Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

29 gennaio 2013

La città nuova
In Italia un ragazzo straniero down non può ottenere la cittadinanza
Corriere della sera, 29-01-2013
Stefano Pasta
Che l’attuale legge sulla cittadinanza non sia un fiore all’occhiello della nostra giurisprudenza è forse un fatto noto. Tuttavia, l’ingiustizia di questa legge non finisce mai di stupire. Ad esempio, rende impossibile ai ragazzi down, nati e cresciuti nel Belpaese, di diventare italiani una volta spente le diciotto candeline. Il caso è stato sollevato da una cittadina albanese che vive regolarmente in Italia da molti anni e che ha scritto a inizio gennaio al portale online stranieriinitalia.it: “Mio figlio è nato qui e ha appena compiuto 18 anni ma è affetto dalla sindrome di down. Può diventare cittadino italiano entro il compimento del suo diciannovesimo compleanno? Posso presentare io per lui la domanda al Comune di residenza?” Implacabile la risposta della legge italiana: no, la domanda sarà respinta, perché la nostra legge non considera un ragazzo down idoneo a presentare la richiesta. Il motivo? È incapace di intendere e volere.
Spiega l’avvocato Gaetano De Luca, legale della Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità):
    “Lo scoglio sta nel giuramento, passaggio imprescindibile quando si vuole ottenere la cittadinanza per un diciottenne straniero nato in Italia. Si tratta di un atto personalissimo e dunque nessuno, neanche il genitore o un amministratore di sostegno nominato dal Tribunale, può pronunciarlo per conto di un figlio o di un tutelato. Purtroppo, questo non è l’unico caso di cui siamo a conoscenza”.
Sempre la Ledha ha fornito una consulenza al ricorso di un altro ragazzo down a cui è stata bocciata la domanda: il Tar del Lazio si pronuncerà a breve e potrebbe fare giurisprudenza. Applicando questo tipo di ragionamento, se si è down, la legge esclude in toto i “nuovi italiani” dalla possibilità di ottenere la nuova cittadinanza. Con meno diritti tra i disabili in quanto di origine straniera. E discriminati tra i figli di immigrati in quanto disabili psichici. Ma il caso di questi ragazzi evidenzia anche i danni provocati da un’altra stortura dell’attuale legge: la cittadinanza dei diciottenni nati e cresciuti in Italia non è un diritto, ma una concessione dello Stato. Che infatti, come in questo caso, può scegliere di non concederla.
    Secondo la Ledha, il problema potrebbe essere risolto se l’Italia rispettasse la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, ratificata dal nostro Paese con la legge n. 18 del 2009. Spiega l’avvocato De Luca: “Obbliga gli Stati firmatari a riconoscere alle persone disabili il diritto di cambiare cittadinanza”.
Ecco, appunto, ora anche le Nazioni Unite sono una voce in più in favore della riforma!



Regolarizzazione: ultimi giorni per chi ha pagato il contributo senza inviare la domanda.
Chi ha pagato i 1.000 euro entro il 15 ottobre ma non ha ancora inviato la domanda può completare la procedura entro il 31 gennaio.
Immigrazioneoggi, 29-01-2013
Termina dopodomani, giovedì 31 gennaio, la possibilità di completare la procedura di emersione del rapporto di lavoro irregolare a favore di lavoratori stranieri per chi ha versato entro il 15 ottobre scorso il contributo forfettario di 1.000 euro ma non ha inviato la domanda correlata. Come spiega infatti la circolare del Ministero dell’interno n. 7529 del 4 dicembre 2012 “l’avvenuto pagamento del contributo forfetario può considerarsi come manifestazione espressa di volontà del datore di lavoro di procedere alla regolarizzazione del rapporto di lavoro con il cittadino extracomunitario”. I ritardatari potranno completare la procedura di regolarizzazione inviando la domanda attraverso il sistema di inoltro telematico utilizzando l’indirizzo web https://nullaostalavoro.interno.it.
