Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

21 dicembre 2010

C’è qualcuno a Milano che affitta un alloggio a un rifugiato politico?
l'Unità, 21-12-2010
Italia-Razzismo
Lui è camerunense ed è un rifugiato politico. Non scriveremo il suo nome, lui preferisce rimanere anonimo perché di problemi, come ci dice, ne ha già abbastanza. È in Italia da tre anni ed è scappato dal suo paese dove ora, dopo aver combattuto per la tutela dei diritti civili, rischia la vita. È un giornalista ed è molto colto. Trovare un lavoro, nonostante le sue competenze, è stato estremamente difficile. Da qualche mese, però, una web radio milanese che si occupa di immigrazione gli ha offerto un contratto.
Finalmente, diciamo noi. Ma la parte bella della storia finisce qui e per il momento non si prevede un lieto fine. Perché il nostro amico, da due mesi, sta cercando di affittare un appartamento a Milano. Impresa disperata, a quanto pare. Si è affidato a più di una agenzia immobiliare e ha già perso cinque case. Il motivo? I proprietari degli appartamenti non affittano a stranieri. Non sono servite a nulla le lettere di garanzia firmate dai datori di lavoro e dal Consiglio Italiano per i rifugiati. La risposta, desolatamente, è stata sempre la stessa. Lui ha alloggiato per un po’ di tempo in albergo, ma è stato costretto ad andarsene perché non è in grado di pagarselo. È tornato a Roma, ospite di un centro di accoglienza, anche se sta per essere mandato via essendo scaduto il tempo consentito per il pernottamento nella struttura. Lui avrebbe voluto passare il Natale nella sua nuova casa nella città che gli ha offerto una occupazione, adesso rischia di perdere anche quella.
Questa storia è desolante e vergognosa e se chi legge volesse e potesse aiutare il nostro amico scriva a Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. . Chi non ha “paura del nero”, per favore, si faccia avanti.



Crisi umanitarie, Italia sempre più avara

Avvenire, 21-12-2010
MILANO. Nella risposta alle emergenze umanitarie mondiali, i privati si dimostrano più generosi delle istituzioni pubbliche. La conferma arriva dalla seconda edizione de "Il valore dell'aiuto. Rispondere alle emergenze in tempo di crisi", presentata ieri da Agire, l'Agenzia italiana risposta alle emergenze, che ha compiuto un'analisi complessiva dei fondi umanitari stanziati dal nostro Paese per far fronte alle crisi umanitarie internazionali.
Complessivamente, nel 2009 gli stanziamenti pubblici italiani per il settore umanitario sono ammontati a 394 milioni di dollari, pari a circa il 2,6% dei 15,1 miliardi di dollari mobilitati a livello mondiale. Rispetto al 2008, l'Italia ha tagliato gli aiuti del 27% precipitando nella parte bassa della classifica Ocse e piazzandosi al decimo posto tra i Paesi donatori.
«Il nostro studio - spiegano ad Agire - mette in luce come i risultati in termini assoluti diventino ancora più preoccupanti se considerati rispetto al peso demografico dell'Italia. Nel 2009, infatti, in termini pro capite l'assistenza umanitaria italiana è stata pari a circa 5 dollari per ciascun cittadino, a fronte di una media dei Paesi Ocse di I I dollari». In netta controtendenza, invece, le donazioni di cittadini privati che, anche nel 2009, non hanno risentito della crisi economica. I fondi sono infatti cresciuti fino a raggiungere la cifra di 92 milioni di dollari, in linea con i picchi registrati nel 2007 e in aumento rispetto al 2008. I primi dati relativi al 2010 confermano questa tendenza, registrando un'ulteriore espansione delle donazioni, legata soprattutto alla grave emergenza del terremoto di Haiti.
«Siamo fortemente preoccupati della volatilità dei fondi umanitari in Italia, ancora oggi troppo legati a fattori di mobilitazione emotiva», aggiungono dall'agenzia Agire, portando ad esempio i casi di Haiti e del Pakistan. A fronte di due emergenze umanitarie paragonabili, la quantità delle donazioni è stata assolutamente imparagonabile. Per Haiti, gli aiuti, sia statali che da privati, hanno raggiunto gli 83 milioni di dollari, mentre per il Pakistan, caso molto meno mediatizzate, le donazioni si sono limitate a 13,2 milioni di dollari (P. Fer.)



