Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

03 settembre 2012

“Troppi, fannulloni e irregolari” ecco i falsi miti sugli immigrati
Un test “boccia” gli italiani: ignoranza e pregiudizi
la Repubblica, 03-09-2012
Vladimiro Polchi
PERCHÉ siamo frastornati da informazioni distorte e luoghi comuni. Cinese, clandestino, bracciante agricolo, poco utile al benessere nazionale: eccolo l’identikit deforme dell’immigrato- tipo tracciato dagli italiani.
A stilare la deludente pagella è uno studio della Fondazione Leone Moressa, che a fine luglio ha “interrogato” 600 italiani. Sempre più spesso al centro delle notizie che affollano le prime pagine dei giornali e delle tv, l’immigrazione pare rimanere però in gran parte un pianeta oscuro. La nuova sanatoria, pronta a scattare il 15 settembre prossimo, promette di riportare il tema al centro dell’attenzione.
A fronte di questo costante flusso d’informazioni la Fondazione Moressa si è chiesta quanto effettivamente conosciamo i “nuovi italiani”. Ecco i risultati.
Innanzitutto pensiamo che siano pochi: tra 1 e 2 milioni, a fronte di un dato reale di 4,5 milioni (Istat, 2011). Sovrastimiamo la clandestinità: gli irregolari sarebbero oltre un quarto degli stranieri (il 26,7%), mentre non superano il 10,7% (Fondazione Ismu). Vediamo cinesi ovunque: stando alle risposte degli
italiani sarebbero loro la prima comunità, mentre sono solo la quarta (dopo romeni, albanesi e marocchini).
Anche rispetto al lavoro mostriamo un po’ di confusione: l’agricoltura viene indicata come primo settore di occupazione degli stranieri, a seguire il lavoro domestico e le costruzioni. Nella realtà invece gli immigrati sono maggiormente occupati nel settore dei servizi alla persona (tra cui lavoro domestico), nell’industria e nelle costruzioni. E l’agricoltura? Arriva solo all’ultimo posto. Veniamo bocciati pure alla domanda sulla percentuale di ricchezza (Pil) che producono gli immigrati: il 38,2% indica una quota tra il 2% e il 5%, quando si tratta invece del 12,1% (Unioncamere).
Non solo: l’88% sbaglia quando, interrogato su chi abbia maggiormente subito un aumento della disoccupazione a causa della crisi, indica gli italiani, mentre si tratta degli stranieri. Infine, più della metà (63,6%) pensa erroneamente che un bambino nato in Italia da genitori stranieri acquisti la cittadinanza italiana. Da noi, invece, lo ius soli è ancora un miraggio, la nostra legge resta invece inchiodata al vecchio ius sanguinis (il bambino acquista solo la cittadinanza dei genitori stranieri).
Quando poi dal piano delle conoscenze si passa a sondare quello delle opinioni degli italiani, il quadro che emerge risulta contraddittorio: riteniamo che coi migranti aumenti la criminalità, ma siamo favorevoli a concedergli il diritto di voto dopo cinque anni in Italia. E ancora: siamo convinti che gli stranieri siano utili a compensare l’invecchiamento della popolazione italiana, ma non pensiamo che contribuiscano positivamente ai bilanci dell’Inps (e che quindi paghino in parte anche le nostre pensioni).
Insomma, in “immigrazione” i voti degli italiani restano ben al di sotto della sufficienza. La colpa? Dei media. Il 75% degli intervistati punta infatti
il dito contro un’informazione giudicata incompleta e fuorviante. Insomma, la brutta pagella non sarebbe da imputare agli “studenti” che non si applicano, ma ai “cattivi” testi sui quali studiano.



