Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

07 novembre 2012

Peschereccio con 162 migranti, otto fermi il viaggio ha fruttato quasi 800mila euro
I clandestini, tra i quali donne e bambini, venivano dalla Turchia. L'operazione condotta dalla Guardia di Finanza ha accertato che sono stati trattati in maniera disumana. Ennesimo sbarco in Sicilia: 106 clandestini provenienti dalla Libia
la Repubblica, 07-11-2012
REGGIO CALABRIA - Un milione di dollari, circa 779mila euro: tanto ha fruttato ad otto scafisti il viaggio compiuto da 162 migranti sbarcati lunedì nel porto di Reggio Calabria da un peschereccio intercettato in mare da unità navali della Guardia di Finanza. I passeggeri, clandestini, avrebbero pagato agli scafisti tra i 5 mila e i 6 mila dollari a persona per essere trasportati dalla Turchia all'Italia, per di più in condizioni disumane e degradanti. È quanto è emerso dalle indagini condotte subito dopo lo sbarco dai finanzieri e dai poliziotti della squadra mobile di Reggio Calabria con il coordinamento del pm della Procura reggina Sara Amerio e del procuratore aggiunto Michele Giarritta Prestipino che hanno arrestato i membri dell'equipaggio e assistito i migranti.
Secondo gli inquirenti il peschereccio, partito dal porto di Istanbul, è stato intercettato nella notte tra domenica e lunedì scorsi da unità del Gruppo aeronavale di Messina della Guardia di Finanza al largo di Capo dell'Armi (Reggio Calabria). L'imbarcazione era stata avvistata nel tardo pomeriggio di domenica a circa 140 miglia a Sud est di Capo Passero (Siracusa) e successivamente monitorata nel corso della navigazione. Una volta entrato in acque territoriali, il peschereccio è stato prima bloccato e poi condotto nel porto di Reggio Calabria. A bordo sono stati trovati 162 immigrati tra i quali 34 bambini e 25 donne di cui una in stato di gravidanza, che hanno riferito di essere afgani e di essere partiti tre giorni fa
dal porto di Istanbul.
Subito dopo l'attracco, la Guardia di Finanza e la Polizia hanno iniziato gli accertamenti su una decina di persone che si sono conclusi col fermo degli otto membri dell'equipaggio. "E' un'operazione sicuramente importante perché abbiamo individuato gli organizzatori e gli scafisti che con questo viaggio hanno incassato circa un milione di dollari". Così il procuratore aggiunto Prestipino ha commentato l'inchiesta coordinata con il pm Sara Amerio. "Quegli sfortunati viaggiatori - ha aggiunto Prestipino - sono rimasti ammassati sul peschereccio per sei giorni, tenuti in condizioni degradanti e disumane. Quando sono arrivati erano fortemente provati ed esausti. Senza dimenticare che sono stati costantemente in pericolo di vita per tutto il viaggio. Le indagini dei finanzieri del Gruppo e dei poliziotti della squadra mobile hanno accertato che l'equipaggio li ha trattati in maniera disumana. Tra i fermati c'erano anche coloro che erano incaricati proprio di garantire la disciplina a bordo. E solo saltuariamente sono stati distribuiti viveri ed acqua".
Sbarco in Sicilia: 106 clandestini a bordo. Intorno alle 7 un cittadino ha allertato la Guardia costiera dopo che un'imbarcazione in legno era approdata a Porto Palo di Capo Passero, nel siracusano. Gli uomini delle capitanerie di porto hanno subito fermato otto extracomunitari, i quali hanno dichiarato che a bordo erano in tutto 106. Ne sono stati rintracciati 35. Gli extracomunitari (a bordo dell'imbarcazione anche 50 donne) hanno dichiarato di essere eritrei e di essersi imbarcati in Libia. Il barcone di legno con cui sono arrivati in Sicilia è stato trovato in prossimità della riva, ancora con i motori accesi.



