato con il ministro dell'Interno tunisino». Maroni racconta poi di aver illustrate nel Consiglio dei ministri di ieri la situazione dell'accordo con la Tunisia che è soddisfacente, perché i rimpatri proseguono secondo programma: «Insieme all'intesa in sede Frontex per il pattugliamento congiunto europeo delle coste nordafricane, si può dire - ribadisce il ministro - che si va verso la chiusura del rubinetto».
Una considerazione è infine dedicata all'Europa dopo il mancato appoggio del Consiglio dei ministri degli interni dell'Ue: «A Lussemburgo sono stati votati i pattugliamenti congiunti: se avverrà, e spero che almeno su questo la Ue si dará una mossa, possiamo pensare di riuscire a risolvere la questione».



Berlusconi: permessi validi, c'è l'ok europeo
il Sole, 14-04-2011  
Marco Ludovico
ROMA. C'è una «collaborazione assolutamente piena da parte europea, la Commissione ha certificato che il permesso di soggiorno temporaneo funziona, identifichiamo le persone e se non ci sembrano pericolose potranno girare in Europa».
Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, annuncia un cambio di atteggiamento dell'Unione europea nei con- fronti delle scelte italiane suU'immigrazione, a cominciare dai permessi di soggiorno temporanei in via di assegnazio- ne ai tunisini presenti nelle tendopoli, stimati in circa 10mila unità. Il Cavaliere tenta anche di abbassare la tensione sul tema alimentata dal Carroccio. Ieri, a Radio 24, il leghista Francesco Speroni, ha rilanciato: «Se viene violata la sovranità di un Paese, è lecito usare le armi». L'opposizione attacca e Umberto Bossi invita i suoi alia cautela ma alza il tiro sulla Francia, imo degli stati più ostili all'Italia su questo fronte: «Boicottare i loro prodotti - chiede il leader leghista - hi la fa l'aspetti. Anche l'Unione si sta muovendo» aggiunge il senatùr, ma poi auspica: «Basterebbe che i paesi dell'Ue mettessero le loro navi davanti alia Tunisia».
Il Cavaliere non si fa però sfuggire l'occasione per tenere a bada il nervosismo leghista: non ci sono solo i permessi di soggiorno, sottolinea, ma «con due voli al giorno abbiamo co-minciato i rimpatri» cosi come a Tunisi «abbiamo detto, ed è stato detto anche da Barroso con grande chiarezza, che l'Europa è pronta ad aiutare l'economia del paese soltanto se la Tunisia si impegnerà nel contenere quello che fino ad oggi è stato un vero e proprio tsunami». E, in una telefonata con il presidente delia commissione Ue, il premier avrebbe anche chiesto l'impegno affinché ogni Stato europeo concorra al blocco navale nel controllo delle coste. E il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ribadisce: «Ventimila tunisini giunti nelle scorse settimane possono circolare liberamente nell'area di Schengen con i permessi di soggiorno temporaneo che stiamo rilasciando. L'unico modo per bloccarli - osserva il ministro - sarebbe sospendere Schengen, mi auguro che non si arrivi a questo. Sarebbe la fine dell'Europa». Il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, parla però di «10mila permessi di soggiorno» che saranno consegnati a giorni. Ieri, poi, è emersa la bozza dell'ordinanzadi protezione civile che designa il prefetto Franco Gabrielli commissario straordinario all'emergenza e definisce modalità e costi dell'accoglienza di rifugiati e immigrati con il permesso temporaneo (la durata è di sei mesi). Il piano prevede in totale un finanziamento di 110 milioni (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), cifra massima autorizzata dal ministero dell'Economia - erano circolate anche cifre di gran lunga superiori - e le risorse andranno a rimpinguare il fondo nazionale di protezione civile, per ora vuoto.Il provvedimento stima anche in 2,5 milioni di euro il tetto massimo da spendere per le operazioni legate alla concessione deipermessi di soggiorno temporanei. L'ordinanza - «Ulterior! disposizioni urgenti dirette a fronteggiare lo stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale in relazione all'eccezionale afflusso di Cittadini appartenenti ai Paesi dei Nord Africa» - sarà oggi all'attenzione delia Conferenza delle Regioni. La Protezione civile, dice il testo, prowederà alla «immediata anticipazione finanziaria alie Regioni sulla base di un riparto proporzionale alle assegnazioni di Cittadini ex- tracomunitari stabilità dal Piano nazionale».
Il prefetto Gabrielli predisporrà con Regioni, Anti e Upi un «Piano per la distribuzione sul territorio nazionale, la prima accoglienza e la sistemazione dei Cittadini extracomunitari provenienti dal Nord Africa arrivati nel territorio nazionale». Il criterio è «equa e contestuale distribuzione dei Cittadini extracomunitari fra tutte le Regioni». Entro tre giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza il commissario «individua, adegua, allestisce o realizza, con procedure d'urgenza, le strutture per il ricovero e l'accoglienza, avviandole alla gestione». Le Regioni accoglieranno i 10mila tunisini regolarizzati sia i profughi in fuga dalla Libia, finora circa 5mila.