Come credenziali per l’invio della domanda, per la quale non è necessaria la registrazione, gli interessati dovranno indicare per la mail utente il codice fiscale/partita Iva del datore di lavoro riportato sul modello F24 utilizzato per pagare il contributo forfetario, mentre per la password il numero del documento identificativo del lavoratore presente sullo stesso modello. I dati di accesso dovranno essere uguali a quelli presenti sul modello F24 con il quale è stato pagato il contributo. Una volta entrati nel sistema si dovrà scegliere tra il modello EM-DOM per la regolarizzazione di lavoratori domestici e il modello EM-SUB per lavoratori subordinati.
    


Immigrati, nasce il sito razzista "Quale integrazione, sono criminali"
Ecco il sito internet che mostra il lato oscuro dei migranti. Una lenzuolata di articoli di cronaca nera uniti da un unico filo rosso: l'origine straniera del colpevole o presunto tale. "Un calderone di stereotipi". L'Osservatorio 21 luglio ne chiede la chiusura. "Romeno violenta turista e la prende a bastonate". "Stuprata dall'ex convivente marocchino". "Zingaro: dal campo nomadi alle case del Brenta". Ce n'è per tutti
la Repubblica, 28-01-2013
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - "Romeno violenta turista e la prende a bastonate". "Rapita e stuprata dall'ex convivente marocchino". "Zingaro pendolare del crimine: dal campo nomadi alle case del Brenta". Ce n'è per tutti. Prendete i reati commessi dagli stranieri in Italia, mescolateli, agitateli bene ed eccovi serviti: ecco il  sito internet che ambisce a mostrare il lato oscuro dell'integrazione. Una lenzuolata di articoli di cronaca nera uniti da un unico filo rosso: l'origine straniera del colpevole o presunto tale. "Un calderone di stereotipi, frasi violente ed immagini offensive", che ha spinto l'Osservatorio 21 luglio a chiederne la chiusura
I "crimini degli immigrati". Il sito in questione si intitola Tutti i crimini degli immigrati. Il sottotitolo cede al sarcasmo: Gli altri parlano di integrazione. Noi ve la mostriamo. Dietro ci sarebbe un gruppo internet denominato Resistenza nazionale ("Contro l'oppressione multietnica"), che non per niente linka il sito in questione sulla propria homepage. "La pagina opera una raccolta di notizie prese da altre fonti che hanno come motivo ricorrente il coinvolgimento di immigrati, rom e altre minoranze in episodi di cronaca esclusivamente di natura criminosa - scrive l'Osservatorio 21 luglio - La pericolosità della pagina web in questione, scaturisce dagli slogan e dalle immagini di stampo razzista e xenofobo che vengono aggiunti dagli amministratori del sito a condimento delle notizie riprese dalle altre fonti. Il risultato è un calderone di stereotipi, frasi violente ed immagini offensive dal chiaro esito potenziale di incitare all'odio razziale e alla discriminazione. Con preoccupazione si rileva anche l'invito offerto dal sito a inviare segnalazioni, dal seguente tenore: "Segnalaci un crimine, un sopruso o una situazione di degrado causata dalla presenza di immigrati di cui sei stato testimone"". Per questo, l'Osservatorio ha deciso di intraprendere "un'azione correttiva segnalando la pagina web alle autorità e agli organi competenti".
Il corto circuito. Sia chiaro, il sito non inventa alcunché, ma pubblica solo articoli presi qua e là dalle varie testate on-line italiane. Nessuno mette in dubbio la libertà di stampa e dunque di scelta delle notizie, ma è il mischiare tutto insieme che crea il corto circuito. È come se un sito tedesco - per fare un esempio - pubblicasse solo i crimini commessi dagli immigrati italiani in Germania. Cosa ne direbbero gli autori di Tutti i crimini degli immigrati? Non solo. L'effetto che si produce è una fotografia deforme della realtà e la conferma dell'equazione immigrato=criminale. Certo che gli stranieri commettono delitti: secondo l'ultimo rapporto della Fondazione Ismu, nel 2011 le persone denunciate in totale in Italia sono state 930.521, di cui 295.785 straniere, ovvero il 31,8%. Ma stando all'Istat, il tasso di criminalità degli immigrati regolari, in Italia, è "solo leggermente più alto" di quello degli italiani (tra l'1,23% e l'1,4%, contro lo 0,75%).
