Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

21 dicembre 2011

Razzismo, la lista della vergogna
Avvenire, 21-12-2011
Viviana Daloiso
«Colpevoli» di accogliere. Di aiutare gli immigrati. Di aver fatto proposte di legge per agevolarli nell’integrazione. Ma anche d’aver dato loro voce e spazio in una trasmissione tv, in un articolo, o più semplicemente d’esserseli trovati al banco degli imputati, d’averli giudicati secondo la legge.
Da ieri c’è una lista nera di italiani, “affissa” online. Decine di «criminali», secondo il sito neonazista Stormfront (costola italiana dell’organizzazione che fa capo all’ex leader del Ku Klux Klan Don Black), che ha pubblicato i nomi di religiosi, politici, magistrati, attivisti dei diritti umani, giornalisti, il cui “reato” è – per l’appunto – occuparsi di stranieri.
L’iniziativa è partita da un membro del forum di nome Costantino, verosimilmente in seguito alla tragedia di Firenze: «Siamo stati accusati di razzismo verso gli immigrati, che li odiamo senza motivo – scrive – ma anche gli italiani compiono atti di delinquenza. Io vorrei dimostrare che non odio gli stranieri, ma che anzi odio molto di più certi italiani. Vorrei raccogliere i nomi di quelli che compiono atti criminali, che aiutano gli allogeni e ne traggono un tornaconto economico». E così – con l’accoglienza che diventa «criminalità» e gli stranieri «allogeni» – la lunga lista è stata compilata con l’aiuto di altri membri del forum.
Ci sono l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia e il direttore dell’Ufficio per la pastorale dei migranti della diocesi di Torino, don Fredo Olivero: si occupano di rom, hanno condannato l’incendio nel campo nomadi della Cascina Continassa. «Pericolosi». Mai quanto don Ezio Segat, però, attaccato da tutti i partecipanti al folle forum. Classe 1964, don Ezio è un sacerdote della diocesi di Vittorio Veneto, parroco di Lago e di Revine, che quest’estate si è occupato di devolvere i soldi raccolti (peraltro a scopo di beneficenza) dal Fronte Veneto Skinhead. «Li ha dati ai boveri immigrati», scrive Costantino, incalzato dai deliri ben peggiori dei suoi “fans”.
L’elenco non si ferma alla Chiesa. E continua con il sindaco di Padova Flavio Zanonato (ha fatto votare a 17mila immigrati i rappresentanti della nuova commissione che si rapporterà col comune), la vicepresidente della giunta toscana Stella Targetti (l’«immigrazionista» vuole che la scuola toscana sia a misura di tutti, stranieri compresi) e poi assessore vari (colpevoli di proposte per aiutare gli immigrati).
C’è anche il governo Monti al completo (in testa il ministro Andrea Riccardi) e poi alcuni giudici, colpevoli anche loro per non aver condannato più duramente stranieri che hanno commesso crimini (dal marocchino che uccise 8 ciclisti con l’auto a Lamezia Terme fino allo spacciatore nigeriano “graziato” perché l’ordinanza di arresto non era stata tradotta in inglese). E ancora giornalisti (Gad Lerner e Maurizio Costanzo), attivisti (il copresidente dell’organizzazione EveryOne Roberto Malini), il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, il presidente dell’Unione Musulmani d’Italia Adel Smith.
Unanime la condanna del mondo politico alla “black list” e al portale neonaziata Stormfront, sintomo «di un brodo di coltura – ha detto il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri – che non si riesce sempre ad isolare e che va monitorato». La polizia postale italiana ha già preso contatti con le autorità americane: l’obiettivo è ottenere che i responsabili del sito o, in alternativa, quelli del server su cui si appoggia il forum, rimuovano la pagina. Contemporaneamente gli investigatori hanno chiesto di risalire al computer da cui è stata pubblicata la lista, per poi cercare di individuare i colpevoli. Quelli veri.



Politici e magistrati nella black list neonazista pubblicata su Internet
Il sito neonazista Stormfront Nella lista del sito Stormfront avvocati, giudici e attivisti che si sono occupati della questione immigrazione
La Stampa, 21-12-2011
Un elenco di nomi, alcuni molto noti, tutti definiti «delinquenti italiani» perchè aiutano gli stranieri. Ci sono magistrati, politici, sacerdoti, giornalisti, sociologi nella lista nera pubblicata in questi giorni sulle pagine italiane del forum neonazista di Stormfront, fondato dall’americano Don Black, già leader del Ku Klux Klan. A dare l’allarme, per un forum da tempo sul web, è l’organizzazione per i diritti umani Everyone, anch’essa nella blacklist. Un forum subito condannato dal ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri che dice:«È un brodo di coltura che non si riesce a isolare. Le forze dell’ordine hanno una attenzione molto alta, ma sono fenomeni che vanno monitorati costantemente». «Io vorrei dimostrare che non odio gli stranieri, ma che anzi odio molto di più certi italiani» scrive sul sito il membro di Stormfront “Costantino”, che poi allega la lunga lista dei «delinquenti», tutti in qualche modo «colpevoli» di aver detto o fatto qualcosa a favore di immigrati, di ebrei o di musulmani. Immediate le reazioni di sdegno e le richieste di chiusura del sito, per la quale si sta già muovendo la polizia postale.
Tra i nomi di spicco della lista il sindaco di Padova Flavio Zanonato, il vescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia, il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici e il presidente dell’Unione Musulmani d’Italia Adel Smith, i giornalisti Gad Lerner e Maurizio Costanzo. «Chi definiva Gianluca Casseri un pazzoide isolato, sarà bene che si ricreda» commenta Lerner, che si dice «molto onorato di essere in compagnia di tante persone che ammiro e stimo». Il sito neonazista commenta la puntata di ieri de L’Infedele condotta da Lerner, che aveva affrontato la vicenda del crimine razzista di Firenze, parlando di «propaganda ebrea» sull’emittente «ebraica per eccellenza», cioè La7 «del giudeo Bernabè».
Folto, nella lista, il drappello dei magistrati. C’è‚ il nome di un pubblico ministero torinese, Laura Longo, che conduce le indagini sulla devastazione compiuta da un gruppo di cittadini in un campo rom alla periferia della città, e che nel procedimento ha contestato l’aggravante dell’odio razziale. Un secondo torinese che opera in ambiti giudiziari Š l’avvocato Emiliano Riba, indicato come il legale di riferimento di uno degli imam del capoluogo piemontese. Ci sono anche tre magistrati palermitani, componenti del collegio del tribunale del riesame, Antonella Consiglio, Filippo Serio e Giuseppina Di Maida, la cui «colpa» sarebbe di aver annullato l’arresto di un presunto trafficante di droga nigeriano, il quale dopo la decisione del tribunale venne rimesso in libertà. I magistrati decisero di dichiarare la nullità dell’atto in quanto l’ordinanza di custodia non era stata tradotta nella lingua dell’indagato che, pertanto, non aveva potuto comprendere il significato e quindi difendersi. L’Anm di Palermo ha espresso solidarietà ai tre magistrati.
«Non so se mettermi a piangere dallo schifo, urlare o vomitare» è il commento di Ilda Curti, assessore comunale di Torino che si occupa del coordinamento delle politiche di integrazione degli immigrati e perciò inclusa nella lista; a lei va la solidarietà del sindaco di Torino, Piero Fassino. «Colpevole» di operare per l’integrazione scolastica degli stranieri la vicepresidente della Regione Toscana Stella Targetti, che commenta: «Non ho paura». Nella lista anche i consiglieri di Sinistra e libertà del Comune di Milano Luca Gibillini, Mirko Mazzali e Anita Sonego, ai quali ha inviato un messaggio il leader di Sel, Nichi Vendola: «Siamo e saremo sempre in prima fila contro chi sparge il pregiudizio razzista, contro chi esercita la discriminazione contro i deboli. Stiano tranquilli i neonazisti nostrani e d’oltreoceano».
E mentre la vicepresidente dei deputati del Pd, Rosa Calipari, e il vicepresidente del Senato Vannino Chiti chiedono la chiusura del sito neonazista, la polizia postale italiana si è già attivata per rimuovere dal forum Stormfront la lista nera. Contatti sarebbero stati già stabiliti con le autorità Usa - che hanno la giurisdizione in quanto lì è registrato il forum - per ottenere che i responsabili del sito o, in alternativa, quelli del server su cui si appoggia il forum, rimuovano la pagina.
Contemporaneamente gli investigatori hanno chiesto di risalire al computer da cui è stata pubblicata la lista, per poi cercare di individuare gli eventuali responsabili. Everyone ha inviato un messaggio urgente al console Usa a Firenze Sarah Morrison e all’ambasciatore Usa a Roma David Thorne, in cui si chiede di agire affinché il Diparti



