Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

27 maggio 2011

Lasciateci entrare nei Cie
Il Manifesto 27 maggio 2011
Fora da i bail, giornalisti compresi. In ltalia è di nuovo censura. Dal pri-mo aprile una circolare del ministe- ro dell'Interno (prot. n. 1305 del 01.04.2011) vieta alla stampa l'in- gresso nei centri di identiflcazione e espulsione (Cie) e nei centri di acco- glienza per richiedenti asilo politico (Cara). Il pretesto giuridico è la di- chiarazione dello stato di emergenza per gli sbarchi. Un salto indietro di diversi anni, quando la direttiva Pi- sanu stabilï che nei centri di espulsio-ne, che allora si chiamavano Cp
t, nessun giornalista poteva entrare, se non al seguito di qualche delegazio- ne parlamentare. Anzi pure peggio, perché oggi la stampa non può entra-re nemmeno con i parlamentari. Chiediamo pertanto al governo di ri- spettare il diritto di cronaca e l'artico- lo 21 della Costituzione, che sancisce la libertà di stampa. La censura non può essere istituita con una circolare del Viminale. I Cittadini hanno il di-ritto di essere informati. E la stampa di monitorare quello che succede nei centri dove in queste ore sono detenu- ti migliaia di Cittadini tunisini in at- tesa del rimpatrio forzato.

Giovanni Maria Bellu, Raffaella Cosentino, Gabriele Del Grande, Stefano Galieni, Cinzia Gubbini, Alessandro Leogrande, Stefano Uberti, Antonello Mangano, Marco Rovelli




Migranti sulla gru, sanatoria per 24 mila
Corriere della Sera 27 maggio 2011
Claudio Del Frate
Erano scesi in campo in sei, hanno vinto in 24mila. La vicenda degli immigrati che nel novembre scorso vissero per 17 giorni arrampicati in cima a una gru di Brescia reclamando il permesso di soggiorno ha avuto il suo epilogo ieri quando il Ministero dell’Interno ha reso noto che i sei hanno diritto alla «carta» per rimanere in Italia. Non solo loro, ma tutti quelli che si erano visti rifiutare il permesso per essere incorsi nel reato di immigrazione clandestina. Che secondo le prime stime sarebbero circa 24mila in tutta Italia. Decisivi per il compiersi della vicenda sono stati oltre sette mesi di estenuante braccio di ferro politico e giudiziario, ma soprattutto due sentenze— una della Corte europea, l’altra del Consiglio di Stato— che hanno fortemente indebolito proprio il reato di immigrazione clandestina introdotto dall’Italia. Alla luce di questi due pronunciamenti la circolare diramata ieri dal Dipartimento per le libertà civili e per l’immigrazione del Viminale invita in pratica i prefetti a concedere il permesso di soggiorno anche ai «sans papier» a cui era stato negato solo perché denunciati in quanto irregolari sul territorio nazionale. Gli stranieri interessati al provvedimento sono quelli che fecero domanda per la sanatoria del 2009: per emergere dalla loro situazione di clandestinità pagarono 500 euro e fecero presentare la richiesta da un datore di lavoro; erano tutti operai «in nero» che da anni si trovavano in Italia. In corso d’opera arrivò però la cosiddetta «circolare Manganelli» che negava la sanatoria a chi era già stato denunciato per clandestinità. Il casus belli provocò proteste in diverse città d’Italia, la più clamorosa a Brescia dove sei migranti rimasero oltre due settimane sospesi tra terra e cielo in un cantiere della metropolitana cittadina. «Siamo stati truffati dallo Stato, vogliamo il permesso» fu il loro grido di battaglia che spaccò in due l’opinione pubblica e provocò anche scontri di piazza tra forze dell’ordine e manifestanti. Nella lunga battaglia legale — condotta dagli avvocati Alberto Guariso e Manlio Vicini, quest’ultimo figlio dell’ex ct della Nazionale Azeglio — — i migranti (la punta di un iceberg che nella sola Brescia coinvolgeva 760 extracomunitari) trovarono l’assistenza dei sindacati confederali, della Curia locale e dell’associazione «Diritti per Tutti» . Grazie alle due sentenze e alla nuova circolare del Viminale è stato evitato che i Tar di tutta Italia fossero intasati da ricorsi e che lo Stato fosse costretto a pagare forti indennizzi. Ora basterà riproporre le domande di sanatoria. «E’ stato scongiurato che si compisse una grave ingiustizia— commenta Damiano Galletti, segretario della Cgil bresciana— e il ministro Maroni ha dovuto accettare una soluzione che era parsa fin da subito l’unica percorribile. Dobbiamo dire grazie anche all’Europa e al suo pronunciamento in merito al reato di clandestinità» . Le parti coinvolte ieri hanno espresso la loro soddisfazione ma sono stati mesi difficili per tutti, a cominciare da «Jimi» Ahmed, egiziano, uno dei sei protagonisti della protesta in cima alla gru e che in questi mesi è sempre rimasto a Brescia: «Non ho mai potuto lavorare regolarmente e con continuità— racconta adesso— nonostante sentissi di averne diritto in quella che considero adesso la mia seconda patria. Ora sono contento di aver vinto questa battaglia, per me e per tutti i clandestini che rischiavano di subire una truffa» .





