Sciopero delle rotonde. Come ripartire dopo la manifestazione

Andrea Billau

Come già sanno i lettori dell'Unità, in Campania l'8 e il 9 ottobre si sono svolte due giornate di mobilitazione in difesa dei diritti dei braccianti stranieri. Quanto è accaduto merita una riflessione.

Innanzitutto lo “sciopero delle rotonde”: la presenza degli immigrati, cioè, nei luoghi di reclutamento del lavoro giornaliero da parte dei “caporali” con un cartello al collo:”non lavoriamo per meno di 50 euro”. Ventisei le  rotonde presidiate e 1500 i braccianti coinvolti. Una sola nota negativa: l’assenza del sindacato che tramite uno dei suoi dirigenti più autorevoli ha dichiarato che quell'azione rischiava di “legittimare il caporalato”. Un'argomentazione totalmente priva di fondamento alla luce anche del corteo che si è svolto a Caserta: 2500 migranti che chiedevano la regolarizzazione degli irregolari, presupposto ineludibile per un qualsiasi contratto di lavoro. A dire il vero questa polemica sindacale ha ricalcato quanto già successo in occasione del primo marzo 2010 “sciopero degli immigrati”, quando i sindacati hanno rifiutato l'organizzazione di momenti significativi di astensione dal lavoro per ripiegare su più simboliche manifestazioni. Ma la mobilitazione di chi vede ogni giorno lesi i suoi diritti di lavoratore e di cittadino, continua. Gli immigrati si autorganizzano e trovano altri interlocutori: la Chiesa locale (comboniani e Caritas), l'Associazione radicale di Caserta, il centro sociale ex canapificio, il senatore radicale Marco Perduca. Da qui, pazientemente, si può ripartire.
Osservatorio Italia-razzismo 13-10-2010
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