Pericolosità sociale: se la Cassazione «boccia» le norme della sanatoria 2009

Italia-razzismo
Lo scorso 6 luglio la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo un aspetto del provvedimento di regolarizzazione del 2009 (sentenza 172/2012). Si tratta della parte in cui quella legge rigettava automaticamente l’istanza di regolarizzazione del lavoratore straniero condannato per uno dei reati previsti dall’art. 381 del codice penale, senza prevedere l’accertamento della concreta pericolosità della persona.

Nonostante per i reati indicati sarebbe ammissibile l’arresto in flagranza, questo è comunque subordinato alla verifica della gravità del fatto, ovvero della pericolosità del soggetto. Una pericolosità, dunque, desunta – come recita la norma – dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto. Questo significa che, se anche per procedere all’arresto in flagranza è necessaria una specifica valutazione «di elementi ulteriori rispetto a quelli consistenti nella mera prova della commissione del fatto», a più forte ragione – secondo la Consulta – non può desumersi automaticamente dalla condanna per questi delitti la pericolosità sociale del soggetto. In questo senso, è illegittimo rigettare l’istanza di regolarizzazione senza accertamenti ulteriori.
La Consulta ha precisato come l’automatismo di questa presunzione assoluta di pericolosità sociale sia tanto più irragionevole in quanto lede i diritti fondamentali della persona. Diritti – ha ancora una volta precisato la Corte – dei quali è titolare anche lo straniero non comunitario, perché la condizione giuridica dello straniero non deve essere «considerata – per quanto riguarda la tutela di tali diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati o peggiorativi».
Né diritto penale d’autore, quindi, né sotto-sistemi giuridici speciali per i migranti, pena la violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza.
Ma non è stato solo l’articolo 381 del codice penale a determinare la selettività della sanatoria del 2009. La stessa, infatti, doveva essere rivolta esclusivamente a colf e badanti escludendo così tutti i lavoratori impiegati in altre mansioni. È successo, quindi, che molti stranieri impiegati irregolarmente in altri settori si affidassero a datori di lavoro fittizi, sborsando enormi somme per accedere alla sanatoria e finendo in preda al racket. Su un altro aspetto, altrettanto selettivo, si era espresso il Consiglio di Stato nel marzo del 2011. Si tratta del fatto che numerose domande di regolarizzazione avevano ottenuto parere negativo a causa della presenza di provvedimenti di espulsione non ottemperati, rischiando, al tempo, la reclusione fino a quattro anni. Il Consiglio di Stato non aveva dichiarato esplicitamente che il reato di mancato ottemperamento non doveva essere considerato ostativo ma aveva precisato che tale decisione dovrà tener conto del fatto che, a causa della direttiva comunitaria sui rimpatri (2008/115/CE), era a rischio la sussistenza dello stesso reato. Anche quello era stato un piccolo passo verso la tutela dei diritti delle persone straniere.
l'Unità, 12-07-2012

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