PER I GIUDICI UN CASO DI DISCRIMINAZIONE RAZZIALE
Ai rom le case popolari, sconfitta la Moratti
Il Tribunale di Milano negato un diritto in base all'appartenenza etnica
La Stampa, 21-12-2010
SUSANNA MARZOLLA
MILANO - Devono essere assegnate alle famiglie rom i venticinque appartamenti dell'Aler di Milano: lo ha stabilito una sentenza del tribunale civile di Milano. E devono essere assegnate perchè di un diritto, inizialmente sottoscritto da tutti gli enti pubblici interessati, è stata fatta carta straccia soltanto «in dipendenza dell'origine etnica» E questo per il nostro ordinamento, per la nostra Costituzione, proprio non è possibile: questo dice la sentenza del giudice Roberto Bichi. Dove si legge che «il diniego all'attuazione delle convenzioni riguarda esclusivamente tutti i soggetti accumunati dall'appartenenza alla medesima etnia»; a fronte di ciò la sua ordinanza, necessaria anche ad «impedire che possano trovare spazio nel circuito sociale condotte che, anche indirrettamente, determinino una situazione di svantaggio o impediscano il raggiungimento di un legittimo vantaggio a persone, in dipendenza dell'orgine etnica». Su quelle 25 case c'è stata una discriminazione razzista che va riparata al più presto: «Gli appartamenti siano posti a disposizione non oltre il 12 gennaio 2011», ha sancito il giudice.
Sollevazione della Lega, che annuncia per oggi un presidio davanti al tribunale all'insegna di «nessuna casa popolare prima ai rom che agli italiani». Ma la storia è assai diversa e ha come base il «Piano Maroni»: cioè il progetto per dare una soluzione al «problema rom» approntato dal ministro (leghista) degli Interni. Dove si prevede tra l'altro la possibilità di sostegno economico in caso di affitto o di una casa, grazie a un finanziamento di 300mila euro destinati al Comune di Milano «per la ristrutturazione di case di proprietà di enti pubblici da destinare come abitazioni temporanee e non gratuite a nuclei familiari». Precondizione: che le famiglie rom avessero i requisiti per po-ter restare in Italia; requisiti accuratamente controllati pri-ma delle assegnazioni.
Siamo a maggio: le 25 case vengono individuate tra quelle giudicate «inagibili» (e quindi escluse dalla normale gradua-toria di assegnazione); il Comune chiede all'Aler le case; l'Aler chiede il permesso alla Giunta regionale che all'unanimità (centrodestra, Lega compresa) lo vota. Tre enti (Casa della carità che si occupa del campo rom del Triboniano dal 2007, Ceas e consorzio Farsi prossimo) stipulano una convenzione con il Comune per mettere a posto le case e assegnarle ad altrettante famiglie. Ad agosto undici nuclei firmano il contratto, controfirmato dal rappresentante del Comune e da quello del ministro Roberto Maroni (il prefetto Gian Valerio Lombardi, nominato «commissario straordinario» per «l'emergenza rom). «Hanno sottoscritto un atto formale, ben consapevoli di chi erano le persone destinatarie dell'intervento», osservano alla Casa della carità.
Tempo un mese e tutto si rovescia: niente case popolari ai rom. Scoperte irregolarità negli atti? Quelle famiglie non avevano i requisiti? Niente di tutto questo. Semplice propaganda politica: la Lega a Milano trova che lo «scandalo» della case «agli zingari» è un bel tema per la prossima campagna elettorale e in consiglio comunale presenta una mozione
(mai votata, per altro) che prevede la «non assegnazione delle 25 abitazioni a nuclei familia ri rom»; il pdl si accoda rinnegando la scelta dell'assessore Mariolina Moioli. A Milano arriva Maroni in persona e dice: «Nessuna delle famiglie allontanate dai campi nomadi regolari che hanno i titoli per restare in città saranno ospitate in alloggi popolari, come originariamente previsto». Perchè? «E' una scelta politica, di saggezza». Maroni così decide; si adeguano sia il sindaco Letizia Moratti, sia il prefetto. Rom senza casa? «No, ci affidiamo al grande cuore di Milano».
I rom, con il sostegno degli enti che hanno sottoscritto le convenzioni, preferiscono affidarsi alle leggi e al diritto. Assistiti dagli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri fanno causa a Maroni, Moratti e Lombardi. E vincono. Commenta don Virginio Colmegna, presidente della Casa della carità: «E' una conferma del percorso che avevamo avviato. Adesso rimbocchiamoci le maniche; basta con le polemiche, spero che la sentenza aiuti a svelenire il clima». Speranza che - facile da previsione - andrà presto delusa: quale argomento più facile che i presunti «privilegi» ai rom per raccogliere consensi?



