Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

15 giugno 2011

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Sbarcati a Lampedusa 27 uomini e una pecora
Asca 15 giugno 2011
Lampedusa, 15 giu - A Lampedusa gli sbarchi di profughi continuano e questa volta tra i migranti c'era anche una pecora. A bordo del barcone di 10 metri assistito da una motovedetta della Guardia di Finanza c'erano 19 persone probabilmente di origine tunisina, tra cui 6 donne, un minore e persino un ovino.
Secondo la prima ricostruzione della Capitaneria di Porto, la pecora e' stata portata a bordo da una famiglia per allattare il bimbo durante la lunga attraversata. Tutti i migranti compreso il bimbo sono in buone condizioni di salute e attualmente si trovano nel Centro d'accoglienza di Lampedusa.
Intanto oggi, con la nave Flaminia, saranno trasferiti da Lampedusa altri 900 immigrati, smistati negli altri centri d'accoglienza del Paese.
 
 
Gli immigrati e la raccolta delle angurie
vini e sapori.net 15giugno2011
"Abbiamo risolto un problema che le aziende del territorio mi hanno posto sin dall'atto del mio insediamento come assessore alle Attività produttive della Provincia di Lecce", ha dichiarato Salvatore Perrone in apertura della conferenza stampa svoltasi oggi a Palazzo Adorno sul tema "Le problematiche degli immigrati nella raccolta delle angurie nel territorio di Nardo' e nel Salento. Determinazioni e iniziative di Provincia e Comune".
"Ancora quest'anno, grazie alla collaborazione interistituzionale tra Provincia di Lecce, Comune di Nardò e Prefettura, attrezzeremo un campo per accogliere i raccoglitori di angurie di Nardò e dei Comuni dell'hinterland, il fabbisogno reale di manodopera, che si aggira attorno alle 500 unità".
"L'area della Masseria Boncuri, messa a disposizione dell'amministrazione di Nardò la attrezzeremo con tende, lampade, brandine, bagni chimici, estintori, illuminazione a giorno per accogliere, così come accaduto lo scorso anno, i lavoratori della zona di Nardò, Galatone, Leverano, Copertino e Galatina, ovviamente con il permesso di soggiorno e con il regolare contratto di lavoro. Inoltre, all'interno della Masseria avremo la disponibilità di posti letto per coloro i quali dovessero avere problemi di salute e, grazie alla collaborazione con la Asl, anche la presenza di un medico".
Ed aggiunge: "Grazie a questo progetto, realizzato l'anno precedente e che abbiamo inteso replicare nuovamente, non vedremo più lavoratori extracomunitari costretti a dormire per terra sotto gli ulivi e o nelle auto: così facendo intendiamo dare dignità ai lavoratori e tranquillità alle aziende del territorio", conclude l'assessore Salvatore Perrone.
Il presidente Antonio Gabellone ha poi sottolineato l'importanza dell'azione svolta, in perfetta sintonia, con le istituzioni. "La partecipazione della Provincia a questo progetto, già avvenuta un anno orsono quando allestimmo un campo per dare rifugio ai "raccoglitori" di angurie, rientra nella filosofia di questo Amministrazione, che è quella di fare sintesi e coordinare le diverse attività sul territorio. In questa occasione sono in gioco il rispetto della dignità umana e il dovere dell'accoglienza nei confronti di tanti lavoratori in cerca di cibo. Il fenomeno è rilevante a Nardò e ci è sembrato giusto iniziare da questo Comune affrontando i numerosi problemi: la protezione civile, l'assistenza sanitaria, la sistemazione logistica, la sicurezza nel rispetto della legalità. Affrontando e risolvendo tante criticità abbiamo dimostrato che il Salento è terra di accoglienza reale e non di facciata".
"Questa iniziativa ha messo insieme su una linea comune di azione, il Comune di Nardò, la Provincia, la Prefettura che ha offerto un supporto fondamentale, il mondo dell'associazionismo, le associazioni di categoria. Proseguiamo questa esperienza che potrà fare da guida per altre criticità, e sono certo che nel tempo miglioreremo gli interventi sia a Nardò che in altre zone. La Provincia continua a dimostrare attenzione a tutti i fenomeni sociali, con la convinzione che i buoni risultati si raggiungono se la crescita del territorio è omogenea e costante", ha concluso il presidente.
 