Sito neonazista, shock per la lista nera
Nel mirino Pacifici e il ministro Riccardi Tra i «nemici» anche Costanzo, Lerner, il governo Monti «al completo» e il sindaco di Padova Flavio Zanonato
Il Messaggero, 21-12-2011        
ROMA - «Ci dicono che siamo razzisti, noi dimostriamo che odiamo di più certi italiani che gli allogeni». Con questa premessa il sito di estrema destra Stormfront, lo stesso che ha usato parole come «onore» e «rispetto» per l'assassino che una settimana fa ha ucciso due senegalesi a Firenze, pubblica una sorta di blacklist (definita «lista dei delinquenti italiani») in cui inserisce sindaci, avvocati, sacerdoti, giornalisti e «tutto il governo Monti al completo». Tutti colpevoli, secondo le folli teorie di chi anima il forum web, di posizioni morbide sull'immigrazione o di far di più per i cittadini stranieri che per gli italiani.
Da Zanonato a Pacifici a Lerner. Tra i nomi di spicco nella lista nera il ministro per la Cooperazione Andra Riccardi («colui che vuole regalare case a quegli sporchi zingari»), il sindaco di Padova Flavio Zanonato, il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici e il presidente dell'Unione Musulmani d'Italia Adel Smith, Gad Lerner e Maurizio Costanzo. Nel mirino anche monsignor Cesare Nosiglia, il pm torinese Laura Longo, la vicepresidente della Regione Toscana Stella Targetti, l'assessore comunale di Torino Ilda Curti e tre consiglieri Sel del Comune di Milano: Luca Gibillini, Mirko Mazzali e Anita Sonego. Ci sono inoltre i tre giudici del Tribunale del riesame di Palermo Antonella Consiglio, Giuseppina Di Maida e Filippo Serio, oltre ai magistrati Domenico Galletta e Carlo Fontanazza.
Il sito. Stormfront è stato fondato dall'americano Don Black, già leader del Ku Klux Klan, spiega l'organizzazione per i diritti civili Everyone, anch'essa nella lista. «Da anni diffonde ideologie antisemite, di natura razziale e di stampo neonazista, che contrastano con le convenzioni internazionali sui diritti umani e con la legge Mancino, oltre che con la nostra Costituzione. L'Italia è uno dei pochi Paesi europei a non avere ancora bandito il forum neonazista, come è invece accaduto in Germania e Francia; questo poiché il portale si appoggia su un server americano con sede a West Palm Beach, in Florida, e ogni operazione di natura giudiziaria, se avanzata dalle sole autorità italiane, diviene estremamente complessa, se non impossibile».
Inviato messaggio urgente in Usa. Gli attivisti di Everyone, che invitano la rappresentanza Usa in Italia a farsi portavoce presso il governo Obama della necessità urgente di dichiarare Stormfront fuorilegge. Everyone ha inviato un messaggio urgente al console Usa a Firenze Sarah Morrison e all'ambasciatore Usa a Roma David Thorne, in cui si chiede di agire affinché il dipartimento di Stato americano si impegni, di concerto con l'Unar e i ministri dell'Interno, della Giustizia e degli Esteri italiani, per l'immediata chiusura del portale neonazista.
Cancellieri: questi fenomeni vanno monitorati costantemente. «È un brodo di coltura che non si riesce a isolare. Le forze dell'ordine hanno una attenzione molto alta, ma sono fenomeni che vanno monitorati costantemente». Il ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri, invita a tenere alta la guardia sulle manifestazioni di intolleranza, come la lista di politici, magistrati e giornalisti, che si occupano di razzismo pubblicata dal sito StormFront. «La storia - ha detto il ministro rispondendo ad una domanda durante la registrazione di Porta a Porta - ci insegna che queste manifestazioni appartengono all'uomo, ma non devono tornare mai più».



Blacklist nazista per chi aiuta immigrati
Il Mattino, 21-12-2011
Giovanni Sabbatucci

Che cosa accomuna il sindaco di Padova e il vicepresidente della Regione Toscana, il presidente dell'Unione musulmani d'Italia e quello della Comunità ebraica romana, Maurizio Costanzo e Gad Lerner, Comunione e Liberazione e la Caritas, tre giudici del Tribunale di Palermo, il ministro Riccardi e il governo Monti al completo? Non saremmo in grado di dirlo se un sito neonazista collegato, sembra, al Ku Klux Klan non avesse inserito questi e molti altri nomi in una lista nera.
Una lista «dei delinquenti italiani», ovvero di persone e associazioni colpevoli di occuparsi di immigrazione e di im-migrati, magari prestando loro aiuto e assistenza.
La notizia non meriterebbe speciali commenti, e tanto meno speciale rilievo (tante volte ci capita di ricevere via mail messaggi deliranti e di cestinarli dopo aver letto le prime parole), se oggi non stessimo respirando, in Italia e in tutta Europa, un'aria cupa e pesante, se non vivessimo una situazione di disagio generalizzato in cui gli effetti della crisi economica - da sempre ambiente ideale per la diffusione di cattivi pensieri e di pessima ideologia - si mescolano alle paure, più o meno irrazionali, generate da un'ondata immigratoria con cui moltí di noi non hanno ancora imparato a convivere. Il tutto potenziato e amplificato da strumenti di comunicazione onnipresenti e pervasivi, sconosciuti al più fino a pochi anni fa.
La straordinaria diffusione di questi strumenti e delle reti da essi create è uno dei caratteri distintivi della nostra época; e lo è, come sempre accade in questi casi, nel bene e nel male: permette una disponibilità di informazioni prima impensabile, favorisce i contatti e le amicizie, può essere veicolo insostituibile per iniziative di solidarietà. Ma, ine- vitabilmente, funge da moltiplicatore per i messaggi e le iniziative più aberranti. Compilare liste nere, ad esempio, è pratica di per sé detestabile, ma ha scarsa efficacia se resta confinata in conventicole ristrette e semiclandestine. Può diventare molto più pericolosa se il messaggio è in grado di raggiungere decine o centinaia di migliaia di persone: tra  le quali è statisticamente probabile trovare qualche fanatico o qualche squilibrato capace di prendere sul serio quelle liste e di trasformarle in un elenco di obiettívi da colpire. È già successo e può succedere ancora.
Come ovviare allora a questi pericoli? Gli interventi di censura preventiva sono in questo campo poco efficaci (un sito oscurato può risorgere sotto altro nome, la disponibilità di un ampio indirizzario è alla portata di chiunque) e pongono non pochi problemi a chi voglia rispettare la libertà di ciascuno di esprimere la propria opinione, per aberrante che sia: non a caso vi ricorrono, e non sempre con successo, i regimi autoritari. Ma nulla impedisce di colpire a posteriori, con gli strumenti delia legge, chi si renda responsabile, nonimporta attraverso qualemezzo di comunicazione, di reati già previsti dal codice penale, come l'istigazione adelinquere, l'apologia di reato o la semplice diffamazione (se qualcuno mi dà dei delinquente, ho tutto il diritto di querelarlo). Non sara il rimedio ideale né la soluzione decisiva: ci vorrebbe un la- voro in profondo per rimuovere le cause dei disagio e isolare i focolai di idee assassine; e qualche sacca di odio e di fol- lia sopravviverebbe comunque. Una sanzione adeguata e sicura può fungere però almeno da deterrente.