Milano, la vittoria dei nomadi "Il Comune assegni le case"

la Repubblica, 21-12-2010
L'ordine del giudice: ai rom 25 alloggi popolari entro il 12 gennaio
DAVIDE CARLUCCI   ZITA DAZZI
MILANO—L'ordinanza è perentoria: «Non oltre il termine del 12 gennaio 2011 gli appartamenti siano messi a disposizione dei ricorrenti». Così il tribunale civile di Milano dà ragione ai nomadi milanesi ai quali il Comune, il ministero dell'Interno e il prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi avevano bloccato la concessione "in uso temporaneo" di 25 alloggi pubblici. Dieci di loro — assistiti dagli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri — avevano presentato ricorso. E ieri il giudice Roberto Bichi ha depositato il provvedimento, che considera, di fatto, lo stop un atto razzista: «Il diniego all'attuazione delle convenzioni riguarda esclusivamente tutti soggetti accomunati dall'appartenenza alla medesima etnia».
L'assegnazione faceva parte del progetto per smantellare il campo autorizzato di via Triboniano, il più grande del nord Italia, con le sue 120 famiglie, 560 persone. La concessione degli alloggi era prevista nel Piano Maroni per il «superamento dei campi rom». Per il campo, d'altronde, la scadenza fissata per lo sgombero è scaduta da settimane, a causa delle polemiche scoppiate all'interno del centro destra. Lo scontro è iniziato a settembre, quando è diventato di dominio pubblico
che il progetto comprendeva, oltre ai rimpatri in Romania, anche l'assegnazione di una casa per un anno alle famiglie «più bisognose e meritevoli di aiuto per l'impegno alla legalità».
Lega e il Pdl avevano chiesto la testa dell'assessore Mariolina Moioli, fedelissima del sindaco Moratti, «colpevole» di aver firmato l'accordo. Il ministro Maroni era intervenuto a placare la rissa, assicurando pubblicamente: «Nessuna casa verrà data ai rom». Da allora, il piano è stato sospeso. La Curia milanese un mese fa ha minacciato azioni legali se gli accordi presi con Caritas e Casa della Carità, gestori dei campi rom, non fossero stati rispettati. E oggi, don Virginio Colmegna esorta la politica «ad abbassare i toni perché bisogna ora lavorare per sostenere queste famiglie bisognose nella loro scelta di legalità». Ma dopo la decisione del giudice, la bagarre riparte. «Qui i discriminati sono i milanesi e non i rom. Personalmente farei ricorso», commenta il vice sindaco di Milano Riccardo De Corato. Il presidente del consiglio regionale Davide Boni (Lega) aggiunge: «Una sentenza che suona come una beffa per tutti i cittadini milanesi e lombardi in attesa da molti anni di una casa popolare». Esulta invece Livia Turco, responsabile politiche sociali e immigrazione del Pd: «Riconosciuto uno dei principi fondamentali della Costituzione: tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge».