 
 
Svuotato il Cie di S. Maria Capua Vetere immigrati trasferiti dopo i disordini
RAFFAELE SARDO
la Repubblica di napoli 15 giugno 2011
Non c'è più nessun immigrato nel Cie di Santa Maria Capua Vetere. Sono stati tutti trasferiti in altri centri dell'Italia meridionale. Lo svuotamento del campo nell'ex caserma Andolfato, che ospitava 90 immigrati tunisini, si è reso necessario dopo  il sequestro probatorio dell'area in cui sono avvenuti gli incidenti dell'altra notte, da parte della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. Difatti il campo, come ha sottolineato il capo della Procura, Corrado Lembo, "è stato reso oggettivamente inutilizzabile". Un incendio ha distrutto una diecina di tende. Su chi ha appiccato l'incendio, le versioni sono contrastanti. Per la questura sono stati gi stessi immigrati, per i tunisini, invece, sarebbero stati i lacrimogeni ad innescare il fuoco nelle tende. Dopo tafferugli si sono contati 5 feriti tra le forze dell'ordine e una ventina tra gli immigrati. Molti dei quali sono stati anche intossicati dal fumo dei lacrimogeni. 
Per tutta la giornata di ieri in Prefettura si sono susseguite riunioni e contatti con il Ministero dell'Interno per trovare una soluzione a quella che è stata una chiusura di fatto del Cie di Santa Maria Capua Vetere. La soluzione è stata trovata in extremis solo nella tarda serata e probabilmente ha evitato una nuova nottata di tensione. Nella giornata di ieri, infatti, i tunisini hanno rifiutato i pasti. Alle undici di sera quattro pullman di una ditta privata sono entrati nel Cie e dopo le identificazioni degli immigrati, ne sono usciti all'una della notte scorsa con una nutrita scorta di forze dell'ordine per dirigersi verso altri centri del Sud Italia. Gli immigrati sono stati divisi anche rispetto alle destinazioni. Da quanto si è appreso dagli avvocati difensori che sono rimasti fino alle due di notte nei pressi del Cie, una trentina dovrebbero avere il permesso di soggiorno, un'altra trentina hanno buone possibilità di averlo. Per gli altri, invece, ci sarà sicuramente il rimpatrio. 
 