Gli «amici degli immigrati» finiscono sul sito neonazista
Polizia al lavoro per oscurare il forum «Stormfront»
Il Sole, 21-12-2011
Karima Moual
ROMA - Una vera blacklist, con il titolo "liste delinquenti italiani", a portata di clic per i neonazisti italiani. Non è un scherzo e nemmeno un Segreto. Tutto alla luce del sole, aggiornato ripetutamente, senza paura né pudore. La lista delle persone da odiare e combattere viene redatta da Stormfront, il fórum ispirato alla sciagurata ideologia della superiorità della razza bianca. Una sorta di Ku Klux Klan all'italiana insomma.
Dopo la strage di senegalesi a Firenze, dunque, un nuovo ribollire di quel pentolone dell'odio che è sul fuoco da tempo. Dove il web è il miglior covo. Siti internet, forum e bloggers: un mondo dove avanza l'estremismo, dove commenti raccapriccianti trasudano di odio verso il diverso. Una xenofobia che rischia di passare per normalità, se non la si denuncia e combatte confermezza.
Dopo neanche 6 mesi da Oslo, l'Italia ha avuto il suo Brievik: Gianluca Casseri. E proprio il killer-ragioniere di Firenze era onorato da Stormfront per la strage di senegalesi: «E uno dei nostri» si leggeva nei commenti del Forum xenofobo.
Ora dalla blacklist viene fuori di tutto: attacchi a ebrei italiani del mondo della cultura, della politica, dell'informazione e della televisione, ma ci sono anche magistrati, religiosi, avvocati, attivisti dei diritti umani e di immigrazione.
E "Costantino", veterano del forum, a lanciare l'iniziativa della lista di personaggi colpevoli di occuparsi di immigrati: «Siamo stati accusati di razzismo verso gli immigrati, sostenendo che li odiamo senza motivo, che anche gli italiani compiono atti di delinquenza - scrive Costantino, iscritto al forum dal 2006 -. Io vorrei dimostrare che non odio gli stranieri, ma che anzi odio molto di più certi italiani. È per questo che apro questa discussione in cui vorrei racco- gliere il nome di italiani che compiono atti criminali, che aiutano gli allogeni e ne traggono un tomaconto economico». E giù con la lista: don Ézio Segat, sacerdote della diocesi di Vittorio Veneto («ha preso i soldi raccolti dal veneto skin e li ha dati ai Boveri fratelli immigrati», ironizza Costantino). Oltre a «tutto il governo Monti al completo», il sindaco di Padova, Flavio Zanonanto («tra i delinquenti piü pericolosi»), la vicepresidente della giunta toscana, Stella Targetti («bastarda immigrazionista sei nella lista») l'assessore all'integrazione di Torino, Ilda Curti. Eppoi i politici, e per fare solo qualche nome l'esponente di Sei a Milano Luca Gibillini. Ci sono nomi notissimi, come i giornalisti Gad Lerner e Maurizio Costanzo. C'è l'ad di Unicredit Ghizzoni. E i magistrati: la pm di Torino Laura Longo, che contesto l'odio etnico per gli scontri nel capoluogo piemontese.
II fórum monitora tutto ciò che gira nel web su questi temi a lui cari che hánno sullo sfondo la parola "integrazione". Insulti e minacce nei commenti su giornalisti e bloggers.
Un vero e pericoloso fomentatore di odio. Da qui la decisione del gruppo internazionale Everyone, dato che Stormfront si appoggia a un server americano, di inviare un messaggio al console Usa a Firenze e all' Ambasciatore Usa a Roma in cui si chiede di «agire affinché il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America si impegni per l'immediata chiusura del por- tale neonazista Stormfront e per l'individuazione di tutti gli utenti passibili di denuncia per reati contro la persona e contro la comunità».
«È un brodo di coltura che non si riesce a isolare», ha detto il ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri. «Le forze dell'ordine hanno un'attenzione molto alta, ma sono fenomeni che vanno monitorati costantemente». Per il ministro bisogna tenere alta la guardia perché «la storia ci insegna che queste manifestazioni appartengono all'uomo, ma non devono tornare mai piü».
Intanto i neonazisti di Stomfront potrebbero avere le ore contate. Non basta il server americano a nasconderli, già qualche mese fa è stato rintracciato e arrestato il referente italiano dei Ku klux klan. La polizia postale si è attivata con i referenti degli Usa per far oscurare il sito o almeno le pagine incriminate e ben conosce le attività degli utenti italiani che scrivono su Stormfront. La procura di Roma ha già aperto un'inchiesta per altre blacklist apparse sul sito.
Lerner: onorato di esserci
Chi definiva Gianluca Casseri (il fanatico di estrema destra che ha ucciso a Firenze due senegalesi, ndr) un pazzoide isolato, sarà bene che si ricreda». Cosi il giornalista Gad Lerner sul suo blog commenta la lista di proscrizione comparsa sulla versione italiana del forum neonazista "Stormfront". Una blacklist all'interno della quale compare anche il suo nome. «Naturalmente - ha detto Lerner - sono molto onorato dal fatto di essere in compagnia di tante persone che ammiro e stimo». II giornalista ricorda anche in quale modo, sempre sul sito di Stormfront, è stata presentata la puntata di lunedi sera dell'«Infedele» dedicata al crimine razzista di Firenze: «Stasera su Lay: Propaganda ebrea. Questa sera su La7, emittente ebraicapereccellenza,di proprietà del giudeo Bernabé. L'ebreo Gad Lerner, dal suo postribolo televisivo fará una puntata relativa ai recenti fatti di cronaca». «Commentare - conclude Lerner sul suo blog - sarebbe superfluo».



I veri nemici del popolo italiano
Avvenire, 21-12-2011
Giorgio Paolucci

Odiano gli stranieri. Ma più di loro, dicono di odiare gli italiani «che aiutano gli allogeni», bollati come «delinquenti». Ed esibiscono una black list che comprende politici, magistrati, religiosi, attivisti dei diritti umani, giornalisti. I promotori del sito neonazista Stormfront accompagnano l’elenco con frasi deliranti che cercano inutilmente di dare dignità politica alle loro pulsioni razziste. Parole pesanti come pietre, che non vanno enfatizzate ma neppure sottovalutate. Deliranti, ma il delirio che abita le menti può diventare il preludio dell’azione, come dimostra quanto è accaduto pochi giorni fa a Firenze.
Anche se continuiamo a ritenere un bene irrinunciabile la libertà di espressione, siamo convinti che alle follie è doveroso porre un argine, tanto più quando si annidano su internet, diventando una bomba che in qualsiasi momento rischia di esplodere e un brodo di coltura in cui cresce la malapianta dell’odio. Per questo è lecito chiedersi se certi siti che diffondono proclami tossici abbiano titolo per restare impunemente aperti. Gli «eroi» di Stormfront se la prendono con personaggi pubblici che giudicano più pericolosi degli stranieri per i quali si prodigano, e li additano come nemici dell’italia. Ma i veri nemici del popolo italiano sono loro.



