Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

29 febbraio 2012

Alt alla tassa sugli immigrati Napolitano: più inclusione
il sole, 29-02-2012
ROMA -Giorgio Napolitano parla di «esigenze politiche di accoglienza e inclusione sociale» per gli immigrati, rinnovando riflessioni e prese disposizioni esposte a più riprese nel corso degli ultimi mesi, a partire dalla necessità di riflettere su una possibile riforma delle modalità e dei tempi per il riconoscimento della cittadinanza italiana ai minori. Gli fa eco il ministro per l'Integrazione e la Cooperazione, Andrea Riccardi, che propone la cancellazione dell'imposta sulle rimesse degli immigrati, il raddoppio della durata dei permessi di soggiorno, un piano nazionale per l'integrazione dei Rom. «Il governo tutela solo gli extracomunitari», tuona la Lega Nord. Per Federico Bricolo, capogruppo al Senato del Carroccio, «è inaccettabile çhe questo Governo in un momento di grave crisi economica continui a calpestare i diritti dei cittadini e pensi solo a garantire immigrati e banche. Su questi temi faremo in Parlamento, una battaglia durissima».
Profonde trasformazioni globali - scrive il presidente della Repubblica, in un messaggio al segretario generale degli italiani all'estero, Elio Carozza - ci pongono di fronte «a inediti fenomeni di migrazione, a nuove esigenze di politiche di accoglienza e inclusione sociale e civile». Per Napolitano l'emigrazione italiana costituisce ün patrimonio unico «di esperienze individuali e collettive, di generazioni diverse, al quale ispirarci come concreta testimonianza e esempio di in- tegrazione e laboriosità».
Considerazioni che trovano il pieno consenso di Riccardi, ascoltato dal Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen. «È necessario uscire dall'emergenza in tema di immigrazione», osserva il ministro. E il primo passo è mettere in campo politiche nuove. Nel decreto sulle semplificazioni, ha spiegato Riccardi, «è stata inserita la cancellazione dell'imposta dello 2% sui trasferimenti all'estero delle risorse degli immigrati».
Poi verrà preso presentata in Parlamento la norma che raddoppia la durata dei permesso di soggiorno, alla quale Riccardi sta lavorando insieme alla collega dell'interno Anna Maria Gancellieri. I permessi, chiarisce, «saranno portati «da sei mesi a un anno e da un anno a due anni. Il che permette di spalmare il costo del permesso su un período più lungo».
Tra gli intendimenti del Governo,la creazione di una «Consulta delle religioni per l'integrazione»: in pratica, si punta ad aprire un tavolo di discussione con i rappresentanti delle comUnità islamica, ebraica, protestante, sikh, ortodossa, induista e buddista per discutere di come coniugare identità religiosa e integrazione.
Il progetto è già in fase avanzata, assicurano dal ministero, mentre è ancora solo un'idea la creazione di una «Consulta don- ne e immigrazione» che per Riccardi è «un modo per valorizzare il protagonismo femminile nel settore dell'integrazione».
La Lega contesta in toto le aperture di Riccardi, e in particolare - commenta il vicecapogruppo dei deputati della Lega, Maurizio Fugatti - l'abolizione della «modestissima imposta sulle rimesse». Alla Lega replica il Pd, che parla di «reazioni isteriche» e plaude all'iniziativa del ministro. L'imposta sulle rimesse «era un balzello ingiusto e inutile», dice Marco Pacciotti, mentre il deputato Enrico Farinone si chiede «quando Bossi espellerà Borghezio».