 
Immigrazione e salute: Italia promossa a metà
Ruggiero Corcella
corriere.it - salute 15 giugno 2011
Nel campo delle politiche sanitarie per gli immigrati, l’Italia del federalismo legifera e molto. Quasi metà delle Regioni ha un livello alto di attenzione verso il tema della salute degli immigrati. La Puglia merita l’eccellenza, grazie allo sviluppo di un processo politico e legislativo che si è consolidato negli ultimi anni. La regione del Tavoliere va meglio persino del Friuli Venezia Giulia, un tempo all’avanguardia, e della Lombardia, che raggiunge appena la sufficienza. Fanalino di coda, la Calabria e la Basilicata. Lo rivela uno studio condotto dalla Società italiana di medicina delle migrazioni (Simm) e dall’area sanitaria Caritas di Roma , realizzato nell’ambito di un progetto coordinato dall’Istituto Superiore della Sanità e promosso dal ministero della Salute. Lo studio è stato presentato nel convegno nazionale della Simm, che si è tenuto di recente a Palermo.
AVVERTENZE PER L’USO - «La nostra non vuole essere una classifica — spiega Salvatore Geraci, responsabile dell’Area sanitaria della Caritas di Roma e direttore del corso di Medicina della migrazione alla Scuola superiore di Scienze biomediche di Roma e Parma —. Anche perchè il risultato della ricerca deriva dalla lettura ed analisi di oltre 700 documenti e quindi fa riferimento soprattutto alla capacità di formalizzazione della politica locale in atti normativi e programmatici, mentre potrebbe non trovare diretto riscontro a livello applicativo». Per intendersi, la Sardegna ha un livello alto di avanzamento della politica locale ma presenta molte criticità rispetto all’applicazione di tali direttive. Nella stessa Puglia potrebbe risultare difficile mettere in atto l’ottimo impianto normativo, come dimostra la presenza ancora di fenomeni di sfruttamento come il caporalato nelle campagne e nell’edilizia. 
I DATI SULL’IMMIGRAZIONE - In base alle stime del dossier Caritas Migrantes, che contiene i dati più aggiornati, nel 2010 sarebbero quasi cinque milioni gli immigrati residenti nel nostro Paese, se si aggiungono quelli in attesa di registrazione, con un tasso di incidenza pari al 7% della popolazione nazionale. Per quanto riguarda gli irregolari e i clandestini, il loro numero si stima possa essere pari a 300-500 mila presenze (non più del 10% rispetto alle presenze regolari). Per loro la possibilità di accesso alle strutture sanitarie pubbliche esiste sulla carta, ma la fruibilità non è assicurata su tutto il territorio nazionale.
DI COSA SI AMMALANO GLI STRANIERI - I numeri del ministero della Salute, riferiti al 2005, dicono che i ricoveri di cittadini stranieri sono stati oltre 450 mila (pari al 3,6% dell’ospedalizzazione complessiva nel nostro Paese), effettuati quasi esclusivamente in reparti per acuti e per il 73% in regime ordinario. Le cause più frequenti di ricovero negli uomini sono i traumatismi (25,9%), seguiti dalle malattie dell’apparato digerente (13,8%), del sistema circolatorio (9,4%) e quelle dell’apparato respiratorio (8,2%). Per le donne ben il 56,6% delle dimissioni ha riguardato i parti naturali e le complicanze delle gravidanza, del parto e del puerperio. Seguono le malattie del sistema genitourinario (16,8%), seguite dalle malattie dell’apparato digerente (14,4%) e dai tumori (10,5%). 
SI DIFFONDONO LE MALATTIE "ALL’OCCIDENTALE" - «Grazie alla nostra legislazione gli accessi al sistema sanitario sono aumentati — sottolinea Mario Affronti, presidente di Simm e responsabile  del Servizio di medicina delle migrazioni al Policlinico di Palermo —. Siamo riusciti a fermare la deriva e l’aumento delle malattie pericolose come l’Aids e anche la tubercolosi la si sta affrontando abbastanza bene. Contemporaneamente, però, ci siamo accorti che è aumentata la fragilità, perchè il gran numero di ricoveri in day hospital per l’aborto indotto nelle donne e anche il gran numero di traumatismi come causa di ricovero soprattutto tra i maschi è indice di fragilità sociale ancora». Aumenta anche l’età media degli immigrati e si diffondono malattie tipiche dell’Occidente come l’ipertensione, il diabete o l’obesità. «Anche queste vanno fronteggiate in un ottica di accesso ai servizi e di determinanti sociali della salute —aggiunge Affronti —,  perchè povertà e mancanza di accesso qui possono determinare il successo o meno di un’azione terapeutica nei confronti di queste persone che tutto fanno tranne che pensare alla loro pressione, al loro diabete o alla loro obesità».
L’ASSISTENZA AGLI «IRREGOLARI» - In particolare, per gli immigrati irregolari, l'assistenza viene garantita mediamente in tutto il territorio nazionale, in linea con le disposizioni normative nazionali. Ma in Basilicata, Calabria e Lombardia manca una direttiva centrale che uniformi l'assistenza tra le diverse aziende sanitarie e ne garantisca livelli essenziali adeguati, con una particolare criticità per la Lombardia dove per gli immigrati irregolari è previsto solo l’accesso al pronto soccorso. Ci sono anche situazioni in cui la condizione giuridica dello straniero non incide sulla possibilità di accesso alle prestazioni sanitarie e dove sono gli stessi medici di medicina generale e pediatri di libera scelta a prendersi in carico gli immigrati irregolari. Questo avviene in Puglia, Umbria, Provincia di Trento, mentre il Molise e il Friuli Venezia Giulia fanno riferimento ai soli pediatri di libera scelta per i minori. 
LA SALUTE DEI BAMBINI - Sono un milione i bimbi e gli adolescenti stranieri che vivono in Italia come regolari cittadini. A loro si aggiungono decine di migliaia di bambini, stranieri irregolari, che agli occhi del sistema sanitario sono però "invisibili". Proprio loro diventano la cartina di tornasole del nostro stato di diritto.  «Siamo testimoni del fatto che la mancanza dei diritti provoca di per sè malattia — sottolinea Affronti —. Quindi chiediamo con forza la cittadinanza per i bambini che nascono in Italia, il voto amministrativo per quelli che pagano le tasse come gli italiani, una migliore legge che possa favorire le famiglie e il ricongiungimento famigliare». A livello nazionale, Società italiana di medicina delle migrazioni e Società italiana di pediatria hanno presentato un documento congiunto nel quale si chiede il riconoscimento ai minori dell'assistenza pediatrica di base. «Oggi i figli di immigrati irregolari possono accedere alle strutture sanitarie solo per prestazioni urgenti ed essenziali — spiega il documento —, ma non hanno diritto all'assistenza del pediatra di famiglia». Gli specialisti chiedono anche che il permesso di soggiorno possa essere prolungato nel caso una donna straniera irregolare sia in gravidanza: «Attualmente il permesso dura fino ai primi sei mesi dopo il parto, poi scatta l'espulsione della donna e del bambino. Molte mamme preferiscono non richiedere questo permesso, che in realtà diventa un'autodenuncia, e rimangono nell'irregolarità, non riuscendo così a godere appieno degli interventi a tutela della maternità». Ancora, le due società scientifiche chiedono di «eliminare alcune criticità che riguardano la scuola e l'istruzione: i bambini hanno bisogno di un luogo e di un tempo sicuri in cui crescere e progettare il proprio futuro». Da qui la richiesta di permessi di soggiorno a lungo termine per le famiglie con bambini in età scolare, «in modo da garantire una ragionevole programmazione degli studi».
 
