Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

27 ottobre 2014

Mare Nostrum alla fine: «L’Ue non ha più alibi»
Avvenire, 27-10-14
Viviana Daloiso
Vaglielo a spiegare, ai tecnici in giacca e cravatta di Strasburgo, che il Pil è un numero su un pezzo di carta e i profughi sono carne e ossa ammassate su un pezzo di legno alla deriva nel Mediterraneo. La differenza è un abisso, e nell’abisso si agitano tutte le domande sull’imminente fine dell’operazione Mare Nostrum. Che per alcuni sarà anche stata una spesa folle, per tutti uno sforzo inaudito, «ma che fosse anche solo per la vita di un bambino salvata è l’onore più grande di cui può fregiarsi il nostro Paese».
Guido Bolaffi misura le parole: tra i massimi esperti europei d’immigrazione, già presidente del Comitato per i minori stranieri non accompagnati e capo del Dipartimento del Ministero delle Politiche Sociali, non prevede scenari apocalittici per la fine dell’operazione italiana e la staffetta con quella europea ribattezzata Triton. Anzi, «la data del primo novembre mi sembra sensata visto l’inizio della stagione invernale e il fisiologico arresto delle traversate, senza contare che l’Italia non poteva proseguire oltre nel supplire a una mancanza epocale e tragica come quella dell’Ue sull’immigrazione». Eppure c’è una ferita aperta e quella ferita è proprio l’incapacità di gestire i flussi migratori che investono l’Europa: «Siamo fermi all’“ognuno pensi per sé”.
La verità – osserva Bolaffi – è che l’Europa traballa di fronte alle ondate di globalizzazione, umana ed economica. Non siamo costituzionalmente preparati a gestirle, nei trattati del ’56 al tema immigrazione non è dedicata nemmeno una parola». Le difficoltà e i grandi scontri a livello europeo «sono sui budget, sui rendiconti, su margini e austerità. Ma il Pil non l’ha mai visto nessuno, gli immigrati li vedi». Mentre nel Mediterraneo la gente continua a cercare salvezza a costo della vita. Mentre i trafficanti di esseri umani fanno il buono e cattivo tempo.
E mentre ai confini dell’Europa piegata su se stessa cresce la pressione di chi viene da lontano: «È inconcepibile che ciò che ha speso un Paese solo non possano spenderlo, dividendolo tra loro, 27 Paesi», continua Bolaffi. Così come inconcepibile è che 32 navi italiane che in un anno hanno salvato 94mila vite (tra cui 9mila bambini) siano rimpiazzate da appena 6 natanti (quelli che saranno messi in campo da Triton dopo il primo di novembre): «Forse invece che chiederci soldi extra, come i 340 milioni di cui si parla in queste ore, l’Europa potrebbe semplicemente pretendere che alcune navi italiane continuino a salvare vite nel Mediterraneo, a titolo europeo s’intende».
Grande preoccupazione per la fine di Mare Nostrum esprime invece la Caritas, con il suo responsabile immigrazione Oliviero Forti: «Si rischiano più morti e nuove stragi lungo le rotte del Mediterraneo». Per Forti «i numeri delle persone che si rivolgono all’Help Center aumentano a vista d’occhio» e chiedono «protezione internazionale, perché non sono semplici migranti, ma persone che decidono di lasciare casa perché del loro paese d’origine restano solo macerie». Quanto ai costi sostenuti per il mantenimento di ogni singolo migrante, «lo Stato – ha ricordato Forti – paga 900 euro per il loro sostentamento, ma non sono somme che vengono erogate direttamente ai migranti: a loro spetta solo vitto, alloggio e un pocket money di circa 2,50 euro al giorno».