Cgil, Viminale sospende circolare su permessi soggiorno
Adnkronos 27 maggio 2011
''Il ministro Maroni sospende la circolare migranti che recepiva le disposizioni del Consiglio di Stato sulla sanatoria del 2009''. Lo denuncia il segretario confederale della Cgil, Vera Lamonica, spiegando che ''con una circolare di ieri il Ministero degli Interni ha bloccato le disposizioni contenute in una precedente circolare, emanata appena due giorni prima, dallo stesso ministero''. Quest'ultima, spiega il dirigente sindacale, ''recepiva correttamente la decisione del Consiglio di Stato sulla sanatoria del 2009. Una sanatoria che aveva visto esclusi dall'assegnazione dei permessi di soggiorno, per effetto della cosiddetta circolare Manganelli, i lavoratori stranieri che avevano avuto un precedente ordine di espulsione''.




Immigrati, ricorso al Tar "Braccialetti ai politici razzisti"
Repubblica.it 27 maggio 2011
''Sulla questione dei braccialetti con cui sono stati identificati un gruppo di immigrati della capitale faremo un ricorso al Tar. Abbiamo già contattato un avvocato''. Ad annunciare la nuova azione legale è il portavoce dell'associazione di immigrati Dhuumcatu, Bachu. Così dopo l'esposto presentato in procura sulla vicenda dei braccialetti agli ambulanti abusivi in piazza di Spagna, con cinque dei settanta "identificati" dai vigili urbani che lo scorso martedì hanno presentato una denuncia, ora anche ora anche l'associazione Immigrati scende in campo contro il blitz della municipale. ''Oltre a questa azione legale la prossima settimana faremo 23 braccialetti identificativi di 23 politici italiani razzisti, primo tra tutti il sindaco Alemanno - prosegue Bachu - e li distribuiremo in alcuni punti strategici della città, e davanti al Campidoglio. Sarà un atto simbolico per svegliare l'opinione pubblica su chi sono i politici che in questi anni hanno aumentato il livello di discriminazione razziale e abbassato la qualità di vita e di lavoro degli immigrati''



Tunísia, violenze sui migranti a Shousha
Avvenire 27 maggio 2011
D. A.
«Verso Tuna i tunisini - ci hanno raccontato i migranti per telefono - hanno tagliato coi coltelli le tende, rubato le cose dei migranti, e dato fuoco alie tende. Questa notte i 3.500 migranti dormiranno alTaddiaccio, e qui la notte la temperatura scende verso i 15 gradi, senza aver mangiato niente tutto il giorno.Tutto questo sotto gli occhi delia polizia e delTesercito tunisino». Scrive cosi Da Benguardane in Tunisia, don Sandro De Pretis, sacerdote di origine trentina prima in Gibuti e da qualche mese a Tripoli. Per verificare di persona, don De Pretis, martedi 24 ha cercato di raggiungere il campo di Shousha, accompagnato da una dottoressa eritrea. «La situazione era peggio di quanto ci aspettassimo: centinaia, se non un migliaio, di tunisini erano andati con le loro macchine verso il campo per dare una lezione ai migranti.Arrivati verso il campo ci hanno circondato l'auto, hanno aperto le porte e ci hanno minacciato.Abbiamo visto che facevano correre verso il campo il gruppo degli eritrei usciti, come se fossero una mandria di bestie, colpendoli con bastoni». «Siamo rimasti scossi dallo spettacolo di violenza di gruppo, evidentemente ben organizzata nel giro di 24 ore, nella certezza dell'impunità», continua don Sandro, che vista la situazione di pericolo, ha rinunciato a entrare nel campo profughi tornando a Benguardane. II dramma dei profughi di Shousha è stato denunciato anche da don Mosè Zerai che ha chiesto all'Europa di intervenire.