 
 
Così relativismo e immigrati hanno "spaccato" il vecchio ceto medio
Luca Pesenti 
il sussidiario.net mercoledì 15 giugno 2011
Si continua a parlare di “ceto medio”, come fosse un monoblocco con caratteristiche proprie. Ma più passa il tempo e più diventa chiaro come invece ci siano tanti “ceti medi”, ciascuno con proprie caratteristiche e orizzonti. Ci sono gli autonomi e gli artigiani, i dipendenti pubblici e quelli privati, gli impiegati e i commercianti. Tutti con un proprio profilo, non più riducibili ad una rappresentazione di comodo e, soprattutto, non più analizzabili come un coerente sistema di valori e di interessi rappresentabile unitariamente in politica.
Ci vuole allora un nuovo racconto dei ceti medi, per provare a capire cosa si sta muovendo dietro il sommovimento politico cui stiamo assistendo in questi mesi. Una nuova narrazione sociale, che deve necessariamente partire dalla descrizione dei valori, delle disposizioni ideali, delle prospettive.
La storia della modernizzazione ci ha consegnato l’immagine di ceti laboriosi, tendenzialmente conservatori nei valori di fondo, ma riformisti il giusto rispetto alle esigenze della società e della politica. Ai ceti medi si deve in fondo la nascita del welfare state, il grande compromesso che in cambio di diritti universali ha permesso un’ampia protezione sociale per i ceti più svantaggiati.
Ma è ancora questo il profilo di un ceto medio diventato plurale, segmentato al proprio interno, politicamente disgregato? Difficile a dirlo, perché non si hanno solide controprove di ricerca su questo terreno scivoloso e complesso. Ma qualche primo elemento si può proporre, utilizzando le informazioni più aggiornate della European Values Survey, un’ampia ricerca sui valori degli europei la cui ultima “ondata” ha registrato le informazioni nel 2009.
L’immagine di fondo è di un’ancora sufficiente coerenza sul fronte dei valori di fondo, che però non mostrano più quei caratteri di tipo conservatore che hanno strutturato l’immaginario tipico delle classi medie del nostro Paese. È un ceto che continua a pensare al matrimonio come a un’istituzione da difendere e che non giustifica l’aborto, ma contestualmente accetta senza problemi divorzio ed eutanasia, in modo assai più ampio di quanto non accada invece tra gli altri ceti.
 
 
 
Un Glossario con le 300 voci dell’immigrazione tradotte nelle lingue europee.
ImmigrazioneOggi 15 giugno 2011
Verrà presentato oggi a Roma il volume realizzato dalla rete European Migration Network.
I 300 termini che descrivono l’immigrazione spiegati e tradotti nelle principali lingue europee. È questo il Glossario Migrazione e Asilo realizzato dalla rete European Migration Network (EMN) che verrà presentato oggi a Roma.
Si tratta di uno strumento che ha l’obiettivo di facilitare la comparabilità indicandone la fonte giuridica a livello comunitario e internazionale.
Secondo gli intenti della rete “European Migration Network”, che in Italia fa capo al Ministero dell’interno e trova il supporto tecnico nei redattori del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes, il Glossario “è un sussidio in grado di favorire un discorso corretto sul tema delle migrazioni e facilitare lo scambio di informazioni tra gli Stati membri”.
Per Angela Pria, capo del Dipartimento libertà civili e immigrazione del Ministero dell’interno, il volume “è in grado di assicurare una corretta comunicazione tra gli Stati membri e tra le rispettive opinioni pubbliche”. La Pria, che ha curato l’introduzione del Glossario, sottolinea come “possano trarne un grande beneficio i funzionari ministeriali, i giudici, gli avvocati, i ricercatori, gli studenti e gli stessi operatori del settore, tanto più che i termini sono ordinati alfabeticamente per rendere la ricerca più agevole”.
 