L'intolleranza amplificata da internet
Terra, 21-12-2011
Alessandro De Pascale
Un membro del forum internet neonazista Stormfront, sezione italiana del gruppo che fa capo a Don Black, ex leader del Ku Klux Klan, ha avviato ieri un'iniziativa che fará certamente discutere. Con l'aiuto di altri membri del sito, viene stilata in tempo reale una lista degli «italiani che compiono atti criminali, che aiutano gli allogeni e ne traggono un tornaconto economico». Quelli, in sostanza, che si occupano degli immigrati.
? Un elenco di politici, magistrati, religiosi, attivisti dei diritti umani e giornalisti che arriva nel giorno in cui le salme di Mor Diop e Modou Samb, i due immigrati africani uccisi a Firenze martedi scorso dalla follia omicida di Gianluca Casseri, partono per il loro ultimo viaggio verso il Senegal. Tra gli argomenti di discussione del forum Stormfront, figurano sezioni quali «Negrolandia: l'inferno dei morti che camminano», «Pericolo giallo» e ovviamente «Pericolo islamico e dhimmitudine», un neologismo derivante dall'arabo dhimmi (traducibile come "protetto"). Ce poco da stupirsi, perché ormai tutti i partiti politici e le associazioni della nuova destra radicale europea sono molto «abili nell'usare i media sociali per amplificare i propri messaggi». Soprattutto su Facebook. A scattare per la prima volta una fotografia di questo fenomeno in ascesa è lo studio del think thank britannico Demos "La nuova faccia del populismo digitale". L'indagine ha inviato questionari ai sostenitori di 14 gruppi della nuova destra di 11 Paesi europei. Movimenti come Bloc identitaire in Francia, il British National Party nel Regno Unito, il Die Freiheit in Germania, il Fremskrittspartiet in Nor- vegia e owiamente la Lega Nord e Casa Pound in Italia. Organizzazioni che complessivamente, soltanto su Facebook, sono seguite da quasi mezzo mi- lione di persone. Il primo dato eclatante che emerge riguarda i movimenti che seguono strade di mobilitazione solo fuori dal palazzo. I sostenitori di Casa Pound sono ad esempio quelli che a livello europeo ritengono accettabile più tutti il ricorso alla violenza: ben il 47 per cento degli intervistati crede sia la strada migliore per ottenere risultati. Del resto basta leggere "Il manifesto del turbodinamismo" sull'Ideodromo di Casa Pound per avere una rapida conferma del risultato. Al primo punto dei decálogo, c'è scritto che il «Turbodinamismo è esaltare il gesto gratuito, violento e sconsiderato, con deferenza e riguardo al vestirsi bene». Degno di nota anche il numero 7, «siamo stufi di sentir cantare le vittime e i re- ietti, di veder glorificate profezie desertiche: rivendichiamo quel certo stile necessario ad appiccare un incêndio». Il punto 8, «agli anestetizzati del buonismo annunciamo che faremo sistematicamente a pezzi tutto quanto solo per il gusto di farlo». E l'ultima frase del 10 che chiude "Il manifesto": «Sorseggeremo del buon whiskey mentre tutto brucia, abbiamo stabilito che il futuro ci appartiene». Al secondo posto della classifica stilata da Demos, troviamo i francesi del Bloc Identitaire (43%). Il primo dei partiti politici è invece il British National Party (Gran Bretagna) con il 37 per cento, poi ce la Lega Nord (32%) e il Front National (Francia) al 29. A livello europeo, in media, un quarto dei sostenitori di questi gruppi (26%), appoggia il ricorso alla violenza. Soltanto un terzo, viceversa, risponde di credere nella soluzione politica. I più convinti, con ben il 70 per cento, sono in questo caso i sostenitori del norvegese Fremskrittspartiet, fondato nel lontano 1973 e diventato aile politiche del 2005 il secondo partito del Paese. Date le loro posizioni sul tema deirimmigrazione, anche Anders Breivik, autore della strage della scorsa estate in Norvegia (77 morti e 96 feriti), in passato è stato iscritto proprio al Frem-skrittspartiet, oltre che un sostenitore, anche su Facebook, della English Defence League nata nel 2009 per combattere «l'islamizzazione della Gran Bretagna». Al secondo posto (61%), il partito sve-
dese Sverigedemokraterna, fondato nel lontano 1988 ma a causa delle sue posizioni considerate troppo neonaziste, entrato per la prima volta in Parlamento soltanto aile ultime elezioni del 2010, ai¬le quali ha ottenuto il 5,7% dei vo- ti. Gli italiani della Lega sono al
quarto posto (45%), i sostenitori di Casa Pound quinti (43%). Segno che anche dentro l'organizzazione che gestisce centri sociali di destra in mezza Italia i supporters sono sostanzialmente divisi a metà: da un lato della barricata chi sceglie la politica, sulla parte opposta quelli che preferiscono la violenza. Ce poi la partecipazione alle manifestazioni di piazza: al primo posto gli inglesi dell'English Defence League, con il 55 per cento dei sostenitori sceso in strada a manifestare almeno una volta negli ultimi 6 mesi. Seguono i francesi del Bloc identitaire (47%) e a pari livello Lega Nord e Casa Pound (43%). Ma chi sono i sostenitori della nuova destra radicale europea? Si tratta di giovani sotto i 30 anni (il 63%), principalmente uomini (ben il 75%). Nemmeno in uno degli 11 Paesi europei esaminati, le supporters donne superano il 36 per cento. Soprattututo per i partiti politici, i social network si confermano un ottimo amplificatore di consenso. Il 67 per cento dei sostenitori online, al momento delle elezioni nazionali dichiara di votare queste formazioni e oltre un terzo (32%) sostiene inoltre di essere a tutti gli effetti un regolare iscritto.



Il grande vuoto dietro il razzismo
Il mattino, 21-12-2011
Gianni Tirelli -NAPOLI La strage razzista di senegalesi a Firenze per mano di un fanatico squilibrato è solo l'ultima di una infinita lista di tragedie, imputabili all'arroganza, all'ignoranza, alla protervia, alla supponenza di individui che sulla demonizzazione del diverso hanno improntato la loro esistenza fomentando l'odio e il disprezzo. Oscuri figuri avulsi da ogni significativo impulso di carità Cristiana e di comprensione delle circostanze - schiavi del proprio ego e vittime di mostruosi complessi di inferiorità. L'odio razziale è la risultante di una particolare/speciale forma di invidia infantibile (retaggio adolescienziale e immaturità), nei confronti di individui diversi da noi, per dignità, forza, capacità di adattamento e coraggio; il rifiuto arbitrario, derivante dall'incapacità di accettare ciò che non comprendiamo e che reputiamo in totale antitesi con le nostre abitudini; l'ignoranza che si fa ideologia. Aggiungerei che il razzista teme il nero che è in lui stesso, cosi come chi odia i gay teme il gay che è in lui. La figura esterna è soltanto lo specchio del mostro interiore che ci contraddistingue.
Risponde il Direttore, Virman Cusenza
Caro Tirelli, il duplice omicidio dei senegalesi oltre che indignare ha anche allarmato il Paese. Eravamo abituati a forme striscianti e comunque pericolose di razzismo, soprattutto in certe contrade del Nord: il frutto del seme dell'odio che la politica anti-immigrati cavalcata soprattutto dalla Lega ha fetto crescere e diffondere negli Ultimi anni. Ne abbiamo avuto però avvisaglie e manifestazioni non meno preoccupanti anche ai Sud, valga per tutti l'esempio di Rosarno: dove la rivolta degli immigrati costretti a vivere nei ghetti è esploso proprio per le condizioni di sfruttamento e mancata integrazione, con la manina della 'ndrangheta stavolta. II caso di Firenze somiglia invece a certe stragi frequentí negli Stati Uniti fino a qualche anno fa. Un folle che si nutre di letture settarie e razziste ad un certo punto rompe il guscio dell'ordinaria propaganda quotidiana e impugna un'arma per uccidere. Un modo criminale e deviato per affermare la propria identità, quasi a voler riconquistare spazi e purezza della razza in un contesto antropologico cambiato negli anni per la presenza degli immigrati. La risposta abnorme di chi si sente minacciato da un nemico che per comodità o scarsità di mezzi culturali e politici identifica nell'immigrato. Dietro tutto questo c'è un vuoto enorme che solo la politica, quella vera, e l'educazione possono riempire.



"Odio razziale dietro le botte" A Verona denunciati 3 giovani
Sono aecusati di aver aggredito con un manganello un Cingalese 13enne
La Stampa, 21-12-2011
ANNA SANDRI

