Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

04 febbraio 2014

Un patto costituente dal basso
il Manifesto, 04-02-2014
Alessandra Sciurba
Migranti. Il documento: smilitarizzazione dei territori e delle frontiere, abolizione dei visti, e "Dublino" da abrogar
Il 2 febbraio del 2014 la Carta di Lampedusa ha iniziato a muovere i suoi passi nel mondo a partire dal rovesciamento del ruolo imposto all’isola da cui prende il nome: da frontiera e confine del Mediterraneo e dell’Europa, a centro propulsore di una nuova visione dello spazio mediterraneo ed europeo.
Una visione che si può costruire soltanto a partire dall’eliminazione delle politiche migratorie e del pensiero che ad esse sog­giace, perché abbatterle, spiega il Preambolo, significa non soltanto affermare i diritti di una parte della popolazione, ma anche costruire «una radicale trasformazione dei rapporti sociali, economici, politici, culturali e giuridici (…) a partire dalla costruzione di un’alternativa fondata sulla libertà e sulle possibilità di vita di tutte e tutti senza preclusione alcuna che si basi sulla nazionalità, cittadinanza e/o luogo di nascita».
Libertà di movimento; libertà di scelta; libertà di restare; libertà di costruzione e realizzazione del proprio progetto di vita in caso di necessità di movimento; libertà personale; libertà di resistenza: principi che — senza lasciare alcun margine di media­zione — mettono al centro i desideri delle persone, e il valore della loro vita in tutte le dimensioni in cui essa si esprime a partire dal «riconoscimento che tutte e tutti in quanto esseri umani abitiamo la terra come spazio condiviso e che tale apparte­nenza comune debba essere rispettata».
Solo nella seconda parte della Carta questi principi sono declinati nel linguaggio delle politiche attuali, perché con esse è necessario confrontarsi e il loro definitivo superamento è presupposto indispensabile della nuova geografia politica, territoriale ed esistenziale costruita dalla carta di Lampedusa.
Il primo obiettivo e quindi quello della «smilitarizzazione», affermando la necessità dell’immediata abolizione di tutte le ope­razioni legate alla militarizzazione dei territori e alla gestione dei dispositivi di controllo dei confini». A partire da esso la libertà di movimento implica l’abolizione dei visti, delle quote di ingresso, del legame tra soggiorno e possesso di un contratto di lavoro e dei vincoli imposti ai ricongiungimenti familiari (sottolineando l’enorme processo di clandestinizzazione delle per­sone che questo sistema ha prodotto), così come del principio delle «clausole migratorie» imposto dall’Ue ai paesi di origine e transito dei migranti. L’affermazione della libertà di scelta comporta l’immediata abrogazione del Regolamento di Dublino che impone a chi chiede asilo di poterlo fare solo nel primo paese europeo che raggiunge, ignorando i percorsi delle persone e i loro legami affettivi. La libertà di restare declina un nuovo concetto del diritto al lavoro e all’abitare, del diritto di cura e di accesso al welfare, del diritto all’istruzione e del diritto alla preservazione e alla costruzione del proprio nucleo familiare e affettivo, così come alla partecipazione politica e sociale, oltre che la necessità dell’affermazione di un linguaggio della non discriminazione e di nuove forme di cittadinanza radicalmente più inclusive anche del principio dello ius soli.
In caso di necessità di movimento viene affermata l’illegittimità dei respingimenti formali e informali e dell’esternalizzazione della protezione internazionale, e la necessità di aprire canali di arrivo garan­tito che non costringano più le persone a rischiare la propria vita nel tentativo di salvarla, con la predisposizione di attività di accoglienza diffusa, auto-gestionaria e auto-organizzata. La libertà di resistenza comprende anche il diritto/dovere di disobbedire a leggi ingiuste.
La libertà personale, infine, muovendo dalla denuncia di tutte le violenze e le morti impunite che si sono susseguite negli ultimi decenni, è declinata nella necessità di abrogare immediatamente la detenzione amministrativa e di chiudere i centri in cui essa avviene, nonché tutte le strutture di accoglienza contenitiva.
Questi principi non compongono una proposta di legge, né sono una richiesta agli stati o ai governi: sono il fondamento di un patto costituente che afferma un diritto dal basso, delle dichiarazioni che sono già azioni e che uniscono le molteplici realtà che le hanno sottoscritte e tutte quelle che lo faranno nell’impegno di praticarle. La Carta è uno strumento nuovo e prezioso anche solo per le modalità con cui è stato elaborato. La sua storia si scrive da oggi in poi.