La Francia ci boicotta? Facciamo lo stesso...
Parigi non riconosce il permesso temporaneo e Bossi ricorda: «Loro per primi hanno boicottato il latte padano. Chi la fa, l'aspetti»
la Padania, 14-04-2011
GIOVANNI POLLI
La pseudo Europa unita, nel suo complesso e nei suoi singoli Stati membri, dimostra ad ogni occa- sione di pensare soltanto aile merci ed aile misure degli ortaggi, e non ai problemi dei popoli e delle persone. Ed allora forse non resta altro da fare, cioè attaccarla simbolicamente là dove solo "ci sente": il commercio.
Questo il senso delle dichiarazioni di Umberto Bossi in merito al boicottaggio delle merci d'Oltralpe dopo che Parigi ha respinto i permessi -temporanei per i migranti: «Si fa bene», ha detto il Senatur. «Anche i francesi hanno boicottato il latte padano. Chi la fa l'aspetti...». Se la Francia, Paese che da sempre si autonomina "Patria dei diritti dellUomo" e si permette di impartire lezioni all'universo mondo in tema di ospitalità e di accoglienza, si dimentica di tutto e chiude ora le frontiere a chi è dotato di un regolare permesso temporaneo di soggiorno, allora forse è il caso davvero di "dimenticarci" un po' della sua esistenza.
Ci volevano proprio i rivolgimenti nel Nord Africa e l'inizio del plausibile ingresso in massa dei migranti nel nostro Continente per mostrare a tutti che questa fantomatica creatura alla quale si è pomposamente dato il nome di "Unione europea" è in realtà proprio quello che la Lega ha sempre denunciato che fosse: una tigre di carta. Che fluttua e svanisce in un soffio non appena il tema sul tavolo non è più la misura delle zucchine ma quella delle bombe che qualcuno ha deciso di sganciare dagli aerei militari.
Quando non si parla più di abbattere le frontiere per le merci, ma di sostenere l'assalto Potenziale di mezzo mondo che si sposta, arriva la risposta che ha fatto indispettire anche il segretario di Stato vaticano Tarcísio Bertone: ciascuno per sé e chi ha i problemi se li tenga.
Dove sono finite l"accoglienza", la "gioia dell'incontro", l'inevitabilità delle migrazioni" e compagnia cantando nelle frasi degli eurocrati dallo sguardo illuminato? Quelle belle parole sono li, tutte allineate in fila, su un binário morto alla stazione di Ventimiglia, in attesa che qualcuno dia loro degna sepoltura nel cimitero delle buone intenzioni e dei pessimi risultati.
Quella congrega di sepolcri imbiancati che per anni ed anni ha fatto la voce grossa intonando la monotona litania secondo cui avvertire sui pericoli dell'immigrazione incontrollata significava essere "xenofobi e razzisti" ora è stata messa impietosamente di fronte alle proprie insanabili contraddizioni. Vederla li, muta o balbettante, tra- sformata da crocerossina amorevole in teutonico gendarme è un'amara soddisfazione.
Perché la verità è finalmente ormai sotto gli occhi di tutti, resa evidente dall'ipocrisia di quel trattato di Schengen non più pronunciato con l'accento commosso di chi si autoemoziona alla frase «libera circolazione delle genti e delle merci» ma agitato come una clava e mandato al macero insieme alla carta velina sulla quale è stato scritto.
E cosi, mentre la Francia si è dedicata anima, corpo e militari alla "guerra umanitaria" in Líbia, ora fa pure la pre- ziosa e manda a catafascio ciò che resta dell'idea stessa secondo cui può esistere un'Europa al di fuori di quella puramente mercantile.
Ieri, sul tema, si è fatto sentire anche il presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Davide Boni. «Bisognerà assolutamente - ha detto ieri - far applicare in Europa il cosiddetto "burden sharing", come richiesto l'altro giorno in Lussemburgo dal Ministro Maroni, ovvero ripartire equamente gli immigrati giunti sulle nostre coste tra i 27 Paesi dellUe».
Una posizione logica e costruttiva, seguita all'approvazione, da parte del Pirellone di una mozione che impegna Boni a farsi portavoce presso i parlamentari europei italiani per tina linea di azione comune per fronteggiare l'emergenza immigrazione. Secondo Boni «soltanto in questo modo l'Ue potrà risalire nella considerazione dei Cittadini, perché attualmente tutti i sondaggi dicono chiaro e forte che c'è grossa sfiducia e grande insofferenza nei confronti di, un'Unione Europea che difende le grandi banche, le lobbies dell'alta finanza e i grandi gruppi, mentre impedisce ad esempio un sostegno alle Pmi, definendoli "aiuti di Statò"».
Ma a prendere una posizione di fronte a quello che sta accadendo è stata anche la portavoce dell'Alto commissariato delle Nazioni Unité per i rifugiati, Laura Boldrini: «Le istituzioni europee non hanno tutti gli strumenti per poter gestire questi fenomeni migratori e sono oggi all'attenzione e all'ordine del giorno della comunità internazionale. «Ogni Stato dell'Unione Europea, e sono 27, ha una sua legislazione in matéria di immigrazione e asilo - ha spiegato Boldrini - e ha ceduto molto poco délia sua sovranità nel regolare questa materia, dunque è difficile come queste legislazioni possano funzionare se manca un'armonizzazione attra- verso degli strumenti europei». «Ed è per questo - ha sottolineato- che ritengo che l'occasione del flusso dal Nordafrica potrebbe essere il momento adatto per sollevare tale questione e per capire che è nell'interesse comune cedere parte délia propria sovranità per arrivare ad un'unica politica europea in materia di immigrazione e asilo, che attualmente non c'è».
Quello che resta, per ora, sono le barriere di Ventimiglia chiuse in faccia ai problemi del vicino di casa. Già, perché in questo momento non è visto come un partner commerciale ma solo come uno scomodo "fratello" scocciatore che ti fa notare che i suoi problemi sono anche i tuoi. Ma se non si può ragionare in altra maniera, ben venga allora anche il portafoglio da chudere. Un argomento sicuramente capace di interessare anche i nobili alfieri della sempre meno credibile "Patria dei diritti dell'Uomo".