Regolarizzazione: il Ministero potrebbe ritenere valide le 7 mila domande compilate ma non inviate, si arriverebbe a quota 141 mila.
L’annuncio del sottosegretario all’Interno Ruperto, per la maggior parte risulterebbe versato anche il contributo.
Immigrazioneoggi, 07-11-2012
Le domande di emersione dal lavoro nero dell’ultima regolarizzazione potrebbero superare quota 141 mila. A darne notizia è Saverio Ruperto, sottosegretario all’Interno con delega sull’immigrazione intervenuto ieri al seminario Emersione dal lavoro irregolare e ratifica Convenzione sul lavoro domestico promosso dal Dipartimento politiche migratorie della Uil presso la sede nazionale del sindacato. In totale, infatti, i moduli compilati per avviare la procedura di regolarizzazione sono 141.498, ma di questi ne sono stati inviati 134.576. Quasi 7 mila domande compilate ma non inviate e di cui per la maggior parte è stato pagato il contributo, ha spiegato Ruperto, su cui si sta riflettendo e che probabilmente verranno considerate come moduli inviati.
Il sottosegretario si è detto soddisfatto dei risultati raggiunti: “Il bilancio è positivo – ha affermato. – Se valutiamo la vicenda dal punto di vista dei riscontri numerici abbiamo avuto i numeri che ci attendevamo. La previsione si attestava tra le 100 mila e le 150 mila domande, ne abbiamo avute 135 mila e quindi mi sembra che da questo punto di vista il risultato sia soddisfacente. Il contributo che attraverso questa norma si dà all’emersione del lavoro irregolare è significativo. Chiaro che nessuno si può attendere di ottenere la totalità dei casi e la totale sconfitta del lavoro irregolare. Sono obiettivi ideali che bisogna cercare di perseguire ma non sempre lo si può fare. Bisogna puntare al massimo obiettivo realisticamente perseguibile”.



La guida nasce per i peruviani
Un vademecum per i migranti latino-americani
la Repubblica, 07-11-2012
COME si fa a entrare legalmente in Italia? la patente peruviana è valida anche qui? Come si ottiene un permesso di soggiorno? A cosa serve la tessera sanitaria? Dove trovo lavoro e come posso chiedere un mutuo?
Sono solo alcune delle demande a cui risponde la "Guida per il migrante peruviano", vademecum in spagnolo e italiano, 60 pagine fitte di informazioni, numeri di telefono e indirizzi per trovare casa, lavoro, scuola e assistenza socio-sanitaria. Un progetto finanziato dall'Unione Europea e realizzato dalla Fondazione Ismu con diverse istituzioni pubbliche e private peruviane. Il libro
presentato ieri nell'ambito della "Semana de Perù  Migrante en Italia"—è stato creato per chi viene dal Peril ma è un utile strumento per l'integrazione di tutti gli immigrati che arrivano dall'America latina. Quella peruviana è una delle comunità più numerose in Italia. All'anagrafe di Milano —secondo i dali del Comune — sono iscritti 19.936 Cittadini arrivati dal Perù, l'8,3 per cento degli stranieri residenti, quarta comunità cittadina. Secondo le stime dell'Osservatorio regionale per l'integrazione (Orim) i peruviani (regolari e non) presenti in Lombardia sono 53 mila, il 13,1 per cento in piü in un anno. In provincia si contano 38mila presenze. La guida, stampata in 15mila copie, verrà distribuita al consolato peruviano e nei luoghi di ritrovo della comunità.



