Per la prima volta le vittime del mare hanno un nome

La tragica morte di due ragazzi somali soccorsi sabato scorso insieme ad altri 192 migranti al largo di Lampedusa, e che sono deceduti per ipotermia prima di poter essere trasferiti sulla terraferma, dimostra una volta di più come la vera emergenza del Mediterraneo sia rappresentata dall'alto numero di coloro che, in fuga da persecuzioni, povertà e guerre, continuano a perdere la vita in mare. E' quanto denuncia l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) che, insieme a Unhcr, Save the Children e Croce Rossa Italiana opera dal 2006 a Lampedusa nell'ambito del progetto Praesidium, finanziato dal Ministero dell'Interno.

   I funerali dei due giovani hanno avuto luogo ieri mattina a Lampedusa, e per la prima volta - sottolinea l'Oim - le lapidi delle tombe non saranno anonime ma recheranno i nomi delle due vittime, che è stato possibile identificare con certezza grazie alle testimonianze degli amici e compagni di viaggio. "In passato - spiega José Angel Oropeza, direttore dell'Ufficio di Coordinamento Oim per il Mediterraneo - non era mai stato possibile dare nomi e cognomi certi alle vittime dei naufragi avvenuti al largo dell'isola delle Pelagie".    "Per la prima volta - commenta Oropeza - il Comune di Lampedusa ha rilasciato un certificato di morte a migranti deceduti in mare, per la prima volta i morti del Canale di Sicilia non sono solo dei numeri, ma hanno almeno potuto riavere indietro la dignità dei propri nomi". Da quanto si desume dalle testimonianze dei migranti soccorsi sabato, pare inoltre - conclude l'Oim - che in realtà possano essere più di due le persone che avrebbero perso la vita nel corso della traversata. Alcuni migranti hanno infatti raccontato che mancherebbero all'appello delle persone che si erano imbarcate con loro in Libia e che, nelle concitate fasi del viaggio potrebbero essere cadute in mare.
(ANSA) - ROMA, 4 APR -

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