La Lega nell’angolo fa la faccia feroce
A Pantelleria due donne affogate a pochi passi dalla riva
Europa, 14-04-2011
Fabrizia Bagozzi
Mentre a Pantelleria si consuma l’ennesimo dramma della boat people – due morti e due dispersi durante un’operazione di soccorso di un barcone con a bordo 250 persone provenienti dalla Libia – la Lega e Berlusconi, chiusi nel cul de sac dell’emergenza immigrazione, tentano, ognuno a suo modo, la carta della rassicurazione, provano a dire che va tutto bene: grazie a Barroso l’Ue si sta muovendo, i permessi temporanei sono conformi a Schengen, l’accordo con la Tunisia sta funzionando perché i rimpatri concordati procedono.
Il Cavaliere lo fa in modo soft, anche blandendo i Padani. E in conferenza stampa a palazzo Chigi mette un braccio sulla spalla di un Calderoli che fa buon viso a cattivo gioco: «Dopo alcune resistenze, la Lega ha dato grande disponibilità ad accogliere i migranti, ma naturalmente il principio è che tutti quelli che arrivano li dobbiamo rimandare indietro».
Ma il Carroccio, invece, non è soft per niente. E dopo Castelli che ha evocato il possibile ricorso alle armi, tocca a Speroni fare la faccia feroce, facendo scattare l’ennesima polemica: «Spesso, quando i nostri pescherecci, disarmati, si avvicinano alle coste della Tunisia, vengono mitragliati.
Usiamo lo stesso metodo». E, come nota il segretario della commissione esteri del senato, Roberto Di Giovan Paolo, fa pure confusione, perché ai tempi furono i libici, con cui c’era anche un accordo, a mitragliare i nostri pescherecci.
La Lega in difficoltà accoglie la parte di profughi e tunisini che spettano ai suoi governatori – cercando di farlo sapere il meno possibile – e insieme rispolvera tutto il vecchio armamentario ideologico che il senatùr Bossi un po’ stempera e un po’ no. Maroni ostenta durezza e tiene ferma la linea: «Grazie all’accordo con Tunisi si va verso la chiusura del rubinetto»; «Tutti i clandestini che arriveranno saranno rimpatriati»; i permessi temporanei «sono validi per circolare nell’area di Shengen» e se la Francia e ieri anche il Belgio fanno sapere che faranno controlli stringenti e minuziosi, questo «dimostra proprio che i tunisini possono circolare proprio nell’Ue. Se non li vogliono far entrare, devono sospendere Shengen, ma sarebbe la fine dell’Europa». Ed è un modo per far vedere il bicchiere – semivuoto – almeno mezzo pieno. Berlusconi e Maroni contano infatti molto sulla ripresa di iniziativa della Commissione per mano di Barroso, che sta esercitando su Tunisi tutta la sua capacità di persuasione, anche a fronte di investimenti e risorse, per i rimpatri e il blocco delle partenze. E si è mosso anche il presidente del consiglio europeo Van Rumpuy: ieri a Nicosia ha detto che l’Ue potrebbe fare di più per assistere i paesi a Sud del Mediterraneo nella lotta all’immigrazione irregolare e nel controllo delle frontiere. Dopo lo scontro dei giorni scorsi la diplomazia europea è in effetti ripartita. Seguita con attenzione da Napolitano, che ha definito «altamente apprezzabili i timori» del segretario di stato Vaticano Bertone e del presidente della Cei Angelo Bagnasco (ieri ha chiesto che «l’Italia abbia una voce sola verso l’Europa»). Il capo dello stato è tornato sul tema: «La politica di accoglienza non dev’essere in contrasto con la fissazione di regole a livello europeo, che bisogna riuscire a concordare ».
La diplomazia Ue è ripartita, ma è da vedere se nei tempi lunghi Tunisi terrà e se dalla Libia i flussi di profughi rimarranno contenuti.
E la Francia, il Belgio e la Germania rimangono ossi duri. Perché è vero che i permessi italiani rispettano la lettera del trattato sulla libera circolazione in Europa, ma è altrettanto vero che rimangono ferme le condizioni da rispettare: i nostri documenti garantiscono l’identificazione, il titolo di viaggio e l’assenza di precedenti penali, come sostiene il ministro dell’interno.
Rimane però da risolvere il problema delle risorse che i tunisini dovrebbero avere per passare la frontiera (di 30 ai 60 euro al giorno). Come si sa, la Francia è pronta a rispedire al mittente chi non le ha. La diplomazia ha molto da lavorare, sempre che i toni italiani non si alzino troppo.



Effetto sbarchi: più turisti in Veneto
I barconi mandano a picco le prenotazioni nel Meridione. Il Nordest guadagna il 15%
Libero, 14-04-2011
LUIGI BACIALLI
L'immigrazione nordafricana fa decollare il turismo in Veneto. Strano ma vero. Le prenotazioni per le vacanze estive sulle spiagge di Jesolo, Eraclea, Bibione e Caorle fanno registrare un aumento record del l5% rispetto all' anno scorso, e lo stesso dicasi per gli agriturismi. Tutto esaurito, secondo le previsioni, anche sulle Dolomiti. Il "merito" , oltre all'attrazione esercitata daun territorio ideale per i vacanzieri, è dello tsunami umano proveniente dai paesi del Maghreb e che avrebbe indotto i molti frequentatori del litorale tunisino ed egiziano a scegliere lidi piü tranquilli e in un paese dove non ci sono rivolte popolari e traffico di migranti. E siccome i nostri principali competitor, spiega l'assessore al Turismo delia Regione Veneto Marino Finozzi, sono proprio la Tunisia e l'Egitto, è questa parte del Nordest ad awantaggiarsene. Tedeschi, austriaci, russi ma soprattutto italiani arriveranno a frotte tra giugno e agosto e gli albergatori, dopo i chiari di luna degli ultimi cinque anni, si stanno già fregando le mani. Moltissimii veneti che aloro volta rinunceranno a trascorrere le ferie nel Meridione. Come dar loro torto? Gli sbarchi proseguono a ritmo incessante: non solo aLampedusa, ma anche a Pantelleria e in Sardegna e tanto basta a indurre moite famiglie a cambiare meta, con una inédita preferenza per le coste venete rispetto a quelle romagnole perché lapercezione diffusa è che il Veneto del governatore Luca Zaia siapiù sicuro perché disponibile ad accogliere solo profughi e non clandestini. O meglio, era cosi sino a ieri, quando si è saputo che l'ex ministro dell'Agricoltura, dopo aver tuonato contro qualsiasi ipotesi di accoglienza di immigrati tunisini in Veneto, ha dovuto scendere a più miti consigli. Il piano dismistamento degli immigrati nordafricani infatti assegna al Veneto (per ora) una quota di 2mila nordafricani, stabilita in base al numero deiresidenti rapportato ai 25.800 arrivi da gennaio ad oggi. Ma al ritmo con cui stanno arrivando le canette del mare, i tunisini destinati al Veneto potrebbero raddoppiare. E di qui all'inevitabile scontro tra l'anima buonista e celodurista del Carroccio il passo è breve. Non a caso, mentre Zaia come Maroni preme perché l'Italia esca dall'Europa ed è passato disinvoltamente dal "fora di bail" ad un generico impegno all'ospitalità in strutture gestite dalla Caritas o dal volontariato, il sindaco di Verona Flavio Tosi invoca il blocco navale. Nel frattempo Gianpaolo Gobbo, Giancarlo Gentilini e Leonardo Muraro (presidente della Provincia trevigiana che si ricandida con la lista Razza Piave denunciata dal Pd per istigazione al razzismo) si dissociano dai permessi temporanei voluti dal ministro degli Interni. Il guaio, fanno capire, è che i migranti sono liberi di circolare solo nell'imbuto Italia dove sono intrappolati perché nessun altro Paese europeo li vuole.