Donne, giovani, operai, immigrati "L'altra America" rielegge Obama
Il presidente ha ritrovato il consenso delle categorie che l'avevano portato alla Casa Bianca nel 2008. Strati sociali che il repubblicano Romney ha trascurato, contando sull'appoggio della classe economicamente dominante
la Repubblica, 07-11-2012
dal nostro inviato ANGELO AQUARO
BOSTON - Sembra davvero la storia degli ultimi che diventano ancora una volta i primi, è la rivincita del 47 contro l'1 per cento, di quell'America che Mitt Romney aveva svillaneggiato: il 47 per cento appunto così povero da non potersi neppure permettere di pagare le tasse, non ti curar di loro ma guarda e passa, mentre quello che doveva contare era soltanto l'1 per cento di super ricchi che già posseggono tutto e a cui naturalmente bisognava tagliare ancora le tasse.
Sì, la vittoria di Barack Obama 1 passa davvero per la parte più vera dell'America, proprio per quella parte che il suo sfidante non ha coltivato, forte invece del sostegno dei miliardi dei poteri forti. Le donne, per esempio. Eppure ai repubblicani le orecchie dovevano suonare da un pezzo. Come si fa ad andare al voto inimicandosi l'elettorato femminile, come si fa a dire no alla contraccezione usata negli Usa dal 90 per cento delle donne? E come si fa soprattutto a non prendere le distanze da personaggi come Richard Mourdock o Tedd Aiken, capaci di orrori come la giustificazione del figlio dello stupro dono di Dio? Le donne, lo dicevano tutti i sondaggi, sono state la forza di Obama, spingendo in alto le sue preferenze, spaccando anche famiglie tradizionalmente repubblicane. Ed è una donna, Meggie Hassan, che ha trascinato alla vittoria Barack in uno Stato che rischiava di perdere, il New Hampshire: la nuova governatrice è adesso l'unica leader di uno Stato Usa pro-choice, cioè a favore dell'aborto, le uniche altre donne al comando sono repubblicane e ovviamente contro l'interruzione di gravidanza.
No, non si governa nel terzo millennio senza governare i temi della sessualità: e qui anche la mobilitazione dei gay è stata determinante, Obama è il presidente che ha cancellato il bando agli omosessuali nell'esercito e che esplicitamente s'è pronunciato a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso. E non è un caso che anche nel discorso di "reinvestitura" 2 si sia ricordato di loro, di questa costituency importantissima che invece Romney si era inimicato, licenziando il suo portavoce proprio per manifesta omosessualità.
E come si fa negli anni della globalità e del web senza frontiere a vincere senza immigrati e giovani? Naturalmente ci voglio i fatti e non solo le parole. Il primo presidente nero non è riuscito, visto l'ostruzionismo del Congresso, a fare quella grande riforma dell'immigrazione che sognava. Però ai figli dei clandestini che già studiano e lavorano negli Usa ha tolto l'infamia dei rimpatri coatti, firmando lui stesso un decreto che ha bypassato i poteri - e soprattutto l'inerzia - di Camera e Senato. Una mossa fondamentale: proprio l'asse neri-latini era stata la leva su cui quello che sarebbe diventato il primo presidente afroamericano aveva costruito quattro anni fa il suo successo. E i risultati di oggi, dalla Florida al Colorado al Nevada, cioè gli Stati in cui i latini erano determinanti, la dice lunga sul successo dell'operazione.
Ecco, anche qui: la grande forza di Barack quattro anni fa erano stati i giovani. E tutti gli esperti nei mesi scorsi avvertivano: l'attenzione è calata, non c'è più l'entusiasmo del 2008. Il vice (relativamente giovane anche lui, 42enne) che Mitt Romney si era scelto aveva pure fatto dell'ironia: non possiamo permettere che i nostri ragazzi invecchino fissando nel chiuso della loro cameretta un poster di Obama. Come dire: Barack li ha incantati ma non ha saputo fare altro per loro. Invece i giovani hanno risposto straordinariamente in massa all'appello del loro presidente: per la verità anche grazie alla mobilitazione, straordinaria anche questa, di quello che sempre nel discorso di Chicago il presidente ha chiamato il più organizzato team elettorale della storia.
Donne, gay, immigrati, giovani. E scusate se in questo Paese che rinasce dalla crisi peggiore dai tempi della grande depressione ci sono ancora gli operai. Qui il trionfo negli Stati simbolo della struttura industriale statunitense, dal Michigan delle tre Big di Detroit, General Motors Ford e Chrysler, appunto all'ambitissimo Ohio, è la prova che la classe operaia ha davvero la memoria lunga. Romney era contro il salvataggio dell'auto voluto da Barack: e gli operai se lo sono ricordati.
Sì, sembra davvero la storia degli ultimi che diventano ancora una volta primi: ora tocca a Obama Secondo dimostrare che non sarà solo per una notte.