Regolarizzazione: domande dal 15 settembre, ma ancora incertezze sulla documentazione per attestare la presenza dello straniero dal 31 dicembre 2011. Dal 7 settembre è possibile versare il contributo con l’F24.
Al visto della Corte dei conti il decreto interministeriale che dovrà indicare le modalità di presentazione delle domande ed altri aspetti operativi. Improbabile un chiarimento normativo sugli “organismi pubblici”, i soli a poter attestare la presenza del lavoratore in Italia.
Immigrazioneoggi, 03-09-12
Questione di giorni, o forse di ore per leggere il testo ufficiale del decreto interministeriale previsto dal decreto legislativo n. 109 del 16 luglio 2012, che dovrà fornire le indicazioni circa le modalità di presentazione della dichiarazione di emersione del rapporto di lavoro e quelle necessarie per la regolarizzazione delle somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale pari almeno a sei mesi, nonché i limiti di reddito di lavoro di lavoro richiesti per l’emersione del rapporto di lavoro.
Il decreto, già approvato il 29 agosto dal ministro dell’Interno di concerto con il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, con il ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione e con il ministro dell’Economia e delle Finanze, attende il visto della Corte dei conti per andare subito in Gazzetta ufficiale.
Il provvedimento, però, a quanto è dato sapere, non fornirà chiarimenti sul punto più controverso dell’art. 5 (e sicuramente quello più importante per stabilire il diritto o meno di accedere alla regolarizzazione) e cioè quali siano gli organismi pubblici i cui documenti possano attestare la presenza del lavoratore straniero sul territorio nazionale dal 31 dicembre 2011. Sembra perciò confermata la volontà del Governo di restringere quanto più possibile l’ambito di applicazione della norma in quanto, a partire dal costo della pratica per proseguire con le difficoltà di prova della presenza, non sembrano proprio ipotizzabili i grandi numeri che hanno caratterizzato i precedenti provvedimenti di regolarizzazione.
Nel frattempo l’Agenzia delle entrate, con risoluzione 85/E del 31 agosto, ha adottato le procedure per il pagamento del contributo di 1000 euro che potrà essere versato mediante modello di pagamento “F24 Versamenti con elementi identificativi”, reperibile oltre che sul sito internet dell’Agenzia delle entrate anche sui siti internet del Ministero dell’interno, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero per la cooperazione internazionale e l’integrazione e dell’Inps. I corrispondenti codici tributo saranno operativamente efficaci dal 7settembre 2012.