Così i capitani coraggiosi d'Italia strappano al mare i disperati
la Repubblica, 14-04-2011
FRANCESCO MERLO
SO DI SFIDARE la retorica, ma una forte carica religiosa domina le immagini che arrivano da Pantelleria. C'è rispetto nelle coperte militari che coprono le due donne morte. Le forze dell'ordine verso i migranti mostrano sempre rispetto e solidarietà. È lo stesso rispetto di quei due uomini in borghese, un finanziere e un poliziotto, che non trascinano ma sorreggono, non arrestano ma accolgono una donna nera con la lunga gonna scura, la maglia rosso sgargiante, la collana di conchiglie e i piedi nudi. Insomma, non si è messa comoda, la signora. Ha scelto il suo vestito migliore per sbarcare a Pantelleria. Sembra pronta a partecipare ad una gioiosa danza propiziatoria.
Ovviamente non sapeva che le acque agitate di Pantelleria, molto più che una metafora sono la sostanza dell'Italia, in Parlamento e per le strade, nelle aule di giustizia, al governo, nell'impresa... Conosco bene quella costa che è una crosta tagliente e dunque capisco a fondo la lezione che gli Italiani hanno impartito all'Italia lungo una riva che è davvero inaccessibile quando il mare si alza. Altro che sparare, altro che fora dai bal! I carabinieri e i finanzieri che ieri si sono gettati nelle acque agitate di Pantelleria e hanno salvato 250 naufraghi sono come le donne di Manduria che hanno regalato soldi e cibo ai tunisini in fuga, sono come i ragazzi che li hanno guidati tra i campi e i villaggi sulla rotta di rifugi tra loro collegati che sboccano persino sottoterra, nelle famose grotte della Puglia, nelle sue caverne, dovunque pur di sfuggire
all'uso etnico della polizia-pulizia invocato dai leghisti al governo.
E non è vero che a Pantelleria si sono limitati a fare il loro dovere. Guardate le immagini, osservate le foto degli uomini in mare. Chi frequenta quegli scogli sa che lì, statisticamente, muoiono più salvatori che naufraghi perché raramente i buoni sentimenti riescono a fermare l'indifferenza delittuosa della natura, e la generosità è micidiale quando l'acqua - come dicono in Sicilia - "non ha luogo", acqua ostile come e peggio della lava, come e peggio dei terremoti. Guardate infatti quanto si somigliano tutti quegli uomini, salvatori e naufraghi, nell'acqua che appunto non ha luogo, che li copre e li scopre: "ad acqua e fuoco date un luogo" dice il proverbio.
Se non ci fossero il colore della pelle e le divise sarebbe dunque difficile distinguere i soccorritori e i soccorsi perché in un mare dove solitamente i corpi si recuperano solo quando sono ormai sfatti dall'acqua, in quel mare che non si può addomesticare, tutti i visi dei vivi, dei bianchi e dei neri, sono solcati dalle stesse onde anomale e gli aliti e i venti minacciano tutti allo stesso modo.
Né basta qui il solito cliché degli italiani brava gente, dove c'è ancora la furbizia, l'emozione facile, l'imprudenza del salvatore che è gemella e speculare all'imprudenza del salvato. C'è più dello stereotipo in tutti quei contadini poveri di Mineo che portano ai rifugiati tunisini magliette, giocattoli, radioline e ovviamente le arance che, invendute, spesso marciscono sugli alberi. E c'è molto di più nel viso di quel carabiniere con il bimbo nero in braccio, finalmente sulla terra ferma di Pantelleria: nello sfinimento del salvatore c'è una magnifica generosità di cuore ma anche di testa, una generosità che tanto più è valorosa e meritevole proprio perché è adeguata, è efficace, disciplinata e intelligente. C'è, insomma, la tecnica del rischio, la scienza del salvataggio nelle mani che afferrano la corda tesa sino alla barca: sono le mani forti e sapienti dei capitani coraggiosi d'Italia, non le mani degli "italiani brava gente" che su queste stesse coste si esibiscono sulle barche d'agosto, topless e champagne, ma non sanno neppure nuotare.
A Pantelleria, come a Lampedusa, come in tutto il nostro Sud bagnato dal mare, gli abitanti si dividono in costieri e naviganti. Si sa che i primi sono romantici e stanziali, spesso ironici e decadenti, mentre i naviganti sono i predatori senza patria. Questi due generi di uomo meridionale solitamente non si frequentano perché entrambi si considerano appartenenti ad un ordine cavalleresco rispetto al quale gli altri sono plebe appiedata. Ebbene, nessun Castelli e nessun Bossi, nessun Speroni e nessun governo Berlusconi riuscirà a convincere costieri e naviganti d'Italia che bisogna scrutare il mare per cacciare e non per accogliere, per sparare e non per salvare. Mi raccontano che molti si stanno organizzando: chi esce in barca porta sempre qualche giubbotto salvagente in più perché non si sa mai... Anche in quell'ecatombe che avvenne al largo di Lampedusa erano ancora le nostre motovedette che stavano andando a salvare i disperati che i maltesi si rifiutavano di aiutare benché fossero nelle loro acque.
Gli italiani che stanno affrontando questa ondata di immigrati sono consapevoli di sé, lo fanno con serenità, con una generosità persino giocosa e con una solidarietà fisica anche perché, malgrado le ingiurie dei vari Bossi, si sono subito accorti che questi uomini sono spesso laureati, parlano le lingue e sono speciali: non fuggono dall'indigenza, ma dall'inciviltà della guerra, dalle sopraffazione tribali. Nel Sud hanno capito che gli extracomunitari che stanno arrivando sulle nostre coste sono spesso migliori di noi, e certamente di quelli che vorrebbero sparare su di loro. È soprattutto il Sud d'Italia che si oppone al naufragio della prima grande invasione di extracomunitari che non è invasione di cafoni. Guardate tutti quei giovani che sono sbarcati a Lampedusa, guardate bene le tante immagini di queste settimane: non sono la schiuma della terra, ma nella loro terra sono la crema. E un po' lo sono anche nella nostra.