Rimesse degli immigrati, cancellata l'imposta
Avvenire, 29-02-2012
ROMA. Arrivano grosse novità in tema d'immigrazione,annunciate dal ministro dell'integrazione e cooperazione,Andrea Riccardi, durante la sua audizione al Comitato Schengen. La prima riguarda il decreto semplificazioni approvato venerdi scorso in Consiglio dei ministri, nel quale è stata inserita anche la cancellazione dell'imposta dello 0,2% sui trasferimenti all'estero delle risorse degli immigrati, cioè le cosiddette rimesse (provvedimento che inizialmente sembrava essere stato stralciato dal decreto stesso). Il ministro Riccardi ha infatti ricordato che già «al G20 di Cannes l'Italia era stata capofila nella richiesta di riduzione delle tasse sulle rimesse», dopo che la tassa dello 0,2% era stata introdotta, su pressione della Lega, dal precedente governo.
Ma il ministro ha anche fàtto sapere che, in caso di accordo dei partiti che sostengono il governo, è in programma il raddoppio della durata dei permessi di soggiorno, che dovrebbe passare da sei mesi ad un anno e da uno a due anni. Intervenire sulla durata dei permessi significherebbe alleggerire anche l'impatto della nuova tassa su rilasci e rinnovi (da 80 a 200 euro) in vigore dalla fine di gennaio, visto che questa misura permetterà di spalmare il costo dei permessi su un período più lungo. La norma sui permessi (alla quale ha lavorato il ministero dell'Interno), dovrebbe dunque prendere la forma di un emendamento a uno dei decreti legge in via di conversione in Parlamento, ovviamente previo consenso delle forze politiche che sostengono l'esecutivo. Sul fronte Rom, poi, il governo italiano incassa la "benedizione" delle Nazioni Unite: «Abbiamo appreso con favore l'approvazione da parte del governo del piano Rom proposto dal ministro Riccardi e condividiamo le linee intorno alle quali si sviluppa», ha detto Laura Boldrini, portavoce in Italia dell'Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr). Ma le novità provocano subito le reazioni irate dei leghisti:«ll governo tutela solo gli extracomunitari», lamenta il presidente dei senatori Federico Bricolo. «Cancellando questa norma il governo Monti ha scelto di andare contro la volontà popolare», fa eco il vicecapogruppo dei deputati della Lega Maurizio Fugatti. Álla Lega replica il Pd, parlando di reazioni «isteriche».



Immigrati: Anci, su permessi soggiorno scelte governo ragionevoli
(ASCA) - Roma, 29 feb - ''Assolutamente ragionevoli''. Cosi' Flavio Zanonato, Sindaco di Padova e delegato Anci all'immigrazione, commenta le dichiarazioni in merito alla proposta di raddoppiare la durata dei permessi di soggiorno, lasciando invariata la tassa sul rilascio e il rinnovo degli stessi, rese nuovamente nei giorni scorsi dal Ministro dell'Integrazione e della cooperazione Andrea Riccardi, sulla scia di quanto gia' affermato nel corso dell'ultimo mese dal Ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri e dal Sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali Maria Cecilia Guerra.
''Sosteniamo con forza questa proposta che - aggiunge Zanonato - equivale a ridurre l'onere per i lavoratori stranieri, alleggerendoli allo stesso tempo degli adempimenti burocratici cui sono spesso tenuti''.
Zanonato segnala anche che come ANCI verra' avanzata a breve la richiesta di un incontro con il Governo ''per esporre la questione dei minori stranieri non accompagnati che, una volta compiuti i 18 anni, spesso non sono ancora in grado di sostenere le spese per il rilascio del primo permesso di soggiorno. Si sta gia' verificando infatti che in alcuni territori siano i Comuni a dover sostenere questa tassa al loro posto''. ''In generale - prosegue - non possiamo che sostenere la scelta del Governo di seguire un approccio realistico e pragmatico, pensando ad un intervento ad ampio raggio sul tema dei permessi di soggiorno, a partire dal prolungamento da 6 mesi a un anno del periodo di tempo utile per trovare un altro lavoro''.
Il responsabile immigrazione dell'Anci interviene infine per ''esprimere soddisfazione per l'approvazione del Piano nazionale Rom, alla cui stesura l'Anci ha collaborato direttamente. L'idea - sottolinea - e' di impostare un approccio di sistema su questa tematica, comune a tutto il territorio nazionale, rispondendo anche alle richieste che ci vengono dall'Europa''.



Primo marzo: sciopero degli immigrati
tg3, 29-02-2012
Sono 4 milioni gli immigrati in Italia, che con il proprio lavoro sostengono anche il Paese che li ospita. Restano però cittadini di serie B. E' per questo che, per il terzo anno consecutivo, domani primo marzo, i lavoratori stranieri incroceranno le braccia.
Dopo il successo del 2010, la manifestazione si è ripetuta nel 2011 ed è diventata un appuntamento fisso. Diverse le richieste:  abrogazione della legge Bossi-Fini, cancellazione del contratto di soggiorno per lavoro, chiusura di tutti i Cie;  cittadinanza ai bambini nati in Italia;  no al permesso a punti e a nuove tasse sul rinnovo del permesso di soggiorno; regolarizzazione generale di chi non ha un permesso.
Anche quest’anno il colore di riferimento della manifestazione è il giallo. Ogni piazza italiana sarà riempita di foulard, spille, nastri e palloncini gialli. Sono previsti eventi a tema e flash-mob in cui simbolicamente si taglierà un lungo nastro giallo.
Tra gli eventi previsti:
Milano: presidio e interventi in piazza Duomo ore 17.30-19.30;
Bologna: corteo da piazza dell'Unità ore 9.00; presidio in piazza Maggiore ore 16.00 microfono aperto; concerto Hip Hop ore 19.30;
Firenze: ore 16 corteo da piazza Santissima Annunziata  con arrivo in piazza Santa Maria Novella;
Roma: iniziativa sulla comunicazione dalle ore 18.30 al Brancaleone;
Napoli: corteo da piazza Garibaldi a piazza Pleibiscito ore 9.00;
Bari: presidio e manifestazione piazza Umberto, ore 16.30-19.30;
Palermo: piazza Bologni 8, aula Sturzo ore 10.00 convegno " La tutela dei migranti contro le discriminazioni".