VERONA -il video registrato dalla telecamera di una banca mostra i loro volti e li inchioda alla responsabilità di accuse gravissime: lesioni aggravate, dove l'aggravante è un manganello telescopico, e odio razziale.
I carabinieri di Verona e di Parona hanno chiuso l'indagine sull'aggressione a un ragazzino Cingalese, avvenuta pochi giorni fa: un diciottenne e due diciassettenni sono stati denunciati per gli irripetibili insulti, la birra versata a fontana sul viso e sul corpo mentre la vittima era a terra, i calci, i pugni e i colpi sferrati con un manganello telescopico.
Il maggiorenne lavora, gli altri due studiano e nella camera di uno di loro sono stati trovati due manganelli del tipo usato per l'aggressione e gagliardetti e gadget di Forza Nuova: sotto gli occhi inorriditi dei genitori, i carabinieri li hanno sequestrati.
L'indagine è chiusa, il prcuratore Mario Giulio Schinaia attende gli atti per la formalizzazione delle accuse, ma Verona continua a fare i conti con una corrente sotterranea di violenza che periodicamente esplode e mostra sempre la stessa matrice.
Il ragazzino aggredito ha 13 anni: è arrivato in Italia dallo Sri Lanka assieme alla mamma e alla nonna quando ne aveva quattro, La famiglia abita in un appartamento di una palazzina modesta, occupata quasi esclusivamente da immigrati. La mamma fa la baby sitter e insegna la danza del suo paese ad allieve italiane, con le quali ha stretto nel tempo un rapporte di amicizia. Anche il figlio è perfettamente integrato: non potrebbe essere diversamente, perché a Verona è cresciuto e ha sempre frequentato le scuole. Qui sono tutti i suoi amici, i suoi punti di riferimento. Per questo tanto più violento e insensato gli era parso, due giorni prima dell'aggressione, l'insulto arrivato da un ragazzo più grande, mentre erano insieme a bordo di un autobus. Un insulto inequivocabile, per il colore della pelle. Non aveva reagito; due giorni dopo, in via IV Novembre era passato davanti a un bar e dalla vetrina quello stesso ragazzo, che era con gli amici a bere birra, lo ha visto.
E' stata questione di secondi. Il più grande è uscito, seguito da altri due: e per il tredicenne, immobilizzato, buttato a terra e pestato (sembra che uno dei tre abbia cercato di farlo rotolare verso il centro della strada, dove sarebbe finito sotto le auto) è stato terrore.
La mamma dice di aver trovato a Verona una seconda vita fatta di accoglienza e serenità: ora vive nella paura di una vendetta, di nuove aggressioni. Il sindaco Flavio Tosi le ha telefonato per rassicurarla, i carabinieri hanno scortato a scuola il ragazzino, dopo l'assenza per le conseguenze dell'aggressione. Ma la sensazione è che per la famiglia cingalese niente tornerà come prima.



Piccoli razzisti
l'Unità, 21-12-2011
Toni Jop

E' davvero una piccola notizia e noi siamo dei monomaniaci? Verona: nei giorni scorsi, un ragazzetto Cingalese di 14 anni viene inquadrato, a bordo di un autobus, da un italiano, giovane anche lui, che gentilmente gli parla cosi: «Che cazzo hai da guardare, negro di merda». Il giorno dopo, lo studente Cingalese viene riconosciuto per la Strada, un gruppetto di galan- tuomini lo inseguono, gli versano la birra sulla testa, lo gettano a terra, lo massacrano a calci e pugni, lo picchiano con un manganello, lo spingono verso il centro della carreggiata per farlo investire dalle auto. Ospedale.
Intanto, fermano due diciassettenni e un diciottenne, tutti tricolore, sono i picchiatori. A casa di uno di loro trovano gadget fascisti prodotti da Forza Nuova alla quale tuttavia non era iscritto. Genitori allibiti, ed è un peccato. Comandante dei carabinieri solerte e paterno: solo un caso individuale. Si, buona notte.*


 
Fini rilancia sulla cittadinanza a chi nasce qui
Gruppo Editoriale L'Espresso, 21-12-2011
«Ci tenevo a essere qui e a dirvi andiamo avanti» sullo ius soli, ovvero il riconoscimento della cittadinanza italiana ai figli di immigrati nati in Italia entro questa legislatura. Lo ha detto il presidente della Camera Gianfranco Fini alla presentazione del film documentario «18 Ius soli», nella sala del Mappamondo di Montecitorio. Sulla scia del richiamo del presidente della Repubblica, Ignazio Marino ha presentato in Senato una proposta di legge per la cittadinanza ai figli degli immigrati basata sullo «ius soli». Il testo chiede di modificare tre articoli della legge 91 del 1992 onde stabilire che Cittadino italiano è chi «è nato nel territorio della Repubblica». Modifiche per le quali si schiera anche Tilde. Per Maurizio Gasparri (Pdl) si tratterebbe invece di «una follia giuridica» utile solo a incentivare i dandestini.



«Un tavolo comune per lo ius soli
Avvenire, 21-12-2011
ROMA -Un tavolo bipartisan per arrivare entro fine legislatura alla concessione della cittadinanza italiana ai figli degli immigrati. Dopo l'appello delle scorse settimane del capo dello Stato, la proposta di passare dallo ius sanguinis allo ius soli raccoglie consensi trasversali. Il presidente della Camera Gianfranco Fini rilancia l'idea e Livia Turco del Pd chiede sostegni che arrivano da Udc, Fli, e Idv. Ma parte del Pdl, come Gasparri - oltre alla solita Lega - non ne vogliono sen- tire parlare.
Occasione è l'incontro alla Camera dei deputati «Figli d'ltalia, Italiani che devono "chiedere permesso"». «Ci tengo a dire: andiamo avanti» esordisce il presidente della Camera Gianfranco Fini. La possibilità di riformare la legge, che oggi concede la cittadinanza ai figli di stranieri nati in Italia al compimento dei 18° anno dopo un iter complesso e lungo, dipende dalla decisione delle singole forze parlamentari e, all'interno di queste, dai singoli deputati». La proposta di livia Turco incassa consensi. «Nessuna delle proposte di legge depositate - dice l'esponente del Pd-possono costituire un punto di par- tenza. Scriviamo insieme un articolo, non c'è altra strada che costruire un tavolo comune». «Approfittiamo del clima di apparente distensione - invita Roberto Rao, deputato udc - per scendere dalle barricate ideologiche. Poniamoci giugno dell'anno prossimo come obiettivo per arrivare a una legge che cambi le cose, appellandoci al senso di responsabilità di ciascuno. II tavolo non deve essere di questa o di quell' altra forza politica, ma aperto a chiunque voglia dare il proprio contributo». «L'attuale fase politica è quella giusta», concorda Italo Bocchino di Fli.
«Isoliamo il punto - fa eco Benedetto Della Vedova, capogruppo futurista a Montecitorio - su cui è possibile trovare un accordo immediate, visto che una riforma complessiva dellamateria sarebbe piü complicata». L'obiettivo è la cittadinanza per le cosiddette" seconde generazioni", «visto che è difficile avere un'opinione diversa sulla questione dei nati in Italia: questo è un pezzo importante per l'energia e il futuro dei Paese». «Quel che è certo - conclude Jean-Leonard Touadi dei Pd - è che è arrivato il momento di dare un volto alia nuo - va Italia» e la partita dello ius soli «non deve essere vista come una concessione, ma come un elemento di democrazia, un passo importante per rendere la democrazia italiana più compiuta». «È un dovere civile, oltre che un atto di grande intelligenza politica e sociale», dice il capogruppo idv alla Camera massimo Donadi. «Passare allo ius soli è una follia giuridica - taglia corto Maurizio Gasparri del Pdl - col rischio di incoraggiare l'esodo dei clandestini». (L. Liv.)



