Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

13 gennaio 2011

Un altro sciopero degli immigrati  E il "tam tam" già risuona su internet
L'appuntamento è fissato per il primo marzo prossimo. L'anno scorso fu un mezzo flop per ragioni diverse, ma - dicono al Comitato organizzatore - "Quest'anno vogliamo fare di più e meglio: una grande manifestazione nazionale coinvolgerà centinaia di piazze italiane"
la Repubblica, 13-01-2011
VLADIMIRO POLCHI
ROMA  -  Ritorna lo sciopero degli immigrati e riparte il tam tam su internet. L'appuntamento è fissato per il primo marzo 2011. "Lo scorso anno - sostengono su Facebook i promotori - abbiamo organizzato una grande manifestazione non violenta che ha toccato centinaia di piazze, mobilitato oltre 300mila persone e portato in molte città a veri e propri scioperi. Quest'anno vogliamo fare di più e meglio".
Lo sciopero del 2010. L'anno scorso lo sciopero, in senso tecnico, degli immigrati non ha funzionato. Diversi i motivi: perché i sindacati non hanno voluto, né potuto, indire uno sciopero su base etnica e perché i lavoratori stranieri non sono un corpo omogeneo, legato da vincoli di solidarietà interni, capace di muoversi compatto. Sono divisi, ricattabili, lavorano nella stragrande maggioranza dei casi in nero. Ma l'iniziativa non è stata un flop, tutt'altro: decine di manifestazioni locali, parziali astensioni dal lavoro in alcune fabbriche del Centro-Nord e buona visibilità mediatica della protesta. Ora ci si riprova. Lanciando l'opzione di uno sciopero generale.
Cittadinanza e voto. "Vogliamo che le piazze italiane, il 1° marzo del 2011, tornino a colorarsi di giallo - si legge nel comunicato dei promotori - che vecchi e nuovi cittadini tornino a far sentire la propria voce e che i lavoratori usino gli strumenti a loro disposizione per dire no alle politiche di esclusione e alle discriminazioni: per dire a gran
voce che la Bossi-Fini va cambiata, che il diritto di cittadinanza deve essere riconosciuto a chi nasce e cresce in Italia, che il riconoscimento del diritto di voto amministrativo per gli immigrati non può più essere rimandato, che i CIE (i Centri di identificazione ed espulsione) vanno chiusi perché sono inutili e illegali oltre che disumani".
Il comitato. Il colore della manifestazione resta il giallo e il logo della protesta rimane quello realizzato dall'artista Giuseppe Cassibba. Il comitato è presente su internet con un blog 1 e con un gruppo su Facebook
Lo sciopero delle rotonde. "L'anno che è trascorso - ricorda il manifesto del Comitato primo marzo - è stato segnato da momenti di consapevolezza importanti: dalla manifestazione dei braccianti indiani a Latina, allo sciopero delle rotonde in Campania, alle proteste di Brescia e di Milano contro la sanatoria truffa. Anche per questo è nostro desiderio che il Primo Marzo 2011 sia una giornata ancora più partecipata del Primo Marzo 2010, che l'opzione sciopero generale sia rilanciata, che il respiro internazionale sia ancora più marcato e che si riesca a lasciare un segno ancora più profondo".
"No razzismo day". Allo sciopero aderisce anche la rete del NoRazzismo Day 2 (forte su Facebook di oltre 28mila "amici") che "rilancia e fa proprio l'invito dei Comitati Primo Marzo per una manifestazione a carattere nazionale, che possa dar luogo a un giorno di astensione dal lavoro per dimostrare il peso e il senso che le popolazioni migranti hanno ormai nell'Economia del Paese"