Parla il leghista Salvini, eurodeputato e capogruppo a Palazzo Marino
"Nessun regalo ai fuorilegge i discriminati sono gli italiani"
la Repubblica, 21-12-2010
RODOLFO SALA
MILANO — Stamattina i leghisti protestano davanti al Palazzo di giustìzia, e i motivi li spiega Matteo Salvini, eurodeputato e capogruppo a Palazzo Marino: «Sentenza sconcertante: se un giudice arriva a sostituirsi al sindaco e al ministro dell'Interno, qualcosa non funziona».
Onorevole.sulle case comunali da assegnare ai rom di via Triboniano c'era un accordo preciso.e il Comune se l'è rimangiato...
«È vero, qualcuno a Palazzo Marino pensava di imboccare una strada sbagliata togliendo ai milanesi 25 appartamenti popolari per assegnarli ai rom. Ma a noi avevano detto che queste case servivano per soddisfare non meglio precisati bisogni sociali, quando abbiamo capito il giochino lo abbiamo fermato».
Il giochino lo avete fatto voi e il Pdl in consiglio comunale, mettendo in mora l'assessore competente, poi anche il sindaco Moratti ha cambiato idea: non è così?
«Il patrimonio edilizio pubblico non può essere regalato a dei fuorilegge. Ricordo che grazie al ministro Maroni e al prefetto Lombardi sono stati trovati degli appartamenti messi a disposizione dai privati. E che questa soluzione non prendevate giro i 20mila milanesi che da 25 anni cercano degli alloggi popolari».
Un progetto rimasto lettera morta...
«Era pronto, poi qualcuno ha voluto scherzare col fuoco, facendo causa al Comune e al ministero. Per questo abbiamo rimesso tutto in discussione».
Sta parlando di don Virginio Colmegna, responsabile della Casa della Carità?
«Anche. La causa l'ha intentata lui. E allora noi chiediamo al sindaco di bloccare i fondi comunali destinati alle associazioni che presentano ricorsi contro l'amministrazione».
Il giudice parla di discriminazione base etnica...
«Ma per favore. L'unica discriminazione è nei confronti degli italiani. Se lo vuole sapere, le dirò che io sono donatore di sangue da quando avevo 18 anni. Non mi interessa a chi faranno le trasfusioni, magari anche a dei rom... Ma la salvaguardia del bene pubblico è un'altra cosa».
La verità è che voi e il Pdl avete fatto a gara nel cavalcare le paure dei cittadini...
«La domanda è: si sono trovate le case per i rom? E la risposta è sì. Ma se si pretende che queste case debbano essere popolari vuol dire che qualcuno usa i rom per fare politica. Ne ho parlato anche con Maroni: sia a sinistra che a destra non conviene che Milano risolva questo problema grazie a un ministro dell'Interno leghista».
È stato Maroni a escludere l'asegnazione di alloggi popolari.
«Certo. Un conto è aiutare i bisognosi, un altro passare per fessi. E poi lo abbiamo visto tutti lo striscione del Pd appeso davanti a uno stabile dell'Aler, vuoto e pronto ad accogliere quelli del Triboniano. C'era scritto "Salvini vergogna, state dando le case ai rom"».



Milano: «Sulle case ai rom il Comune rispetti i patti»