Minori stranieri, casse vuote per l'accoglienza
Terra, 21-12-2011
Dina Galano
Sono sempre più numerosi i minori non accompagnati che arrivano nel nostro Paese e sui Comuni grava l'onere di garantire loro un buon livello di accoglienza. In occasione della presentazione dei dati sugli ingressi dei 2011, l'Associazione na- zionale dei Comuni italiani (Anci) non ha mancato di sottolineare il punto: la protezione migliora, ma ha bisogno di finanziamenti adeguati per mantenere gli standard. La domanda, infatti, cresce: dai 5.879 presi in carico nel 2009 si è passati ai 4.588 nel 2010 fino ad arrivare ai circa 7.500 minori censiti a novembre 2011. Il programma è stato finanziato con 25 milioni di euro per tre anni, ma dal prossimo 31 dicembre non ci sarà più copertura. «Ad oggi non ci sono prospettive per assicurare ai Comuni la prosecuzione dei finanziamenti sulle attività di accoglienza», ha chiarito Flavio Zanonato, sindaco di Padova e delegato Anci all'immigrazione, durante la presentazione dei dati dei Rapporto Anci-Cittalia. «Sono state gettate le basi per la definizione di un sistema Stabile - ha aggiunto - che permetta di
sostenere interventi di qualità assicurando la migliore accoglienza e protezione a ogni minore che si trovi solo nel nostro Paese, da qualsiasi parte dei mondo provenga. Ma ora è importante trovare risorse per poter proseguire il programma». Interpellato, il ministro della Cooperazione Andrea Riccardi ha proposto «specifici provvedimenti per i minori da includere negli accordi bilaterali con i Paesi di provenienza», dicendosi certo «malgrado questo periodo di ristrettezze, di poter contare sulla collaborazione di tutti davanti a una sfida che ritengo tra le maggiori per il nostro Paese». Quasi l'80 per cento dei 5951 Comuni italiani coinvolti dall'indagine Anci-Cittalia è rappresentato da capoluoghi di provincia, a testimonianza di come l'accoglienza dei minori stranieri sia concentrata in preferenza nelle città con oltre lOOmila abitanti. Lazio (19,4 per cento), Emilia Romagna (17 per cento), Lombardia (9,8 per cento) e Puglia (9 per cento) sono invece le regioni che nel 2010 hanno registrano com- plessivamente il piü alto numero di minori presi in carico. Ma è pur vero che durante il periodo di prima accoglienza ogni dieci ragazzi tre si rendono irreperibili, sfuggendo al controllo degli enti incaricati. Il dato, si legge nel rapporto, segue comunque un trend positivo: erano quattro su dieci nel 2009, mentre nel 2006, risultava irreperibile oltre il 62 per cento degli accolti. Sul totale di chi arriva senza un familiare, nel 91,4 per cento dei casi si tratta di un maschio, nel 55 per cento di un ragazzo appena sotto la soglia della maggiore età. Le partenze dal Nord Africa, inoltre, hanno modificato di molto le caratteristiche del fenomeno. Se nel 2010 i minori provenivano soprattutto da Afghanistan (16,8 per cento), Bangladesh (11 per cento), Albania (10 per cento), Egitto, Marocco e Kosovo, nel 2011 le proporzioni sono destinate a cambiare.



«Favorire l'integrazione contro l'integralismo »
Riceviamo e volentieri pubblichiamo un intervento del sindaco di Roma Gianni Alemanno, che stasera consegnerà il Premio per la Pace 2011 alla giornalista e blogger tunisina Lina Ben Mhenni.
Avvenire, 21-12-2011
DI GIANNI ALEMANNO *

Un anno fa per le strade di Tunisi, un uomo si diede fuoco per strada. Un modo tradizionalmente inequivocabile per manifestare il proprio dissenso verso il potere costituito. Era l'inizio di quella che definimmo "primavera araba". In poco tempo il regime di Ben Ali, da molti indicate come modello per lo sviluppo economico della regione, cadde. Furono i giovani, ispirati da un profondo desiderio di libertà e spinti dal bisogno di migliori condizioni economiche a scendere in piazza e a far cadere il regime, in ciò facilitati dalle opportunité offerte dalle nuove tecnologie: dagli sms a twitter, da facebook ai blog. Come a Teheran nel 2010, dove però non fu sufficiente.
La fiamma della rivolta, mese dopo mese, si propago in tutta la sponda sud del Mediterraneo. Noi la seguimmo dapprima con emozione e sincera Speranza di cambiamento, poi con incredulità e stupore (chi avrebbe scommesso sulla caduta del sistema di potere di Mubarak), infine con un disincanto sfociato nel timore degli ultimi tempi. Ciò che ora ci spaventa è che la primavera araba apra la strada ad un islam fondamentalista proprio alle porte di casa nostra da dove propagarsi nei nostri stessi confini nazionali. Non è un'ipotesi peregrina, anzi. Alla quale, tuttavia, possiamo e dobbiamo contrapporre strategie che hanno già dato importanti successi nella politica dell'integrazione e dei dialogo interreligioso.
Roma, centro della Cristianità, ospita da anni una delle più grandi moschee d'Occidente, aprendo il cielo di Roma, da duemila anni costellato di cupole e campanili, al minareto della Grande Moschea. Una politica di dialogo serio e costruttivo con la guida spirituale della moschea ha garantito finora un processo d'integrazione basato sul rispetto reciproco. Il rispetto delia nostra identità di italiani e di Cristiani, la puntuale osservanza delle nostre leggi, come condizione inderogabile per il nostro reciproco rispetto dell'identità islamica. Ma questa è 1'opera che possiamo compiere a casa nostra. La vera sfida è fare in modo che la primavera araba si consolidi in loco, garantendo sviluppo economico e sistemi politici democratici, agendo sulle cause e non sugli effetti dei sotto sviluppo. Senza voler imporre modelli precostituiti, dobbiamo aiutare i Paesi protagonisti delia "primavera" a dare senso compiuto alle manifestazioni di piazza iniziate un anno fa e non ancora conclusesi, come riporta la cronaca cruenta di questi giorni. Come Paese mediterraneo, l'Italia - e Roma come Capitale della Repubblica - ha il dovere di essere presente in questo contesto. C'è un Paese dove questa strada, sebbene non scevra di rischi di derive fondamentaliste, è stata intrapresa con successo. Quella Tunisia da dove tutto è iniziato un anno fa. Il processo costituente e le recenti elezioni sono stati passaggi gestiti nel rispetto delle regole e la vittoria del partito islamista aile recenti elezioni è mitigato dalla necessità di un governo di coalizione con i partiti laici. Verso il popolo tunisino, da cui siamo divisi da meno di 100 chilometri di mare, abbiamo il dovere di dare concretezza alla nostra conclamata amicizia e, contemporaneamente, abbiamo la necessità di favorire una corretta maturazione democratica. Roma Capitale intende fare la sua parte. Abbiamo infatti deciso di assegnare l'edizione 2011 del Premio per la Pace e l'Azione Umanitaria - che nel 2007 è andato ad una personalità dei calibro di Aung San Su Ki che solo pochi giorni fa lo ha pubblicamente ricordato come segno di amicizia dell'Italia verso la sua persona e l'intera Birmania - ad una giovane giornalista e blogger tunisina, Iina Ben Mhenni. Lina ha avuto un ruolo essenziale nella fase iniziale della protesta: il suo blog divenne luogo di testimo- nianza contro le malefatte del regime e strumento di aggregazione dei giovani tunisini. La premiamo questa sera nell'Auditorium della città. Nel farlo, le chiederò di continuare a battersi per la libertà e la democrazia dentro e fuori del suo Paese. Ieri lo ha fatto contro il regime di Ben Ali, oggi ha la credibilité per farlo contro ogni rischio di deriva fondamentalista.



«Il ministro Riccardi rifletta invece di riattivare il Trattato»
Il manifesto, 21-12-2011  
Tommaso Di Francesco