Quel prefetto che gioca con gli immigrati
Il Fatto Quotidiano 27 maggio 2011
Elisabetta Requitti
Il professor Antonio D'Andréa lo avevamo conosciuto per essere stato il relatore della tesi di laurea, trat- tata in maniera "sciatta", del ministro Mariastella Gelmini. Lo stesso professore aveva ricordato: "Per quella tesi non ho voluto dare nemmeno un punto in più alla media dei voti. Non soltanto per come era stata scritta, a tirar via, ma soprattutto per come la Gelmini venne ad esporla in sede di discussione.
Oggi invece il docente, ordinário di Diritto costituzionale, interviene sul¬la protesta dei migranti che, prima so¬no saliti sulla gru e poi hanno occu- pato il sagrato del Duomo di Brescia. Spiega D Andrea come questa vicen- da rappresenti una questione di "civil- tà giuridica" di interesse generale ma gestita solo dal punto di vista politico dal prefetto Livia Narcisa Brassesco Pace. La stessa persona (autorità) che aveva taciuto di fronte allo scempio della scuola di Adro marchiata con il " Sole delle Alpi "eche oggi,più che un rappresentante dello Stato, sembra essere il braccio armato delia Lega a dispetto dell'interesse della collettivi- tà.
Stiamo parlando di un prefetto as- servito alia politica?
Sembra proprio cosi e mi rammarico di ciò. La protesta è stata sospesa per due settimane (in vista dei ballottaggi, ndr) in attesa che il Comune presenti al ministero degli Interni il documen¬to d'in tesa sottoscritto anche dai mi¬granti. Ma il punto non è questo. Ri- tengo che siamo di fronte al tipico ca¬so di cattiva gestione delia cosa pub- blica e non solo dal punto di vista am- ministrativo. Il rischio è che passi l'i- dea che anche quando si ha ragione prevalgano argomentazioni dettate da pura demagogia. Un atteggiamen- to che può rinfocolare divisioni e ten- sioni sociali nella comunità di cui pro¬prio non c'è bisogno. Perché?
Perché questa vicenda riguarda tutti coloro che chiedono di essere rego- larizzati sulla base di una condanna per un reato che non esiste più (arti- colo 14 comma 5 ter). Consiglio di Sta¬to e Corte di Giusti- zia dell'Unione euro- pea si sono pronun¬cia ti in modo chiaro, preciso e conclu¬dente rispetto al rea¬to (non più tale quin- di) di chi non ha ot- temperato all'ordi- ne di allontanamen- to dei questore dal territorio italiano. Stiamo cioè discu- tendo di un reato che non c'è più.
Chi deve decidere però sembra in- fischiarsene...
Diciamo che sia la prefettura che 1' am- ministrazione degli Interni, in questo momento, sembrano ignorare i pro- nunciamenti dei giudici. Non tengo- no conto che è subentrata una diret- tiva comunitaria vincolante rispetto alia normativa nazionale. È pacifica¬mente acquisito invece che la norma¬tiva comunitaria prevale sulla legisla- zione interna persino di livello costi¬tuzionale, salvo i principi supremi, ma in particolare in un caso emblemá¬tico come questo. Brassesco Pace, al contrario, so- stiene che le due sentenze non possono essere applicate e che, addirittura, sarebbe necessário Pintervento dei Parlamento. Una considerazione del tutto incauta e sbagliata. Direttive comunitarie co¬me queste devono trovare immediata applicazione senza alcun atto di rece- pimento interno. Fare chiarezza su questa vicenda è un atto di civiltà giu-ridica.
II prefetto ha consigliato ai singoli richiedenti il permesso di presen- tare un ricorso. Se il Tar confer- masse le ragioni dei migranti chi pagherebbe?
La proposta uscita dal palazzo dei Go-verno è un rimedio dawero parados- sale per diversi motivi. Per prima cosa nessuno di loro avrà mai i soldi per in- traprendere un'azione legale e poi, me lo lasci dire, parlare di ricorso in questo caso è un'autentica follia. Sin dall'inizio si sa che queste persone hanno ragione, dunque si pretenderebbe una supplenza giuridica dei tut¬to inutile. Non escludo poi pos- sano essere ri- chiesti dei danni, inevitabili costi che sosterrem- mo tutti noi, non certo la prefettu¬ra di Brescia.