Avvenire, 21-12-2010
Daniela Fassini
Le dieci famiglie rom di Milano, sgomberate dal campo di Triboniano hanno diritto ad abitare nelle case Aler nel rispetto dei patti sottoscritti con Comune e Prefettura. Lo ha stabilito il giudice civile del Tribunale di Milano, accogliendo il ricorso promosso da 10 rom del campo milanese regolare, contro il sindaco di Milano Letizia Moratti, il prefetto Gian Valerio Lombardi e il ministro dell’Interno Roberto Maroni. I dieci rom firmatari del ricorso potranno quindi prendere possesso degli alloggi popolari in base al progetto di autonomia abitativa e lavorativa che segue il programma di smantellamento del campo rom più importante della città.
La querelle politica, scaturita all’interno della maggioranza (Pdl e Lega) sull’assegnazione dei 25 alloggi popolari ad altrettante famiglie rom del campo di Triboniano aveva infatti costretto il Comune a fare dietrofront sull’accordo stabilito. La vicenda delle case rom prima promesse, poi assegnate e infine negate aveva diviso le istituzioni e chiamato in causa anche il ministro Maroni.
Nel ricorso i rom avevano contestato anche il ministro per una sua dichiarazione pubblica, secondo cui i ricorrenti (come gli altri destinatari dei 25 alloggi) non avrebbero potuto acquisire le abitazioni indicate nei rispettivi progetti, bensì altre, che sarebbero state reperite nel privato. Ma nel ricorso si è fatto appello anche «al carattere discriminatorio del comportamento tenuto dalle amministrazioni» che nel frattempo avevano ripetutamente dichiarato alla stampa che ai rom non sarebbe mai stata data una casa popolare.
Ieri il giudice ha disposto che i dieci appartamenti (assegnati ai firmatari del ricorso) promessi e poi negati «siano posti a disposizione» dei nomadi «non oltre il termine del 12 gennaio 2011». Fino a quella data, inoltre, i rom non potranno essere sgomberati dal campo di Triboniano, il cui smantellamento era previsto entro la fine dell’anno.
«Una sentenza che suona come una beffa per tutti i cittadini milanesi e lombardi in attesa da anni di una casa popolare» ha replicato il presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Davide Boni (Lega), contrario sin dall’inizio sull’assegnazione delle case Aler ai rom di Triboniano. Mentre secondo Livia Turco, responsabile politiche sociali e immigrazione del Pd, con la sentenza di eri «è stato riconosciuto uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione». «L’art. 3 della nostra Costituzione – ha affermato la Turco – vuole che ’tutti i cittadini abbiano pari dignità sociale e siano eguali davanti alla legge. Sarebbe pertanto vergognosa una scelta che prendesse in considerazione l’origine etnica dei cittadini».
La Lega Nord ha convocato per questa mattina, davanti a Palazzo di Giustizia, un presidio di protesta.
LA VICENDA
Tutto ha inizio con la chiusura del campo rom di via Triboniano, l’insediamento più grande di Milano (attualmente ci vivono circa 500 persone e104 nuclei famigliari) che dovrà essere sgomberato, entro la fine dell’anno per fare spazio a un nuovo cantiere dell’Expo 2015.
Per 25 di queste famiglie, una delibera regionale del 5 agosto aveva autorizzato l’assegnazione di altrettanti alloggi Aler (l’azienda lombarda di edilizia residenziale) "a favore di popolazione connotata da particolari fragilità". Appartamenti inagibili e fuori graduatoria, quindi non assegnabili, da ristrutturare con i fondi previsti dal "Piano Maroni" per il superamento dei capi rom.
Lo scorso agosto, per 11 di questi appartamenti, in Prefettura, erano stati firmati regolari contratti d’affitto con tanto di anticipo delle mensilità. Gli appartamenti, "destinati come abitazioni temporanee e non gratuite" dovevano favorire l’avvio di un percorso autonomo, lavorativo e abitativo, delle famiglie sgomberate.
Poi il dietrofront in ottobre. In Comune e Regione, Pdl e Lega si oppongono all’assegnazione delle case Aler ai rom e il ministro Maroni dà ordine al Prefetto, nonché commissario straordinario per l’emergenza rom a Milano, di recuperare gli appartamenti «nel privato». Ma i tempi stringono e alle famiglie rom non viene data nessuna certezza. E ieri, dal ricorso degli assegnatari arriva la sentenza: entro il 12 gennaio i rom devono avere le case promesse.