Immigrazione. Merkel dura con Cameron: "Porte restano aperte in Ue"
La cancelliera tedesca ha detto che non sosterrà il piano del premier britannico di mettere dei paletti alla libertà di circolazione dei lavoratori all'interno dei confini europei
stranieriinitalia.it, 27-10-14
Roma, 27 ottobre 2014 - Piu' dura che mai, Angela Merkel ha assestato un colpo forse definitivo al tentativo di Cameron di chiudere le porte all'immigrazione dai paesi dell'Unione europea.
In un'intervista al Sunday Times, uno dei domenicali piu' letti ed autorevoli del Regno Unito, la cancelliera tedesca ha detto che non sosterra' il piano del premier britannico di mettere dei paletti alla liberta' di circolazione dei lavoratori all'interno dei confini europei, nel quadro di una rinegoziazione delle relazioni tra Londra e Bruxelles.
Il premier britannico e il suo partito Tory, incalzati da destra dall'avanzata del partito xenofobo Ukip, si era impegnato con il suo elettorato a tirare una "linea rossa" sulla liberta' di movimento dei cittadini Ue e ad introdurre delle quote per l'ingresso di lavoratori poco qualificati. Ma, intervistata dal Sunday Times durante il vertice Ue di Bruxelles, Merkel ha negato categoricamente che la Germania possa sostenere qualsivoglia ipotesi di limiti alla liberta' di circolazione: "La Germania non alterera' i principi fondamentali della liberta' di circolazione nell'Unione europea", ha detto la leader dei conservatori tedeschi.



Rimpatri, indagine su Frontex. Che risponde: coinvolti solo nel 2% dei casi
Dopo un’iniziativa dell’Ombudsman europeo sul rispetto dei diritti degli immigrati irregolari espulsi dall’Ue, l’agenzia con sede a Varsavia fornisce i suoi dati: su 160 mila rimpatri nel 2013 abbiamo partecipato a 39 voli che hanno interessato 2.152 persone
Redattore sociale, 25-10-14
BRUXELLES - L’ombudsman europeo, ovvero una sorta di difensore civico dei cittadini istituito dalla Ue, ha lanciato negli scorsi giorni un’indagine sul rispetto dei diritti umani nelle operazioni di rimpatrio degli immigrati irregolari condotte da Frontex, l’agenzia che si occupa del controllo delle frontiere esterne dell’UE.
L’irlandese Emily O’Reilly, che ricopre l’incarico di ombudsman europeo, ha inviato all’agenzia, con base a Varsavia, una lista di domande su come quest’ultima gestisce i voli nelle operazioni di rimpatrio finanziate da Frontex e condotte in collaborazione con gli stati membri. In particolare, la O’Reilly ha chiesto chiarimenti su chi sia, all’interno di Frontex, il responsabile a verificare che i migranti godano di buone condizioni di salute sia fisiche che psichiche durante i voli e chi controlli che i rimpatri avvengano senza violazioni dei loro diritti fondamentali.
L’ombudsman ha anche richiesto chiarimenti su casi specifici quali persone gravemente malate o donne incinte, si è detta preoccupata della mancanza o della carenza di meccanismi di ricorso nel codice di condotta di Frontex e ha chiesto di ottenere ulteriori informazioni sulla cooperazione dell’agenzia con gli Stati membri coinvolti nelle operazioni di rimpatrio degli immigrati. “Per la loro stessa natura - ha spiegato O’Reilly - tali operazioni pongono seri rischi riguardo il rispetto dei diritti fondamentali di chi viene rimpatriato. Con questa indagine voglio capire cosa sta facendo Frontex per ridurre al minimo tali rischi e come è attrezzata per far fronte a eventuali violazioni dei diritti umani degli immigrati”.
Nel 2012, gli Stati membri dell’Unione Europea hanno ordinato oltre 484 mila rimpatri di migranti, e ne hanno eseguiti circa 178 mila. Dal 2006 al 2013 Frontex ha partecipato a 209 operazioni congiunte di rimpatrio, in collaborazione con gli stati membri, che hanno coinvolto 10.855 immigrati.