La ricerca del Mulino. Un'ultima notazione. Il sito in questione pubblicizza in homepage il libro Immigrazione e criminalità in Italia pubblicato nel 1998 dal Mulino, frutto della seria ricerca di Marzio Barbagli. Chissà cosa ne pensa il sociologo bolognese di tale pubblicità a sua insaputa.



Liguria: nasce il Centro regionale di prevenzione e contrasto delle discriminazioni razziali.
Iniziativa della Regione in collaborazione con l’Unar per promuovere azioni di prevenzione e contrasto delle discriminazioni.
Immigrazioneoggi, 29-01-2013
È nato in Liguria il Centro regionale di prevenzione e contrasto delle discriminazioni razziali. Istituito dalla Giunta regionale in attuazione di un Protocollo d’Intesa con l’Ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali (Unar) realizzerà azioni di prevenzione, monitoraggio, contrasto e assistenza alle vittime di discriminazioni basate su genere, orientamento sessuale, razza, origine etnica o nazionalità, condizioni di disabilità, età, religioni o condizioni personali.
Il suo funzionamento sarà supportato dagli sportelli degli enti e da associazioni del terzo settore già presenti sul territorio. Per la costituzione del centro sono stati stanziati 70.000 euro, informa una nota della Regione Liguria, di cui 50.000 provenienti da una convenzione stipulata con l’Unar e 20.000 provenienti da fondi regionali, sulla base della legge regionale sull’immigrazione n. 7 del 2007. Il centro avrà sede in Regione.
Sempre sul fronte della lotta alle discriminazioni, conclude la Regione, è stato presentato il progetto Una bella differenza promosso da Arci Liguria, Anolf e Acli Liguria e finanziato dal Fondo europeo per l’integrazione, il cui obiettivo è la mediazione sociale e il dialogo interculturale per sensibilizzare la cittadinanza al tema del diritto e della prevenzione e della lotta alle discriminazioni razziali e favorire l’integrazione sociale tra le comunità di migranti.



Razzismo, caso Boateng in Ciociaria diciassettenne si toglie la maglia e se ne va
Insultato durante la partita, il ragazzo marocchino e ha abbandonato il campo come i calciatori del Milan contro la Pro-Patria. Il presidente della società: "Saremo anche multati". Il ministro Riccardi: "Indignazione e solidarietà non bastano"
la Repubblica, 28-01-2013
"Lo hanno insultato, gli hanno urlato di tutto, anche 'sporco negro'. E il nostro calciatore, insieme al resto della squadra, ha abbandonato il campo a partita in corso: quasi sicuramente saremo multati, ed è una beffa oltre al danno". Fabio Roccia, presidente dello Sporting Pontecorvo, club di calcio dilettantistico della provincia di Frosinone, si sfoga raccontando un piccolo "casa Boateng" in Ciociara. Un calciatore, un 17enne di origini marocchine, è stato insultato sabato scorso durante una partita di categoria Juniores disputata in casa del Sant'Elia. Il giovane sarebbe stato bersaglio di insulti razzisti tanto da spingerlo, a pochi minuti dalla fine e con il risultato sul 3-0 per il Sant'Elia, ad abbandonare il campo, seguito dai compagni di squadra, e togliersi la propria maglia in segno di sdegno. Il gesto, l'abbandono durante una partita, ha ricordato quello di Kevin Boateng, calciatore del Milan, e della sua squadra in occasione dell'amichevole in casa del Pro Patria. "Non ero sul posto - spiega all'agenzia Dire il presidente del Pontecorvo - Ma sono stato aggiornato dai miei calciatori, dai dirigenti e da diversi genitori: tutti hanno riportato la stessa versione. Mi hanno detto che una quindicina di giovanissimi ha insultato il nostro giocatore ed un altro dei nostri, che non giocava ma che era in tribuna, che fa parte di una casa famiglia".
Il ragazzo che era in campo, dice ancora il presidente, "tra le altre cose, è più ciociaro di noi: è da 15 anni in Italia, parla il dialetto
meglio di noi, frequenta il liceo locale". Ma il numero 1 della società di Pontecorvo non se la prende più di tanto con i giovani che hanno insultato il 17enne calciatore: "Ce l'ho più con istruttori, con gli allenatori: una cosa del genere è inconcepibile e loro non hanno fatto nulla, non sono intervenuti, o quasi. Se qualcosa hanno fatto è stato più o meno inutile. Personalmente non ho sentito nessuno di quella società, nessuno mi ha contattato per scusarsi. Siamo una piccola società, tra le nostre squadre ci sono giocatori marocchini, romeni, albanesi. Ragazzi in difficoltà che aiutiamo come possiamo. E poi succedono queste cose...".
