Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

18 maggio 2011

Lampedusa pronta per accogliere Presidente Cei Bagnasco
18 maggio 2011
(Adnkronos) - "Monsignor Bagnasco verra' a Lampedusa per portare la sua solidarieta' e quella della Cei alla Chiesa di Agrigento e viene personalmente per rendersi conto dell'attuale situazione e per vedere quello che si potra' fare in futuro", ha detto all'ADNKRONOS monsignor Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo e presidente della Cei Sicilia, parlando della visita del presidente della Cei, Cardinal Angelo Bagnasco a Lampedusa. "La chiesa e' molto attenta e sollecita verso il problema degli immigrati ed e' preoccupata per tutto cio' che sta avvenendo in tutta l'area del Mediterraneo -ha detto- c'a' tanta gente che viene o in cerca di un avvenire migliore oppure perche' nei paesi in cui si trova rischia di essere uccisa. Sull'isola di Lampedusa si e' infranta l'Europa, non s'e' stata una posizione condivisa dell'Unione europea". E su Bagnasco: "Viene per ascoltare la gente di Lampedusa". Per monsignor Francesco Montenegro, vescovo di Agrigento, "La presenza di monsignor Bagnasco oggi a Lampedusa e' un grande segnale, aiutera' anche i fedeli lampedusani ad andare avanti in questo momento difficile". "E' importante che ci sia l'attenzione della Chiesa in questa situazione particolare come quella che si sta vivendo da mesi a Lampedusa con l'arrivo continuo dei migranti -ha proseguito monsignor Montenegro- la gente e' preoccupata". Monsignor Bagnasco lascera' Lampedusa poco prima delle 17 per tornare a Roma e poi a Genova.



A Lampedusa il grazie della Chiesa italiana
Claudio Monici
Avvenire 18 maggio 2011
«Generosi nell’accoglienza, che da sempre li contraddistingue, non devono sentirsi soli». Non furono solo parole di sentita ammirazione verso il popolo lampedusano, quelle pronunciate dal cardinale Angelo Bagnasco, nell’aprire i lavori del Consiglio episcopale permanente di fine marzo, in quei giorni difficili segnati dall’approdo di migliaia di migranti tunisini che avevano congestionato una Lampedusa lasciata sola, nonostante i ripetuti allarmi lanciati dal ministero dell’Interno. Ma altresì, furono un deciso appello per un grande sforzo comunitario rivolto a sostenere questo «avamposto sospirato di tanti profughi»: «C’è bisogno, oltre che dell’apporto generoso delle singole regioni d’Italia, anche della convergenza dell’Europa comunitaria».
E oggi, per portare la solidarietà della Chiesa italiana a una comunità lontana, sul ciglio più estremo e a Sud dell’Europa, porta che si spalanca sulle vicende umane di sofferenza, solitudine, ma anche morte, che contrassegnano l’esperienza di chi migra attraversando il Canale di Sicilia, il presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei) e arcivescovo di Genova, cardinale Angelo Bagnasco sarà a Lampedusa. Nella sua visita alla comunità lampedusana e a quanti operano con gli immigrati, Bagnasco è accompagnato dal cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo e presidente della Conferenza episcopale siciliana, dall’arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro e da monsignor Domenico Pompili.
«C’è, in noi, tanta attesa. È lui, il cardinale Bagnasco, che porta il messaggio ai Lampedusani. Noi lo stiamo aspettando, per accoglierlo come un padre. Con quel calore umano fatto di semplicità, ma ricco di testimonianza d’amore, così come è la prova dell’accoglienza, che da sempre contraddistingue la gente di quest’isola nei confronti di chi viene da lontano. Un’isola, purtroppo però, troppo spesso dimenticata, lasciata in disparte dalle autorità centrali, capaci solo di promettere e non mantenere», osserva don Stefano Nastasi, parroco della chiesa di san Gerlando.
Il cardinale Angelo Bagnasco, partirà da Roma Ciampino con un aereo messo a disposizione dalla Guardia costiera, insieme al comandante generale ammiraglio Marco Brusco, attorno alle 9.
L’arrivo a Lampedusa è atteso per le 10.30: nel piccolo aeroporto il cardinale riceverà il benvenuto di una scolaresca di alunni delle elementari. Poi, alle 11, celebrerà la Messa nella chiesa di san Gerlando, alla presenza delle autorità locali e della comunità cristiana lampedusana. Al termine si svolgerà un incontro con i rappresentanti delle organizzazioni umanitarie, delle forze dell’ordine e di quanti, presenti sull’isola, sono impegnati nelle operazioni di intervento umanitario sul fenomeno dell’immigrazione. Ci sarà anche una visita del cardinale Bagnasco, la parte certamente più toccante, al Centro di accoglienza, dove attualmente sono presenti 285 stranieri, di cui 140 solo tunisini.
Poi, prima del suo rientro a Roma, nel pomeriggio, un’altra occasione di visita che porterà il suo carico di emozioni, pensando a quanti in mare hanno perso la loro vita. Scortato da un corteo di imbarcazioni, a bordo di una motovedetta della Guardia costiera, il cardinale Angelo Bagnasco sarà accompagnato nell’area marina dell’Isola dei Conigli, dove a 15 metri di profondità si trova la statua della Madonna del Mare col bambino in braccio. Due sommozzatori si immergeranno con una ghirlanda di fiori.