A Roma la lite sulla moschea è tra musulmani
Il Sole 24 Ore 27 maggio 2011
Karima Moual
Mentre in questi giorni assistiamo, in piena . campagna elettorale, al dibattito sulla possibile co- struzione di una grande mo¬schea che accolga la comunità musulmana di Milano, un po' più a sud, nella capitale, rischia di frantumarsi per diatribe in¬terne al mondo musulmano quella che viene definita la più grande moschea d'Europa. L'unico ente islâmico ricono- sciuto dallo Stato italiano. All'apertura délia prima setti- mana delia cultura islamica a Ro-ma, infatti, è nato e si è mobilita- to il comitato dei "musulmani per il cambiamento", con porta- voce Ahmad Gianpiero Vincen¬zo. Sotto mira è la direzione e ge- stione dei centro islâmico da par-te dei segretario generale Abdel- lah Redouane. La protesta met¬te sotto accusa l'organizzazione délia settimana delia cultura isla-mica, delia quale i contestatori denunciano che come musulma¬ni non ne sono stati informati.
Ma il dietro le quinte è ben più complesso. In gioco è la ge- stione dell'Islam in Italia, che in questi anni vede sempre più un attivismo délia comunità maroc- china sostenuta anche dal paese d'origine con finanziamenti a iniziative e progetti d'integra- zione. Aiuti, attenzioni, che han- no creato non poche invidie e veleni da chi non veniva accredi- tato per tali aiuti. Come già awe- nuto per la grande moschea di Torino, che dal Marocco rice- vette un aiuto di 200 milioni di euro per un grande centro islâ-mico a Torino seguito e appog- giato dalla stessa amministra- zione comunale.
Ma al di là delle diatribe per la rappresentanza all'interno délia comunità marocchina, nella grande moschea di Roma si sta verificando un altro braccio di ferro: quello istituzionale tra Ma-rocco e Arabia Saudita, due vi- sioni e due scuole islamiche completamente diverse. Rap- presentate rispettivamente nel¬la figura del segretario genera¬le Abdellah Redouane e in quel¬la dei presidente dell'assem- blea generale delia moschea, il saudita Al Mandil. Anch'egli dietro la protesta.
II Marocco da annipromuove un islam aperto e riformista nel¬la propria comunità all'estero, che inltalia conta ósomilaperso- ne. Ogni anno, attraverso accor- di con lo Stato italiano, manda imam qualificati, dotti e profes- sori di lingua araba a seguire la comunità. Insomma il Marocco non vuole lasciar sola la propria comunità, che èlapiü numerosa di musulmani, nelle mani di al- tre ideologie in contrasto con lo spirito riformatore su cui il pae¬se da anni investe.
Ma gli animi si erano già scal- dati in modo significativo da me- si, quando proprio dall'Arabia Saudita si premevaper la sostitu- zione in tempi rapidi del segreta-rio generale marocchino. Con il conseguente annuncio che da quel momento in poi l'Arabia Saudita non avrebbe piti mes- so mano al portafoglio. A quel punto il Marocco è intervenu- to ad appianare il buco metten- doci i soldi di tasca propria. Una sorpresa che ha eviden- ziato quanto la battaglia sareb- be statapiù dura del previsto.
Ecco allora la plateale prote¬sta che in questi giorni, da den¬tro il centro è uscita in piazza, proclamando presidi ogni ve- nerdi e rifacendosi allaprima- vera araba.
«Fino a qualche mese fa ci sentivamo rappresentati dalla grande moschea di Roma, ades- so non più - ha detto l'onorevo- le di origine marocchina Souad Sbai - è stato un tradimento non averci coinvolto nell'organizza- zione délia settimana». La pau- ra vera è l'organizzazione di una confederazione dei musul¬mani marocchini in Italia. L'or-ganizzazione fa paura. E in effet- ti moite fonti assicurano che una federazione di musulmani è già nata e organizzata.
Ma in realtà proprio le diatri¬be di questi giorni dimostrano che la comunità è appena alla prima fase, quella del conflitto di rappresentanza. Ancora c'è del lavoro da fare per avere cre- dibilità e pretendere la gestione dell'Islam e delle sue moschee.





Minori scomparsi, stranieri due su tre
Il Messaggero 27 maggio 2011
I minori scomparsi dal 1974 sono piú di 9 mila. Solo pochi sono vittime di gravi reati, ma due su tre vivono comunque il dramma di trovarsi alio sbando in un paese straniero, fuggendo dalle strutture cui sono stati affidati. «Oltre due terzi sono minori stranieri non accompagnati, quindi il fenome- 110 è connesso all' immigrazione clandesti¬na»: sono dati contenuti nella relazione del Viminale, anticipati da Michele Penta nella giornata europea dei minori scomparsi. E un fenomeno variegato e anche difficile da rileva- re le cui vittime devono «trovare una risposta nell'impegno sempre piíi attivodellé istituzio- ni», è il richiamo dei presidente Napolitano. Ij presidente delia Camera, Gianfranco Fini, sollecita un impegno «con ogni mezzo» di governi, associazioni e Cittadini.
Tra 1'1 gennaio e il 30 settembre 2010 i minori italian i e stranieri scomparsi in Italia eancora da ricercare erano 718. Imotivi sono diversi: sono sottratti da uno dei genitori, scappano da casa o da un istituto, in alcuni casi vengono rapiti.




Immigrati
L'Unità 27 maggio 2011
Toni Jop
Cuor di Lega. Una mandata di nordafricani in fuga dovrà sostare anche nel Veneto. Mentre il governatore delia Regio- ne, Zaia, si affanna per capire che aria tira tra i suoi e intanto issa barri- cate, gli industriali delia Marca Tre- vigiana mettono a disposizione tre palazzine edificate per far posto ai lavoratori immigrati di aziende che poi hanno delocalizzato. «Facciamo so¬lo la nostra parte - affermano gli im- prenditori - diversamente dal governo regionale, provinciale e dai sindaci le- ghisti». «Troppo facile - s'inalbera il se- gretario provinciale delia Lega, Toni Da Re - trovino per quella gente anche dei posti di lavoro». Ecco. Sui muri dei- la Bocconi qualcuno ha scritto «I froci si curano a ZyclonB», lo stesso gas con cui i nazisti sterminarono gli ebrei. Di- cono «froci», poco lontano da «culatto- ni», termine con cui Renzo Bossi defini gli omosessuali per intimar loro di non avvicinarsi a lui. Senza gas, quell'im- perdibile bocconcino.*>