Immigrati: Barducci, Provincia Firenze aderisce a sciopero dei migranti
Libero, 29-02-2012
Firenze, 29 feb. - (Adnkronos) - ''L'adesione della Giunta della Provincia di Firenze alla giornata di domani non e' solamente un gesto simbolico, ma un momento di impegno in difesa di quei diritti sanciti dalla nostra Costituzione nei confronti di tutti, sottolineando, cosi' come fa la Carta costituzionale, l'importanza che ha il lavoro in questo processo, in quanto principale portatore di questi diritti''. Cosi' il presidente Andrea Barducci, spiega l'adesione della Giunta provinciale di Firenze al terzo Sciopero dei migranti, nato nel 2010 in difesa dei diritti dei cittadini stranieri, spesso sottoposti a condizioni di pesante disagio su piu' fronti, dalla casa al lavoro.
In vista dello Sciopero dei Migranti, il Comitato Primo Marzo Fiorentino ha promosso un corteo con partenza da Piazza Santissima Annunziata dalle ore 16. Il corteo percorrera' le vie del centro per arrivare a Piazza Santa Maria Novella.
''La giornata di domani - prosegue Barducci - sara' anche l'occasione per tornare a ribadire la necessita' di riformare la legge sulla cittadinanza e riconoscere il diritto di voto amministrativo alle persone di origine straniera che nascono o vivono in Italia''. ''Inoltre - conclude Barducci - dopo l'assassinio di Samb e Diop avvenuto a Firenze in quel tragico 13 dicembre dello scorso anno, questa giornata avra' senza alcun dubbio un valore in piu', cioe' quello di intercettare e bloccare il crescente clima di intolleranza razzista''.