Sanatoria immigrati dolceamara, conviene mettersi in regola subito
ItaliaOggi, 03-09-2012
Daniele Cirioli
Mille euro per regolarizzare lo straniero assunto in nero, più una marca da bollo da 14,62 euro e più, ovviamente, i costi contributivi (quelli retributivi saranno già stati sostenuti, rigorosamente in nero) relativi al rapporto di lavoro sanato per un minimo di sei mesi. L'opportunità è offerta dal dlgs n. 109/2012, in vigore dal 9 agosto. Una sanatoria (o regolarizzazione che dir si voglia) che riguarda tutti i rapporti di lavoro, in ogni settore produttivo (quindi non solo colf o badanti ma pure muratori, agricoltori ecc.).
Interessati, i datori di lavoro che al 9 agosto occupano irregolarmente, da almeno tre mesi (quindi dall'8 maggio almeno), lavoratori stranieri presenti in Italia dal 31 dicembre 2011 (o prima), i quali possono appunto regolarizzare il rapporto di lavoro in nero, previo pagamento di un contributo una tantum di mille euro (utilizzando i codici tributo diffusi venerdì scorso dall'Agenzia delle entrate, con la risoluzione 85) che, eventualmente la sanatoria non dovesse arrivare in porto, andrà perduto. Per aderire alla sanatoria occorrerà presentare domanda (dichiarazione), in via telematica, tra il 15 settembre e il 15 ottobre.
La carota prima del bastone. La regolarizzazione è prevista nell'ambito della riforma delle sanzioni in materia di rapporti di lavoro con gli immigrati. Si tratta dell'inasprimento delle sanzioni riguardanti un reato già previsto dal T.u. immigrati (articolo 22, comma 12, del dlgs n. 286/1998, si veda tabella), punito con l'arresto da sei mesi a tre anni e la multa di 5 mila euro per lavoratore. Queste le novità: prima di tutto la previsione di ipotesi aggravanti, per le quali le pene vengono aumentate da un terzo alla metà, nei casi in cui il divieto di impiego di stranieri irregolari sia caratterizzato da particolare sfruttamento; in secondo luogo l'introduzione di una sanzione accessoria, consistente nel pagamento di un importo pari al costo medio del rimpatrio dello straniero impiegato irregolarmente (i criteri per determinare tale costo saranno fissati per decreto); infine la previsione di una specifica sanzione a carico delle persone giuridiche (società, enti ecc.) che si siano avvantaggiate ricorrendo all'impiego irregolare di cittadini stranieri, consistente nel pagamento di una sanzione pecuniaria da 100 a 200 quote, fino a 150 mila euro, nei casi di particolare sfruttamento (si vedano tabelle).
Oltre questo inasprimento di un regime già vigente, il dlgs n. 109/2012 introduce un'assoluta novità in materia di sanzioni che rende «conveniente» ai datori di lavoro quanto meno riflettere sul ricorso alla sanatoria. In particolare prevede una sorta di «premio» ai clandestini che querelano le imprese che li occupano in nero. In altre parole, se il lavoratore straniero denuncia il proprio datore di lavoro per sfruttamento, ottiene un permesso di soggiorno della durata di sei mesi, rinnovabile fino al periodo occorrente per la definizione del procedimento penale a carico del datore di lavoro. Si capisce, dunque, che questa nuova sanzione può rappresentare una vera e propria arma in mano ai lavoratori irregolari e in nero, i quali possono sempre intentare una denuncia al proprio datore di lavoro anche al solo fine di legalizzare la loro presenza e permanenza in Italia. Per evitare questa sorta di «ricatto» sospeso (e il rischio delle pensanti conseguenze sanzionatorie), ai datori di lavoro conviene certamente approfittare della sanatoria.
Il test veloce di ammissione. La procedura di regolarizzazione consente di sistemare eventuali rapporti di lavoro in nero tenuti con lavoratori stranieri; questo è dunque il principale effetto benefico per il datore di lavoro. Per il lavoratore straniero, invece, la sanatoria gli dà diritto a ottenere un permesso di soggiorno. Per l'ammissione alla regolarizzazione sono previste alcune condizioni, tra le quali quella sui soggetti ammessi e sulle condizioni di reddito (si rinvia agli articoli nelle pagine 4 e 5 seguenti). In via generale, la regolarizzazione funziona in questo modo: il datore di lavoro che al 9 agosto 2012 occupa irregolarmente alle proprie dipendenze, da almeno tre mesi e continua a occuparli alla data di presentazione della dichiarazione (possibile tra il 15 settembre e il 15 ottobre), lavoratori stranieri presenti in Italia in modo ininterrotto dalla data almeno del 31 dicembre 2011, può regolarizzare il predetto rapporto di lavoro dichiarandone la sussistenza, previo pagamento del contributo forfetario di mille euro.
Da ciò deriva che tre sono i presupposti fondamentali: a) il datore di lavoro deve occupare irregolarmente (in nero) il lavoratore straniero al 9 agosto e questo rapporto di lavoro, irregolare, deve perdurare da almeno tre mesi (deve, quindi, risultare costituito prima del 9 maggio 2012); b) il datore di lavoro deve continuare a occupare il lavoratore da regolarizzare, in nero, alla data di presentazione della dichiarazione (un giorno compreso tra il 15 settembre e il 15 ottobre); c) il lavoratore da regolarizzare deve essere presente in Italia, ininterrottamente, almeno dal 31 dicembre 2011 (cioè deve essere arrivato in Italia entro tale data e non deve più essere ripartito).



Permessi di soggiorno, nulla osta al lavoro, ricongiungimento familiare e cittadinanza: poteri sostitutivi al Capo dell’Ispettorato del Viminale in caso di inerzia di questure e prefetture.
Il prefetto Francescopaolo Di Menna potrà subentrare al dirigente o al funzionario inadempiente per garantire al cittadino la conclusione di un procedimento amministrativo.
Immigrazioneoggi, 03-09-12
I cittadini, ovviamente compresi gli stranieri, che si ritengono vittime un ritardo o un’inadempienza burocratica possono avvalersi di una figura, interna all’amministrazione, che si sostituirà al dirigente o al funzionario inadempiente.
Lo ha reso possibile la nuova normativa, introdotta in materia di semplificazione e di sviluppo (decreto legge 9 febbraio 2012 n. 5, convertito nella legge n. 35/2012), che ha modificato e integrato l’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
La normativa ha carattere generale, e riguarda perciò tutti i procedimenti amministrativi, compresi quelli di interesse per i cittadini stranieri, ed in particolare i permessi di soggiorno, i nulla osta al lavoro ed al ricongiungimento familiare, le cittadinanze. Pertanto, “decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento... il privato può rivolgersi al responsabile di cui al comma 9-bis perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario”.
Il ministro dell’Interno, con decreto 31 luglio 2012, ha individuato nel titolare dell’Ispettorato generale di amministrazione (Iga), prefetto Francescopaolo Di Menna, la figura apicale cui affidare tale potere sostitutivo, tenuto conto che il medesimo ufficio si occupa anche di rilevare i procedimenti non conclusi nei termini di legge.
Gli interessati possono richiedere l’intervento del prefetto Francescopaolo Di Menna servendosi del seguente indirizzo di posta elettronica Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. . Il prefetto Di Menna “in caso di ritardo, comunica senza indugio il nominativo del responsabile, ai fini della valutazione dell’avvio del procedimento disciplinare, secondo le disposizioni del proprio ordinamento e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e, in caso di mancata ottemperanza alle disposizioni del presente comma, assume la sua medesima responsabilità oltre a quella propria.