Da Varsavia, un portavoce dell’agenzia ha spiegato che Frontex è aperta a collaborare con l’ombudsman nella sua indagine e a fornire tutte le informazioni che la O’Reilly riterrà necessarie. “Detto questo - ha aggiunto - sui circa 160 mila rimpatri condotti in UE nel 2013, l’agenzia ha collaborato ad appena 39 voli con 2.152 persone coinvolte, meno del 2% del totale. Inoltre Frontex collabora alle operazioni di rimpatrio congiunto principalmente finanziandole e facilitando lo scambio di informazioni fra gli Stati membri. Se ad esempio la Svezia organizza un volo per rimpatriare dei kossovari, Frontex chiede agli altri Stati membri se anche loro hanno delle persone da rimpatriare e, nel caso di un’operazione di rimpatrio congiunta, quindi a cui partecipi più di uno Stato membro, allora Frontex contribuisce a finanziarla”.
Per quanto riguarda il controllo delle condizioni in cui i voli sono condotti, nonostante ci sia sempre un ufficiale di Frontex sui voli effettuati nell’ambito di operazioni congiunte di rimpatrio, le regole variano da paese a paese: “In alcuni Stati le persone atte a controllare le condizioni dei migranti fanno parte di ong, in altri sono inviate dalla Croce Rossa o da organizzazioni ecclesiastiche, in altri ancora sono gli umbudsmen nazionali a occuparsi della cosa. E per quanto riguarda il resoconto, alcuni paesi vogliono che questo sia fatto direttamente alle autorità nazionali, in altri si deve mandare un report a delle organizzazioni non governative, in altri ancora basta documentare che gli operatori presenti sui voli abbiano svolto un’adeguata formazione.
“In ogni caso - sottolinea la portavoce dell’agenzia - su ogni volo di rimpatrio congiunto è presente un coordinatore Frontex che assicura che il codice di condotta a cui l’agenzia deve attenersi venga sempre rispettato e riporta eventuali violazioni. Il coordinatore informa lo staff presente sull’aereo di tale codice di condotta e di quali siano le regole che sottostanno ai rimpatri, e finora non si è mai registrata nessuna violazione dei diritti fondamentali dei migranti irregolari in un volo a cui Frontex ha cooperato”.
“Oltre al codice di condotta, stilato in collaborazione col forum consultivo delle ong presso Frontex - conclude la portavoce - l’agenzia ha sempre posto massima priorità non solo alla sicurezza dei passeggeri, ma anche al rispetto dei loro diritti fondamentali, alla formazione del personale che è sugli aerei, a far sì che su ogni volo ci siano medici, infermieri e interpreti e a rispettare le scelte alimentari di tutte le persone rimpatriate. Infine per quanto riguarda la presenza di supervisori indipendenti sui voli, per il momento tale presenza non è prevista ma Frontex si è sempre detta favorevole e sta lavorando, nell’ambito di un progetto europeo portato avanti in collaborazione con altre organizzazioni attive nel campo dei diritti umani e dell’assistenza umanitaria, perché tali osservatori indipendenti diventino una realtà per ogni operazione di rimpatrio congiunta”. (Maurizio Molinari)



Un italiano su due è contro gli sbarchi ma dice sì a cittadinanza immigrati
La maggioranza di ogni orientamento ritiene siano troppi gli irregolari
Corriere.it, 26-10-14
Nando Pagnoncelli
Recentemente la questione dell’immigrazione è ritornata di grande attualità dopo essere finita in secondo piano negli ultimi anni sia nell’agenda politica, sia in quella mediatica, nonché nella gerarchia delle priorità dei cittadini, preoccupati dell’occupazione, dei problemi economici e delle tutele sociali più che degli stranieri presenti in Italia.