Ius soli, non capisco Rutelli
Europa, 29-02-2012
Roberto Della Seta
A Francesco Rutelli non piace lo “ius soli”, teme che se adottato in Italia la trasformerebbe in una affollatissima “sala parto” di transito, piena zeppa di immigrati che fanno nascere i loro figli da noi solo per mettere un piede stabile in Europa. Preoccupazione legittima, anche se in questo modo Rutelli banalizza un po’ troppo un tema -– come ridisegnare i confini della cittadinanza in un paese come il nostro diventato di immigrazione – che invece è molto serio e complicato.
Il punto è se sia giusto e sensato che qualche milione di bambini che nascono e vanno a scuola in Italia, che imparano l’italiano come madrelingua, siano considerati stranieri solo per il fatto che i loro genitori non sono italiani. Io credo che non sia giusto e non sia sensato, credo che come tutti i paesi divenuti mèta di rilevanti flussi migratori, anche l’Italia debba mettersi nella prospettiva che l’appartenenza alla nostra comunità nazionale è sempre meno un fatto di sangue e sempre più un fatto di luogo, è il fatto di vivere in uno stesso luogo condividendo regole, diritti, doveri della propria comunità.
Detto questo, l’apologia dello “ius sanguinis” nel caso degli italiani suona anche vagamente risibile. L’identità di noi italiani è pochissimo etnica e ancora meno “naturale”. Eredi di un mosaico di popolazioni assai diverse tra loro – diverse nelle origini, rimaste per moltissimo tempo diverse poiché la loro mescolanza ha trovato un forte ostacolo sia nei caratteri di discontinuità fisica del territorio che nella plurisecolare disunità politica – siamo “popolo” non per affinità “di sangue”, multietnici per millenni prima che arrivasse a ricordarcelo qualche milione di figli di immigrati polacchi, ucraini, rumeni, albanesi, filippini, nordafricani, cinesi, sudamericani.
E nemmeno, va sottolineato, siamo legati da un’originaria omogeneità linguistica; se il giorno dopo l’unificazione politica i cittadini del nuovo stato fossero stati sottoposti a quell’esame di italiano – anche soltanto di comprensione dell’italiano – che oggi è previsto per gli stranieri che chiedono di vivere in Italia, la gran parte di loro a cominciare dai “padani” non l’avrebbe superato (nella sua Storia linguistica dell’Italia unita, Tullio De Mauro stima in poco più di seicentomila il numero di quanti, negli anni dell’unificazione nazionale, potevano considerarsi “italofoni”).
Più di quasi tutte le nazioni europee, l’Italia è il frutto dunque non di condizioni “fisiche” – l’omogeneità etnica, la compattezza territoriale, l’unità linguistica – ma di grandi “progetti”: Roma antica, i comuni medievali, il Rinascimento, il Risorgimento, la Resistenza. Così, tanto la patria sognata da Mazzini e dalla “Giovine Italia” quanto quella per cui combatterono i partigiani, erano molti di più di una nazione unita e indipendente: erano un ideale di giustizia, di progresso, e un ideale nutrito di valori universali.
È per questo, l’italiana, un’appartenenza particolarmente adatta alla nostra epoca segnata, per l’appunto, dall’affermarsi di quelle che il sociologo Manuel Castells ha chiamato identità progettuali, fatte di «valori sociali e obiettivi istituzionali potenzialmente condivisi dalla maggioranza dei cittadini senza che nessuno venga escluso, in linea di principio ». Le identità progettuali sono, per Castells, la principale risorsa sociale e culturale per sottrarre il futuro dell’umanità all’alternativa tra globalizzazione omologante, anonimizzante, individualizzante, e affermazione, per reazione e per difesa, di un’identitarismo etnico fondato su “piccole patrie” che tendono a farsi sempre più chiuse ed escludenti. In esse vive la possibilità, la speranza che le visioni critiche e problematiche di un mondo sempre più globale e interdipendente non si traducano in mera resistenza.
In Italia la “patria possibile”, proprio perché espressione di un’identità nazionale che è quanto mai un dato di cultura, possiede molti di questi tratti progettuali. È una dimensione nella quale conta di più la percezione di un legame positivo che non, come nel nazionalismo, il senso della differenza o dell’antagonismo con gli altri. Ed è una dimensione che si pone totalmente altrove rispetto alle dinamiche che hanno visto riesplodere negli ultimi decenni nozioni etniche, religiose, talvolta tribali di comunità, o che in Europa – dalla Francia ai Paesi Bassi, dalla Svezia all’Austria – alimentano da almeno vent’anni la ricorrente affermazione di partiti “neo-nazionalisti”.
Insomma, la parola “italiani” ha senso ed ha futuro se riferita a un comune orizzonte “progettuale”. Fatico molto a capire perché mai, secondo Rutelli, da questo progetto-Italia dovrebbero oggi rimanere esclusi i cosiddetti “G2”, figli – italianissimi di fatto, ancora stranieri di diritto – di genitori immigrati.



La xenofobia è figlia di percezioni sbagliate
l'Unità, 29-02-2012
Giuseppe A. Veltri
La società italiana deve ancora trovare un modo stabile per accettare il fenomeno dell’immigrazione che ha coinvolto il nostro paese su una scala in precedenza ignota. Esistono migliaia di comunità di nuovi italiani che vivono pacificamente e che hanno trovato un equilibrio con le comunità locali, ma tanto rimane da fare.?Una chiara informazione da parte di media e autorità politiche aiuterebbe tanto la situazione generale, come viene mostrato da uno studio di Zan Strabac recentemente pubblicato su «European Societies». In sintesi, lo studio paragona la grandezza percepita dai cittadini di vari paesi europei delle popolazioni di immigrati e la loro effettiva grandezza. In aggiunta, la ricerca si sofferma sull’impatto che ha questa differenza sulla formazione di atteggiamenti ostili e xenofobi verso gli immigrati.
In otto Paesi europei su diciassette, i cittadini ritengono la grandezza delle popolazioni di immigrati più di due volte maggiore della loro reale grandezza. I paesi in cui si registra la maggior discrepanza tra grandezza percepita e quella reale sono Italia, Portogallo e Spagna. In particolare, i cittadini italiani valutano la grandezza della popolazione di immigrati ben tre volte e mezzo di quella che sia realmente. Secondo i dati Ocse, la popolazione di cittadini nati non sul suolo italiano sono 3,93 milioni. Secondo i cittadini italiani, valutando la percentuale di immigrati che credono vivere nelle loro comunità si arriva all’incredibile numero di 17,65 milioni.
Secondo il curatore della ricerca, c’è del metodo nel modo in cui queste comunità sono sovrastimate numericamente, in modo piuttosto proporzionale rispetto alle popolazioni reali con dei paesi, però, in cui la percezione errata è particolarmente ampia. Tra questi, vi è l’Italia. Il dato è particolarmente preoccupante perché il medesimo studio indica come questa discrepanza tra la percezione e la realtà abbia un impatto sull’adozione di atteggiamenti di natura xenofoba.
Ci sono due considerazioni principali che si possono fare. La prima è che questo fenomeno riguarda tutti i cittadini europei e indica come il nostro senso comune cada facilmente in errore quando si tratta di valutare grandezze in popolazioni. La salienza quotidiana e mediatica di un evento o di una tipologia di persone può indurre a fare dei ragionamenti sbagliati sulla loro reale presenza.
In aggiunta, le forze politiche che alimentano questa manipolazione della realtà si assumono una grandissima responsabilità perché alimentano direttamente i fenomeni di intolleranza.