Immigrazione, in arrivo a Torino i primi profughi. Saranno 4 mila?
Il numero degli immigrati destinato alla Regione Piemonte raddoppia all'improvviso secondo la nuova ordinanza della Presidenza del Consiglio. Ma il presidente Cota minimizza: "Per ora solo 150 profughi"
Torino Today, 14-04-2011
Il numero dei profughi destinato alla Regione Piemonte raddoppia all'improvviso secondo la nuova ordinanza della presidenza del Consiglio dei Ministri. Un aumento improvviso che il presidente Roberto Cota spiega in questo modo: "Quel numero rimane per ora una ipotesi che non è detto si verificherà. In concreto, l’unica richiesta che abbiamo avuto dal governo è di ospitare 150 richiedenti asilo, profughi da zone di guerra che possono circolare liberamente".
Per ora è in programma solo l'arrivo di 150 migranti, e Cota si interfaccia soltanto con la Chiesa Cattolica, senza tavoli istituzionali con i comuni: "Le riunioni - dice Cota - si convocano solo se servono per affrontare e risolvere i problemi. E in questo momento c'è una richiesta della protezione civile nazionale di assistere 150 persone, e quindi non serve convocare province e comuni".
Al momento l'Arci, che si sta occupando dell'accoglienza di quasi un centinaio di immigrati provenienti dal Cie di Torino, non è stato contattato dalla Regione:  C'è una struttura pronta con 150 posti a disposizione, e si aspetta solo una comunicazione ufficiale per dare il via al piano d'accoglienza.
Un'accoglienza quindi molto distribuita quella che ha in mente la Regione Piemonte, sempre che il numero di profughi non raggiungerà cifre troppo elevate. Vi abbiamo raccontato di una piccola realtà come Acmos, che ha dato ospitalità a 12 giovani tunisini. Forse saranno messe a disposizione per l'accoglienza strutture demaniali fisse come le ex caserme. L’Arena Rock della Continassa, dove stava per sorgere la mega tendopoli, sarà smantellata e tutta l'area sarà assegnata agli Alpini per il loro prossimo raduno nazionale.
Nonostante le rassicurazioni una stima credibile parla di circa 2.000 profughi destinati a Torino e provincia. Un numero che, se resterà tale,  la rete di accoglienza, enti religiosi e laici, sembrano in grado di affrontare senza troppi problemi.



Immigrazione: Ventimiglia; in 40 dormono in stazione
Cri ha fornito coperte e generi conforto. Centro al completo
(ANSA) - VENTIMIGLIA (IMPERIA), 14 APR - Notte tranquilla al centro di prima accoglienza di Ventimiglia, dove 150 immigrati hanno trascorso la notte. La struttura e' al completo, e altri 40 migranti hanno dovuto dormire in stazione, ma la Croce Rossa ha fornito loro coperte e generi di conforto.
Intanto, anche stamani proseguono le richieste di domande di permesso di soggiorno. Questa sera, dalle 18.30 in stazione sara' allestito un banchetto informativo della CGIL, che fornisce informazioni legali agli immigrati. (ANSA).



Immigrazione:Genova;scritte su edifici destinati accoglienza
Tracciati anche simboli con svastiche e croci celtiche
(ANSA) - GENOVA, 14 APR - Nuove scritte nella notte contro l'arrivo degli immigrati sono comparse sui muri della ex scuola Marco Polo di piazza Ippolito Nievo 1 a Quarto, scelta dal Comune per ospitare un sessantina di profughi.
Questo il contenuto delle scritte: "Italia agli Italiani" e "Al Rogo", oltre a diversi simboli con svastiche e croci celtiche di colore nero. Sul posto è stato effettuato un sopralluogo dalla Digos e dai carabinieri della compagnia di San Martino che hanno condotto i rilievi e scattato le foto per le indagini. (ANSA).