I giorni della nave Vlora e il ritorno di una storia rimossa
Il film di Daniele Vicari - "La nave dolce" -  presentato alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, sta per uscire nelle sale italiane. L'anteprima assoluta sarà il 7 novembre a Bari, città direttamente coinvolta in quello che fu il primo grande episodio di immigrazione nel nostro Paese, che mise a nudo tutte le inefficienze e i ritardi culturali di una classe politica prossima alla dissoluzione
la Repubblica, 5-11-2012
DANIELE VICARI
ROMA - Porto di Bari, 8 agosto 1991, all'alba compare all'orizzonte un mercantile malandato e stracarico di esseri umani. E' una cosa mai vista, le persone a grappolo sulla nave, come api aggrappate ad un ramo, fischiano e salutano i pochi italiani che a quell'ora li attendono in porto. Ci sono solo alcuni poliziotti, qualche vigile del fuoco qualche finanziere. Gli operatori televisivi locali, quelli di Rai, Telenorba e Telebari, stupiti dall'evento impressionante che si trovano a vivere, cominciano un infaticabile lavoro di documentazione.
Gli ordini che tardano ad arrivare. Ci vogliono molte ore perché la nave attracchi al molo foraneo. E molte ore impiegano gli addetti all'ordine pubblico per decidere il da farsi. Si aspettano ordini dall'alto, questa non è una faccenda semplice, qui ne va della sicurezza nazionale. Durante quelle ore di stasi, sotto un sole insopportabile, gli albanesi cominciano a gettarsi in acqua, fanno salti di venti metri, riemergono in mutande. All'inizio solo qualcuno riesce a tuffarsi da quell'altezza, poi piano piano in molti si fanno coraggio, e si buttano giù. Gli ordini dei piani alti tardano ad arrivare ma gli agenti devono per forza intervenire. I vigili del fuoco e i finanzieri raccolgono in acqua gli albanesi stremati. Centinaia di ragazzi stanchi ma vispi come anguille arrivano sul molo. E' come tamponare una diga che sta per crollare.
GUARDA IL TRAILER 1
Gli operatori riprendono tutto. Riprendono le operazioni di sbarco, il molo che si riempie e la nave che sembra non svuotarsi mai. Il pomeriggio arriva presto e i giornali stanno già chiudendo i servizi. Qualcuno frettolosamente ha preparato il titolo "10.000" albanesi. Ma nessuno tiene in considerazione che la nave è piena di gente anche all'interno. Lo sbarco infinito dura tutto il giorno e gli operatori riprendono tutto. Il tramonto, la notte e l'alba successiva. I primi soccorsi, l'autobotte, le ambulanze. Il molo è ormai occupato da una marea umana che spaventa, 20.000 persone un intero popolo. Come si fa a dar da mangiare e da bere a tutta questa gente? E il governo che fa, che dice?
I volontari da tutta la Puglia. Arrivano volontari da tutta la puglia, arrivano vivande, arrivano giornalisti da tutto il mondo, attirati dalle prime immagini mandate in onda dai telegiornali italiani. E lo sbarco del mercantile albanese Vlora, diventa per il mondo il simbolo di un cambiamento epocale, delle conseguenze del crollo del muro di Berlino, della "Fine della storia". E gli operatori della TV restano li, e riprendono ogni cosa. Notte e giorno. Scoppiano i primi tafferugli sul molo, gli albanesi vogliono andarsene da quella trappola di cemento armato. Il sindaco di Bari vorrebbe costruire una tendopoli per prestare seriamente soccorso ai "profughi", ma dal governo arriva l'ordine di portare gli albanesi allo stadio.
I giorni dell'emergenza. Nei sei giorni dell'emergenza gli operatori televisivi vengono "dimenticati" dalle redazioni. In quel periodo gli italiani sono in ferie, non succede niente di niente. Tutti sotto l'ombrellone. E gli operatori continuano e filmare tutto ciò che può essere filmato: un via vai infinito di autobus e ambulanze anima le giornate; gli ospedali si riempiono fino all'inverosimile; la città mezzo addormentata per il caldo e le ferie è costretta a svegliarsi; gruppi di albanesi vanno in giro seminudi per le strade deserta; 'cè chi si spaventa, chi invece presta soccorso, chi denuncia e chi nasconde.
Tutto il valore di quelle immagini. Lo stadio è pieno di gente, il molo è pieno di gente. La città in allerta. Auto della polizia che sfrecciano, elicotteri... altro che fine della storia. La nostra storia, quella che stiamo vivendo ora comincia a Bari l'8 agosto 1991. E se oggi possiamo conoscerla nel dettaglio e nella vividezza delle immagini è perché quegli straordinari operatori della tv rimasero li a riprendere tutto fino alla fine. Quelle immagini però le abbiamo rimosse, come abbiamo rimosso il significato di quegli accadimenti. In casi come questo o come il G8 di Genova, il cinema può darci una mano a far riemergere questo rimosso collettivo. E' vero, fa un po' male, ma credo ne valga la pena.

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