Un nuovo accordo in materia di immigrazione con l’Egitto. Il Ministero del lavoro attiva un ufficio di coordinamento al Cairo.
18 maggio 2011 ImmigrazioneOggi
Firmato ieri a Roma un memorandum d’intesa tra i due Paesi per regolare il flusso dei lavoratori migranti, “in particolare degli egiziani nel mondo del lavoro italiano”.
Il Ministero del lavoro aprirà “un ufficio di coordinamento” al Cairo per gestire i flussi di cittadini egiziani che sono interessati a lavorare in Italia, anche con contratti stagionali.
È quanto prevede il memorandum d’intesa firmato ieri a Roma tra il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, e il ministro degli Esteri egiziano, Nabil El Arabi. Un testo che, partendo dall’accordo firmato al Cairo il 28 novembre del 2005 e facendo riferimento al protocollo siglato a Sharm el-Sheik il 12 maggio 2009, si propone di regolare il flusso dei lavoratori migranti di ambedue i Paesi, “in particolare degli egiziani nel mondo del lavoro italiano, in caso di mancanza di manodopera locale”.
Ai lavoratori stagionali potrà essere garantito un permesso triennale. Con questo scopo, si legge nel documento, verranno create delle liste “ad hoc” nelle quali potranno essere inseriti tutti i cittadini egiziani che lo vorranno e che saranno compilate dal settore Migrazione del Ministero del lavoro egiziano. La selezione dei candidati avverrà in Egitto, si specifica, tramite compagnie italiane e organizzazioni accreditate. La precedenza, comunque, sarà data a coloro che hanno frequentato “corsi di formazione in Egitto” organizzati da enti specifici sul territorio. Questi corsi, che prevedono anche lo studio della lingua, proseguiranno in Italia e saranno gratuiti. Nel memorandum d’intesa viene poi riconosciuto il valore della comunità egiziana residente in Italia per favorire l’integrazione dei lavoratori immigrati nella società italiana e per sostenere le iniziative di sviluppo nel Paese d’origine. L’intesa sarà valida per tre anni.



