Tensione alle stelle a Lampedusa. C'è un piano per l'evacuazione

Forum antirazzista di Palermo 

Numeri, sull’isola si parla solo di numeri. Seimila dicono alcuni, duemila nelle ultime ventiquattrore, due sbarchi accertati dall’alba. “Siamo pieni” riportano alcuni striscioni lungo il porto di Lampedusa. 
Tra le due estremità del molo si estende una linea di barche che manifestano il rifiuto della popolazione di Lampedusa di accogliere altri rifugiati. Da una parte all’altra cittadini manifestano la loro protesta per il mancato intervento da parte dello Stato. Girano con delle mascherine di protezione per ripararsi  dalla puzza. Una vera e propria fogna a cielo aperto. Sono alcune donne di Lampedusa a scendere in piazza, preoccupate per i loro figli: si rifiutano di uscire dalle loro case per le cattive condizioni igienico sanitarie dell’isola. “non chiamateci razziste, urlano, ma non li vogliamo più”. Contemporaneamente la gran parte dei lampedusani contribuiscono quotidianamente alla sussistenza e alle mancanze delle Istituzioni: dalla cassiera del panificio che abbassa i prezzi o regala i panini, fino ai ragazzi dell’associazione Askavusa che preparano due pasti al giorno, oggi portandoli anche in spiaggia, e che mettono a disposizione la loro sede per la doccia e la distribuzione di generi di prima necessità. Dall’altra parte del pontile un tappeto di uomini inermi aspettano in gruppo la chiamata per l’identificazione. Hanno promesso loro che se rimarranno uniti con gli stessi compagni del viaggio sarà più facile e immediata la procedura. Con delle corde intrecciate tra i sacchetti di carta delimitano i gruppi e si disciplinano a vicenda. Intanto Sheik ci racconta che in media hanno pagato 800 euro per il viaggio, racimolati tra parenti e amici. Molti di loro hanno bisogno di soldi e chiedono ai parenti già in Europa di inviarglieli: ma come fare senza documenti? Quasi tutti sognano la Francia come terra del riscatto e sperano di lasciare presto la prigione dell’isola. Che sia l’Europa o il ritorno in Tunisia, l’esigenza è quella di scappare. Tanti minorenni non accompagnati lasciati a dormire nella tendopoli o sotto i camion. Il sindaco ha indetto uno sciopero generale per giovedì prossimo. Manca però sia una piattaforma che l’interlocutore istituzionale a cui si fa riferimento, suscitando nella popolazione l’impressione che si voglia eludere le responsabilità delle amministrazioni locali. Lo stesso presidente della regione Sicilia, Raffaele Lombardo, è oggetto di accuse da parte della popolazione, la sua visita di ieri non ha rinfrancato gli animi degli isolani: “si è affacciato dal balcone ma non è che ha fatto niente” gridano le signore sul porto, “Lampedusa è Sicilia, se ne accorge solo ora?”. Anche la cosiddetta opposizione non sembra dare segnali più confortanti: appena sbarcata sull’isola l’on. Livia Turco, sommersa da domande e richieste di aiuto, esitante a sua volta domanda: “In che cosa vi possiamo aiutare?”La situazione nell’isola è esplosiva e senza provvedimenti esterni c’è pericolo di un collasso. Serve un intervento immediato per supportare l’emergenza. L’esasperazione si sovrappone a tratti all’accoglienza, in uno dei supermercati della città l’ingresso è apparentemente chiuso, in realtà possono entrare solo i “bianchi”, episodio isolato forse ma che da idea del clima che si respira. In serata, nonostante il blocco degli ingressi che è stato attuato soprattutto in forma simbolica, sono approdate altre 50 persone, 8 i minori, tutti uomini e provenienti dalla Tunisia. Giunge notizia che nei circoli di rifondazione comunista, in molte parti di Italia, le brigate di solidarietà attiva hanno organizzato dei punti raccolta di indumenti e generi di prima necessità.  Serve dare un apporto materiale alle popolazione e alle associazioni attive nel territorio affinché almeno il loro lavoro sia il più possibile efficace e abbia l’attenzione politica che chiedono.
29 MARZO 2011
 
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