Si riapre la sanatoria per 30mila colf e badanti
Il Sole 24 Ore 27 maggio 2011
Marco Noci
Cessata materia del con-tendere. II ministero dell'In- terno, con la circolare del 24 maggio 2011 diffusa ieri, ria¬pre le porte ai circa 3omila la- voratori stranieri bloccati dal¬la «circolare Manganelli», che aveva considerato un ostacolo alia regolarizzazio- ne di coif e badanti la condan- napernon aver obbedito a un ordine di espulsione.
La svolta è arrivata lo scor- so 11 maggio con due decisioni dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che hanno costretto il Viminale a riesami- nare, in autotutela, la prece¬dente posizione, anche per li- mitare la possibilità di essere obbligati a rifondere le spese processuali agli stessi Cittadi¬ni stranieri.
Di fatto si riapre la partita "sanatoria" per quanti erano stati esclusi dalla procedura di emersione del 2009: ora gli Sportelli unici per l'immigra- zione e le Questure si vedran- no costretti a convocare gli in- teressati (datore di lavoro e lavoratore) per la conclusio- ne delle pratiche di rilascio del permesso di soggiorno, sempre che ne sussistano i presupposti previsti dalla leg¬ge n. 102/2009.
Nello specifico, la circolare ministeriale esamina due ipo- tesi: procedimenti non ancora defmiti e procedimenti defini- ti. Nei primo caso l'amministra- zione, se il rigetto non è ancora stato notificato o se il termine di impugnazione non è ancora scaduto, dovrà procedere alia riapertura dei procedimenti, inbase all'articolo 7 dellalegge 241/90 oppure alia revoca dei decreto di rigetto.
Nei secondo caso, 1'ammini- strazione dovrà attendere 1'istanza di riesame che dovrà essere presentata dal lavorato¬re straniero, per il quale i termi¬ni non sono, comunque, decor- si, dal momento che di regola non ha ricevuto la notifica dei provvedimento negativo.
La circolare ministeriale in¬vita i Prefetti a sensibilizzare i dirigenti degli sportelli unici per rimmigrazione ad attivar- si per la definizione delle prati¬che, soprattutto in caso di pen- denzadiunricorso giurisdizio- nale, e conseguente limitazio- ne dei costi erariali.
Trattandosi di un elevato nu-mero di fascicoli da riaprire è probabile che la regolarizzazio- ne 2009 potrà essere archiviata solo alia fine di quest'anno, con-siderate anche le imminenti fe¬rie estive e 1'esistente carico di lavoro derivante dalla gestione delle pratiche di nulla osta per lavoro subordinato (decreto flussi 2010) e 1'ordinario con- tenzioso. Peraltro, sul conteni- mento dei costi erariali la paro¬la, in assenza di apposita e con-cordata rinuncia fra lo stranie¬ro e 1'Awocatura dello Stato, passa, però, al giudice ammini- strativo che potrà compensare le spese processuali oppure, in linea con quanto deciso dal Consiglio di Stato, condannare l'amministrazione a rifondere le spese legali.