A scuola cresce sempre meno il numero di studenti figli di immigrati
La conferma che l’Italia è un Paese meno “attrattivo” per gli stranieri
Ik punto a mezzogiorno, 03-09-2012
Da Giovanni D’Agata riceviamo e pubblichiamo:
Il 09 agosto scorso, lo “Sportello dei Diritti” riportava alcuni dati, ripresi poi da numerose agenzie di stampa, che confermavano una percezione comune riguardo ad uno degli effetti tangibili della crisi: la riduzione dei flussi d’ingresso di stranieri in Italia e l’aumento del numero di chi lascia il Nostro Paese nel tentativo di trovare lavoro in altre mete meno colpite dalla crisi o che addirittura chiede di essere rimpatriato nelle nazioni d’origine.
Un ulteriore conferma di quanto già anticipato, è data dal non irrilevante circostanza che i bambini stranieri che frequentano le scuole italiane, il cui numero cresce in valore assoluto, aumentano sempre meno anno dopo anno.
Basti pensare che nel biennio 2007/2008 erano aumentati di 70mila unità rispetto agli anni precedenti; nel 2008/2009 i nuovi alunni erano stati di 55mila; nel 2009/2010 l’incremento è stato di 45mila studenti in più per un totale di 675mila giovani stranieri che studiano in Italia.
Secondo gli ultimi dati disponibili del Ministero dell’Istruzione, nell’anno scolastico 2010/2011 sono in totale 750.000 gli alunni stranieri nelle Nostre scuole; mentre nel 2016/2017, secondo le stime più acclarate arriveranno alla cifra tonda di un milione.
La crescita continua, dunque, ma rallenta progressivamente anno dopo anno raggiungendo una sorta di stabilizzazione.
Per ciò che concerne le diverse nazionalità ai primi posti nelle scuole italiane troviamo ancora i rumeni, seguiti da albanesi, marocchini e cinesi.
È evidente, da questi dati che la causa principale di questa riduzione nella crescita del numero degli iscritti in Italia – nonostante si sia giunti a famiglie che sono dalla seconda generazioni ormai più di 270mila, il 40% del totale, rasentando la quota del 70% nella scuola dell’infanzia e nella primaria o addirittura dalla terza generazione – sia da individuare nella minore attrattività del Belpaese, dove il posto di lavoro, come confermato dai recenti dati Istat sulla disoccupazione, diventa una “chimera” con la conseguente difficoltà per lo straniero di ottenere, da una parte il permesso di soggiorno e dall’altra il meritato e giusto ricongiungimento familiare. Circostanze che unite ad un aumento del numero di famiglie straniere indigenti, comportano un flusso costante di ritorno nei paesi d’origine o l’emigrazione in paesi ove è più semplice trovare un lavoro.
Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” il fatto che ci sia una riduzione nelle iscrizioni di bambini e ragazzi stranieri, non deve fare abbassare la guardia, specie alla scuola pubblica sulla necessità di contemperamento tra esigenze d’integrazione e differenze dettate dalle abitudini, anche religiose di alcune nazionalità o etnie.
Per esempio, il momento del pasto o l’ora di religione devono continuare ad essere posti sotto l’attenta attenzione dei dirigenti scolastici e dei presidi con particolare cura al mantenimento di menu differenziati per gli alunni di religione musulmana e attività alternative per chi non vuole assistere all’ora di religione.



