Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

11 ottobre 2012

50 mila "invisibili" Più stranieri che italiani nel popolo dei senza dimora
l'Unità, 11-10-2012
Italia-razzismo
Sono stati presentati ieri a Roma i dati sul primo censimento realizzato in Italia delle persone senza dimora. Lo studio è stato effettuato dall’Istat insieme a Caritas, Fiopsd e Ministero del welfare, censendo le persone che nei mesi di novembre e dicembre 2011 hanno usufruito di servizi, come quello di accoglienza notturna e mense, in 158 comuni italiani. I risultati della ricerca restituiscono questa fotografia: i senza dimora in Italia sono oltre 50.000 e nel 59,4% dei casi si tratta di stranieri (11,5% romeni, 9,1% marocchini, 5,7% tunisini). Tra loro, il 99,1% è nato in uno stato estero e solo il 20% viveva una condizione di precarietà abitativa prima di arrivare in Italia. Per quanto riguarda la composizione di questa popolazione di “invisibili” le differenze tra italiani e stranieri sono significative: questi ultimi sono in genere più giovani (il 46,5% ha meno di 35 anni) hanno titoli di studio migliori (il 43,1% ha un diploma di scuola media superiore e il 9,3% ha una laurea) e la loro condizione di senza dimora, al momento dell’intervista, perdurava in media da 6 mesi, periodo di tempo minore rispetto a quello degli italiani. Sembra evidente, a leggere i risultati dello studio, come le cause sottostanti la condizione di precarietà abitativa degli stranieri possano essere ricondotte a una difficoltà ad entrare nei circuiti di accoglienza, ad usufruire di adeguati programmi di integrazione, a trovare lavoro contrattualizzato e conseguentemente a rispettare i parametri necessari per la permanenza regolare nel nostro paese. Lo scarso controllo rispetto alle situazioni di lavoro in nero, ma anche l'elevazione degli standard di reddito per il rinnovo dei documenti e di quelli relativi alla metratura delle abitazioni, oppure la rigidità con cui vengono individuate le professioni che uno straniero può svolgere, concorrono ad accrescere questa popolazione di uomini al margine. E poi c'è un altro aspetto, forse residuale rispetto ai risultati di questo rapporto, ma comunque fondamentale: quello relativo al nostro sistema di accoglienza. Uno studio pubblicato l'anno scorso dal Centro Astalli evidenziava come un elevato numero di richiedenti o titolari di protezione internazionale vivesse in strutture di fortuna ed edifici occupati e come queste persone siano transitate nei circuiti dell'accoglienza senza riuscire poi a costruire un percorso di vita stabile. La questione è nota da tempo, e solo qualche giorno fa è stata nuovamente sollevata dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, relativamente al destino delle persone accolte in quella che è stata definita “emergenza Nord-Africa”. Il 26 settembre è stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni il superamento dell'emergenza e ora si pone il problema di organizzare l'uscita dai centri delle oltre 20.000 persone ospitate e di garantire loro delle misure di sostegno. La preoccupazione degli enti locali rispetto alla fattibilità del progetto, data la quasi totale assenza di fondi, è reale. E la richiesta di una riforma del sistema di accoglienza nel nostro paese non più rinviabile.  



Sanatoria 2012 a rischio flop
Poco più di 5mila richieste per 60mila posti: neanche i clandestini vogliono più diventare italiani
Libero, 11-10-2012
MATTEO MION
I In Veneto la nuova sanatoria per immigrati clandestini è un flop. La finestra di un mese aperta a meta settembre non registra alcun boom. Anzi.
Le richieste pervenute ad oggi in regione Veneto non rappresentano nemmeno il 10% del totale previsto. Infatti, afronte dei 60mila posti disponibili le domande a oggi pervenute sono 5.080 con la punta massima a Verona di 1.663. Nessuna coda interminabile agli sportelli preposti. A pochi giorni dalla scadenza la finestra bis della Bossi - Fini è andata semideserta.