IMMIGRAZIONE - VERSO LA CLASS ACTION DI CGIL INCA E FEDERCOSUMATORI: INCONTRO A ROMA IL 1 GIUGNO
italiannetwork.it
Ricongiungimenti familiari, correttezza nei procedimenti amministrativi, concessione della cittadinanza italiana, riconoscimento dello status di lungo soggiornante. Sono solo alcuni dei problemi che saranno oggetto di nuove forme di class action (o di contenziosi collettivi) per gli immigrati in Italia. L'idea, lanciata dalla Cgil e dal suo patronato Inca, è nata da anni di esperienza sul campo, visto sia il sindacato, sia il patronato hanno avuto modo di entrare in contatto con decine di migliaia di immigrati che hanno avuto la necessità di assistenza e di tutela nei loro rapporti con la pubblica amministrazione, nelle pratiche di rinnovo o di rilascio del permesso di soggiorno, nelle procedure di regolarizzazione della posizione lavorativa, nelle richieste di ricongiungimento familiare.
Proprio grazie a questo scambio continuo e a questo elemento di conoscenza diretta dei problemi, la Cgil e l'Inca hanno potuto proporre numerose azioni di tutela, sia nella forma di vertenze individuali, sia mediante il ricorso alla contrattazione con le Amministrazioni territoriali (questure, prefetture, eccetera).
Il bilancio delle esperienze realizzate e i progetti di sviluppo della nuova forma di class action saranno oggetto della conferenza stampa di mercoledì 1 giugno (ore 11,30), nella sede nazionale della Cgil, Corso Italia 25. Alla conferenza stampa interverranno Vera Lamonica, segretaria confederale della Cgil e Morena Piccinini, presidente dell'Inca e Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori.
Sono state già presentate due azioni collettive contro il Ministero dell’Interno, per il ripristino della correttezza e dell’efficienza dei procedimenti amministrativi in tema di concessione della cittadinanza italiana e in tema di riconoscimento dello status di soggiornante di lungo periodo.
Per quanto riguarda la cittadinanza si intende intervenire sulla sistematica e gravissima violazione dei termini massimi per la conclusione dei procedimenti amministrativi. Benché la legge preveda che le procedure di naturalizzazione debbano concludersi entro due anni dalla presentazione della domanda, si verifica in concreto che gli istanti restino in attesa per tre, quattro e più anni. Il disservizio appare ancora più grave alla luce delle recenti modifiche legislative che con il “pacchetto sicurezza” approvato nel luglio 2009 hanno imposto ai richiedenti la cittadinanza di pagare una tassa di 200,00 euro al momento della presentazione della domanda,.
In molti casi sono stati promossi dei contenziosi cosiddetti “pilota”, ad esempio in tema di accesso alle prestazioni di assistenza sociale. Le forme più vistose di discriminazione ai danni dei non-cittadini sono state portare all’attenzione dell’autorità giudiziaria e talvolta anche della Corte costituzionale. Dalla Consulta è stata ottenuta ad esempio la famosa sentenza 432/2005 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una legge regionale lombarda che introduceva delle agevolazioni tariffarie in favore degli invalidi civili, escludendo però del tutto dal beneficio coloro che non fossero in possesso della cittadinanza italiana.
L’Inca ha promosso azioni di tutela in tema di ricongiungimento familiare (istituto modificato in senso restrittivo dal Governo nell’ottobre 2008), di conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo, nonché per la declaratoria di incostituzionalità del reato di “immigrazione clandestina”. Una speciale attenzione è stata poi prestata alla trasparenza nella gestione delle procedure di ingresso dei lavoratori extracomunitari, tanto che sia il decreto flussi per l’anno 2007 che quello per l’anno 2008 sono stati interessati da procedure giurisdizionali con l’intervento dell’Inca: per l’anno 2007, con sentenza non impugnata, è stata sanzionata la irregolarità della procedura informatica di acquisizione delle istanze relative al decreto-flussi; per il 2008, è stata rimossa, con pronuncia cautelare anche del Consiglio di Stato, la discriminazione nei riguardi dell’accesso ai flussi dei datori di lavoro stranieri.
Su ricorso della CGIL, in tre sentenze (nn. 1239, 1240, 1242 del 2011) il Tar Lombardia ha stabilito  che i Comuni non hanno poteri di ordinanza e neanche poteri regolamentari in materia di anagrafe ed in materia di immigrazione, non potendo quindi autonomamente regolare, anche per profili diversi da quelli anagrafici, la posizione degli stranieri. Ciò implica l’illegittimità anche di atti comunali che discriminino gli stranieri, per l’accesso ai servizi sociali o altre prestazioni pubbliche, introducendo requisiti non previsti da leggi statali.
Da parte sua Federconsumatori si occupa da anni anche dei problemi dei consumatori immigrati. In particolare l'associazione dei consumatori guidata da Trefiletti ha pubblicato una guida speciale al consumo dal punto di vista degli immigrati e ora ha deciso di partecipare con l'Inca e la Cgil alle nuove class action
Dal punto di vista procedurale, le azioni di classe prendono avvio con un atto di diffida a cui il Ministero è tenuto a fornire risposta entro 90 giorni dal ricevimento. Sono legittimati ad agire sia i privati cittadini pregiudicati dal disservizio dell’Amministrazione che gli enti collettivi e le associazioni di tutela dei soggetti portatori dei medesimi interessi. Se l’Amministrazione non risponde nel termine di 90 giorni o se risponde in modo insoddisfacente o se comunque il disservizio non viene eliminato, può essere promossa nel termine di un anno la vera e propria azione di classe in sede giurisdizionale innanzi al Tar.





«Noi, primi cinesi a vendere il pesce al mercato di Chioggia»
27 maggio 2011 Corriere del Veneto

Enrico Bellinelli
Parla poco l’italiano e ha già tutti contro. L’associazione grossisti chiede il potere di assegnare i posti lasciati vacanti
 La pescheria ha un nuovo «mognolo», si chiama Wenjze Wang ed è una donna. Sul suo banco c'è molto ghiaccio e poco pesce. Qualche calamaro, un mucchietto di mazzancolle, qualche mormora, un rombo. La nuova pescivendola è arrivata lunedì dietro il banco numero 17 della pescheria al minuto, rimasto vuoto per oltre cinque mesi. «L'Italia è la mia seconda patria», ripete un paio di volte. Come se la bandiera fosse più importante dei calamari e dei gamberi in mostra. Ma attorno al suo banco si sta alzando la muraglia cinese, tirata su dai chioggiotti. I commercianti insistono: «La pescheria è un mercato tipico, va tutelata». E i clienti sono davvero pochi. Eppure qualcuno fa notare: «Dopotutto il banco lo ha comprato da un chioggiotto, no?». Wang è arrivata quattro anni fa in Italia: ha vissuto per un po' a Cavarzere, poi si è trasferita a Sottomarina col marito che ora le dà una mano a pulire il pesce. Dispensano sorrisi di cortesia, nemmeno provano a piazzare la merce a viva voce, come è abitudine dei mognoli; chi canticchiando, chi a squarciagola. Il pesce spada, le orate, i canestrelli, si vendono da decenni così.
Non aveva la patente, pare sia stata anche bocciata. Ma un Ape doveva averlo per trasportare il pesce dal mercato all'ingrosso a quello al minuto, non ha mollato e ha trovato qualcuno che lo guida al posto suo. In italiano, sa dire poco o niente: «È la prima volta che faccio commercio di pesce». Sarà la suggestione dei numeri, ma quel banco 17 non promette nulla di duraturo. Almeno a vedere le facce attorno. «Ci sono due cose - spiega Paola Camuffo, presidente dei commercianti all'ingrosso - che non capiamo. Anzitutto la conoscenza della lingua. Difficile capire come possa compilare il registro Haccp se parla e legge e magari scrive male l'italiano. I nostri commercianti hanno creato il consorzio "Pescaria de Cioxa" per risolvere il problema dell'asporto dei rifiuti degli scarti del pesce, degli aggiornamenti igienico-sanitari. E per lei è stato tutto facile. In secondo luogo la tutela della tipicità della nostra pescheria: pare ne stia per arrivare un altro». La ricetta per Paola Camuffo è una sola, e in questo è seguita da quasi tutti i pescivendoli: l'area della pescheria deve essere gestita dai privati che decidono chi entra e chi no. Una sorta di corporazione, che stabilisca criteri e passaggi di mano dei banchi. C'è un solo ostacolo, la normativa regionale sul commercio. «Lo sappiamo - dice lei -, ma guardiamo al modello lombardo. Chi entra in un mercato con più di cent'anni ne deve conoscere la storia e in un certo senso preservarne le tradizioni». Il secondo passo spetterebbe poi al Comune, che potrebbe decidere che su quell'area non si esercita più il commercio ambulante. Perché questo fanno i pescivendoli, di fatto. «Allora la gestione della pescheria passerebbe al consorzio, e quando un commerciante decide di lasciare, il banco verrebbe rilevato dal consorzio che potrebbe assegnarlo a un altro che volesse ampliare la sua attività o a uno nuovo, ma che abbia superato un test di idoneità». Quando si dice «seconda patria».