 
 
Mogol: "Ecco il brano inedito con Lucio Battisti Parlava già di immigrati, ma restò nel cassetto"
Paolo Giordano
il Giornale 15 giugno 2011
Si ferma un po’, ci pensa su: «Questo è di sicuro l’inedito più importante tra quelli che ho scritto con Lucio Battisti». Una rivelazione. Mogol si illumina. Dopo trent’anni ha deciso di consegnarlo ufficialmente alla storia della nostra canzone d’autore: «Voglio depositarne il testo alla Siae», annuncia (lo pubblichiamo qui a fianco). L’inedito si intitola Il paradiso non è qui, sembra scritto l’altro giorno e un emozionato Ron l’ha interpretato qui ieri sera durante il Premio Mogol. Un brano sugli italiani quand’erano emigranti, con un paio di versi che sono un urlo disperato e lontano: «Cosa ho fatto Mari, ho paura di averti perso, scrivi per carità». Quando la cantò nell’unico provino rimasto (c’è anche in rete), Battisti aveva la voce incrinata. Ma da allora su questa canzone c’è solo nebbia, molte supposizioni (avrebbe potuto cantarlo anche Bruno Lauzi) e nessuna certezza. Il paradiso non è qui non è mai stato inciso, anche se è stato lì lì per finire nell’ultimo album che il più importante autore della musica popolare italiana ha scritto con Battisti, Una giornata uggiosa. Invece niente, tutto sfumò all’ultimo e peccato: avrebbe potuto essere un grande successo ed è diventato soltanto un grande mistero.
Caro Mogol, che cosa accadde esattamente?
«Dopo aver ascoltato la musica di Lucio, avevo scritto questo testo. Facevo sempre così: prima la sua musica e poi le mie parole. E a lui era piaciuto molto ciò che avevo scritto. Pensava di inserirlo nell’album Una giornata uggiosa».
Poi però non lo incise.
«Mi disse che c’erano già troppe canzoni in scaletta e che l’avremmo tenuto per l’album successivo. Ma quello fu il nostro ultimo disco insieme».
Non ne avete più parlato?
«Mai più. E la moglie di Battisti, che è l’erede, non ha mai pubblicato la musica».
Mogol vuole fare un appello?
«Assolutamente no, sarebbe del tutto inutile. Oltretutto non la vedo da quasi vent’anni».
Quindi?
«Credo che depositerò il testo, che è mio e quindi posso farlo. Chiederò consiglio alla Siae».
Battisti cosa ne penserebbe?
«Penso che sarebbe d’accordo. Ma è una mia libera interpretazione».
Lei potrebbe però dare il testo a qualche altro interprete.
«Non lo farei mai, sarebbe una speculazione. Ho scritto quelle parole per quella musica, non per altre. Oltretutto è una musica bellissima, con radici etniche. Ma se l’erede di chi l’ha composta non la deposita… È una sua scelta».
Il paradiso non è qui è la storia di un emigrante in un paese di lingua inglese dove il vino costa caro e le donne sono senza memoria. Ha perso la sua terra. E ha paura di perdere anche il suo amore.
«Sente più vicino le tradizioni, la famiglia e capisce che la migrazione è stata un sacrificio troppo grande».
Oggi l’emigrazione è di clamorosa attualità.
«Ma la situazione è totalmente opposta rispetto a quando ho scritto quel testo. Il “mio” emigrante sta male dov’è e vuole ritornare nella sua patria. Gli emigranti di oggi sognano di non farlo e non mi pare che, in linea di massima, si trovino così male qui in Occidente».
Occhio, è un tema delicato.
«Dovremmo aprire le nostre porte solo quando siamo in grado di offrire lavoro, sicurezza e sanità. È ovvio che se l’immigrato non trova un impiego, rischia di andare fuori legge. Forse dovremmo favorire gli investimenti, e quindi l’occupazione, nei loro paesi d’origine».
Corsi e ricorsi. Quarant’anni fa le Mogol Battisti erano spesso stroncate. La critica esaltava altri brani, spesso politicizzati, che però ormai il pubblico ha quasi dimenticato. Invece oggi anche i bambini canticchiano le vostre canzoni.
«Abbiamo subito pressioni fortissime. Diciamo che allora andava di moda fare canzoni politiche».
Chi non le faceva, non faceva cultura.
«Ma il mondo è sempre stato pieno di imbecilli colti».
Ma perché non avete seguito la moda?
«Semplicemente perché non volevamo fare canzoni speculative».
Sono quelle che non resistono al tempo che passa.
«Allora se eri neutrale venivi considerato un qualunquista».
Peggio, vi consideravano di destra, persino fascisti.
«Spesso la gente comprava i nostri dischi e chiedeva un sacchetto doppio per non far capire per strada che erano di Battisti».
Roba da matti. Però tanto vi ascoltavano tutti, anche gli estremisti.
«Nel covo delle Brigate Rosse di via Gradoli hanno trovato la collezione completa delle nostre canzoni. Solo le nostre, mica quelle di altri».
 
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