La Cgil parla di costi alti e procedure difficili, ma la realtà è un'altra. Esauriti gli anni del boom economico a Nordest, nemmeno i clandestini hanno alcun interesse a ottenere un riconoscimento di legalità dallo stato italiano. Entrare nella macchina infernale della tracciabilità comporta solo doveri per questi signori. Meglio rimanere clandestini e vantare diritti senza accollarsi oneri. Personalmente ho sempre sognato lo status di apolide specialmente in un paese come l'Italia la cui cittadinanza non comporta alcun vantaggio. A Teramo conobbi un signore che per qualche kafkiano e segreto motivo non risulta censito in alcun ufficio pubblico. Non ha residenza, pur essendo italiano. Paga da anni prestazioni sanitarie private, pur di non avere a che fare mamma ltalia. Perche è una mamma poço premurosa: bravíssima nel richiedere sacrifici, ma ingrata nel concedere attenzioni. Ecco allora che il 90% dei potenziali aventi diritto preferisce rimanere nell'ombra della clandestinità. Al riparo dalle cesoie statali, ma con sanità e servizi pubblici a sbafo. Sfruttati sul lavoro, però, obietterà la Cgil. Certo, ma sarà loro sufficiente recarsi dal magistrato di turno per vedere confermate montagne di diritti senza alcuna rigorosa ammenda per lo status clandestino. Al massimo un foglietto di via buono per incartarci la baguette e fare ritorno a casa senza problemi.
Le Forze dell'Ordine da tempo hanno esaurito la voglia di perseguire la clandestinità degli irregolari. Anzi, mi confidava un amico carabiniere, spesso girano gazzella e sguardo da un'altra parte. Fermare un soggetto senza documenti significa accompagnarlo al primo comando e per dere ore per procedere all'identificazione. Per tale mastodontica procedura il maresciallo sfora spesso negli straordinari che poi nessuno paga: alias meglio girare alla larga. Di conseguenza la stragrande maggioranza degli stranieri preferisce non avere rapporti con l'amministrazione dello stato italiano e non possiamo certo biasimarli visto che il contrario comporta molti oneri e nessun onore.
Prendiamo tristemente atto che I'Italia è cosi mal ridotta che nemmeno gli immigrati clandestini desiderano più regolarizzare la loro posizione. I servizi pubblici essenziali a costoro saranno ancora una volta a carico delle tasche ormai lise dei connazionali che dal canto loro non hanno la possibilità di attivare una procedura per passare alla clandestinità. Sono, infatti, convinto che se molti italiani potessero pagare la loro quota pro capite di debito pubblico con il patto di non aver più nulla a che fare con lo stato italiano ci sarebbero le code agli uffici incaricati della procedura di apolidia. Purtroppo moriremo italiani....



I profughi dalla Libia? Una grana. Il governo valuta due soluzioni
L'emergenza immigrazione per 21.770 persone, causata dalla guerra, costata 800 milioni, costringe l'esecutivo a scegliere.
Panorama, 11-10-2012
Gli immigrati arrivati lo scorso anno sull'onda della guerra in Libia stanno per diventare una grana per il governo. Il ministro dell'Interno, Annamaria Cancellieri, ha ribadito più volte che l'emergenza terminerà il 31 dicembre e qualunque decisione sarà presa scatenerà polemiche e strumentalizzazioni. La cosiddetta Emergenza umanitaria Nord Africa, gestita dalla Protezione civile, conta circa 21.700 persone di nazionalità diverse, con molti tunisini. Tra loro 2.289 minorenni senza parenti. Sono 17.895 gli ospiti divisi in circa 900 strutture nelle varie regioni, cui si aggiungono 1.424 immigrati nella struttura di Mineo, nel Catanese.
Finora sono stati stanziati quasi 800 milioni, di cui 72,8 ancora disponibili. Costi altissimi non più sostenibili. «Le alternative teoriche non sono molte» ragiona Saverio Ruperto, sottosegretario all'Interno con delega all'immigrazione, che ricorda il tavolo di coordinamento con i ministeri dell'Interno e del Lavoro, la Protezione civile e gli enti locali. «Da un lato è troppo semplice dire che dovremmo concedere un permesso umanitario a tutti, perché resterebbe un enorme problema finanziario e organizzativo che va tenuto presente insieme ai doveri di solidarietà e di accoglienza. Dall'altro, il rimpatrio volontario e assistito è possibile solo con quei paesi con cui esiste un accordo, come la Tunisia».
