Un'amichevole critica alla Cgil

Un'amichevole critica alla Cgil
Vi spiego perché diciamo “stupidi”

Morena Piccinini, segretaria confederale della Cgil

Sono proprio d’accordo sul fatto che il linguaggio che si usa in ogni campagna informativa  è molto importante  e che occorre prestare attenzione al messaggio che si intende veicolare , soprattutto in materie delicate come l’immigrazione.


Già questi messaggi hanno fatto parecchio discutere nei luoghi di lavoro, con episodi non irrilevanti  di manifesti strappati o danneggiati, perché è ancora troppo presente, e si va  aggravando in questa situazione di crisi economica, la considerazione per la quale dei diritti dei migranti se ne debba e possa parlare solo dopo aver concretizzato e difeso  diritti dei nativi.
Insomma, neppure il luogo di lavoro  è esente dal rischio di intolleranza.
Proprio quel luogo di lavoro dove si trovano cittadini italiani che a loro volta hanno dovuto migrare per cercare un posto di lavoro o sono figli o nipoti di italiani emigrati all’estero perché non trovavano lavoro in Italia.  Proprio per questo abbiamo voluto accompagnare quel messaggio positivo sui diritti alla “provocazione” tratta dal materiale recuperato dalle nostre sedi sindacali all’estero che ci racconta come sono stati definiti i lavoratori  italiani all’estero : “gli italiani? Tutti mafiosi, imbroglioni, sporchi, mangia spaghetti”. Sappiamo bene che erano e sono luoghi comuni privi di fondamento, offensivi per gli italiani che ne sono fatti oggetto, allo stesso modo di come sono luoghi comuni privi di fondamento e offensivi quelli che circolano nel nostro paese riferiti alle persone delle diverse nazionalità.  Per questo concludiamo  quella provocazione con la considerazione che “il razzismo è il luogo comune dove tutti gli stupidi si incontrano”. Non si tratta di dividere il paese tra stupidi e non, quanto piuttosto di mettere tutti noi su un piano di maggiore attenzione rispetto al modo in cui ci esprimiamo, magari anche in modo scherzoso, perché anche  dalla sottovalutazione di  questi modi di dire si arriva a tollerare le  tante facce e gradazioni della intolleranza e della discriminazione , tutte forme di anticamera della xenofobia e del razzismo.
Ma, naturalmente, un manifesto “provocatorio” è tale nella misura in cui possa far riflettere,  anche se mai un manifesto potrà sostituire quello che  facciamo nei luoghi di lavoro cercando di parlare e lavorare con tutti i lavoratori e lavoratrici, italiani e immigrati, perché la solidarietà e i diritti possano mantenere un senso comune e siano motore per una battaglia per tutti.
Infatti, la campagna CGIL contro l’intolleranza e il razzismo è tutta improntata a messaggi positivi che rimandano alla eguaglianza tra le persone e quindi alla eguaglianza dei diritti . Non è un caso che il titolo è “Stesso sangue stessi diritti”, a significare l’esigenza che si affermino uguali diritti di cittadinanza, accompagnato dal messaggio del sudore, delle lacrime e del sorriso ,  per affermare uguali diritti al e sul lavoro,  alle prestazioni sociali,  e la speranza per una società interculturale e rispettosa delle differenze.



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