Il segretario Matteo Salvini ne sta facendo uno dei principali cavalli di battaglia della Lega Nord e sembra essere premiato da questa scelta in termini di popolarità personale e di consenso per il proprio partito. Beppe Grillo ha fatto dichiarazioni che hanno suscitato grande clamore, sostenendo che chi entra in Italia con i barconi debba essere immediatamente identificato: i profughi sono da accogliere mentre i clandestini sono da ris pedire a casa. Qualche settimana prima, scrivendo sul suo blog, rifletteva sul rischio di infezioni conseguente all’arrivo crescente di extracomunitari. Salvini e Grillo sono due leader che hanno un grande fiuto riguardo a quanto si sta muovendo nell’opinione pubblica e il sondaggio odierno lo conferma.
La maggioranza assoluta degli intervistati (56%), infatti, ritiene che gli immigrati in arrivo siano troppi e bisognerebbe rimandarne indietro molti; il 30% pensa che il loro numero sia adeguato ma si debbano impedire nuovi arrivi mentre il 9% ritiene che tutto sommato gli extracomunitari siano pochi, tenuto conto del contributo che possono dare al nostro Paese in termini di natalità e di lavori umili che gli italiani preferiscono non svolgere.
Secondo l’84% l’Europa ha lasciato solo il nostro Paese nel fronteggiare l’emergenza crescente degli sbarchi degli immigrati. Una ristretta minoranza è di parere opposto e pensa che l’Italia si lamenti troppo dato che il numero di immigrati presenti sul nostro suolo è inferiore rispetto a quello di altri Paesi.
Le opinioni si dividono nettamente rispetto alla politica adottata dall’Italia sugli sbarchi: un italiano su due è del parere che siamo stati troppo tolleranti e avremmo dovuto respingerli, mentre il 42% pensa che ci siamo comportati nel modo giusto, né troppo tolleranti né troppo rigidi; infine il 6% ritiene che siamo stati troppo rigidi, poco solidali e accoglienti. Le critiche all’eccesso di tolleranza prevalgono tra tutti gli elettori con l’eccezione di quelli del Pd. Ed è interessante sottolineare che tra i cattolici la percentuale di coloro che criticano la tolleranza è superiore (oltre 53%), nonostante le posizioni assunte da papa Francesco su questo tema a partire dalla simbolica visita a Lampedusa del luglio 2013. Va tuttavia ricordato che tra i cattolici prevalgono i segmenti più sensibili agli allarmi sociali (persone anziane, meno scolarizzate, residenti nei centri più piccoli, ecc.) e la paura determina spesso reazioni di chiusura.
Infine il tema dello ius soli: la proposta avanzata dal premier Renzi di riconoscere la cittadinanza ai figli degli immigrati che sono nati in Italia e hanno completato almeno un ciclo di studi scolastici incontra il favore del 43% degli italiani; un intervistato su quattro (26%) si mostra ancora più aperto, dichiarandosi favorevole a concedere la cittadinanza a tutti i figli di immigrati nati in Italia indipendentemente dalle scuole che hanno frequentato. E, al contrario, una percentuale di cittadini simile (27%) appare più chiusa, ritenendo sbagliato modificare le norme attuali e facilitare l’acquisizione della cittadinanza italiana. Gli atteggiamenti di chiusura prevalgono solo tra gli elettori di Forza Italia (45%), sebbene Silvio Berlusconi in settimana abbia sostenuto che è doveroso dare la cittadinanza ai figli degli immigrati.
In sintesi: gli italiani si dividono sul giudizio riguardante la gestione degli sbarchi, pensano che l’arrivo degli immigrati sia eccessivo, ritengono che l’Europa ci abbia lasciati soli ad affrontare il problema, sono prevalentemente favorevoli al riconoscimento della cittadinanza agli immigrati nati in Italia.