Dopo la pronuncia choc della Consulta che impedisce le espulsioni
«A gennaio nuove norme sulla clandestinità»
la Padania, 21-12-2010
La Lega non molla e prepara la controffensiva. Dopo la decisione della Corte Costituzionale che ha stabilito la non punibilità dello straniero che più di una volta non ha obbedito all'ordine di allontanamento o di espulsione dall'Italia se vive in un estremo stato di indigenza, il Carroccio affila le armi e annuncia, per gennaio, nuove norme per ripristinare legalità e sicurezza. E per porre rimedio ad una decisione che rischia di aprire definitivamente e in modo irreparabile le frontiere del nostro Paese.
Sandro Mazzatorta, capogruppo della Lega nella commissione  Giustizia del Senato,  ha  sottolineato come «la sentenza della Corte Costituzionale n.  359 del   17   dicembre 2010, che ha sostanzialmente modificato la legge  Bossi  Fini nella parte relativa ai reati, consentendo al clandestino  di starsene nel nostro Paese nonostante sia stato colpito da numerosi provvedimenti  di espulsione, ha effetti devastanti  sull'esecuzione delle procedure  di espulsione dei clandestini e provocherà una diminuzione  drastica delle condanne per il reato di inosservanza del provvedimento   di espulsione dei clan-
destini previsto dall'articolo 14 della legge, reato punito con il carcere».
Secondo Mazzatorta la sentenza emessa dalla Corte Costituzionale tre giorni orsono «è una sentenza normativa scandalosa ed estremamente pericolosa». Per la Lega Nord «con questa pronuncia manipolativa la Corte poi sconfessa platealmente se stessa e la sua giurisprudenza dato che da sempre la materia penale, come prevede l'articolo 25 della Costituzione, è riservata esclusivamente al legislatore». La Corte, ricorda Mazzatorta «ha sempre detto che le sentenze additive non potevano essere ammesse in materia di reati e di pene, ma per favorire l'invasione dei clandestini e la distruzione delle frontiere di questo Paese la Corte smentisce se stessa ed in materia
di reati contro 1 ' immigrazione clandestina fa politica arrivando ad aggiungere una norma all'articolo   14
della legge Bossi Fini». L'esponente del Carroccio annuncia infine che a gennaio la Lega Nord «lavorerà in sede legislativa
con il disegno di legge sicurezza per sconfessar e questa impostazione ideologica accolta dalla Corte che reputa che un clandestino possa starsene senza problemi nel nostro
Paese senza rischiare alcuna condanna purché dichiari di essere povero».



Immigrati e inserimento scolastico. Indagine della Camera

ImmigrazioneOggi, 21-12-2010
Prosegue alla Camera l'indagine conoscitiva sulle problematiche connesse all'accoglienza degli alunni con cittadinanza non italiana nel sistema scolastico italiano: seguito esame del documento conclusivo.
Sul piatto numerose questioni che riguardano sia l'inserimento scolastico degli immigrati, sia gli insegnanti.
In particolare, l'indagine ha evidenziato come 'gli aggiornamenti offerti agli insegnanti in servizio siano spesso fatti da tante realta' e associazioni, ma rimangono nella sfera del 'fai da te' e non sono arrivati ad essere competenze ordinarie, generalizzate, strutturali del sistema scolastico italiano'. Per passare a un approccio strutturale occorre, dunque, 'affrontare seriamente la formazione iniziale di tutto il personale, i protocolli di accoglienza, l'apprendimento della lingua italiana, il coinvolgimento di tutti i genitori, il lavoro di rete nelle comunita' locali e, in ultimo, anche il contenuto dei saperi'.
Nel corso dell'indagine conoscitiva, la Commissione 'ha capito che questo e' un grande onere richiesto alla scuola e si potrebbe essere tentati di affermare che sia uno dei tanti oneri della scuola di questo tempo.
Il contesto in cui si fa scuola non e' secondario, non e' una variabile indipendente e ha anche conseguenze sullo sviluppo economico, sociale e culturale dell'intero Paese.
La scuola deve quindi essere in grado di far affrontare alle nuove generazioni questo approccio con il mondo globale, in modo che non vi sia un effetto Torre di Babele, ma siano date solide basi culturali che permettano di capire le lingue e le culture degli altri senza perdere le proprie'.



Immigrati: Casini, si' a cittadinanza per chi nasce in Italia

Roma, 21 dic. (Adnkronos) - "Sono favorevole alla cittadinanza per chi nasce sul territorio nazionale. Comunque, il diritto al voto amministrativo e' un conto, un altro conto e' il diritto al voto per le politiche, che va di pari passo con la cittadinanza". Lo ha detto il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, ospite di 'Radio anch'io'.



«Così hanno venduto mio fratello ai beduini»