Diversa, aggiunge Ruperto, la situazione dei minorenni, «che vanno comunque protetti». Si sta lavorando a un accordo quadro con la Tunisia che ampli quello esistente, ma alla fine la difficile decisione sarà soprattutto politica. (Stefano Vespa)



La Giornata delle bambine Il problema di nascere femmina
Il rapporto presentato oggi da Terre des Hommes 1  sulle discriminazioni dalle femmine, in quanto tali. Quando sono costrette dai grandi a combattere o a sposarsi precocemente e altrettanto precocemente a diventare mamme. La prima Giornata mondiale voluta dall'Onu. S'illumineranno di rosa monumenti, in Italia a Londra, New York, Delhi, Copenhagen... L'Sms solidale al 45501
la Repubblica.it, 10-10-2012
ALESSANDRA BADUEL
ROMA - Discriminate perché femmine, persino quando sono costrette dai grandi a combattere, ma poi non vengono riconosciute dai programmi di recupero del disarmo e devono tornare da sole al villaggio, spesso incinte e circondate dall'ostilità in quanto "disonorate". L'esempio estremo non è che l'ultimo fatto nelle pagine del dossier presentato oggi da Terre des Hommes 2 in Italia, in occasione della prima Giornata mondiale delle bambine e delle ragazze voluta dall'Onu per domani, 11 ottobre, dopo una campagna promossa da Plan International, che ha organizzato l'illuminazione in rosa dei monumenti, in Italia come a Londra, New York, Delhi o Copenhagen dove sarà la Sirenetta a cambiare colore. Parte in contemporanea anche la campagna "Indifesa" di Terre des Hommes, che propone un sms solidale da inviare al 45501 per sostenere con due euro i programmi di aiuto alle bambine.
Un doloroso promemoria. Il dossier sulle loro condizioni nel mondo è un doloroso promemoria per confermare quanto di quei due euro c'è bisogno. Una bambina su quattro, nel pianeta, ha subito un abuso, e la violenza sessuale ha colpito 150 milioni di minori dei 18 anni. Le mamme bambine sono 16 milioni e sono almeno due milioni e mezzo le minori che ricorrono all'aborto senza avere a disposizione, per proibizioni o per povertà dell'area, strutture sanitarie adeguate. Chi partorisce, invece, contribuisce all'11% delle nascite globali. Ma se ha meno di 15 anni rischia di morire durante il parto cinque volte di più di una ventenne. Resiste però la tendenza a far sposare le femmine prima dei maschi e così si arriva a 10 milioni di moglie con meno di 18 anni, molte delle quali costrette a non studiare. Eppure, ogni anno di scuola in più, per la famiglia significherebbe un futuro aumento del reddito di almeno il 10%.
Un percorso a ostacoli già prima di nascere. Ma il percorso a ostacoli, lo sappiamo, inizia già prima della nascita, con gli aborti selettivi che colpiscono soprattutto le piccole cinesi e indiane. Se si riesce a nascere, poi bisogna superare i primi anni di vita. In India, il tasso di mortalità delle bambine fra zero e cinque anni supera del 75% quello dei bambini. La malnutrizione è una delle cause. Le adolescenti sottopeso in India sono quasi la metà, in Eritrea sono il 40%, in Bangladesh il 35. E ci sono paesi come il Perù dove più del 70% delle ragazze, nelle zone andine, soffre di anemia.
Le violazioni sul corpo. Il corpo cresce male, ma viene anche deliberatamente modificato, con le mutilazioni genitali femminili che colpiscono le bambine in Africa, dove almeno 12 milioni e mezzo di ragazzine fra i 10 e i 14 anni sono mutilate, e in alcuni paesi asiatici e mediorientali. Ci sono poi altre pratiche meno note, come la "stiratura" del seno in uso nell'Africa centro-occidentale che colpisce circa 10 milioni di adolescenti: ai primi segni di pubertà, le madri schiacciano i seni delle figlie con pietre o metalli bollenti per cancellare i segni dello sviluppo. L'intento è quello di preservarle dalle violenze sessuali. Gli effetti fisici sono spesso devastanti come quelli delle mutilazioni genitali.  
Il lavoro al posto del gioco. Come spesso i bambini maschi, anche le bambine sono costrette a lavorare. I due terzi di loro, fra i cinque e i 14 anni finisce nei campi. L'altro terzo lavora nei servizi e spesso finisce schiava in case altrui: nel 2008 le stime dell'International labour organization contavano sette milioni e mezzo di lavoratori domestici con meno di 14 anni di età, per la stragrande maggioranza dei casi di sesso femminile. Poi ci sono tratta e prostituzione. Ma ancor prima c'è la sudditanza nei confronti della famiglia e  del compagno. Il 56% dei 150 milioni di ragazze che secondo l'Oms hanno subito violenze sessuali, le ha subite in famiglia. Fra i ragazzi, dei 73 milioni che hanno subito abusi, solo il 25% li ha sperimentati in casa.