«Lo Stato ci dia lo status di schiavi». Richiesta choc degli immigrati del Napoletano
Il Mattino, 04-02-2014
Chiedono lo status di schiavi per sfuggire al ricatto dei loro "padroni", i datori di lavoro di Sant'Antimo che, sottraendo loro i passaporti, li costringono a lavorare fino a 14 ore al giorno senza riposo settimanale con una paga, quando raramente corrisposta, che non arriva a 250 euro al mese.
È la paradossale ma disperata richiesta di aiuto, raccolta dall'associazione per la difesa dei diritti degli immigrati «3 Febbraio», delle centinaia di cittadini bengalesi, molti dei quali clandestini, da anni utilizzati nelle fabbriche tessili di Sant'Antimo e di altri comuni vicini a nord di Napoli.
«Denunceremo per riduzione in schiavitù - si legge in un comunicato dell'associazione - gli imprenditori italiani e bengalesi chiedendo al prefetto che siano concessi a tutti i firmatari i permessi di soggiorno per motivi umanitari così come previsto dall'ex articolo 18 della legge 40 sull'immigrazione».
Ieri, per la prima volta, i bengalesi di Sant'Antimo si sono riuniti in assemblea in una sala della parrocchia del paese. «È stata l'occasione per molti di loro di uscire coraggiosamente dall'anonimato - spiega Gianluca Petruzzo di 3 febbraio - e le storie di sfruttamento e di violenza che hanno raccontato non sono certo degne di un Paese civile. Ribadiremo il nostro no al nuovo schiavismo il prossimo 21 febbraio nella piazza di Sant'Antimo in occasione della festa della lingua del Bangladesh».



"Bengalesi schiavi nelle fabbriche alle porte di Napoli"
Turni massacranti per meno di tre euro l’ora nelle aziende tessili di Sant’Antimo. I lavoratori si sono riuniti in assemblea e si mobilitano insieme alle associazioni. 3 Febbraio: "Il prefetto rilasci permessi di soggiorno umanitari”
stranieriinitalia, 04-02-2014
Napoli  – 4 febbraio 2014 - Ostaggi dei datori di lavoro, con turni da quattordici ore al giorno pagati meno di tre euro l’ora. Ancora schiavi, ancora in Italia. Non nei campi del meridione o nei capannoni della periferia di Prato, ma a S.Antimo, paese dell'hinterland napoletano, impiegati nell’industria tessile locale.
Sono soprattutto cittadini bengalesi, il più delle volte senza permesso di soggiorno. E i loro passaporti sono spesso sequestrati dai datori di lavoro, connazionali, che li privano così della possibilità di andarsene, magari per cercare altrove un lavoro degno di questo nome.
Ora, però, gli sfruttati stanno alzando la testa. Domenica scorsa oltre cento bengalesi si sono riuniti in assemblea a S.Antimo per denunciare la loro situazione, insieme a diverse realtà sociali del terzo settore, a cominciare dall’associazione antirazzista 3 Febbraio. E il 21 febbraio, in occasione della festa della lingua del Bangladesh, è prevista una giornata di mobilitazione.
“Questa non è umanità ma è schiavitù” spiega l’Associazione 3 Febbraio. “Per questo denunceremo per riduzione in schiavitù il padrone chiedendo al prefetto che siano dati i permessi di soggiorno per motivi umanitari ex. art. 18 del Testo Unico sull'Immigrazione. Questo dramma non può passare inosservato, non vogliamo che si ripetano tragedie come quella di Prato dove morirono lavoratori cinesi colti nel sonno da un incendio nelle stesse fabbriche dove lavoravano”.
 


"Vogliamo un posto letto nel Cara" sit in degli immigrati davanti alla Prefettura
la Repubblica, 04-02-2014
FRANCESCA RUSSI
In fila su corso Vittorio Emanuele. In segno di protesta. Così questa mattina i migranti che chiedono un posto letto nel Cara hanno invaso la strada bloccando il traffico. I giovani, una quarantina soprattutto afgani, pakistani e irakeni, hanno paralizzato per qualche minuto la circolazione. A protestare, in contrasto però con gli immigrati, ci sono anche alcuni cittadini baresi senza casa che sono sotto la prefettura in attesa di notizie dal vertice sul l'emergenza abitativa convocato oggi dal prefetto Antonio Nunziante.
I migranti sono tornati a manifestare ancora una volta dopo il sit in della settimana scorsa e dopo aver bloccato il lungomare di Bari a dicembre e aver invaso il cortile della questura a novembre. I giovani, tutti tra i 20 e i 26 anni, chiedono un posto dove dormire. "Vogliamo un letto nel Cara" spiegano i ragazzi. Il problema, però, è che nel Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Palese non c'è più spazio, gli ospiti dei prefabbricati sistemati nell'ex aeroporto militare sono circa 1200, ben oltre la capienza regolamentare del centro.
"Passiamo la notte tra i binari e al freddo -  raccontano i migranti  -  siamo qui da quattro mesi e dormiamo per strada. Nel nostro paese se vedessimo qualcuno dormire per strada, lo inviteremmo a casa". Poi esibiscono i fogli di convocazione della questura per l'identificazione attraverso le impronte digitali. "Tempi lunghi  -  lamentano  -  veniamo rinviati ogni volta da una parte all'altra". In corso Vittorio Emanuele a vigilare sulla protesta polizia e carabinieri.