Avvenire, 21-12-2010
Paolo Lambruschi
Ha appena pagato tremila dollari in due rate per allungare di qualche giorno la vita a suo fratello, uno dei 250 eritrei nelle mani ormai da un mese dei trafficanti di uomini nel Sinai. L’ultima rata di duemila dollari l’ha versata sabato scorso. La prima è stata pagata il 3 dicembre. Adesso sta disperatamente cercando altri cinquemila dollari per arrivare a quota ottomila, il riscatto fissato per la sua liberazione.
H. vive in Svizzera con la sua famiglia, a Berna, ed è un rifugiato politico. Da un mese la sua vita è come spezzata, immersa in un dramma spaventoso. La sua testimonianza aggiunge un altro tassello a questo complesso caso internazionale. Racconta infatti chi e come ha venduto suo fratello e i suoi compagni ai Rashaida del nordest del Sinai. Una vicenda iniziata trenta giorni fa e che per la prima volta toglie il velo all’orrendo traffico di esseri umani che si svolge al confine tra Egitto e Israele. Una storia quasi incredibile, dove si mescolano le vecchie rotte e la violenza brutale degli antichi clan beduini di trafficanti di schiavi alla più sofisticata tecnologia, che consente di seguire il dramma via audio quasi in diretta e viene utilizzata al tempo stesso dai criminali per sollecitare e ricevere i riscatti.
«Ho ricevuto la prima telefonata da mio fratello trenta giorni fa – racconta H – sapevo che era partito dalla Libia con un gruppo di connazionali per tentare di raggiungere Israele attraversando l’Egitto. Sapeva che la strada era pericolosa, ma era stato rassicurato dall’organizzatore del viaggio. Mi ha poi detto di essere stato tradito e venduto dal suo passatore a un clan di beduini Rashaida. E che se non venivano pagati ai rapitori ottomila dollari, questi minacciavano di ucciderlo e prelevargli gli organi per venderli al mercato nero».
Ma chi è il passatore che lo ha consegnato ai rapitori? «Si fa passare per un etiope – aggiunge H. – ma potrebbe essere un eritreo. I prigionieri sanno che il suo vero nome è Fatawi Mahari, anche se dai profughi si fa chiamare "Wedi Koneriel", che significa figlio del generale. Si tratta di un criminale che mi risulta sia già stato arrestato un anno fa in Israele per traffico di esseri umani. Non so perché sia libero. Ma lui ha sparso la voce in Libia presso gli eritrei, ha detto che poteva farli arrivare fino in Israele. Mio fratello gli ha creduto e ha pagato duemila dollari, poi quando hanno raggiunto il Sinai ha consegnato lui e i suoi compagni ai beduini. I quali hanno lasciato loro solo i telefoni cellulari intimando loro di telefonare a quanti conoscevano in Europa, negli Stati Uniti o in Eritrea. Non scherzano, mio fratello mi ha confermato che hanno ucciso otto persone davanti a tutti in questo mese».
H. conferma le disumane condizioni di prigionia in cui viene tenuto il gruppo. «Sono incatenati in container o comunque in locali sotterranei. Sono un’ottantina e i locali sono tre, perciò ha dedotto che sono circa 250, ma non sa dirmi ovviamente il numero esatto. Con loro sono detenute anche persone che hanno raccontato di provenire dall’Eritrea attraverso il Sudan. Vengono tutti picchiati con sbarre di ferro, mangiano e bevono raramente. Ci sono anche alcune donne che quasi ogni notte vengono prelevate e subiscono stupri. Mio fratello mi ha riferito che alcune in stato di gravidanza sono state costrette ad abortire. Anche le donne vengono regolarmente percosse dai carcerieri».
Dai racconti del fratello in ostaggio non è invece possibile risalire alla località.
«Sono nel Sinai, nel nordest dell’area. È riuscito a capire che si trova in un frutteto. E vicino alla prigione dice che cha visto una moschea e una vecchia chiesa convertita in scuola. Ma non sanno dire quanto siano distanti dal confine».
Infine le modalità di pagamento, che dimostrano la sofisticata organizzazione della banda.
«A me hanno chiesto pagamenti divisi in rate. La prima e la seconda li ho effettuati con i servizi di trasferimento di denaro della Western Union. Pochi minuti prima di pagare mi è arrivato un sms che indicava il nome del destinatario e l’agenzia sulla quale effettuare il pagamento. I banditi usano nomi diversi, sabato scorso mi hanno dato un altro nominativo. Sono stati rapidi ed efficienti, la sera stessa ho avuto la conferma che mio fratello era vivo. Non posso dire di più, almeno finché lui è prigioniero. Ora sto cercando disperatamente i soldi per il riscatto che resta da pagare. Prima, però vorrei delle garanzie perché devo sapere che verrà veramente liberato». Domani H. si recherà a Ginevra nella sede dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite con un’altra famiglia che sta vivendo la stessa tragedia. Vogliono sollecitare un intervento sul governo del Cairo. Ha fissato un appuntamento con un funzionario grazie alla mediazione della Croce Rossa internazionale. Ma non ha molta fiducia, ha aspettato più di una settimana prima di venire ricevuto. E teme che di questo dramma non importi nulla a nessuno.