Il destino delle spose bambine. Poi, c'è il matrimonio. Dove si scopre che nei paesi in via di sviluppo più della metà delle ragazze, il 53%, è convinta che il marito sia autorizzato a picchiare la moglie, in certe circostanze. E che non sanno quasi mai come difendersi dalle malattie come l'Hiv: i ragazzi sono più informati e anche lì, è il marito a decidere. Il dossier prosegue fra esempi specifici e valutazioni globali che non lasciano fuori nessun angolo di mondo: Terre des Hommes al momento è al lavoro su 1.200 progetti in 72 paesi. Ora, la campagna "Indifesa" durerà tre anni, con il primo dedicato a interventi in Bangladesh, Perù, Costa d'Avorio e India. La campagna di Plan International invita invece ad andare a visitare i monumenti illuminati (in Italia, alla Galleria Vittorio Emanuele II di Milano) per sostenere un programma di aiuti che vuole garantire l'istruzione a quattro milioni di bambine.



Racconti di quotidiana violenza in Italia Dove è difficile essere femmina nel Bel Paese
Storie di abbandono e sopruso, di ragazzine a rischio infibulazione, due mila madri minorenni ogni anno, figlie dimenticate o contese dai genitori, picchiate e violentate da chi avrebbe dovuto proteggerle. Un dossier nato dall'incontro tra Ansa e Terre des hommes 1 (Tdh) che analizza la frequenze di notizie di agenzia che riguardano le minorenni in Italia
la Repubblica.it, 10-10-2012
CATERINA PASOLINI

ROMA - Racconti quotidiani di ordinaria violenza, abbandono e sopruso. Storie di ragazzine abusate, tremila a rischio di infibulazione, due mila madri minorenni ogni anno, figlie dimenticate o contese dai genitori, picchiate e violentate da chi avrebbe dovuto proteggerle. Sempre vittime e oggetto invece che persone con diritti e dignità. A raccontare un'italia dove c'è ancora molto da fare, per essere veramente "dalla parte delle bambine", è un dossier nato dall'incontro tra Ansa e Terre des hommes 2 (Tdh)che analizza la frequenze di notizie di agenzia che riguardano le minorenni in Italia.
La maggioranza sospetta di maschi. Questa fotografia del nostro Paese, in occasione della prima giornata mondiale dell'Onu delle bambine (11 ottobre), è stata presentata per lanciare la Campagna "Indifesa", per la promozione dei loro diritti in tutto il mondo. Con un sms solidale al numero 45501, fino al 21 ottobre, si può sostenere con due euro i diritti delle bambine nel mondo. Dando forza a Tdh che, come in passato, è pronta ad impegnarsi contro l'infanticidio delle neonate, non solo in oriente ma anche qui, visto che c'è più di un sospetto che avvenga anche in italia, vista la percentuale di nati maschi è nettamente superiore alla media tra indiani e cinesi. Promta ad intervenire per ridurre il numero delle spose bambine, favorire l'accesso all'istruzione e rafforzare il divieto di sfruttamento sessuale e lavorativo. Ed ecco alcuni punti trattati dalla ricerca, soprusi e diritti negati alle più piccole anche nel nostro paese.
Le bambine uccise. Scorrendo un anno e mezzo di lanci di agenzia, tornano e ritornamo i nomi di ragazzine uccise, violate, scomparse nel nulla come Yara, Sara, Elisa Claps, Denise. Vittime di chi conoscevano, di persone di cui si fidavano. E il filo della cronaca nera racconta la pedofilia della porta accanto, perche quasi sempre chi abusa è chi avrebbe dovuto difenderle: padri, amici di famiglia, insegnanti.
Maltrattamenti è allarme in Italia. Secondo l'oms in Italia a subire soprusi sono soprattutto le femmine. Una bambina ogni 4 sotto i 16 anni, contro un bambino su 7, è vittima di maltrattamenti e abusi. La fascia più
colpita tra i 6 e gli 11. Cresce inso0mma Italia il numero di reati che vedono i minori nel ruolo di vittime: nel 2011 ne sono stati denunciati circa 4.900 contro i poco più di 4.300 dell'anno precedente. E nell'80% dei
casi, le vittime sono state bambine.