La lingua italiana e la trappola dell'integrazione
A marzo gli effettí dell'«accordo»
La Gazzetta del Mezzogirono, 04-02-2014
GIANLUIGI DE VITO
Stanno per cominciare i corsi di lingua e cultura italiana nelle sedi dei Ctp, i Centri territoriali permanenti per l'educazione in età adulta. Per capirci, si tratta delle scuole di riferimento che attivano percorsi formativi per i non italofoni. I corsi saranno attivati nell'istituto comprensivo «Morea-Tinelli» a Alberobello, nell'istituto comprensivo «San Giovanni Bosco-Melo» a Bari, e nell'istituto comprensivo «Nunzio Inganna-morte» a Gravina. (informazioni allo 080 4059370 e-mail: segrete- Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. )
I corsi, attivati, grazie ai fondi europei per l'integrazione, dalla Regione e dall'Associazione Quasar di Putignano, non sono una novità. Ma c'è un motivo in piú per sottolinearne l'importanza. L'italiano e l'educazione civica non sono piú un requisito richie- sto solo a chi vuole un permesso di soggiorno di lunga durata (cinque anni). Sono requisiti necessari per tutti coloro i quali intendano rinnovare il permesso di soggiorno per piú di anno. E questo è uno degli effetti dei pacchetto sicurezza che Fallora ministro Maroni ha voluto declinasse un accordo di integrazione tra lo straniero e lo Stato. Il regolamento dell'accordo di integrazione è fissato nel decreto del presidente della Repubblica n. 179 dei 14 settembre 2011, pubblicato in Gazzetta ufficiale I'll novembre 2011 ed entrato in vigore il 10 marzo 2012. A marzo prossimo comincerà a produrre i suoi effetti. La stipula dell'accordo di integrazione, contestuale alla richiesta dei permesso di soggiorno superiore a un anno, avviene nello lo Sportello unico fra il migrante e il prefetto (o un suo delegato). Dura 2 anni è prorogabile di un anno e interessa chi entra in Italia per la prima volta e ha compiuto almeno 16 anni. Sono esonerati i migranti con patologie e disabilità gravi, le vittime di tratta e di violenza. Il comma tre dell'art.2 stabilisce: «All'atto della sottoscrizione dell'accordo sono assegnati alio straniero sedici crediti formativi corrispondenti al livello A1 di conoscenza della lingua italiana e parlata e al livello sufficiente di conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia». Il comma quattro: «Con l'accordo lo straniero si impegna a: a) acquisire un livello adeguato di conoscenza della lingua italiana parlata equivalente almeno al livello A2 di cui al Quadro comune di riferimento europeo (Qcre); b) acquisire una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica e dell'organizzazione e funzionamento delle istituzioni pubbliche in Italia; c) acquisire una conoscenza della vita civile in Italia, con particolare riferimento ai settori della sanità, della scuola, dei servizi sociali, dei lavoro e agli obblighi fiscali; d) garantire l'adempimento dell'obbligo di istruzione da parte dei figli minori». E ancora. L'articolo tre: «Lo straniero partecipa gratuitamente alla sessione di formazione civica e di informazione sulla vita civile in Italia [...] entro i tre mesi successivi a quello di stipula dell'accordo [...] La mancata partecipazione alla sessione di formazione civica e di informazione dà luogo alla perdita di 15 dei 16 crediti assegnati all'atto della sottoscrizione!...]»
Tentiamo una sintesi. Chi entra in Italia e vuole un permesso di soggiorno per piú di un anno deve sottoscrivere un patto for-mativo per adempiere al quale ha due anni. Riceve subito 16 crediti ma deve centrare in due anni (piú uno) tutti e quattro gli obiettivi: a) raggiungere 30 crediti formativi (partendo da 16); b) documentare la conoscenza dell'italiano A2 parlato; c) attestare la conoscenza della cultura civica e vita civile; d) adempiere all'obbligo scolastico dei figli minori. Solo cosi il patto si riterrà estinto per adempimento. Se uno dei criteri non sarà soddisfatto scatterà la proroga di un anno; poi, l'espulsione. Che è immediata se non viene soddisfatta la quarta condizione (figli a scuola). In assenza di documentazione idonea, il migrante deve sottoporsi a test linguistico e culturale: test gratuito, a cura dello sportello unico, ma che potrà essere svolto solo presso i Ctp.
La norma è entrata in vigore nel 2011 e a marzo sono previste le prime verifiche dei requisiti. Facile dunque capire come i Ctp as- sumano un ruolo determinante. Non senza problemi, limiti e contraddizioni che allungano ombre inquietanti sull'integrazione lin-guistica. Il terzo settore, quello piú vicino ai migranti ha le mani legate. E questo apre autostrade al privato sociale abituato a speculare.



