Il caso Balotelli


Mauro Valeri

Il giudice sportivo ha emesso la sentenza per gli insulti contro Mario Balotelli, di cui abbiamo scritto nell’articolo “Attacco antirazzista” per la rubrica “All’ultimo stadio”. E’ una sentenza che conferma le nostre perplessità. Il giudice, infatti, non ha neanche preso in considerazione gli ululati rivolti al giocatore interista dai tifosi bolognesi. Eppure tutta la stampa li aveva segnalati come razzisti. Nessuna ammenda neanche per i cori che avevano contestato la lettura del messaggio antirazzista diffuso dagli altoparlanti dello stadio Olimpico di Torino. Unica ammenda, di 20.000 euro, per i cori contro Balotelli, che però il giudice non ha ritenuto di carattere razzista, ma più semplicemente “insultanti e incitanti alla violenza”. Il che ha permesso di irrogare un’ammenda assai meno pesante rispetto alla ventilata squalifica del campo, anche perché invece è stata riconosciuta la “solita” attenuante: la società ha “concretamente operato onde prevenire tali deplorevoli comportamenti”. Le conseguenze sono almeno tre. 1) Aumenta la discrepanza tra le decisioni adottate dal giudice sportivo e ciò che invece registrano i giornalisti e gli spettatori; vengono così a crearsi due mondi che finiscono per screditarsi a vicenda, con un pessimo risultato per un serio dibattito sul razzismo calcistico; andando avanti di questo passo, sarebbe scandaloso organizzare in Italia gli Europei 2016. 2) Aumenta la discrepanza tra una normativa severa e la sua mancata applicazione, discrepanza che abbiamo già visto attiva in altri ambiti, e che rafforza l’impressione che oggi lo stadio stia assumendo un ruolo d’avanguardia per una “normalizzazione del razzismo”: abituare gli spettatori ad assistere a comportamenti razzisti, ad ascoltare i “versi della scimmia” rivolta ai calciatori neri o a vedere sventolare bandiere esaltanti un’ideologia razzista, perché così nessuno poi si possa stupire quando ciò accadrà (o già accade) anche fuori dallo stadio. 3) Aumenta anche la solitudine della vittima, di cui abbiamo già scritto; Balotelli sicuramente si sentirà poco tutelato dal razzismo, così come molti si sentiranno invece accreditati a insultare con modalità razziste pensando di non meritare alcuna ammenda (discorso che ovviamente non si limita solamente allo stadio); sebbene possa sembrare un’ipotesi remota, nessuno si dovrebbe stupire se un domani, un ragazzo di diciannove anni decide di non voler più giocare in stadi in cui è sistematicamente insultato (ma forse questo è il desiderio nascosto di molti razzisti). Fa bene chi oggi sostiene che Balotelli merita doppiamente la Nazionale – per meriti sportivi e “storico-culturali” - (sebbene è bene ricordare che Mario non è “un ragazzo che proviene da un altro continente”, perché è nato e cresciuto in Italia). Ma detta così sembrerebbe una proposta solo d’immagine. Alcuni anni fa Gianni Rivera, all’indomani di un eclatante episodio di razzismo preventivo, cioè messo in atto da tifosi che non volevano che la propria società ingaggiasse un calciatore nero, propose, con un fare volutamente provocatorio, una sorta di “quota” da riservare domenicalmente a calciatori neri: per contratto, ogni squadra doveva schierarne in campo almeno uno. Purtroppo, nonostante un aumento dei calciatori neri, negli stadi il razzismo non è diminuito, perché è evidente che bisogna combatterlo quotidianamente, dentro e fuori dagli stadi.

Share/Save/Bookmark