Tribunali assolvono i clandestini

Viminale: così garantiremo il rispetto detta legge
la Padania, 13-01-2011
Federico Bricolo
Doppio attacco alla legge Bossi Fini. Dal mese scorso, allontanare dal territorio nazionale un clandestino, anche se è recidivo, è più difficile. Alcuni tribunali (Torino e Firenze) hanno deciso di non applicare il reato di clandestinità. La norma prevede che "l'inosservanza dell'ordine di espulsione del questore entro cinque giorni da parte dello straniero già depositario di un provvedimento di espulsione, viene punito con la reclusione da uno a quattro anni". I magistrati però hanno deciso di disapplicarla in base alla direttiva 2008/115/CE del Parlamento  euro-
peo del 16 dicembre 2008, che prevedendo "precise chiare e incondizionate" ed avendo "effetti giuridici favorevoli per lo Stato inadempiente" è "immediatamente applicabile in Italia" dal 25 dicembre 2010 in quanto "il 24 dicembre è scaduto il termine per la relativa attuazione da parte del legislatore".
Fuori dal linguaggio giuridico, i magistrati hanno giustificato le loro decisioni in base alla norma comunitaria che intende contemperare l'interesse degli Stati ad una effettiva espulsione degli irregolari con il loro diritto -alla libertà personale. E perciò disegna una procedura di rimpatrio  "attraverso misure gradatamente coercitive che solo come extrema ratio possono culminare in trattamenti detentivi presso centri di permanenza temporanea o istituti penitenziari, ove gli stranieri siano tenuti separati dai detenuti ordinari e per un tempo limitato, non eccedente i 18 mesi e strettamente necessario all'espletamento diligente delle modalità di rimpatrio". Detto in soldoni, dopo il provvedimento amministrativo di espulsione, nonostante l'inottemperanza, non si può passare subito ad una sanzione penale.
Come se non bastasse, sempre a dicèmbre, anche la  Consulta  con una sentenza shock aveva stabilito che "non è punibile lo straniero che in estremo stato di indigenza, o comunque per giustificato motivo, non ha reiteratamente ottemperato all'ordine di allontanamento del questore continuando a rimanere illegalmente in Italia". La Corte costituzionale in questo caso è andata a smantellare una parte dell'ultimo pacchetto sicurezza (legge 94 del luglio 2009) che aveva aumentato nel massimo (da quattro a cinque anni) le pene per lo straniero destinatario di un decreto di espulsione adottato dopo l'inottemperanza ad un precedente ordine di allontanamento. A sollevare la questione dinanzi alla Consulta era stato il tribunale di Voghera, chiamato a giudicare sul caso di una donna clandestina più volte raggiunta da un decreto di espulsione ma che, per motivi di estrema indigenza, non aveva potuto lasciare il Paese con i propri mezzi.
Una sentenza i cui effetti la Lega Nord è intenzionata a bloccare presentando un emendamento ad hoc già in questi primi mesi di ripresa dei lavori parlamentari dopo la pausa invernale, come dichiarato proprio dalle colonne del nostro giornale, dal capogruppo del movimento di Bossi a palazzo Madama.



VIMINALE IN DIFESA DELLA BOSSI-FINI

la Padania, 13-01-2011
I magistrati di alcuni Tribunali non  applicano il reato di clandestinità usando  come "alibi" una direttiva europea
Il sottosegretario agli Interni,  DAVICO: "Nessun passo indietro, nel disegno di legge sulla sicurezza i nuovi paletti»
Doppio attacco alla legge Bossi Fini. Dal mese scorso, allontanare dal territorio nazionale un clandestino, anche se è recidivo, è più difficile. Alcuni tribunali {Torino e Firenze) hanno deciso di non applicare il reato di clandestinità. La norma prevede che "l'inosservanza dell'ordine di espulsione del questore entro cinque giorni da parte dello straniero già depositario di un provvedimento di espulsione, viene punito con la reclusione da uno a quattro anni". Ma i magistrati hanno giustificato le loro decisioni in base alla norma comunitaria che intende contemperare l'interesse degli Stati ad una effettiva espulsione degli irregolari con il loro diritto alla libertà personale. E perciò disegna una procedura di rimpatrio "attraverso misure gradatamente coercitive".