I vescovi lombardi: l'arrivo dei migranti ci sfida e ci impegna
Avvenire, 13-04-2011
Annalisa Guglielmino
I fenomeni della migrazione «domandano di essere affrontati entro prospettive più ampie. L’arrivo dei migranti e dei profughi «costituisce una sfida e un impegno morale per le comunità cristiane: parrocchie, enti, istituzioni religiose sono chiamati a continuare il loro servizio per un’autentica integrazione». Così si esprimono, in un documento comune, i vescovi della Lombardia, che si sono riuniti l’11 e 12 aprile a Villa Cagnola di Gazzada (Varese) per la Conferenza episcopale lombarda, presieduta dall’arcivescovo di Milano  il cardinale Dionigi Tettamanzi.
Pur riconoscendo «le difficoltà di organizzare l’emergenza» i vescovi lombardi ritengono che «occorre fare in modo che si dia ai rifugiati, senza ritardi, un’accoglienza organizzata e competente», in maniera «decentrata e diffusa». Solo questa modalità «sottrae alla tentazione dell’illegalità, e al possibile sfruttamento della malavita».
Per i pastori delle Chiese di Milano, Bergamo, Brescia, Como, Crema, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia e Vigevano è «anzitutto necessario recuperare il volto autentico dell’uomo. Come cristiani noi vediamo in ognuna delle persone migranti l’immagine del Padre e il volto stesso di Cristo. Da cittadini facciamo riferimento all’articolo 10 della Costituzione italiana». Oltre a ricordare il diritto d’asilo, i vescovi chiedono che «non manchi mai il rispetto per la libertà religiosa di ognuno».
L’arrivo di uomini e donne, giovani e bambini, «impegna la comunità civile a provvedere affinché l’ordine sociale sia sempre tutelato nell’interesse di ogni cittadino», scrive la Conferenza episcopale lombarda, ricordando i numeri migratori in Italia e sostenendo che «si è giustamente chiesta la solidarietà dell’Europa, che è chiamata ad affrontare con un’azione unitaria e solidale questo problema».
La richiesta alle comunità cristiane è di rinnovare la «fattiva disponibilità alle proposte di accoglienza secondo le esigenze che scaturiranno dal confronto tra le Istituzioni civili e le Caritas diocesane di Lombardia. A ogni credente saranno richiesti gesti di accoglienza concreta».
Esprimendo «profonda emozione» per l’ondata di richiedenti asilo e di migranti che dal nord Africa cercano approdo in Italia, i vescovi rassicurano che le comunità cristiane di Lombardia nutrono «più speranze che preoccupazioni e timori».
 

 
«Gli emigrati suppliscono allo Stato garantendo istruzione e cure sanitarie»

Avvenire, 14-04-2011  
Daniele Zappalà
Da Parigi - In certi casi, i migranti si sostituiscono allo Stato». Ad osservarlo, a proposito degli effetti positivi in Africa delle rimesse, è il ricercatore senegalese Papa Amadou Sarr, che ha condotto uno studio specifico sul fe- nomeno.
In Europa, i costi dei trasferimenti privati verso l'Africa sono elevati. Ciò incita all'uso di soluzioni alternative?
Si. Esistono tipi d'invio tradizionali più o meno conosciuti da tutti, come il denaro in valigia o la consegna di mano in mano, attraverso reti familiari e di villaggio. Vengono im-piegati inoltre sempre più spesso i telefoni cellulari e altre tecnologie di comunicazione.
Il denaro delle rimesse ha un valore psicologico supplementare?
Esiste in effetti quasi sempre un forte valore simbolico che suggella un legame a livello familiare e amicale, esprimendo pure l'appartenenza a distanza alla comunità d'origine. Il denaro è visto come uno sforzo per lo sviluppo locale e nazionale. Ma capita pure che le rimesse siano percepite come un fardello, dato che i migranti si sentono obbligati a un invio regolare anche in tempi di crisi.
Si può dire che le rimesse restano in gran parte fuori dal controllo degli Stati destinatari?
Si tratta di risorse private che gli Stati africani non controllano, cosi come gli Stati occidentali. Sono state proposte delle forme di tassazione di questi flussi finanziari, ma senza grande successo. Personalmente, non mi pare un'idea nella giusta direzione.
Oltre ai tentativi di tassazione, emergono altre forme marcate d'interesse verso questo denaro?
Accanto ai Paesi di partenza e d'arrivo e a certe organizzazioni internazionali, occorre citare in primo luogo le banche. Al contempo, viene talora prospettata pure l'idea che le rimesse possano un giorno sostituire la cooperazione internazionale allo sviluppo, dato che già oggi, secondo certe stime, i trasferimenti privati dei migranti equivalgono al doppio della cooperazione internazionale.
Quali effetti positivi specifici sullo sviluppo ha constatato?
Nel caso del Senegal, per citare un caso nazionale, le rimesse rappresentano circa il 15% del Pil nazionale. Ma anche altrove, al di là dell'impatto macroeconomico globale, i trasferimenti permettono a migliaia di famiglie di avere accesso all'istruzione, a cure mediche e a beni materiali di ogni tipo. Certi ricercatori sostengono l'esistenza di effetti negativi legati alie rimesse. Che ne pensa?
Si parla spesso di esternalità macroeconomiche come l'inflazione o la sindrome olandese (la tendenza di un Paese a dipendere dalle importazioni, ndr). Inoltre, in Africa, chi non ha dei familiari all'estero può avere una percezione diversa delle rimesse. In certe località, le rimesse possono innescare gelosie fra comunità, tensioni sociali, rivalità. Nondimeno, senza questi trasferimenti regolari e frequenti, migliaia di persone resterebbero sotto la soglia di povertà.



