Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

I Ciet, nuove detenzioni vecchi onori

 

Cinzia Gubbini
Sono tornato da Palazzo San Gervasio abbastanza scosso. Ma se ci fosse una gradazione dell'orrore, Kinisia è ancora peggio di Palazzo». A ventiquattro ore dalla visita al Ciet aperto all'inizio di aprile nell'ex aeroporto di Trapani (i Ciet sono i "nuovi" centri di espulsione temporanei inventati dal ministro dell'Interno Maroni per contenere i migranti tunisini arrivati in Italia dopo la rivolta contro Ben Alì), il deputato del Pd Jean Leonard Touadi è ancora incredulo su ciò che ha visto. 
E lo descrive così: «Immaginate una lan¬da desolata, dove il primo albero è a 700 metri. C'è una recinzione formata da tre file di container messi uno sopra l'altro. Fa un cal¬do bestiale, e se è possibile que¬sti container tolgono ancora di più l'aria, caso mai ci fosse qual¬che refolo. Dentro, due file di ten¬de. All'interno di quelle tende vi¬vono da tre mesi 48 persone, cin¬que o sei per ciascuna tenda». Co-
 
me definirlo? Una Guantanamo italiana? Un recinto per esseri umani? «Io posso dire che nean¬che il pastore che lavora lì accan¬to tratta così le sue pecore - de-nuncia Touadi - Uno può pensar¬la come vuole sull'espulsione dei tunisini, sulla linea della fermez¬za. Ma una cosa deve esser chia-rissima: un paese democratico e avanzato non può trattare così delle persone». Per completare il quadro va aggiunto che dentro il recinto dei container non c'è niente: non c'è una mensa (i pa¬sti arrivano da fuori), non c'è uno spazio ricreativo, non ci so¬no televisori. Il nulla. Solo il presi¬dio della polizia. Va avanti così da tre mesi. «La tensione è palpa¬bile - denuncia il deputato del Pd - si può immaginare: sono sta¬ti numerosi i tentativi di autole-sionismo. E come è normale, ve¬nerdì scorso è scoppiata la rivol¬ta. Qualcuno è riuscito a scappa¬re. In otto sono stati riacciuffati. Da allora va ancora peggio». Ma non basta: tra i 48 detenuti tunisi-ni, ci sono pure quattro transes¬suali marocchini. «Ovviamente -
 
dice Touadi - mi hanno detto che non vogliono stare lì. Devo¬no essere immediatamente spo¬stati nei due Cie che possono ospitare pansessuali, uno dei quali è il Corelli di Milano». In tre mesi, neanche questo. Ma non sono gli unici ad essere rinchiusi ingiustamente. Qui era finito an¬che il marito di Winnie, la ragaz¬za di 23 anni olandese sposata con un tunisino che fino a ieri era a Trapani. Suo marito è riusci¬to a scappare venerdì, ma lei non sa dove sia finito. «E di casi accer¬tati di uomini con compagne eu¬ropee ce ne sono almeno altri cin¬que», insiste Touadi. E ancora: Touadi racconta che alcuni dei detenuti hanno in mano una ri¬chiesta di asilo, e quindi dovreb¬bero essere immediatamente spostati in un Centro di acco¬glienza per richiedenti asilo. E di altri che hanno espresso la volon¬tà di presentare richiesta, ma gli sarebbe stata negata. Invece, tut¬ti rinchiusi in un Ciet, i luoghi di detenzione "temporanei" istituiti per decreto, assegnati senza alcu-na gara, che Maroni ha inventato
 
perché l'accordo di riammissio¬ne con la Tunisia funziona, come era prevedibile, a singhiozzo. Di più: da "semplici" luoghi di de-tenzione per i tunisini arrivati do¬po il 5 aprile (quelli arrivati pri¬ma hanno diritto a un permesso di soggiorno temporaneo) in atte¬sa dell'espulsione verso la Tuni-sia, si sono rapidamente trasfor¬mati in luoghi privi di qualsiasi garanzia. Dentro al Ciet di Kini¬sia ci sono dei tossicodipendenti che non hanno avuto accesso al¬le cure. Nessuno di loro ha un av¬vocato di fiducia, ma solo avvoca¬ti di ufficio. Touadi denuncia, inoltre, che non è stato messo in campo nessun coordinamento con le associazioni di tutela per i diritti umani per garantire un ac¬cesso trasparente al centro. Vale solo la pena ricordare che l'istitu¬zione dei Ciet si è portata dietro l'ordinanza con cui - di nuovo -si vieta l'accesso nei centri ai gior¬nalisti. Il vice prefetto Rosamaria Di Lisi ha anticipato che entro mercoledì tutti gli ospiti della ten¬dopoli di Kinisia verranno sposta¬ti nel nuovo Cie di contrada Mi¬lo. Ammesso che sia un luogo mi¬gliore, comunque troppo tardi.
 
il Manifesto 29 giugno 2011
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