Respingimento dei migranti, complicità italo-libiche
risponde Sergio Romano
Corriere della sera, 29-02-2012
L'Italia è stata condannata dalla Corte europea per avere respinto nel 2009 una barca con una ventina di migranti immigrati e costretta a rientrare in Libia. Nel 2009 l'Italia aveva un regolare e ottimo contratto con la Libia di Gheddafi per evitare le abituali ondate di immigrazione provenienti da quel Paese. L'intervento della Corte sta quindi a significare il seguente concetto: non mi interessano gli accordi che tu hai preso con altri Paesi e non puoi rimandare indietro delle persone non identificate. Ma questo è scritto da qualche parte? E se sta scritto, chi l'ha fatto da parte italiana? Che possibilità ha un Paese di difendersi legittimamente dai danni arrecati da una immigrazione incontrollata?
I potenziali immigrati dovrebbero ricevere (speriamo di no) quindicimila euro a testa per il presunto danno; chi potremo respingere in futuro senza essere condannati a pagare? Ci può dire se ci sono dei regolamenti europei a cui i Paesi si devono attenere almeno come principi di base e se non ci sono, come io credo, che non si paghi un euro checché ne dica la Corte!
Fabrizio Logli
Caro Logli,
La Corte europea dei diritti dell'uomo fu istituita nel 1959 sulla base della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta fondamentali che i membri del Consiglio d'Europa avevano firmato a Roma nel 1950. La convenzione, quindi, è il codice a cui la Corte deve ispirare le sue decisioni. Da allora quel codice è stato ampliato con altre convenzioni umanitarie e con norme internazionali come quella che proibisce il respingimento collettivo dei migranti. Se si fosse attenuto a questo codice, il governo italiano avrebbe dovuto anzitutto accertare la posizione di ogni singola persona (rifugiato politico? migrante in cerca di lavoro?) e soltanto in un momento successivo deciderne eventualmente l'espulsione. Nel caso degli undici eritrei e somali che hanno fatto ricorso alla Corte, questo non è stato possibile. I migranti sono stati intercettati in alto mare da una nave della marina militare italiana (che non era evidentemente attrezzata per questo tipo d'indagine) e immediatamente riportati in Libia dove sono stati esposti a un trattamento spiccio e brutale che viene oggi definito, forse troppo genericamente, tortura. Di questo trattamento l'Italia, alla Corte di Strasburgo, è stata considerata oggettivamente complice. La sentenza mette il nostro Paese in cattiva luce, ma la pena inflitta è modesta: 15.000 euro a ogni migrante per il risarcimento dei danni morali e 1575, 74 euro per le spese legali. Lei sembra credere, caro Logli, che il trattato italo-libico, firmato a Bengasi nel 2009, sia più importante della Convenzione firmata a Roma nel 1950. Ma l'Italia ha ratificato la convenzione e ha riconosciuto la giurisdizione della Corte.
Forse le cose sarebbero andate diversamente se con l'accordo di Bengasi il governo italiano avesse ottenuto dal governo libico maggiori garanzie internazionali. Siamo particolarmente esposti al fenomeno dell'immigrazione clandestina e dobbiamo tentare di arginare gli arrivi. Ma anche chi si rendeva conto nel 2009 delle esigenze del governo sapeva che i campi libici erano squallide prigioni, che i migranti sarebbero stati maltrattati e che ne sarebbero usciti, nel migliore dei casi, comprando la fuga. Temo che la Corte, quando sostiene la complicità dell'Italia, non abbia torto.

 

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