Figli dimenticati come pacchi. I dispacci fotografano storie di agghicciante disinteresse e disattenzione, come una mamma di Alghero che ha lasciato sola in auto la figlia di due anni per andare a ballare, un padre che abbandona la figlia di 4 sola casa per spacciare, una piccola abbandonata in macchina dai genitori fuori dal ristorante dove mangiavano serafici.
Violenza sessuale. Le cronache dell'ultimo anno e mezzo raccontano storie di bambine e ragazzine molestate da medici , insegnanti , presidi, datori di lavoro o da coetanei mentre si moltiplicano i casi di minorenni schiave,
buttate sulla strada, costrette al mestiere, senza scelta. Come a Reggio Calabria, dove piccole di appena dodici anni venivano costrette a prostituirsi per 50 euro, mentre a Napoli una madre disoccupata vendeva sua figia di appena dieci anni. Prostitute minorenni italiane, o arrivate da lontano, piccole schiave maltrattate e sbattute sui marciapiedi per pochi euro.
Figlie contese e rapite. Ne parlano gli atti giudiziari, i tribunali di figli "rapiti" da padri, da madri ai quali non erano stati affidat. Storie di ordinarie separazioni che finiscono a volte in tragedia, come il caso shock delle sorelline Schep: 280 lanci di agenzia raccontano la tragica vicenda  delle due piccole portate via dal padre che dopo una lunga fuga si è ucciso in Puglia annunciando di averle ammazzate.
Mutilazioni genitali. La cronaca riporta pochi casi di bambine infibulate o a rischio di infibulazione nel nostro paese, anche perche spesso questo alle piccole straniere accade quando vengono riportate nei loro paesi durante le vacanze, ma uno studio dell'ospedale san Camillo forlanini di Roma afferma  che ben due o tremila bambine residenti in Italia rischiano di venire infibulate.
Adolescenza difficile. Bambine che faticano a diventare donne, strette tra modelli estetici punitivi, inarrivabili, piegate tra anoressia, bulimia raccontano le cronache fino ai casi estremi, mentre tra le giovani si sta facendo largo la drunkessia, diffusa tra gli 11 e i 16 anni: le calorie necessarie si acquisiscono solo bevendo alcol. Per sotdirsi dimenticare quel rifiuto di sé.
Baby mamme. Non siamo come l'America o l'Inghilterra dove è un vero e proprio boom ma tra ignoranza e mancanza di educazione sessuale e di prospettive di vita, ogni anno sono oltre duemila le minorenni che diventano madri all'età in cui dovrebbero giocare con le bambole. La maggior parte abitano al sud, in sicilia, campania e puglia.



Centro immigrati alla Vaccheria E' realtà grazie al Pon del Comune
Il Comitato per la valutazione "Sicurezza per il Mezzogiorno" ha finanziato il progetto. Ci vivranno i richiedenti asilo
Corriere della sera, 11-10-2102
Antonella Palermo
CASERTA — A Caserta, in località Vaccheria, nascerà una struttura di accoglienza per immigrati richiedenti asilo, rifugiati o titolari di protezione internazionale. È stato infatti approvato il progetto che il Comune di Caserta ha presentato con delibera del settembre 2011 e che ha avuto il via libera dal Comitato di valutazione del Programma operativo nazionale «Sicurezza per lo Sviluppo» Obiettivo Convergenza 2007-2013, cofinanziato dall'Ue e gestito dal Ministero dell'Interno, per un totale di risorse superiore ai 29 milioni di euro.
Ventisei i progetti passati e, oltre a quello della città capoluogo, per la provincia di Terra di Lavoro c'è anche il «Country House», programma di riconversione di un immobile confiscato alla criminalità organizzata per la realizzazione di iniziative di imprenditoria solidale, proposto dal Comune di Castel Volturno per un importo di 800mila euro. Il finanziamento destinato a Caserta ammonta, invece, a 349.346,39 euro ed è finalizzato al «Centro di accoglienza Il bozzolo - Riqualificazione di un immobile sito in Caserta, frazione Vaccheria, Località Cugnaletto, da destinare all'accoglienza di immigrati extracomunitari richiedenti asilo o titolari di protezione internazionale». Così cita anche la delibera del 29 settembre del 2011 che, modificata ed integrata su indicazione del ministero il 3 ottobre scorso, garantisce la sostenibilità dei costi di gestione e di manutenzione ordinaria della struttura per i cinque anni successivi alla conclusione del progetto, a totale carico dell'Amministrazione, e prevede il mantenimento della destinazione d'uso dell'immobile riqualificato per l'accoglienza degli immigrati per almeno cinque anni.