Il tema dell’immigrazione è molto complesso e suscita nella pubblica opinione reazioni ambivalenti, influenzate dalla prospettiva con cui viene affrontato. I cinque milioni di immigrati presenti in Italia non rappresentano un gruppo omogeneo, basti pensare ai Paesi di provenienza, alle condizioni lavorative, oppure al fatto che si tratti di stranieri di seconda generazione o arrivati da poco. Quanto più l’immigrato viene considerato come un fenomeno sociale indistinto tanto più prevalgono gli atteggiamenti di preoccupazione e di chiusura. Al contrario se si fa riferimento a persone straniere con cui si entra in contatto (dalle badanti ai compagni di scuola dei propri figli) le opinioni cambiano. La politica sembra esserne consapevole e per inseguire il consenso oscilla tra chiusure (i respingimenti) e aperture (ius soli), allo stesso modo dell’opinione pubblica.



Spagna, a Melilla non ci sarà più asilo politico
Avvenire, 27-10-14
Lucia Capuzzi
Non basterà più posare un piede sull’altro lato per evitare l’espulsione immediata. Lo “strappo” era nell’aria da febbraio. L’annuncio, tuttavia, è arrivato al termine di una delle settimane più drammatiche per Melilla. Lunedì ci sono stati sei tentativi coordinati di scavalcare la triplice barriera che divide l’enclave spagnola dal territorio marocchino. Il giorno successivo sono stati respinti 500 migranti. Mercoledì in 400 hanno “provato” il salto verso questo frammento d’Europa in terra africana.
Decine sono rimasti per ore aggrappati alla rete metallica: qualcuno è passato dall’altra parte, la maggior parte è caduta sfinita ed è stata “intercettata” dagli agenti marocchini. La foto dei migranti “appesi” alla valla – così gli spagnoli chiamano l’imponente recinzione alta sei metri –, sullo sfondo del campo da golf da due milioni di dollari realizzato proprio intorno, dal lato spagnolo, ha fatto il giro del mondo. Molti dei rimpatri – hanno denunciato gli attivisti laici e cattolici – sarebbero avvenuti quando gli africani avevano già messo piede in Spagna.
“Espulsioni a caldo”, si dice in linguaggio tecnico. Una pratica vietata dalla legge. In accordo con la legislazione europea, una volta che lo straniero oltrepassa la linea di confine, ha diritto di presentare richiesta di asilo prima di venire respinto. Il segretariato della Commissione episcopale per le migrazioni, il Confer, il Servizio gesuita per i migranti e la Caritas hanno lanciato un grido d’allarme per «l’aumento della violenza» a Melilla e nell’altra enclave spagnola, Ceuta.
E monsignor Santiago Agrelo Martínez, vescovo di Tangeri e instancabile attivista per i diritti umani, ha parlato di «frontiere trasformate in cimiteri dei più poveri». Il governo di Mariano Rajoy, a differenza dei mesi scorsi, non ha negato i rimpatri istantanei. Bensì, ha presentato un provvedimento per legalizzare le espulsioni a caldo. «Gli stranieri che siano intercettati lungo la linea di demarcazione di Ceuta e Melilla, mentre cercano di attraversare illegalmente la frontiera in forma clandestina, flagrante o violenta, saranno respinti in modo da impedire loro l’entrata in Spagna».
La misura speciale vale solo per le due enclavi-fortezza, dato il loro status peculiare. Il problema giuridico, tuttavia, non è meno complesso. Insieme all’opposizione, contro la riforma sono insorti vari giuristi per cui le espulsioni a caldo violano la legislazione Ue. Non a caso il capo della Guardia civil di Melilla è finito in tribunale per aver attuato questo tipo di espulsioni. Per il governo popolare il conflitto non sussiste in quanto si tratta di normali respingimenti dovuti alla crescente pressione. Da gennaio, 1.900 hanno scavalcato la barriera, il doppio rispetto allo scorso anno, il quadruplo del 2012. Eppure, negli ultimi dieci anni, si sono estese le fortificazioni del confine, per una spesa da 140 milione. «Forse la mano dura non è la soluzione», denunciano le Ong.

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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