La Procura: "Tra gli immigrati clandestini probabile la presenza di terroristi"

Repubblica.it 12 gennaio 2011
Un flusso costante di immigrati clandestini pronti a spendere cifre da capogiro pur di giungere in Italia, e da qui in molti paesi dell'Europa. Per oltre due anni a gestire gli "ingressi" sul suolo italiano era una organizzazione composta da cittadini dell'Afghanistan e del Pakistan smantellata al termine di una indagine coordinata della Direzione distrettuale antimafia di Roma e condotta dalle Squadra Mobile delle Questure di Roma e Bolzano e della Digos della Questura di Frosinone, coordinata dal Servizio Centrale Operativo. In totale sono 48 i provvedimenti di custodia cautelare emessi, di cui 26 già eseguiti: il reato ipotizzato è quello di associazione per delinquere finalizzati all'immigrazione clandestina.
Gli inquirenti non escludono che tra le migliaia di persone giunte in Italia in questi due anni potrebbero esserci anche soggetti che hanno "partecipato ad attività di terrorismo internazionale". "Si tratta di sospetti su cui stiamo effettuando i controlli", puntualizza il procuratore aggiunto di Roma, Pietro Saviotti.
L'inchiesta romana è una costola di quella nata a Napoli nel 2008 che aveva come oggetto il traffico di sostanze stupefacenti i cui proventi erano utilizzati per il finanziamento di organizzazioni terroristiche di matrice islamica. Ai clandestini, oltre che al viaggio, venivano garantiti tutti i documenti necessari.
Le indagini hanno portato al sequestro di 8 internet point, sette dei quali presenti a Roma nella zona Ostiense, vere e proprie centrali operative dove spesso i clandestini sostavano per poi proseguire il viaggio in altri paesi come la Francia, la Germania e l'Inghilterra.
Le famiglie degli immigrati erano disposte a pagare fino a 4 mila euro per garantire il viaggio: per il trasferimento delle somme in denaro veniva utilizzato il sistema «hawala», che consente l'anonimato dei soggetti «hawalard» coinvolti nei vari transiti di denaro. Molti i minori, circa il 20% del totale, che hanno raggiunto l'Italia: in alcuni casi gli immigrati erano sottoposti anche ad estorsione. Se non giungevano i pagamenti da parte dei familiari potevano essere tenuti in ostaggio, segregati anche per mesi.



A Firenze e ad Asti i primi esami per chi chiede un permesso di soggiorno lungo
" Scrivi una cartolina alla tua famiglia" da lunedì i test di italiano per immigrati
la Repubblica, 13-01-2011
MARIA CRISTINA CARRATU'

FIRENZE — Primi "esami" d'italiano per gli stranieri. A Firenze i test cominciano lunedì, stessa cosa ad Asti e saranno probabilmente queste le prime due città ad applicare il decreto entrato in vigore lo scorso 9 dicembre. «Che cosa si dicono quelle persone?». «Sai scrivere una cartolina alla tua famiglia?». «E sai buttar giù la richiesta a un ente pubblico, spiegando chi sei?»
Saranno più o meno questi i contenuti delle domande che dal 17 gennaio, alla scuola media Di Cambio-Angelico di Firenze, vedranno impegnati in una prova di lingua italiana, gli stranieri che lavorano nella provincia. Centosettanta i candidati attesi per questo primo scaglione. Sono interessati a misurarsi con il test di italiano quella particolare categoria di stranieri, i soggiornanti di lungo periodo, che negli ultimi cinque anni hanno avuto un lavoro, con un reddito minimo di circa 10 mila euro lordi e hanno vissuto in una casa (di proprietà o con un regolare contratto d'affitto). Superato questo scoglio,via libera all'accesso al permesso disoggiorno lungo, a tempo indeterminato. Per chi viene bocciato è prevista la possibilità di ripetere la prova, basta presentare una nuova domanda. Seduto fra i banchi della scuola media fiorentina lunedì, il candidato straniero sotto esame dovrà ascoltare un dialogo e dire (barrando 5 domande a risposta multipla) su cosa verte, leggere qualche riga di articolo di giornale e spiegare cosa significa, quindi abbinare i testi scritti ad alcune immagini, scrivere una cartolina usando 30-40 parole o rispondere a una email, e, certamente la più difficile delle prove, formulare una domanda scritta al Comune per frequentare un corso di formazione  professionale, allegando i dati anagrafici. Per svolgere il test ci sarà un'ora e mezzo di tempo, dettatura compresa. Quindi, non resterà che attendere il risultato dalla prefettura, il verdetto sarà messo online e verrà trasmesso anche alla questura.
Lo straniero sarà chiamato a dimostrare di comprendere semplici testi in italiano, e, attraverso la lingua, di saper interagire nel contesto sociale in cui si trova, a partire da lavoro, scuola, sanità. A Firenze la scuola media sede del test fa parte di uno dei 39 Ctp toscani, i centri territoriali permanenti per l'educazione degli adulti ai cui insegnanti è stato delegata la "somministrazione" dei test per gli stranieri, ma anche la loro redazione, sulla base delle linee guida preparate dagli enti delegati dal ministero (l'Università di Roma Tre, le Università per stranieri di Siena e Perugia, e la Società Dante Alighieri di Roma), e ovviamente uguali per tutta l'Italia.
A seconda delle località invece, le domande possono diversificarsi, pur rimanendo dentro il livello di difficoltà indicato per tutti. Finito il primo scaglione d'esame, ne seguiranno altri per tutti quelli che matureranno i requisiti per l'accesso alla carta di soggiorno "lunga", e che, per legge, le prefetture avranno l'obbligo di convocare entro 60 giorni dalla domanda. Col test si apre una fase nuova dell'integrazione degli immigrati, non esente da contestazioni (ce la faranno gli stranieri a prepararsi, visti i loro ritmi di lavoro? non sarebbe stato meglio prevedere dei corsi di lingua, anziché un esame?), ma che offre un'occasione preziosa per stabilizzarsi a migliaia di persone di fatto già integrate nel mercato del lavoro.