Quando in Italia ho trovato l'America
stranieriinitalia.it, 04-02-2014
Adrian Bogdan
Ricordo quando appena arrivato in Italia, nel lontano 1999, dopo aver imparato in fretta l’essenziale della lingua, un mio nuovo collega di lavoro italiano mi aveva detto: “Ragazzo, tu qua hai trovato l’America!”
Oggi penso a quelle parole e non sento alcun dispiacere per me, un romeno povero che qui in qualche modo ce l’ha fatta, ma per lui. Per quel mio collega italiano che non vedo più d’allora. Nelle sue parole si leggeva una fierezza incommensurabile per quanto era bella Italia quei tempi. La mia America, la sua patria.
Partito dalla Romania con solo due spiccioli in tasca e senza alcuna promessa, la povertà era una mia stretta conoscente. Quindi, anche se non avessi trovato l’America mi sarei arrangiato in qualche maniera. Che cosa fa lui adesso però, giacché la povertà non l’ha mai conosciuta? Come fa senza la sua America? Dove è quel paese meraviglioso che avevo trovato e che sta scomparendo a vista d’occhio?
Ricordo assai bene il mio primo giorno in Italia. Anzi, la prima notte, visto che ero arrivato di notte in treno. Ricordo il pensiero che mi assaliva incessantemente quando da Firenze a Lucca il treno passava sotto le luci di una città che non finiva mai: “Io so che New York sia una delle più grandi città del mondo, ma qui sto in un treno che da 45 minuti passa in mezzo a una città che non finisce più!” Tra Firenze e Lucca, infatti, c’è tutto un centro abitato, e un comune s’immerge nel prossimo comune. Per me quella notte, la mia prima notte italiana, l’effetto era stato incredibile. Ecco qui la mia America, sapevo di averla trovata!
I giorni che seguirono al mio arrivo mi hanno mostrato anche la brutta faccia di questa “America”. Senza soldi e amici, me la sono vista brutta. So che alcuni romeni come me, siano passati dal punto di arrivo che ero passato anch’io. Quando arriva la notte e non sai dove andare a dormire, quando numeri gli spiccioli in tasca per vedere se puoi comprare un pezzo di pane e uno iogurt anche domani.
Ma non contava, ero felice perché ero arrivato in “America”. E per capire esattamente cosa vuole dire arrivare qua per un romeno come me quei tempi, dovresti essere proprio un romeno quei tempi. Spendere tutto quello che avevi per un visto d’ingresso Schengen, credere che lì ci sia la tua stella e che ti aspetti.
Dovresti aver provato cercare lavoro nella Romania post comunista ed essere giovane e non raccomandato, per capire cosa voleva dire arrivare qua, in quest’America.
Cosi, dopo i primi giorni vissuti al limite dell’esistenza, il mio unico pensiero che s’insedio nella mia testa fu: “Io da qui non ci torno, o dopo essere riuscito, o solo con i piedi avanti!”
Non so  se tantissimi altri romeni siano passati dalla stessa stazione di arrivo come la mia, ma posso dire che quelli che siano passati si sentono molto affezionati a questo paese. Se lo sono conquistato. Se lo sono meritato. L’hanno fatto la loro America. Come me.
Sono più italiano adesso nel mio sentire, di quanto mi sento romeno. Non perché ho fatto una trasfusione di sangue e di nazionalità, non lo puoi mai fare, ma perche qui io la mia America me la sono costruita. Un pezzettino alla volta, un giorno dopo l’altro. Con molta fatica ma anche con tanta speranza. Speranza che non mi ha mai abbandonato questi anni.
E sono molto in ansia per quest’America. L’America mia ma anche del mio collega italiano, perso da qualche parte nel passato. Che non sembra più tanta America, ma si sta trasformando in una reale Romania lasciata dietro tanto tempo fa!
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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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