Immigrati, l'esodo dalla Libia per la guerra
Dall'inizio del conflitto 14 mila persone in fuga
Approdate in Italia o a Malta dopo viaggi allucinanti. Ne sono arrivati 1.669 solo tra venerdì e sabato scorsi, secondo l'Unhcr (l'agenzia dell'Onu per i rifugiati). Incoraggiate le partenze verso l'Europa. I profughi, provenienti dalla Somalia, dall'Eritrea e dall'Etiopia, fuggono dal paese di Gheddafi in guerra, ma non possono tornare nel loro paese e preferiscono restare sotto le bombe. I report di Medici Senza Frontiere
Immigrati, l'esodo dalla Libia per la guerra Dall'inizio del conflitto 14 mila persone in fuga
GINEVRA - Sono circa 14.000 le persone fuggite dalla Libia e arrivate in Italia, o a Malta, dall'inizio del conflitto. Lo ha dichiarato l'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr 1). "Gente arrivata con imbarcazioni, di cui 1.669 solo tra venerdì e sabato", ha dichiarato la portavoce dell'Unhcr, Melissa Fleming. Il personale dell'Agenzia delle Nazioni Unite, d'altra parte, ha constatato che centinaia di persone inizialmente fuggite verso la Tunisia o l'Egitto sono ritornate in Libia per imbarcarsi con destinazione Europa. "Fra loro, ci sono profughi, fra cui membri delle comunità somale, eritree ed etìopi", ha spiegato la portavoce. Queste persone non possono rientrare nel loro paese di origine a causa di conflitti o per non essere arrestate, ha aggiunto la Fleming, e preferiscono dunque ritornare in Libia, nonostante il pericolo.
Incoraggiate le partenze verso l'Europa. Le autorità libiche - sostiene ancora l'Unhcr - incoraggiano le partenze di profughi verso l'Europa e lo dimostra anche il fatto che i prezzi dei viaggi sarebbero diminuiti. "Ci sono i segni - ha detto la rappresentante dell'Agenzia dell'Onu - che le autorità libiche non scoraggerebbero per niente le partenze via mare e che, anzi, potrebbero incoraggiarle". Secondo i dati raccolti dall'Unhcr inoltre, centinaia di persone fuggite dalla Libia in Tunisia ed Egitto dopo lo scoppio delle violenze sono tornate in Libia nelle ultime settimane con l'intento di salire a
bordo di imbarcazioni che salpano per l'Europa. Tra di loro molti sono rifugiati, somali, etiopi ed eritrei, mentre non vi sarebbero libici, o pochissimi, ha detto una portavoce dell'agenzia dell'Onu.
Ne arriveranno a migliaia. Migliaia di profughi tenteranno di raggiungere l'Europa via mare. E' la previsione della portavoce dell'Unhcr, fondata sulle informazioni raccolte dalle persone arrivate in Italia. Anche Tripoli - ha detto la Fleming - l'Unhcr ha incontrato dei rifugiati che pensano di affrontare il viaggio: "sono consapevoli del numero di morti, ma ritengono di non avere nulla da perdere. Molti hanno vissuto in Libia per diversi anni ed hanno affrontato periodi di detenzione. Provengono da paesi come Eritrea e Somalia, dove un ritorno sicuro non è possibile". Per l'Unhcr, si è forse  riaperta una strada  bloccata per due anni dall'accordo tra l'Italia e la Libia.
Medici Senza Frontiere a Misurata. Intanto, Medici Senza Frontiere (Msf 2) diffondono dei report sulla situazione in Libia, dove rimangono,  nonostante il clima resti ancora teso e incerto. A Misurata, terza città del paese - si legge nella nota di Msf - la situazione è particolarmente imprevedibile: dopo le dichiarazioni degli insorti di aver conquistato l'aeroporto della città l'11 maggio, l'atmosfera sembrava essere leggermente migliorata in alcuni quartieri della città, ma nel corso della fine della settimana, la città è stata oggetto di pesanti bombardamenti che hanno ucciso 10 persone e ferito altre 20. Non è un caso che a Misurata le principali attività di Msf continuano ad essere la chirurgia, l'assistenza sanitaria di base, le cure ostetriche e ginecologiche e l'assistenza post-operatoria ai pazienti feriti. Ad ogni modo - prosegue il report dell'organizzazione Premio Nobel per la pace -  gli ospedali continuano a lavorare a pieno ritmo ma, mentre il personale medico libico sta facendo fronte ai bisogni più urgenti relativi al contesto di violenza, alcuni pazienti affetti da malattie croniche o donne incinte non vengono curati regolarmente.
A Bengasi mancano medicinali. La carenza di medicinali sta impedendo ad alcune strutture mediche di portare avanti tutte le attività. Per rispondere alla grande richiesta di assistenza sanitaria, Medici Senza Frontiere  sta aprendo nuovi progetti e aumentando i propri sforzi in alcuni dei programmi in corso. Nella città, dunque, servono urgentemente forniture mediche per curare i pazienti affetti da malattie croniche e i malati di tubercolosi e HIV/AIDS. Dall'inizio del conflitto, MSF supporta le due farmacie centrali della città che riforniscono gli ospedali locali e supporta il Comitato Medico Libico a sviluppare programmi di assistenza per le vittime di violenza sessuale.
L'assistenza psicologica. Continuano inoltre le attività di assistenza psicologica in Libia, soprattutto per aiutare il personale sanitario locale a far fronte alla situazione e in Tunisia, nei campi che ospitano gli sfollati dalla Libia. Ad oggi, gli psicologi di MSF hanno visitato 4.000 persone che hanno subito o sono state testimoni delle violenze e che si trovano a dover affrontare un futuro incerto.