San Marino - Matrimoni clandestini, un business

Romagna Noi, 13-01-2011
L'Aduc interviene sulla polemica delle "unioni facili" scoppiata durante le festività: "In barba al divieto italiano, basta andare nel Titano dove è diventata una gallina dall uova d'oro"
SAN MARINO - "Immigrati clandestini e matrimonio, a San Marino si può fare". La denuncia varca i confini: è Aduc, Associazione in difesa dei diritti di utenti e consumatori a raccogliere la polemica delle "unioni facili", scoppiata durante le festività sul Titano. Aduc coglie il filo rosso che unisce il leit motiv pubblicitario della Repubblica, dallo slogan "Innamorati di me", e quello che sul Titano è diventato un business, ovvero i matrimoni civili.
"Per chi non lo sapesse - riposta l'associazione in una nota - in barba al divieto italiano di contrarre matrimonio con un clandestino, basta andare a San Marino". Aduc spiega quindi il veto posto in Italia dal pacchetto sicurezza, che risale al luglio 2009, alle unioni con stranieri, se clandestini. E anche se l'associazione punta il dito contro una normativa "che ha il sapore delle leggi razziali", tuttavia non tralascia di bacchettare "quanto accade quasi in casa nostra, a pochi passi", ovvero a San Marino. Dove "è consentito il matrimonio con una persona straniera o fra stranieri senza chiedere alcun documento che provi la regolarita' del soggiorno, in barba al divieto italiano di matrimonio con persona clandestina". Questa discrepanza dall'ordinamento italiano è infatti diventato per Aduc "una gallina dalle uova d'oro" per il Titano: "Prima dell'emanazione del pacchetto sicurezza - prosegue la nota - le coppie che si sposavano a San Marino erano una quindicina l'anno, mentre ora sono diventate settanta".
E come in ogni mercato, se la domanda sale, aumentano anche i costi: "San Marino - puntualizza Aduc - da buon affarista, ha alzato i prezzi: sposarsi costa fra i 300 e i 1.000 euro". Ma l'investimento sembra valere la candela perché "tante sono le coppie composte da un italiano e un irregolare, o tra uno straniero regolare in Italia e un clandestino, che decidono di investire questa somma in cambio di una carta di soggiorno". L'associazione si stupisce quindi che, di fronte al lucro dei matrimoni clandestini, il governo italiano taccia.
E riprende proprio le parole del segretario di Stato per gli Affari interni, Valeria Ciavatta, riportate in un comunicato stampa datato 29 dicembre, in risposta a un'interpellanza avanzata dai Ddc-Eps. Ciavatta aveva già allora precisato che "le autorita' italiane competenti non hanno mai chiesto un confronto o inviato atti a riguardo, sebbene a conoscenza della possibilita' che cio' accadesse in virtu' delle diverse legislazioni vigenti". Aduc ipotizza quindi che il governo italiano non sollevi il problema semplicemente perche' "se la coppia puo' permettersi il matrimonio a San Marino, evidentemente appartiene a una fascia di immigrazione tutto sommato accettabile in Italia", perche' dimostra cosi' di avere reddito. E quindi, conclude la nota, chi si sposa sul Titano pur non avendo le carte a posto "forse e' meno clandestino degli altri".