Sul posto, sabato, sono intervenuti i Carabinieri che hanno avviato le indagini per risalire agli autori degli insulti.
A commentare l'accaduto anche il ministro per l'Integrazione Andrea Riccardi che parla addirittura di due ragazzi africani insultati: "Ho appreso con profonda indignazione e con preoccupazione l'episodio accaduto a due ragazzi africani della sua squadra di calcio, pesantemente insultati e intimiditi a causa del colore della pelle da giovanissimi tifosi di una squadra avversaria. Voglio portare attraverso di lei la vicinanza mia e del governo italiano a questi ragazzi, ai loro genitori e a tutta la squadra di calcio per gli inaccettabili slogan razzisti. La circostanza è ancora piu' grave perché è accaduta a ridosso delle celebrazioni del Giorno della Memoria: è il segnale di quanto ancora bisogna fare per promuovere, specie tra i giovani, una cultura di dialogo, di convivenza e di rifiuto del razzismo, della xenofobia e dell'antisemitismo".
"La solidarietà e lo sdegno sono importanti, ma non bastano" ha proseguito Riccardi  "Le cronache ci raccontano di troppi episodi a sfondo razzista che lambiscono il mondo del calcio a tutti i livelli. Sono fenomeni di massa che non possiamo assolutamente sottovalutare. Occorre un piano di azione nazionale che coinvolga scuola, mondo dello sport, enti locali, operatori dell'informazione e istituzioni centrali".



Usa, c'è l'accordo sull'immigrazione Sanatoria per 11 milioni di irregolari
Intesa fra destra e sinistra, primo passo verso la nuova legge
Corriere della sera, 29-01-2013
Massimo Gaggi
NEW YORK — La parola amnistia non è mai stata pronunciata, ma è proprio su questo che è stato raggiunto un accordo di massima al Congresso: dire che la sospirata riforma dell'immigrazione sia a portata di mano è quantomeno prematuro, ma è la prima volta da sei anni a questa parte che in Parlamento destra e sinistra lavorano insieme per affrontare una situazione che, lasciata incancrenire per anni, si è fatta esplosiva. Ed è la prima volta che i repubblicani accettano l'idea di una sanatoria per gli oltre 11 milioni di immigrati clandestini che vivono negli Stati Uniti, sia pure con una serie di condizioni e previo un rafforzamento dei meccanismi di sorveglianza lungo le frontiere del Paese.
Barack Obama, che oggi illustrerà le sue idee per sottrarre i lavoratori stranieri alla clandestinità durante un incontro a Las Vegas, aveva posto questo suo progetto al centro del discorso inaugurale del suo secondo mandato presidenziale, una settimana fa a Washington. E venerdì era già sceso in campo, incontrando le organizzazioni degli ispanici. Incalzati dalla Casa Bianca, consapevoli di aver perso le elezioni anche per la loro scarsa popolarità presso le minoranze etniche — soprattutto i «latinos» — i leader repubblicani hanno cambiato rotta sottoscrivendo un'intesa di massima coi democratici.
Tradurre i principi in una legge vera e propria non sarà impresa facile né rapida, i rischi di un altro fallimento restano elevati: ribellioni nei gruppi parlamentari, soprattutto quello conservatore, ne abbiamo già viste diverse. L'ultima un mese fa su tasse e tagli di bilancio. Ma stavolta il clima sembra davvero differente. L'accordo presentato ieri è stato siglato dalla cosiddetta «Gang degli otto» che, da parte repubblicana, comprende i senatori più rappresentativi: l'ex candidato alla Casa Bianca John McCain, Marco Rubio, uno dei più autorevoli giovani leader del partito che è di origine cubana, e Lindsay Graham della South Carolina.