«Difendere l’accesso alle cure, senza demagogie»
Terra, 12-04-2011
Dina Galano
INTERVISTA. Le crisi nel mondo, dall’Africa all’Asia. Parla il direttore di Medici senza frontiere Italia, Kostas Moschochoritis: «La nostra indipendenza è garanzia di un servizio pubblico e aperto a tutti».
Dieci giorni fa, il direttore generale di Medici senza frontiere Italia, Kostas Moschochoritis, è volato a Lampedusa. Perché della situazione di «accoglienza non dignitosa né accettabile» fosse dato il giusto richiamo pubblico, spiega. L’importanza che le «crisi dimenticate», cui è intitolato il settimo rapporto della Ong medica presentato ieri, siano riportate alla luce dei media e dell’opinione pubblica ha spinto Moschochoritis a denunciare la gestione dell’emergenza profughi in Italia e l’abbandono di altre popolazioni nel mondo.
In quali condizioni vivevano i migranti che ha incontrato a Lampedusa?
Esistono standard internazionali di assistenza, come ad esempio quelli che noi applichiamo in Africa, che a Lampedusa non erano rispettati. Tra i 2.000 e i 3.000 extracomunitari sono stati lasciati sul molo dell’isola, con sedici latrine a disposizione e una bottiglia d’acqua al giorno ciascuno quando il minimo riconosciuto sono una latrina e una doccia ogni venti persone. Chiunque sia stato a Lampedusa, poi, sa che la notte fa molto freddo e non è possibile che migliaia di persone siano state abbandonate all’addiaccio per settimane.
Cosa significa dover operare in Paesi che, come l’Italia, hanno propri strumenti di tutela dei diritti fondamentali?
La strategia che utilizziamo come Ong internazionale che lavora in Italia è naturalmente diversa da quella che adottiamo in Costa d’Avorio, per esempio. In Italia non vogliamo sostituire il servizio sanitario pubblico né sollevare dalle sue responsabilità il governo. Dall’inizio del 2000 abbiamo lavorato nelle strutture pubbliche, soprattutto nelle Asl del Mezzogiorno, cercando di implementare la legge Turco-Napolitano che con il codice “straniero temporaneamente presente” aveva previsto l’accesso alle cure per la popolazione migrante priva del permesso di soggiorno. Siamo entrati nel sistema per implementarlo e lo abbiamo arricchito con la figura della mediazione culturale, che è indispensabile per la comunicazione con il paziente, e con un’azione di chiamata e informazione nei confronti degli irregolari che temevano la denuncia da parte del personale sanitario italiano e non si presentavano in ospedale. D’altronde, noi conosciamo bene le popolazioni che sono arrivate in Italia perché abbiamo progetti attivi nei loro Paesi d’origine.
A Lampedusa operate fuori dal progetto del Viminale “Presidium” con cui invece collaborano altre Ong. Quanto costa la vostra indipendenza?
Eravamo presenti da anni sull’isola, per far fronte agli sbarchi, e nel Sud Italia per dare cure mediche ai lavoratori stagionali. Si tratta di interventi d’emergenza in cui era necessario sanare le condizioni di vita e le gravi situazioni di igiene, che hanno anche spinto le autorità locali ad assumersi le proprie responsabilità. In ogni caso lavoriamo in maniera indipendente e con fondi nostri. Il nostro servizio deve rimanere pubblico e accessibile a tutti, senza l’indipendenza finanziaria sarebbe impossibile. In Afghanistan ad ogni check point la prima domanda è “Da dove vengono i tuoi soldi?”. Per capire, basta rigirare la questione: se gestisci un ospedale a New York finanziato dai talebani, quanti americani andrebbero a curarsi lì?
Msf ha appena realizzato un trasferimento navale di oltre 70 feriti da Misurata a Tunisi. Quali sono le condizione umanitarie in Libia in questo momento?
Migliaia di persone vivono in condizioni di estremo pericolo; dalle testimonianze raccolte abbiamo contezza di una paura costante che spinge le famiglie a restare a casa e a mandare i figli di sei, sette anni a procacciare il cibo in strada. Parliamo di persone che hanno il diritto di chiedere lo status di rifugiato in Europa non solo perché la Libia è una Paese in guerra, ma anche perché in molti casi si tratta di profughi eritrei, somali, ivoriani che provengono da altre zone di conflitto. Ad essere dimenticate sono proprio le crisi che si nascondono all’interno di altre crisi. E in Libia l’accesso alle cure mediche è ostacolato; quando dopo tanti tentativi siamo riusciti a raggiungere Misurata, l’ospedale della città era appena stato bombardato. Mancano i rifornimenti e l’accesso alle strutture non è garantito.
Cosa pensa dell’ipotesi di organizzare dei corridoi umanitari dall’Europa verso il Paese?
A causa del conflitto l’approvvigionamento di farmaci e generi di prima necessità è scarso. Ma i corridoi umanitari sono pura demagogia. Significa semplicemente portare i rifornimenti da un magazzino all’altro. In Bahrain, per esempio, il materiale necessario c’è, ma i feriti non riescono a raggiungere l’ospedale. Nella capitale la polizia arresta chiunque si presenti con una ferita d’arma da fuoco che la possa collegare con una rivolta. Per questo ritengo che sia inutile parlare di corridoio umanitario se poi viene negato l’accesso alle cure.
Quanto è stato difficile riuscire a superare la frontiera libica?
Nel 2005 Medici senza frontiere ha impiegato nove mesi per attivare un progetto nel Paese. Ma la vera frontiera è costituita dalla possibilità di lavorare in un territorio, più che potervi accedere. In questi giorni, in Italia, stiamo organizzando missioni esplorative nei campi di trattenimento dei migranti, che è una fase preliminare che precede sempre qualsiasi intervento.
L’Italia sta rimpatriando in Tunisia molte persone. Secondo lei, stiamo respingendo verso un Paese sicuro?
Il personale di Msf sta lavorando solo sul confine tra Tunisia e Libia. Quello che possiamo certificare è che la popolazione tunisina ha dato una risposta davvero ammirevole all’emergenza. Le persone raggiungono con le proprie macchine la frontiera per portare cibo e aiutare. Anche sulla nostra barca partita da Misurata medici tunisini in maniera volontaria hanno dato una mano fondamentale.