Cosenza: nasce l’Associazione lavoratori stranieri.

L’organismo, promosso dal Movimento cristiano lavoratori, verrà inaugurato domani a Castrovillari.
Immigrazione Oggi, 13-01-2011
“Per il protagonismo degli immigrati, la tutela delle loro esigenze e la crescita della nostra società”: è questo l’obiettivo della nuova Associazione lavoratori stranieri di Cosenza promossa dal Movimento cristiano lavoratori.
Il nuovo organismo, che aprirà ufficialmente i battenti domani, 14 gennaio, alle ore 17.00 nella sede di Castrovillari (Via Ettore Manes, 52), sarà un centro di promozione sociale con uno sportello di segretariato.
Una struttura – si legge in una nota – che lancia il Movimento cristiano lavoratori nel solco di quella tradizione cattolica che ha da sempre attenzione e impegni verso gli extracomunitari che abitano e vivono i nostri territori.



Dire "in Francia gli immigrati delinquono di più" e finire in tribunale

Il Foglio, 13-01-2011
Marina Valensise
Roma. Tenete d'occhio il processo a Eric Zemmour per avere il polso del razzismo. Lo scorso marzo, sulla tv criptata Canal+, l'editorialista del Figaro, aedo del politicamente scorretto, ha sfidato un tabù: "I francesi provenienti dall'immigrazione  sono più controllati di altri perché la maggior parte dei trafficanti sono neri e arabi, è un fatto". Lo ha detto al talk show di Thierry Ardìsson, una specie di Fabio Fazio, ma molto più feroce. Cinquantaduenne, ebreo sefardita di modesta estrazione, fautore dell'assimilazionismo repubblicano, un istinto da provocatore confermato dagli zigomi a triangolo come quelli di Michel Houellebecq,  Zemmour stava per essere sbranato da un'altra ospite di colore. L'indomani Sos razzismo, la Lega contro l'antisemitismo, il Movimento per l'amicizia tra i popoli, l'Unione degli studenti ebrei di
Francia e un gruppo di riflessione sulla difesa dei diritti umani lo hanno denunciato per diffamazione e induzione all'odio razziale. Il Figaro stava per licenziarlo, ma ha receduto di fronte alla rettifica del giornalista: "Mai detto che tutti i delinquenti sono arabi e neri, ma solo che la maggior parte dei delinquenti sono arabi e neri".
Da martedì Zemmour è alle prese col processo. Di fronte ai giudici della 17esima Camera penale di Parigi, ha rovesciato l'accusa tirando in ballo le forze dell'ordine: "I poliziotti sanno per esperienza che un'estrema maggioranza di questi delinquenti sono abitualmente d'origine maghrebina o africana. Trovo scandaloso infangare l'onore della polizia repubblicana. Nessuno si scandalizza se i poliziotti vengono trattati da razzisti". Poi, da polemista collaudato, ha continuato la sua strategia di attacco:  "E' la realtà a essere brutale, non ciò che dico io, ma la realtà per questi signori non esiste, deve per forza rientrare nel contesto ideologico di trent'anni fa". "Lei legittima una pratica illegale", hanno replicato gli accusatori. "Niente affatto, discriminare non è un'infamia se vuol dire scegliere", ha risposto Zemmour, invocando la soppressione dell'Autorità per la lotta contro la discriminazione, che "crea un clima da delazione permanente, spingendo a mettere la società francese in stato d'accusa". 11 verdetto è atteso per venerdì. Ma l'imputato si è già conquistato, a sinistra, l'appoggio del socialista e nazionalista Jean Pierre Chevènement che ora stigmatizza l'ascendente del polìticamente corretto, e sot tolinea che "la libertà di espressione non ha bisogno di inutili interdetti giudiziari".

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