Molti pensano che, ancora una volta, potrebbe essere la Camera — dove sono più numerosi i parlamentari della destra radicale, eletti col sostegno dei Tea Party — a far fallire l'accordo. Ma Paul Ryan, l'altro giovane leader del partito, l'uomo della destra integralista che aveva affiancato Mitt Romney nel «ticket» presidenziale dei repubblicani, ha deciso di sostenere l'intesa. E Ryan è molto influente alla Camera.
Presentando il piano il senatore Charles Schumer, il suo promotore dal lato democratico, si è detto ottimista perché, anche se la storia del dibattito politico sull'immigrazione è costellata di fallimenti, stavolta tutti sono d'accordo almeno su una cosa: al punto in cui sono arrivate le cose, non far niente è molto più pericoloso che agire.
Le proposte presentate ieri non sono molto diverse da quelle di bozze circolate sei o sette anni fa e poi riposte nel cassetto dopo gli scontri che resero impossibile ogni intesa. «Oggi, invece, le condizioni politiche per un accordo sembrano esserci» ha spiegato Schumer, ma si può arrivare in porto solo con un patto «bipartisan» nel quale ognuno cede su qualcosa. McCain si è detto subito d'accordo con lui e ha ricordato ai suoi compagni di partito che i repubblicani hanno perso le elezioni di novembre soprattutto perché non hanno catturato il voto degli ispanici che pure — da comunità con un forte spirito religioso composta in gran parte da lavoratori autonomi e piccoli imprenditori — dovrebbero essere vicini alle idee dei conservatori.
L'intesa siglata che — secondo gli obiettivi che si sono dati i parlamentari — dovrebbe essere trasformata in testo legislativo entro marzo ed essere approvata almeno dal Senato entro l'estate, prevede un percorso di integrazione dei lavoratori stranieri e di riforma dell'immigrazione basata su tre pilastri: 1) Maggiore «blindatura» delle frontiere, con un uso massiccio di aerei senza pilota per sorvegliare le regioni di confine ed evitare il ripetersi di fenomeni migratori illegali, una volta sanata la situazione attuale. 2) Concessione agli stranieri senza documenti che già lavorano negli Usa di un permesso temporaneo di lavoro, primo passo di un processo di legalizzazione permanente che passerà per il pagamento di una multa e delle tasse. Per poter restare permanentemente negli Usa dopo un periodo di prova, questi immigrati dovranno imparare l'inglese e sottoporsi a un'ulteriore serie di controlli. 3) Chi è entrato negli Usa illegalmente non potrà comunque avere la precedenza sui migranti legali che hanno rispettato le regole, ma pare siano previste eccezioni per i lavoratori agricoli stagionali e per i figli di immigrati clandestini che sono entrati illegalmente nel Paese da piccoli senza rendersene conto.



Gli spot anti immigrati di Londra
il Giornale, 29-01-2013
Gaia Cesare
Dimenticate la regina, il cambio della guardia, i parchi, i teatri del West End, i college d'eccellenza, la più vasta metropolitana d'Europa e le grandi opportunità di una società multicult.
«In Gran Bretagna piove sempre, fa freddo e il lavoro scarseggia». Dovrebbe suonare più o meno così lo spot (al contrario) che Downing Street, il ministero degli Interni e quello del Lavoro stanno mettendo a punto, con l'idea di tappezzare Bucarest e Sofia di cartelli pubblicitari, per frenare il grande flusso di immigrati pronti a lasciare Romania e Bulgaria dal primo gennaio 2014, quando cadrà il divieto di vivere e lavorare nel Regno Unito.