"Tutti neri per dire no al razzismo"
Dopo gli insulti a Wabara (foto) la federazione invita a scendere in campo con la pelle colorata.
Meneghin: «Un messaggio per i giovani»
FRANCESCO CAROTTI
la Stampa 14 aprile 2011
ROMA - Un calcio al razzismo. Anzi, un «tiro» al razzismo. Il basket reagisce con un'iniziativa di grande impatto (anche visivo) all'aggressione verbale di cui è rimasta vittima l'azzurra di colore Abiola Wabara. È successo una settimana fa durante la partita di playoff fra Comense e Geas Sesto San Giovanni, ma l'idiozia non ha coordinate, nè di tempo nè di luogo. Aderendo a «Vorrei la pelle nera», slogan tratto dalla celebre canzone di Nino Ferrer, ogni giocatore di basket (dalla serie A in giù) nel fine settimana scenderà in campo colorandosi la pelle con un segno nero ben visibile. E analogo appello è stato rivolto ai tifosi sugli spalti. Insomma, all blacks.
«Certo che aderirò, quando accadono cose del genere viene in mente Martin Luther King: "Tutti gli uomini sono stati creati uguali"», commenta Stefano Mancinelli, ala di Milano e della Nazionale. Colui che l'idea l'ha avuta e promossa, il presidente federale Dino Meneghin, auspica che certi personaggi siano presi per la collottola e sbattuti fuori dai palazzetti: «Vogliamo far vedere a tutti che il basket non è un mondo di razzisti. Che quello che è accaduto è un caso isolato da condannare, ma finisce lì. È un segnale soprattutto per i più giovani».
Segnali che lo sport continua a mandare e che una minoranza di tifosi continua a non recepire. «Da una parte è triste dover proporre una iniziativa del genere, anche perché siamo nel 2011 non nel 500 avanti Cristo - insiste Meneghin -. Ma è evidente che sarebbe un errore abbassare la guardia. Dobbiamo isolare chi ritiene erroneamente che un biglietto dia il diritto alla prepotenza». I cestisti di colore incassano il pensiero senza farsi illusioni. Daniel Hackett, playmaker della Scavolini Pesaro, italianissimo (nato a Forlimpopoli) figlio dell'americano Rudy Hackett, approva il principio ma dubita che possa portare a risultati concreti: «È un bene che tutto il movimento si mobiliti contro certi fenomeni, ma credo che colorarsi la faccia non cambierà la cultura sportiva e di tifo che c'è nel nostro paese».
In effetti quello di Wabara non è il primo episodio di razzsimo nel basket, che pure spesso marca la propria differenza rispetto al calcio. Quando giocava a Siena, Carlton Myers, portabandiera italiano a Sydney 2000, venne fatto oggetto di pesanti insulti da parte della curva di Varese. Gigi Datome, ala di Roma e della Nazionale, ne fu testimone: «Perfino vicino al pullman una signora lo beccò dicendogli che uno così non poteva essere italiano. Rimasi senza parole, sono cose che si commentano da sole e iniziative come quella studiata dalla federazione possono aiutare a superare questi sciocchi pregiudizi».
Resta il fatto che mentre lo sport si muove per Wabara, gli ultrà di Cantù e Como si mobilitano a loro volta, ma in direzione opposta, preoccupandosi di smontare l'accaduto. Con un comunicato fanno sapere di pretendere le scuse di Wabara che «si è inventata tutto per non incorrere in una squalifica, vista la sua reazione». Poi l'accusa: «Lei mente, non c'è stato alcun coro razzista. Chi era presente faccia luce sulla vicenda. Perché nessuno a parte lei e i suoi dirigenti ha sentito nulla?». Riecheggiano le parole del presidente della Comense, quando bisimava il comportamento della giocatrice, salvo ravvedersi per timore di ulteriori figuracce.
Morale, la Procura Federale ha aperto un'inchiesta, si è mosso il ministro delle pari opportunità e l'iniziativa di Meneghin ha avuto l'imprimatur del presidente del Coni, Petrucci. Tutti neri per un weekend. E poi?



Per David Cameron l'immigrazione minaccia il nostro stile di vita
Il premier britannico lo dirà oggi in un discorso: toni "molto schietti" in vista delle elezioni locali
Roma, 14 apr. (TMNews) - L'immigrazione di massa ha portato a "disagio e disgregazione" in alcune comunità britanniche, perché molti immigrati non hanno voluto integrarsi o imparare la lingua inglese. E' questo il concetto principale che verrà espresso oggi dal premier conservatore britannico David Cameron in quello che si rivelerà come "il più schietto" fra i suoi discorsi da quando si è insediato a Downing Street, a tre settimane dalle elezioni locali.
Il premier si impegna - anticipano oggi i quotidiani britannici - a tagliare con la scure il numero dei permessi agli immigrati, da centinaia di migliaia a decine di migliaia, poiché "per troppo tempo c'è stata troppa immigrazione". Cameron ha anche detto di voler mettere la parola fine ai matrimoni di facciata e ha spiegato come la "sensibilità culturale" non può costituire una minaccia per impedire al governo di agire.
Il leader dei conservatori intende smontare la teoria degli avversari laburisti, secondo i quali parlare di immigrazione equivale ad essere razzisti, un modo "scorretto e falso" di affrontare il problema.
Ma Cameron intende andare oltre e contestare il "welfare state" nel suo complesso, colpevole a suo dire di aver dato vita a una generazione di britannici nullafacenti, che in questo modo hanno spalancato le porte del mercato del lavoro ai migranti. Secondo i dati cui fa riferimento il premier, dei 2,5 milioni di posti di lavoro creati dal 1997, circa tre quarti sono stati occupati da persone non nate in Gran Bretagna.
 

Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links