Migliaia di clandestini mai espulsi e si litiga per un pugno di profughi
Massimiliano Melilli
Corriere Veneto 27maggio2011
E’ come precipitare nel buco nero dell’ozono o muoversi in una sorta di nebulosa dove l’interpretazione di leggi, leggine e codicilli intasa il lavoro di Questure, Carabinieri, Finanza, Comuni, Prefetture, Capitanerie di Porto. Mentre ci si accapiglia sull’ospitalità di qualche centinaio di profughi in fuga dal Nord Africa, si dimentica lo scandalo delle migliaia di espulsioni non effettuate dei migranti irregolari: è un grande bluff, un gigantesco flop. L’Italia infatti è ultima in Europa per numero di espulsioni «realmente» effettuate di stranieri irregolari (3 su 10) mentre Spagna, Francia e Germania viaggiano a livelli da record: 8 su 10. A livello nazionale, il Veneto è quarto per numero di espulsioni dopo Sicilia, Lombardia e Campania. Eppure (r)esistono troppi limiti nell’attuale legislazione sulle espulsioni. A Nordest si è passati dai 25mila stranieri regolari residenti nel 1991 agli oltre mezzo milione di oggi.
Oscilla di più la realtà degli irregolari: secondo i dati Ismu, oggi la quota di migranti irregolari in Veneto si aggira tra i 55mila e i 90mila. Ma si stima che solo un 10 per cento siano realmente espulsi da Nordest: il numero oscilla tra i 4 e i 6mila l’anno. Di più. Nella quota degli irregolari vanno anche considerati i 23.954 stranieri (dei 300mila a livello nazionale) che grazie all’ultimo decreto flussi, hanno presentato in Veneto domanda di regolarizzazione: è l’esercito di colf, badanti e baby sitter. Ufficialmente «clandestini» da espellere, di fatto figure ormai insostituibili nel welfare alla veneta. Solo un 30% otterrà la regolarizzazione, il restante 70% andrà ad ingrossare le fila dei lavoratori in nero, dunque «clandestini».
Da non trascurare anche i quasi 35mila stranieri nelle liste di disoccupazione regionali: almeno il 30 per cento ha il permesso di soggiorno scaduto. Materia incandescente, l’espulsione dei migranti irregolari. L’ultimo stop è arrivato dall’Unione Europea che ha bocciato il reato di clandestinità fortissimamente voluto dalla Lega e dal ministro dell’Interno Roberto Maroni con la legge 94 del 15 luglio 2009. In primopiano, i limiti di una legislazione italiana ormai datata e il paradosso di un’Europa dei 27 che ancora non dispone di un unico testo di riferimento sia sulla gestione dei flussi che sul fronte delle espulsioni. In mezzo secolo, sull’immigrazione, l’Italia ha prodotto tre leggi diverse (Martelli, Turco-Napolitano e Bossi-Fini) ai quali si aggiunge il recente articolo 14 del testo unico sull’immigrazione, lo stesso duramente contestato dall’opposizione per i criteri di discrezionalità nelle espulsioni. Paradossalmente, sia la Bossi- Fini che l’ultimo decreto, fissano più i paletti per non espellere i migranti irregolari che le norme per espellerli. Infatti, secondo il ministero, gli stranieri non possono essere espulsi se occorre prestare loro soccorso, compiere accertamenti sulla loro identità e se non è disponibile un mezzo di trasporto idoneo per accompagnarli (avete letto bene).
Sono tutte situazioni «sfruttate» al massimo dagli irregolari per trattenersi sul territorio italiano e poi far perdere le proprie tracce. Il flop delle espulsioni raggiunge l’apice con l’ingresso degli irregolari in uno dei 10 Cie (Centri d’identificazione ed espulsione) presenti in Italia, strutture dalle quali i «clandestini» andrebbero ufficialmente allontanati dall’Italia. Il termine massimo di permanenza in questi centri è di 60 giorni (30 più altri 30 su richiesta del questore e conseguente provvedimento di proroga del magistrato). Anche qui il Veneto paga pegno più volte. Intanto è una delle regioni più «isolate»: i Cie più vicini sono quelli di Gradisca d’Izonzo (136 posti), Bologna (95 posti) e Milano (84 posti). Accompagnare i migranti irregolari in uno di questi centri, significa costi di gestione elevatissimi per lo stato e dunque anche per il Veneto: dalle spese (e dai mezzi) di trasporto necessari per accompagnare gli irregolari, alle diarie delle forze dell’ordine alla disponibilità ricettiva reale nelle strutture. Da anni si discute della realizzazione di un Cie anche in Veneto, ma una decisione ancora non c’è. L’unica nota in controtendenza sulle espulsioni è recente: dopo l’accordo fra Italia e Tunisia, i migranti sbarcati a Lampedusa che non hanno lo status di profugo o rifugiato, in 72 ore sono espulsi con tanto di accompagnato coatto sui voli charter. E’ un’anomalia, non v’illudete. Il Governo Berlusconi per ottenere queste espulsioni veloci ha dovuto mettere mano al portafoglio e versare a Tunisi 10 milioni di euro.