Un tempo era l'idraulico polacco. Ora l'incubo britannico sono migliaia di immigrati romeni e bulgari a caccia di lavoro e fortuna. Incubo soprattutto per David Cameron, il premier che anche sull'immigrazione ha vinto le elezioni del 2010, addittando la politica delle porte aperte del Labour (i polacchi passati da 40mila nel '96, vigilia della vittoria di Blair, a 150mila nel 2003 fino ai 250mila di oggi). Il leader conservatore, che ancora fatica a far digerire agli inglesi i tagli al welfare già effettuati e quelli in cantiere, non può permettersi di dover aprire il portafogli per migliaia di lavoratori non-British, che tra poco meno di un anno avrebbero diritto ad assegni di disoccupazione e alloggi popolari proprio come gli inglesi doc. Impossibile cedere ora che ci gioca la rielezione, anche perché a tallonarlo ci sono non solo i nazionalisti del Bnp, ma soprattutto gli indipendentisti dell'Ukip (terzo partito secondo i sondaggi), pronti a raccogliere il malcontento di milioni di lavoratori britannici - dai taxisti ai ristoratori, dalle babysitter alle colf fino alle ballerine di lapdance - terrorizzati dall'idea di nuova concorrenza a basso costo e infuriati con la politica Bruxelles. Ecco che, mentre prepara limiti e restrizioni di accesso al welfare, mentre studia misure che possano consentirgli di rispedire a casa i nuovi arrivati che non trovassero lavoro entro tre mesi o non fossero in grado di dimostrare di potersi sostenere per almeno sei, il primo ministro si butta sulla propaganda, la diffusione di un messaggio negativo (o forse fin troppo realistico) per dissuadere i meglio intenzionati a lasciare il proprio Paese. Più che scoraggiare - riferisce una fonte del governo - l'obiettivo è «correggere l'impressione che le nostre strade siano lastricate d'oro». Una tecnica adottata negli ultimi anni da diversi Paesi, europei e non.
È già successo in Spagna, Israele, Australia. E nella vicina Svizzera, che nel novembre 2007 decide di mandare in onda, durante l'intervallo dell'amichevole di calcio Svizzera-Nigeria, uno spot televisivo in cui un immigrato di colore telefona al padre raccontandogli della bella vita che fa nel Paese d'adozione, salvo poi chiudere il telefono e tornare a vivere per strada, chiedendo l'elemosina e in continua fuga dalla polizia. Messaggio chiarissimo, peraltro finanziato dall'Unione europea, perché di mezzo, in questo caso, c'è la clandestinità. Messaggio difeso e giustificato dell'allora ministro della Giustizia Christoph Blocher: «Dobbiamo dimostrare agli africani che non siamo un paradiso». Obiettivo raggiunto, almeno nello spot, poi diffuso in Camerun e Congo. Un espediente adottato ancora prima dalla Spagna, che già a settembre del 2007 aveva mandato in onda in Camerun una campagna tv da oltre un milione di euro in cui mostrava corpi senza vita dopo uno dei viaggi della speranza sui barconi per raggiungere le Canarie. «Sapete come finisce questa storia - chiosava il cantante camerunense Youssou N'Dour - Non rischiate la vostra vita per niente». Più o meno il messaggio che il premier uscente Benjamin Netanyahu vorrebbe recapitare ai migranti di Eritrea e Sudan pronti a riversarsi in Israele per cambiare vita. La tecnica è nota e non ha colore. L'ha usata in Australia anche la premier laburista Julia Gillard, che ha voluto diffondere su Youtube le immagini dei barconi intercettati al largo delle coste australiane e poi rispediti in Malaysia. Funzionerà? A Sofia e Bucarest le agenzie di lavoro dicono di aver chiuso le liste d'attesa per i clienti pronti a varcare la Manica. Il salario minimo in Gran Bretagna è poco più di 7 euro l'ora, in Bulgaria 85 centesimi, in Romania 92.



«A Londra piove e fa freddo. Stranieri, non venite qui»
Corriere dela sera, 29-01-2013
F. Cav.
@fcavalera
LONDRA — Attenzione, attenzione. Chi ha intenzione di emigrare nel Regno Unito e di diventarne cittadino sarà bene che si metta a studiare la storia di quel Isambard Kingdom Brunel che la Bbc in un suo sondaggio ha collocato al secondo posto, dietro Winston Churchill, nella classifica dei britannici più famosi. Se non si impara che fu questo elegante ingegnere dell'Ottocento a progettare la prima nave oceanica spinta a elica, la Great Britain nel 1843, e che fu sempre lui a costruire la Galleria sotto il Tamigi nonché un bel po' di ponti ferroviari, si rischia di essere bocciati all'esame della vita, l'esame che ti regala la possibilità di diventare una volta per sempre e per tutte suddito di sua maestà. E poi, ovviamente, occorre avere conoscenza di William Shakespeare, di Isaac Newton, di Alexander Fleming, di Robert Burns, di Clement Attlee e di Winston Chirchill, di letterati e di poeti, di scienziati e di illustri uomini politici.