Classi separate per i rom: l’apartheid scolastico in Slovacchia
Corriere della sera, 03-09-12
Riccardo Noury
Oggi comincia il nuovo anno scolastico in Slovacchia. Come ogni genitore responsabile, Marcela e Peter accompagneranno i loro figli a scuola nella città di Levoèa. Più precisamente, alla scuola elementare Francisciho nel quartiere di Tehelna.
Come già è successo nel 2009 e nel 2011 ad altri due loro figli, Dusan ed Erika, anche l’altra figlia, Renata, stamattina verrà con ogni probabilità separata dai suoi coetanei.
Dusan lo hanno separato dagli altri alunni in quinta elementare, Erika alla prima.
La ragione è che Dusan, Erika e Renata sono bambini rom.
Dopo quattro anni passati insieme ai compagni di classe, giorni fa Renata si chiedeva il perché di tutto questo:
     “Non voglio andare in una classe per soli rom, dove parleremmo solo romanì e non slovacco e avrei amici solo rom. È importante avere anche amici che non sono rom e crescere insieme”.
Le parole di Renata suonano molto sensate. Altrettante non ha saputo trovarne il preside della scuola Francisciho, che l’anno scorso si è ritrovato di fronte un gruppo di genitori rom, tra cui Marcela e Peter, che gli chiedevano il motivo per cui avesse istituito una nuova prima elementare per Erika e altri alunni rom.
In tutta la Slovacchia sono migliaia le bambine e i bambini rom intrappolati in un sistema educativo di secondo livello, che dispone  strutture e programmi scolastici per soli rom e che vede un numero sproporzionato di loro collocati in classi differenziali per bambini con “lieve disabilità mentale”.
Così, sin da piccoli, i rom della Slovacchia apprendono il destino che li attende da grandi. Lo stato li discrimina proprio mentre  dovrebbe formare le loro menti e le loro coscienze, quando dovrebbe iniziare a offrire medesime opportunità a tutti. Il loro mondo adolescenziale è, letteralmente, un mondo a parte, fatto di corridoi, orari, aule e persino scuole solo per loro, staccati dai coetanei non rom. E naturalmente di alloggi separati, quartieri o campi, solo per loro. Anche di questo parla Amnesty International, in questi giorni, al World urban forum di Napoli.
In Sudafrica si chiamava apartheid, sviluppo separato. Solo che i rom in Slovacchia e in tutt’Europa non hanno un Mandela che li ‘rappresenti. In un paese in cui costituiscono dall’8 al 10 per cento della popolazione, il primo rom al parlamento slovacco è stato eletto solo quest’anno.
Nel 2008, le campagne delle organizzazioni non governative locali e internazionali per i diritti umani hanno spinto il governo slovacco ad adottare una nuova legge sulle scuole. In teoria, vieterebbe ogni forma di discriminazione e proibirebbe la segregazione scolastica. Nel 2010 è stato ribadito l’impegno a porre fine alla discriminazione scolastica e, all’inizio di quest’anno, è stata adottata la Strategia nazionale d’integrazione dei rom.
In pratica, come dimostra il caso della scuola Francisciho di Levoèa, queste disposizioni sono del tutto ignorate.
Ma c’è di peggio. Il nuovo esecutivo entrato in carica quest’anno a marzo ha eliminato ogni norma anti-discriminazione e ha adottato un programma che prevede l’istituzione di scuole elementari separate per le “comunità emarginate”.
Ma i genitori rom non demordono. Grazie al gruppo di genitori rom di cui fanno parte Marcela e Peter, la scuola Francisciho è diventata un caso nazionale e internazionale. I media slovacchi ne parlano, chiedendosi se sia non tanto giusto (perché è palesemente ingiusto) ma utile per la società che le bimbe e i bimbi rom crescano isolati dai loro coetanei.
Jana, una delle madri rom i cui figli sono vittime dell’apartheid scolastico, quest’anno è andata a Ginevra, a denunciare la Slovacchia al Comitato delle Nazioni Unite per i diritti economici, sociali e culturali.
Anche se oggi Renata finirà in una classe per soli rom, Marcela ha le idee chiare:
    “Se pensano di avermi sconfitto segregando i miei bambini, si sbagliano di grosso. Continuerò a combattere per i miei figli e per i figli degli altri genitori, perché tutti meritano il meglio”.
Questo blog sta dalla parte di Renata. Voi?

 

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