Calabria: a San Calogero e Gasperina i due centri polifunzionali per immigrati finanziati con il Pon sicurezza.

Immigrazione Oggi, 21-12-2010
I centri attiveranno servizi per l’integrazione in zone dove è molto diffuso il bracciantato agricolo.
Sorgeranno a San Calogero (Vibo Valentia) e Gasperina (Catanzaro) due dei centri polifunzionali finanziati con il Pon sicurezza.
Il Centro polifunzionale di San Calogero si chiamerà “SOLIM: Percorsi di Solidarietà, lavoro ed integrazione degli immigrati” ed avrà sede in un edificio confiscato alla criminalità organizzata. Il progetto è stato presentato dal Consorzio “Crescere Insieme” costituito dai Comuni di Filandari, Francica, Ionadi, Joppolo, Limbadi, Mileto, Nicotera, San Calogero, San Costantino Calabro, San Gregorio d’Ippona e Soriano Calabro, tutti in provincia di Vibo Valentia. Nel Centro verranno attivati laboratori di lingua italiana e corsi di formazione di base e professionale, mentre un’area sarà dedicata alla socializzazione e al tempo libero. Il centro fornirà anche un servizio gratuito di residenzialità temporanea con 16 posti disponibili, per un massimo di 60 giorni e un servizio mensa.
Il progetto presentato dal Comune di Gasperina, invece, sarà allocato in un edificio di 3 piani in via Fiorentino. Attualmente l’immobile, di proprietà dell’amministrazione comunale, è inutilizzato e versa in condizioni di abbandono. Una volta ristrutturato, il Centro ospiterà attività come formazione di base e professionale; servizi amministrativi; servizi di orientamento, formazione ed accompagnamento al lavoro.



"Basta permessi di soggiorno": a Macerata blitz all'Ufficio Immigrazione

MacerataNotizia, 21-12-2010
Tommaso Golini, Coordinatore provinciale Forza Nuova
La mattina del 21 dicembre un manipolo di militanti forzanovisti ha affisso uno striscione con scritto "BASTA PERMESSI DI SOGGIORNO" davanti l'Ufficio Immigrazione, tappezzando l'ingresso di volantini contro le politiche buoniste e permissive che regolano i flussi migratori nella nostra Provincia.
Negli ultimi tempi stiamo assistendo ad una vero e proprio boom dell'immigrazione, chepermessi di soggiorno? stop solo nel 2009 è cresciuta dell'11,1% rispetto agli anni precedenti. Una cifra spropositata, calcolando che non tiene conto della percentuale di clandestini, che rappresentano una buona fetta dell'immigrazione extracomunitaria.
Emblematico il caso del comune di Porto Recanati, dove gli stranieri raggiungono addirittura il 35% degli abitanti.
L'immigrazione sta velocemente sfigurando e snaturando il volto delle città e dell'Italia intera, tracciando i solchi di ghetti etnici e di zone off limits per chiunque sia italiano, intere zone dove i nostri concittadini sono abbandonati a loro stessi, privi di qualsiasi tutela da parte dello Stato e costretti a convivere in uno stato di perenne paura.
L'Hotel Hovolantini fermiamo l'immigrazione-forza nuovause, struttura immobiliare dove spaccio, prostituzione, micro e macro criminalità sono all'ordine dell'ora non più del giorno, ne è un chiaro esempio. L'unico modo per contrastare il degrado consiste nel porre un freno irremovibile e deciso non solo all'immigrazione clandestina, ma anche a quella regolare extracomunitaria. Per questo motivo Forza Nuova chiede il blocco immediato del rilascio dei permessi di soggiorno, e annuncia l'inizio di attività militanti volte alla difesa e alla tutela dei cittadini.


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Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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