Insomma, bisogna comperare il libro «Vita nella Gran Bretagna», da oggi in vendita, leggerselo di buona lena e presentarsi preparati se si vuole superare il test di 45 minuti e conquistare il diritto al passaporto e alla cittadinanza britannica. Occorrono almeno 75 punti su 100, uno di meno e si torna a casa.
Si cambia. Severità e niente sconti. Il ministero dell'Interno detta le nuove regole: porte aperte o quasi ma l'immigrato dovrà sudare per apprendere «valori, principi, tradizioni, costumi che sono il cuore della nostra società, e dovrà di dimostrare di avere capacità di integrazione», spiega Mark Harper, il viceministro con la delega sui flussi e i permessi d'ingresso.
È finita la stagione dei test che misuravano l'abilità a usare internet (scontata), l'abilità a utilizzare le scappatoie per i contributi concessi dal welfare (facile), l'abilità a leggere i misuratori dell'acqua potabile e della luce (elementare), adesso conta sia esprimersi correttamente in inglese (non basta la striminzita sufficienza) sia avere le conoscenze della storia (i Romani, i Normanni, la Magna Charta, la Riforma, le Guerre), delle istituzioni (chi presiede i Comuni? Il primo ministro, il leader della Camera o lo speaker? Oppure: come si chiama il secondo ramo del parlamento? Senato o Lords?), dei monumenti (la statua in Trafalgar è di Drake, Cook o Nelson?), dei simboli e dei patroni (chi è il santo patrono di Scozia? Sant'Andrea, San Davide, san Patrizio o San Giorgio?), della bandiera (qual è il vessillo del Regno Unito dal 1801? La croce di San Giorgio o l'Union Jack?). Senza dimenticare lo spettacolo e la televisione (che cosa è Monty Python? E i Two Ronnies?), l'architettura (Norman Foster), oltre alla musica, i compositori (da Henry Purcell a Benjamin Britten e Andrew Lloyd Weber), i gruppi pop e rock (i Beatles, i Rolling Stones, gli Who, i Queen). Per niente una passeggiata.
Il giro di vite ha una sua ragion d'essere nelle intenzioni del governo. «Abbiamo un saldo migratorio molto alto, centinaia di migliaia di persone ogni anno. Entro il 2015 e 2016 intendiamo ridurlo drasticamente a poche migliaia». Promette il viceministro Mark Harper. E sarà forse per non disattendere un impegno tanto importante e solenne che l'esecutivo ha in mente un'altra carta da giocarsi, in aggiunta ai nuovi test: una pubblicità con intenti dissuasivi rivolta in modo particolare ai migranti dell'Est europeo (bulgari e rumeni in particolare). Dovrebbe suonare più o meno così: per carità non venite nel Regno Unito, piove sempre, il lavoro è scarsissimo e per giunta sottopagato. Spot in televisione e alla radio, spazi sui giornali e sulle riviste. «È un'opzione che abbiamo», hanno confermato fonti governative. L'arma dell'ironia a fini politici: proiettare nelle aree di maggiore «rischio migratorio» l'immagine di un paese allo stremo, di un paese triste, di un paese che sfrutta. Chissà se abboccheranno.


    
Rom, le indecenze nel campo dei Gordiani Fili elettrici scoperti in container fatiscenti
Il sopralluogo di una delegazione del Partito Radicale e l'interrogazione del senatore Marco Perduca. Fa parte del "Piano Nomadi" del Comune di Roma che avrebbe avuto l'obiettivo di realizzare i "villaggi della solidarietà" per la tutela dei minori. Costato oltre 30 milioni di euro. Lecondizioni igienico-sanitarie sono pessime, non c'è presidio sanitario, non ci sono frequenti visite dell'Azienda sanitaria locale
la Repubblica, 26-01-2013
GIOVANNI CARBOTTI e CAMILLO MAFFIA
ROMA - Mentre in Ungheria fa scandalo la proposta-shock di "eliminare gli animali zingari", come soluzione finale per l'etnia, ad opera della penna di un fedelissimo del premier Viktor Orban, l'editorialista Zsolt Bayer, tra i fondatori del partito di destra Fidesz, in Italia i Rom vivono in campi così fatiscenti da riprodurre situazioni tali e una mortalità così alta che, non solo il rimando allo sterminio nazista è inevitabile, ma vivono in un contesto sociale, rispetto al resto della popolazione, la cui analogia con quello ungherese è tanto più grave in quanto la presenza della minoranza sul territorio italiano è meno di un terzo. Quel che è peggio, sono le istituzioni e le amministrazioni a perseguire la "politica dei campi", che è alla base del disagio dalla popolazione.