LE DELIBERE - Ma proprio in merito alla destinazione del bene, la delibera del 3 ottobre scorso non fa riferimento ad una terza delibera con cui l'esecutivo guidato da Pio Del Gaudio ha gestito l'iter del finanziamento: quella con cui il 6 ottobre del 2011 la stessa giunta ha integrato il deliberato formulando «atto di indirizzo al dirigente del settore patrimonio affinché in caso di concessione del relativo finanziamento la struttura oggetto di intervento sia prioritariamente utilizzata per gli interventi di residenzialità temporanea delle donne immigrate maltrattate vittime di violenza». «La delibera iniziale - spiegò all'epoca al Corriere del Mezzogiorno l'assessore Emiliano Casale - parlava genericamente di una struttura per gli immigrati. Noi, a seguito delle preoccupazioni e dell'allarme che si era registrato tra la popolazione locale, abbiamo deciso di specificare l'ambito di intervento. Così, in considerazione della sensibilità che si ha sul tema nella nostra città e delle richieste che abbiamo in tal senso, abbiamo deciso di indirizzare il progetto a favore delle donne immigrate vittime di violenza». Il finanziamento cita, di fatto, solo la prima delibera. Si prospetta un nuovo caso.



Cie, ora inchiesta a Trapani
?Avvenire, 10-10-2012
Nello Scavo
Non sono ancora conclusi gli accertamenti disposti dalle prefetture di Modena e Bologna sugli appalti per la gestione dei Centri di identificazione ed espulsione delle due città. Intanto a Trapani gli investigatori stanno acquisendo informazioni alla ricerca di eventuali irregolarità.
La verifica dei requisiti tecnici e legali del consorzio siciliano l’Oasi sono in corso. Di pari passo procede l’inchiesta della procura di Modena che sta radiografando l’iter delle gare pubbliche e i precedenti penali di alcune delle persone che a vario titolo ricoprono incarichi dirigenziali. Nulla trapela, invece, dalla prefettura trapanese, unico ente ad avere convalidato l’appalto e che fino alla scorsa settimana nulla sapeva, hanno spiegato fonti prefettizie, dei controversi avvicendamenti alla direzione del consorzio. In Emilia, a quanto risulta, l’Oasi aveva ricevuto incarichi preliminari, ma gli enti territoriali non avevano ancora firmato alcuna convenzione proprio in attesa di chiarimenti.
Il nuovo presidente della cooperativa, l’avvocato Siracusano Emanuele Midolo, risulta infatti condannato a quattro mesi per falso in atto pubblico. Un episodio che il legale minimizza e che, a suo dire, in alcun modo può compromettere la validità dei contratti stipulati con le prefetture.
Su un altro centro d’accoglienza si sono concentrate nei mesi scorsi, dopo una inchiesta di “Avvenire”, le attenzioni dei magistrati. Si tratta del Cara di Mineo, il villaggio per richiedenti asilo che in mezzo alla campagna dell’entroterra siciliano ospita oltre duemila persone di oltre 50 nazionalità. Sulla strutture erano stati sollevati interrogativi a proposito di un anomalo numero di interruzioni volontarie di gravidanza forse collegate, sostengono alcuni operatori del volontariato, ad un giro di prostituzione interno alla struttura.
«Il Cara di Mineo – ha sostenuto il sottosegretario all’Interno, con delega all’Immigrazione, Saverio Ruperto – funziona perfettamente, e sta svolgendo la sua opera. Come è noto non è una competenza diretta del ministero dell’Interno, ma è il centro più grande d’Europa per i richiedenti asilo e funziona come deve».
Parole che contrastano con quanto sostenuto dall’Alto commissariato Onu per i Diritti Umani. François Crépeau, relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani dei migranti, ha visitato il Cie di Roma-Ponte Galeria, e poi le strutture di Firenze, Palermo, Trapani- Milo, Bari-Palese e Castel Volturno.