Immigrati: 780 a Genova con la Excelsior
Ansa 18 maggio 2011
Nuovo arrivo di immigrati al porto di Genova. Questa mattina ha attraccato la nave Excelsior con a bordo 780 migranti provenienti da Lampedusa. La nave, che gia' la scorsa settimana aveva portato nel Nord Italia 524 migranti, era salpata lunedi' dall'isola siciliana con 1.300 profughi ed e' giunta in Liguria dopo avere fatto tappa a Cagliari e Napoli.
I migranti che resteranno in Liguria sono una cinquantina.
Saranno ospitati da una cooperativa in provincia di Imperia.



Immigrazione, il paese della favola multiculturale
Rinascita - Quotidiano della sinistra nazionale 18 maggio 2011
Sul fronte migratorio la situazione è allarmante non solo per gli sbarchi ma soprattutto per la forte presenza di varie etnie che attraverso vari canali giungono sul nostro territorio. Continuando di questo passo la società italiana ma anche quella europea saranno destinate a soccombere, non riuscendo più a gestire le migliaia e migliaia di profughi, di stranieri e di rom sempre più ai margini della società. Con i permessi facili è come dare la patente a possibili assassini su quattro ruote che finiranno proprio col mettere sotto il nostro modello. Il Paese dell’amore universale tanto in voga tra Cei, sinistra radicale, centristi, piddini e finiani è un’utopia bestiale....



Code infinite e disagi: il calvario dell'ufficio immigrazione
Roberta Vinci
Gazzetta di Parma 17 maggio 2011
Cinque ore d’attesa. L’aria irrespirabile e un centinaio di persone come sardine in una scatola. Bambini che corrono da una parte all’altra e mamme che si dimenano tra passeggini e neonati in grembo. Siamo nell’ufficio immigrazione di Parma (in via Chiavari 15). Sono le 8 del mattino. «Alcuni sono qui dalle 6 per fare la fila. Schiacciati contro il cancello per strappare il numerino prima degli altri». Parla Anastasio, 21 anni, nato in Italia, ma figlio di stranieri: un giovane di seconda generazione, è così che li chiamano.
Si apre il cancello e la gente si accalca peggio che all’ingresso di un concerto rock. Molti di loro devono andare a lavorare, alcuni hanno dovuto prendere un giorno di ferie. I più fortunati hanno un appuntamento. «Per la foto segnalazione, l’appuntamento viene fissato dopo mesi rispetto alla domanda che, per fortuna, viene presentata agli uffici postali con un notevole snellimento dei tempi di coda», spiega Anastasio. Sono le 9 e allo sportello c'è il numero A3, mentre Anastasio, con in mano il B16 si chiede quanto dovrà aspettare. I minuti passano lenti. L’aria è pesante e donne e anziani si fanno vento con pezzi di carta. I bambini sono irrequieti, in piedi anche loro dall’alba. Hanno tra i 3 e i 5 anni, corrono, ridono, piangono e hanno fame. «È difficile per un adulto stare ore ad aspettare in queste condizioni, ma per un bambino è impossibile stare fermo», commenta Anastasio. La presenza dei piccoli è dovuta al fatto che le mamme non sanno a chi lasciarli se non vanno a scuola, oppure devono essere con il genitore al momento della presentazione dei documenti per l’identificazione.
L'orologio segna le 10.30 e qualcuno abbandona il campo prima di essere licenziato al lavoro. Le mamme si sono stancate di riprendere i bambini che corrono da una parte all’altra rischiando di farsi male. «Mi chiedo se non sia possibile trovare una soluzione almeno per loro - commenta Anastasio -, per esempio una piccola nursery dove farli giocare». Lingue ed etnie si scontrano e si fondono rendendo sordo anche il vicino. Allo sportello monosillabi in inglese e poi gesti per farsi capire. «Sfido un italiano di nascita ad affrontare questa trafila burocratica per ottenere un pezzo di carta che scade dopo due anni - dichiara Anastasio -, io parlo italiano, conosco i dialetti della zona, sono nato qui, ma non ho la cittadinanza perché i miei genitori sono stranieri. È assurdo». Le parole di Anastasio denunciano il disagio e la frustrazione di tanti ragazzi «italiani» che vivono la sua stessa situazione.
Sono le 13.30, la metà delle persone si è arresa. Anastasio ha ottenuto un appuntamento per la foto segnalazione e i prelievi dattiloscopici, fatti appena due anni fa. «Tornerò in questo caos a giugno, ma credo che nessuno, italiano o straniero, meriti di vivere un disagio del genere».
 


 

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