Il sopralluogo. C'è una interrogazione del senatore radicale Marco Perduca, segretario della Commissione diritti umani, ai ministri dell'Interno, della Salute e del Lavoro e delle Politiche sociali. Le domande che pone squarciano il velo su una realtà di segregazione razziale. Il recente sopralluogo di una delegazione radicale al campo Rom autorizzato di via dei Gordiani a Roma, non era stato annunciato a nessuno: né alla stampa, né al presidio sociale, né alla vigilanza che monitora l'insediamento 24 ore su 24 con telecamere puntate sia verso l'interno che verso l'esterno. I Rom, dunque, sono sotto controllo, solo in quanto Rom. Gli sgomberi sono indiscriminati, spesso privi dialternative d'alloggio; le baracche vengono abbattute davanti a bambini in lacrime; vengono imposte divisioni dei nuclei familiari; sono provocati danni alla scolarizzazione.
Il "Piano Nomadi". Tutto questo aveva un nome, "Piano Nomadi" del Comune di Roma e l'obiettivo di realizzare i "villaggi della solidarietà" per la tutela dei minori, in cui i Rom avrebbero dovuto essere trasferiti. Proprio perché la "solidarietà" non ha prezzo, l'intero Piano è costato oltre 30 milioni di euro. Ed è assai interessante esaminare le condizioni effettive di questi "villaggi". Scrive Perduca: "la delegazione ha riscontrato condizioni igienico-sanitarie pessime. Il presidio sanitario è assente. Non sono state riscontrate visite frequenti da parte dell'Azienda sanitaria locale, benché le condizioni igieniche dei residenti richiedano una seria ispezione e il citato protocollo preveda progetti d'intervento in accordo con gli operatori delle Asl".
Fili scoperti, vetri rotti, porte sfondate. La vigilanza può introdursi nelle abitazioni senza alcun mandato, secondo quanto affermano i residenti, sebbene si siano verificati casi di detenuti agli arresti domiciliari condotti in carcere con l'accusa di evasione perché sostavano appena fuori dai container. Molti fra questi sono in uno stato di evidente fatiscenza: sanitari scheggiati, fili scoperti, vetri rotti, porte sfondate, fori nelle pareti e nel pavimento, nonostante il gelo invernale. Per la manutenzione bisogna rivolgersi al V° dipartimento.
Il sovraffollamento. "Le difficoltà di convivenza sono state acuite dalla presenza fissa della vigilanza e dall'arrivo di nuclei familiari provenienti da aree sgomberate, come il Casilino 900, con il conseguente sovraffollamento, che ha generato tensioni interne", prosegue l'interrogazione. "Il rischio di incendi è alto anche a causa delle disfunzionalità negli alloggi, dove ad esempio piove nei container sui fili scoperti. Fonti ufficiose, ma credibili, rivelano che i costi della ristrutturazione con cui questo campo ha guadagnato lo status di "campo autorizzato" si aggirerebbero intorno ai 4 milioni e mezzo benché persino i container donati dal Comune siano vecchi e riciclati da precedenti emergenze".
Certo, guai a chi proponesse, in Italia, una soluzione finale analoga a quella suggerita sul quotidiano ungherese Magyar Hirlap. Ma il tasso di mortalità e le condizioni di vita di questa minoranza, in un contesto che è figlio delle politiche adottate dal Paese, rendono il triste spaccato di un'ipocrisia analoga a quella che circonda la pena di morte: la nostra nazione la rifiuta e nessuno si pronuncerebbe mai a favore, ma poi di fatto muoiono più detenuti nelle carceri italiane che negli USA per l'iniezione letale.
Giovanni Carbotti e Camillo Maffia

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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