Pur tra molte perplessità, Crépeau nella sua relazione preliminare, si è detto «colpito dall’impegno della Guardia Costiera italiana e della Guarda di Finanza per salvare vite umane in mare, attraverso operazioni di ricerca e soccorso. Sono lieto di apprendere che la sicurezza di questi migranti in viaggio verso l’Italia rimane la loro priorità». Per l’incaricato Onu occorre rivedere gli accordi bilaterali come quello con la Libia. Un modello di partnership tra Paesi che rischia di «esternalizzare il controllo delle frontiere Ue», tanto più che sono note «le violazioni dei diritti umani nei confronti dei migranti sul suolo libico». Semmai «la cooperazione con Tripoli non dovrebbe mai portare alcun migrante ad essere ricondotto sulle coste libiche contro la sua volontà».
Altro nodo, la possibilità di trattenere gli immigrati dei Cie fino a 18 mesi. «Qualunque sia la terminologia usata dalle autorità italiane – osserva Crepeau –tali centri sono strutture chiuse che dovrebbero pertanto essere considerati come centri di detenzione, così come indicato dal diritto internazionale».



Multietnico football club
La squadra A.S. Fenice al Gratosoglio dove 60 calciatori su 100 sono extracomunitari
Corriere della sera, 11-10-2012
Ci sono gli egiziani, i marocchini e i tunisini. Poi gli albanesi e i montenegrini. Dei filippini, qualche peruviano e un cubano. Infine gli italiani, la minoranza. L'ultima frontiera del calcio milanese è qui, in via Saponaro sotto le Torri Bianche del quartiere Gratosoglio. Due campetti, un fazzoletto verde d'erba spelacchiata tra i palazzi dell'Aler, una casa di riposo per anziani, un centro medico e la parrocchia di San Barnaba. È la sede della A.S. Fenice, minuscola società di football, la più multietnica della città. Su 100 giovanissimi calciatori (dai 6 ai 20 anni), sessanta sono extracomunitari. Danilo Daniele, 52 anni, dirigente d'azienda, è il «presidente operaio», così si definisce, della Fenice: «Taglio l'erba del campo, disegno le strisce, tengo i rapporti con i genitori dei miei calciatori e con il Consiglio zona». La Fenice è nata nel 2004 e «in poco tempo è diventata l'unico punto di aggregazione per gli extracomunitari del quartiere». Che sono sempre di più. «L'integrazione avviene solo aprendo le porte, non chiudendole».
Il progetto della società non è solo sportivo, ma soprattutto educativo. La scuola per esempio: «Alcuni di questi ragazzi provengono da famiglie in difficoltà, spesso mi è capitato di andare ai colloqui con gli insegnanti al posto di madri e padri. E se uno va male a scuola troviamo il modo di punirlo senza castrarlo. La classica minaccia è "Non giochi più a calcio". Invece, da noi, chi porta brutti voti si allena ma non viene convocato per le partite fino a quando la pagella non migliora». A differenza delle scuole calcio, dove l'iscrizione costa 300-400 euro l'anno, alla Fenice i prezzi sono popolari: «La quota è di 130 euro, il costo del materiale tecnico per vestire un ragazzino, ma il 40% dei nostri non se lo può permettere. Allora i soldi li mettiamo noi dirigenti, una possibilità di giocare a calcio non la si nega a nessuno».
Il denaro, al solito, è un problema. Lo sponsor dei rossoblu, i colori sociali, è la Trattoria Vecchia Fornace che contribuisce con 200 euro l'anno. «Per il resto ci finanziamo con mercatini, lotterie e l'affitto serale del campo». Campo che confina con un parchetto pubblico e una pista da skateboard, la piazza principale dello spaccio al Gratosoglio. Pusher che ogni tanto affittano il rettangolo verde per le loro partitelle notturne.
Intanto, la Fenice alleva futuri campioni: «Un ragazzo ce l'ha preso il Milan, con cui abbiano avviato un rapporto di collaborazione, un altro l'Inter, un terzo il Pavia». Che sia un club multietnico lo dimostra anche lo «staff» dirigenziale. Il braccio destro di Danilo Daniele è un signore egiziano a Milano da venticinque anni. Si chiama Mohamed Saber: «Mi occupo di tutto, dal coordinare gli allenamenti alle trasferte per i tornei». Mohamed ha due figli maschi, che giocano a calcio. Neanche a dirlo, tesserati per la Fenice.

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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