Donna tenta di strapparle il velo per strada. «Urlava: sei una schiava»
Corriere.it 27 maggio 2011
«L’hijab è parte della mia identità. Il tentativo di strapparmelo per me è quasi paragonabile a una violenza fisica. A molti, che non conoscono il significato di questo velo, potrà sembrare una cosa non grave, ma per me lo è. Io sono quel che sono con il mio hijab». Neppure un filo di rabbia, nelle parole con cui Hind Talibi descrive quanto le è accaduto due sere prima in via Santa Maria Assunta, a Padova. Fasciata nel velo della tradizione islamica, la 22enne studentessa di origini marocchine sembra una bambina, mentre racconta quello che ha appena definito «uno choc». Rincasava in bicicletta dopo una serata trascorsa in un cinema di quartiere Guizza, quando ha incrociato «una donna, che poteva avere circa cinquant’anni». «Si è rivolta a me e mi ha gridato contro: "Schifosa, togliti quel coso... Che te ne fai con questo caldo?"». A quel punto Hind, che a Padova studia Relazioni internazionali dei diritti umani ed è volontaria del gruppo giovani di seconda generazione nell’Associazione nazionale oltre le frontiere (costola di Cisl), è scesa dalla bici e ha avvicinato la sconosciuta che l’aveva appena coperta d’offese.
«L’ho salutata, gentilmente, e ho cercato di parlarle: "Signora, vorrei informarla che il velo è una mia scelta"». L’altra donna, però, risponde urlando: «"Fai schifo", mi ha gridato... "Sei solo una stupida schiava ignorante"... "Quelli come te dovrebbero prenderli a bastonate" ». E’ allora che la donna alza le mani e tenta di strappare il velo alla giovane islamica. Lei però riesce a sottrarsi e decide che è meglio allontanarsi, anche per non reagire. «Tremavo tutta, mi sentivo mancare, allora ho chiamato al telefono mio padre (Ahmed Talibi, responsabile della comunità islamica di via Anelli, ndr)», conclude la giovane Hind. Segue la decisione di denunciare (ingiurie il reato ipotizzato) quanto accaduto alla polizia. «Considero Padova una parte di me - dirà poi la ragazza - Mi sento cittadina di questo Paese, penso che legalità e giustizia siano le giuste vie da seguire e credo che sarò tutelata nei miei diritti». Nel tentativo di inquadrare portata e gravità dell’episodio, il senegalese Pap Fall, segretario confederale della Cisl padovana con delega alle politiche per l’immigrazione, aggiunge: «Per fortuna tutto questo è accaduto alla nostra Hind, che ha grande forza ed equilibrio. Il nostro gruppo sostiene il confronto e lavora per l’integrazione e per costruire una società che includa... Altri, temo, avrebbero reagito in modo diverso ».
Il sindacato, in ogni caso, sarà dalla parte della studentessa anche in sede legale. «Ci costituiremo parte civile in un eventuale procedimento contro la persona denunciata da Hind - dice Adriano Pozzato, segretario generale della Cisl di Padova -. Quel che è accaduto è un fatto gravissimo, che non vogliamo nella nostra città. Per questo rivolgiamo un appello a chi ha visto, perché contribuisca a identificare la responsabile». La denuncia è contro ignoti. Ma, valutati gli elementi forniti da Hind Talibi, la Digos sarebbe già in grado di indicare nome e cognome della responsabile delle offese. Si tratterebbe di una donna con precario equilibrio psichico, conosciuta in città per fatti simili all’ultimo: offese urlate di rabbia, senza limiti e riguardi. Fosse così, quanto accaduto in via Santa Maria Assunta sarebbe forse meno grave. Non certo meno spiacevole per chi l’ha subito, tanto più di fronte agli sguardi distratti di tanti passanti.



 

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