Il presidente del consiglio Monti e il presidente del Cnt libico Abdel Jalil hanno riattivato una settimana fa il Trattato di amicizia tra Italia e Libia sottoscritto a Bengasi nel 2008 da Berlusconi e Gheddafi. Era stato «sospeso» con l'avvio della guerra della Nato contro il Colonnello libico e in appoggio agli ins orti, perché l'art. 4 di quel Trattato prevedeva la non concessione delle basi militari italiane per azioni militari contro la Libia. Sebra una riattivazione quasi dovuta, «tecnica» da parte di un governo «tecnico», in realtà si è in pesante continuità con il governo precedente e si forza anche del ruolo preminente avuto dall'Italia nella guerra. ïnfatti Jalil ha ringraziato Berlusconi non certo per il baciamono al rais ma per l'«aiutino» della nostra aviazione. Ieri l'«annuncio» - solo un annuncio, nessuna iniziativa, però - del mini-stro Riccardi che il governo «rivedrà» la politica migratoria in Libia. Su questo abbiamo rivolto alcune domande ad Angelo Del Boca, massimo esperto di Libia e di storia del colonialismo italiano.
Quella del Trattato è una riattivazione tecnica o politica? Quali interessi cl sono dietro? È alio stesso tempo técnica e politica. Perché riattivano un documento eccezionale con il quale ci si sbarazzava del passato coloniale in maniera anche molto sostanziosa, basta pensare alla cifra devoluta di 5 miliardi di dollari, seppur dilazionata in 20 anni. Mai l'Italia nei confronti della proprie colonie aveva usato tanta generosità, forse fin troppa. Il fatto che in questo momento non ci siano cambiamenti radicali mi fa pensare che c'è di mezzo anche la politica, l'Italia ha troppi interessi
in Libia. Non dimentichiamo che ha più di 140 ditte che lavorano. E c'era l'impegno di fare la litoranea di 1700 chilometri. Ora ci sarà la ricostruzione di quanto distrutto dalla guerra e soprattutto dai bombardamenti aerei della Nato, che equivale a circa 35 miliardi di euro. Un grande affare, per ricostruire parte di Misurata (aveva 300mila abitanti), quasi tutta Sirte (aveva più di lOOmila abitanti), senza parlare dei piccoli centri.
Ieri il neoministro per la Cooperazione e l'integrazione Andrea Riccardi dichiarato che il governo «rivedrà la politica migratoria con la Libia». Poi ci siamo informati con il ministero: sono state parole a caldo «per rispondere a un giornali- sta», non c'è alcuna riflessione reale... E invece sarebbe bene che il ministro Riccardi rivedesse davvero la sciagurata politica migratoria con la Libia. Perché ora, con la riattivazione del Trattato, tutto va come prima, anzi peggio. Ricor- diamo che il governo italiano arriva a riconoscere le proprie colpe coloniali perché si chiede alla nuova Libia degli insorti, come lo chiedeva a Gheddafi che su questo si era impegnato perdendo la faccia, di contenere, controllare, impedire l'immigrazione e l'arrivo dalla Libia verso l'Italia e l'Europa, dei disperati in fuga dalla miseria e dalle guerra della grande Africa dell'interno. Nel trattato c'è scritto che l'Italia naturalmente continuera i pattugliamenti in mare e che portera a termine il nuovo muro che stiamo definendo lungo i confini a sud. Forse il più grande délia storia, verso tutta l'area dei deserti e con tanti nuovi campi di concentramento. È grave che non venga indïcata nemmeno una raccomandazione formale sul rispetto dei diritti umani, come chiede l'Unhcr-Onu. Anche perché la guerra ha dimostrato una particolare pro- pensione degli insorti a perseguitare gli immigrati africani scambiando li preferibilmente per mercenari, la bugia grossolana che fa si che migliaia di persone siano tuttora tenute in prigionia dentro carceri o campi di concentramento. Certo non conosciamo il testo dei «nuovo» Trattato riavviato tra Monti e Jalil, un presidente libico debolissimo, ripetutamente dato per dimissionario. Ma a pensar male non si sbaglia mai. Ora che si è steso un velo di silenzio sulla Libia, dove gli scontri tra le fazioni degli insorti continuano, dove c'è stato un attentato, sventato, al nuovo capo di stato maggiore dell'esercito. Mentre aumenta il peso degli islamisti e certo non basta che Jalil, visto ancora come ex ministro di Gheddafi e uomo forte delia repressione anti-islamista sotto il suo regime, abbia annunciato che la sharia sarà il fondamento della nuova legislazione.
A proposito di Gheddafi, per il procuratore della Corte dell'Aja Ocampo, ci sono fondatí «sospetti» che l'uccisione dell'ex rais sia «un crimine di guerra» e per questo la Corte «indagherà»... Sta per lasciare il suo incarico, ma non poteva giudicare gli ultimi 20 minuti di Gheddafi una cosa normale. È stato un autentico linciaggio consentito dal Cnt e preparato dal drone Usa che ha colpito il suo convoglio in fuga, indirizzato appositamente. Lo denuncia perfino l'ex premier del Cnt Jibril, e come tacere delle migliaia di agenti-sicari, del Qatar. Ecco chi deve avere ucciso materialmente Gheddafi.
Sono tanti i crimini di guerra. Gli inviati dei «New York Times» hanno scoperto decine e decine di vittime civili del raid «précis!» della Nato... È stata un'inchiesta giornalistica precisa, questa si, confermata perfino dalla Nato. Hanno scoperto quello che gli inviati di guerra non volevano vedere. Era la guerra chirurgica ribadita ogni giorno dai solerti portavoce atlantici dal comando di Napoli. Ora la Nato si dice pronta a collaborare ma l'indagine deve partire dal nuovo governo di Tripoli. Praticamente una presa in giro.



Il "Cara" di Mineo, vergogna italiana
Il mega-centro di semidetenzione per richiedenti asilo e migranti, a quasi un anno dalla sua istituzione, testimonia il completo fallimento del modello di “solidarietà” securitaria del governo Berlusconi-Maroni.
il manifesto, 20-12-2011
Antonio Mazzeo

Il villaggio degli aranci di Mineo (Ct), il mega-centro di semidetenzione per richiedenti asilo e migranti, a quasi un anno dalla sua istituzione, testimonia il completo fallimento del modello di “solidarietà” securitaria del governo Berlusconi-Maroni. È il “non luogo” dove si consuma la spersonalizzazione, dove l’ospite-recluso si “sente atopos, fuori posto, né cittadino né straniero, collocato in un luogo bastardo al confine tra l’essere e il non-essere sociale”. Il CARA di Mineo, isolato ed isolante, è “l’antitesi dell’integrazione e mina la sicurezza del territorio animando scontri e tensioni fra comunità”. A sancire l’ennesima bocciatura del centro di “accoglienza” in cui sono stati deportati manu militari quasi duemila cittadini stranieri presenti in Italia da tempi remotissimi, è il rapporto del Comitato territoriale dell’ARCI di Catania consegnato ad una delegazione di europarlamentari in visita ai lager per migranti della Sicilia.  
“Gli ospiti presenti all’interno del centro di Mineo non hanno alcun rapporto con il territorio sia per la conformazione del luogo, ma soprattutto perché non sono stati predisposti gli strumenti necessari a favorire l’integrazione”, denuncia l’avvocato Francesco Auricchiella, responsabile immigrazione dell’ARCI di Catania. “Essi continuano a vivere ai margini, in uno stato di assoluto isolamento culturale e sociale in aperto dispregio di quanto previsto dall’art. 3 della Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo”.
Dalla sua costituzione, il 18 marzo 2011, il CARA ha offerto condizioni di vita “prive di contesto e coesione sociale, scollate dalla propria cultura, disorientate nella selva di leggi e di prassi amministrative del tutto ignote agli ospiti per l’assoluta mancanza di qualsiasi forma di mediazione sociale, culturale e di assistenza legale”, scrive l’ARCI. E quasi nulla è cambiato con l’insediamento dell’ente attuatore, la Provincia di Catania (nominata con ordinanza del Presidente del consiglio il 28 giugno scorso), retta da quel Giuseppe Castiglione che è contestualmente coordinatore regionale del Polo delle libertà e uomo di fiducia dell’ex guardasigilli Angelino Alfano.  
A Mineo sono state innumerevoli le violazioni dei diritti dei soggetti più vulnerabili, come i minori non accompagnati, le donne vittime di violenza e i nuclei familiari di eritrei, etiopi e somali provenienti dalla Libia, dove sono stati sottoposti a pene inumane e degradanti in diversi centri di detenzione. “Tra queste famiglie c’erano minori nati o vissuti per mesi nelle prigioni libiche”, aggiunge Auricchiella. “Giunti in Italia ed inviati a Mineo, questi soggetti portatori di esigenze particolari, tra cui donne abusate e persone vittime di tortura, non hanno avuto accesso ai servizi di riabilitazione necessari per la rimozione e la rielaborazione dei traumi e delle violenze subiti, quando, invece le direttive dell’Unione europea dispongono che ogni Stato membro deve adoperarsi per attivarli”.  
Il rapporto ricostruisce alcuni gravi episodi verificatisi nel centro. Come ad esempio il “trasferimento arbitrario”, nei primi quattro giorni di vita della struttura, di circa 500 richiedenti asilo già ospitati in altri CARA del territorio nazionale. “Persone dalle provenienze più diverse, come nigeriani, pakistani, afghani, che avevano già da mesi fatto istanza per la protezione internazionale e che attendevano l’audizione e la decisione sulla loro richiesta, si sono ritrovati, improvvisamente deportati a migliaia di chilometri di distanza, senza la notifica del provvedimento dalle Questure, con la conseguente impossibilità di ricorrere avverso il trasferimento”. Di contro, al CARA di Mineo non sono state inviate le pratiche dei richiedenti asilo affetti da patologie anche gravi o da disturbi psichici, e ciò ha determinato l’interruzione del ciclo di cure avviato nei centri d’origine.
In piena violazione del diritto di difesa, i cittadini stranieri sono stati trasferiti in Sicilia senza che venissero previamente informati i loro legali. Alcuni di essi, come ad esempio quelli provenienti dal CARA di Bari-Palese, attendevano il pronunciamento del TAR sui ricorsi avversi la decisione di trasferimento dell’Unità Dublino; altri avevano già presentato opposizione ai dinieghi dello status di rifugiato; altri ancora dovevano essere sentiti in commissione nei giorni in cui subivano il trasferimento coatto. “In molti casi – spiega l’avvocato Auricchiella - i richiedenti sono stati dichiarati assenti ed è stato emesso nei loro confronti il provvedimento di diniego”.
È accaduto pure che i documenti relativi alle procedure di riconoscimento della protezione internazionale, avviate in altri CARA italiani, non siano mai arrivati alla nuova Commissione Territoriale competente, con la conseguenza che molti richiedenti che attendevano il colloquio o la decisione finale sin dall’ottobre 2010, si sono visti precedere da chi era giunto in Italia successivamente. A Mineo la Commissione si è insediata solo due mesi dopo l’apertura del centro, e ancora oggi prosegue i propri lavori con eccessiva lentezza. E gli ospiti continuano a lamentare il non rispetto, a parità di status e condizioni di fatto, di alcun criterio logico e cronologico nella disamina delle istanze e nella convocazione per l’audizione. “Essa non si è avvalsa di interpreti competenti, né è stata garantita trasparenza alle procedure per la loro selezione e nomina”, afferma l’ARCI. “Alcuni provvedimenti di rigetto della domanda di asilo (peraltro, resi in italiano e non tradotti) non hanno specificato il foro competente, ma hanno erroneamente indicato, quale Tribunale ove ricorrere, quello del luogo di provenienza, quando, invece, nel caso di Mineo, è competente Catania”.
“Fino all’insediamento dell’ente gestore non risulta che sia stata garantita assistenza legale ai richiedenti asilo e, attualmente, l’assistenza offerta non risulta essere adeguata allo standard richiesto dalla Direttiva 2003/9/CE”, aggiunge il rapporto. Le uniche consulenze in campo legale sono state così quelle fornite da tre operatori dall’UNHCR (l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) e da alcune associazioni non governative (ARCI, ASGI e Rete antirazzista catanese) grazie l’allestimento di banchetti informativi all’esterno del campo. “L’ingresso nel centro da parte dei legali è stato molto difficoltoso e alcuni professionisti si sono visti costretti a prestare la propria assistenza fuori su un prato”, scrive l’avvocato Auricchiella. “Non è stata dedicata un’ala ai minori non accompagnati, in attesa dello svolgimento delle procedure di legge, e la nomina dei rappresentanti legali si è protratta per troppo lungo tempo e ha fatto sì che molti minori giunti a Mineo divenissero maggiorenni senza che, nelle more, beneficiassero del percorso di integrazione e formazione che la stessa legge nazionale prevede”.
L’ARCI lamenta la non elaborazione a Mineo di un piano integrato per la programmazione e realizzazione dei servizi connessi con il territorio; né si è previsto di potenziare l’accesso al sistema scolastico o di assicurare risorse aggiuntive all’ASL per rendere efficiente la tutela sanitaria. I richiedenti asilo hanno fruito delle prestazioni sanitarie esattamente come i cittadini stranieri irregolarmente presenti in Italia e privi di tessera sanitaria, mentre al contrario spettava loro il diritto-dovere di accesso in condizioni di parità con i cittadini italiani, come sancito dal testo unico sull’immigrazione.
“La presenza stabile di quasi duemila persone di origine straniera avrebbe dovuto comportare la previsione ed organizzazione di servizi di mediazione linguistico-culturale per l’intera rete dei servizi locali”, conclude il rapporto. “Di questo a Mineo non v’è traccia. Ciò ha creato fra gli ospiti un forte disagio che in alcuni casi è sfociato in rivolte o in veri e propri scontri etnici, con grave rischio per le donne, i minori e gli operatori presenti all’interno del centro”. Quando poi la gestione dei servizi del CARA è stata affidata ad un associazione temporanea di cooperative e imprese e sono giunti i primi “interpreti” e “mediatori culturali”, è accaduto che uno di essi, un cittadino di origini bengalesi, assunto da una coop romana, venisse arrestato dalla squadra mobile di Catania con l’accusa di estorsione per essersi fatto consegnare 400 euro da un connazionale, per fargli ottenere dalla Commissione Territoriale il riconoscimento dello status di rifugiato.
“Le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere i richiedenti asilo impongono l’immediata chiusura del CARA di Mineo”, afferma la Rete antirazzista catanese che ha convocato una grande manifestazione regionale, domenica 18 dicembre, davanti all’ingresso del centro. L’iniziativa, promossa congiuntamente con la Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella, LILA, Cobas, Collettivo Red Militant, Cobas antirazzista, Forum Antirazzista e GAPA, vedrà la partecipazione delle realtà di base che lottano contro il razzismo, le guerre e la militarizzazione in Sicilia. “Vogliamo che i richiedenti asilo del CARA più grande d’Europa, siano riconosciuti come soggetti umani in cerca di un futuro migliore, non trattati come oggetti parcheggiati a tempo indefinito per favorire il business della pseudo accoglienza”, spiegano gli organizzatori. “Chiediamo che sia garantita la libera circolazione e la regolarizzazione di tutti i migranti, sostenendo la campagna contro la sanatoria truffa del settembre 2009. La Sicilia non deve essere un lager per gli immigrati, né una polveriera di ordigni di morte e di micidiali basi militari USA-NATO”.



I nostri anticorpi
Se non ci aiutano loro, gli immigrati, a risalire la china verso una nuova, comune cittadinanza, dopo questi lunghi anni di leghismo xenofobo, di berlusconiana compassione per i poveri, di estremismo proprietario e individualista, per noi sarà più difficile sradicare i semi dell'odio. E sarà faticoso, complicato recuperare il senso di una comunità, ritrovare il piacere della contaminazione e il dovere dell'accoglienza.
il manifesto, 18-12-2011
Norma Rangeri
Se non ci aiutano loro, gli immigrati, a risalire la china verso una nuova, comune cittadinanza, dopo questi lunghi anni di leghismo xenofobo, di berlusconiana compassione per i poveri, di estremismo proprietario e individualista, per noi sarà più difficile sradicare i semi dell'odio. E sarà faticoso, complicato recuperare il senso di una comunità, ritrovare il piacere della contaminazione e il dovere dell'accoglienza.
L'opera di denigrazione della diversità alimentata dalle istituzioni di governo, la propaganda martellante dei ministri, degli amministratori locali contro i più indifesi hanno lavorato sotto la pelle alimentando una cultura fascistoide che sarà dura bonificare. Ma certo non impossibile. Intanto proprio dalle istituzioni si fanno sentire forti spinte in controtendenza. Dai richiami del presidente della repubblica al diritto di cittadinanza per i figli degli immigrati, alla nomina di un ministro come Andrea Riccardi alle politiche di cooperazione e integrazione. Ma dalle parole bisognerà passare ai fatti e spetterà a noi tutti rafforzare gli anticorpi dove più si sono indeboliti, specialmente nelle fasce dell'emarginazione culturale e sociale destinate al contagio razzista portato dai venti della grande crisi (lo spettro degli anni '30 si aggira per l'Europa).
Per questo è stato di grande conforto vedere ieri la manifestazione dei senegalesi che hanno raggiunto Firenze un po' da tutta Italia. E il rammarico di non essere lì, nella piazza fiorentina, insieme a Pap Diaw e ai suoi amici colpiti da un lutto così atroce, è stato parzialmente compensato dalle immagini di piazza S.Maria Novella affollata da un popolo fiero e combattivo. Così come va segnalata la presenza in mezzo a loro dei leader della sinistra, finalmente uniti per una giusta causa.
Dai volti e dalle parole, dai canti e dalle preghiere che hanno segnato il timbro della manifestazione, arriva l'orgoglio di una cultura, la rivendicazione di un diritto che è prima di tutto umano poi civile e politico. E che restituisce a noi, per contrasto, tutta la vergogna di un veleno razzista, mostrandoci infine quali sono gli antidoti per guarire la ferita
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