Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

25 ottobre 2012

No ai telefoni. reclusi nei Cie senza diritto di parola
l'Unità, 25-10-2012
Italia-razzismo
Qualche giorno fa sono state depositate le motivazioni della sentenza con cui lo scorso 18 luglio erano state scarcerate - dopo sei mesi di custodia cautelare - otto persone coinvolte in una rivolta avvenuta nel mese di gennaio all’interno del centro di identificazione ed espulsione milanese di via Corelli. I reati inizialmente contestati erano quelli di devastazione, danneggiamento e incendio per cui è prevista una pena minima di otto anni e, in seguito, proprio dal Tribunale di Milano, erano stati derubricati in “danneggiamento aggravato”.
La rivolta era stata scatenata al culmine di un periodo nero delle condizioni di vita nel centro, tanto che nel 2011 erano stati segnalati numerosi tentativi di suicidio e di evasione. Inoltre le persone trattenute avevano più volte evidenziato l’ossessivo controllo da parte delle forze dell’ordine lì presenti. Ed è proprio questo l’aspetto cruciale emerso durante l’indagine, come si può apprendere dalla sentenza:
“L'analisi svolta ha consentito di illustrare il contesto in cui si sono realizzati i fatti, contesto oggettivamente caratterizzato da consistenti limitazioni della libertà personale e come tale vissuto dagli imputati. Il collegio ha volto attenzione particolare alla regola che da ottobre 2010 ha imposto il divieto dell'uso di telefoni cellulari, regola che ha determinato una consistente contrazione della libertà di comunicazione senza che appaiano evidenti le ragioni della sua utilità e ragionevolezza, tenuto anche conto del fatto che la stessa non è applicata in tutti i centri di identificazione ed espulsione. Si ricordi, infatti, che tale imposizione ha reso in concreto oltremodo difficile la possibilità di comunicare per gli ospiti del centro e che il rispetto della norma è garantito attraverso forme di controllo nell'ambito di procedure realizzate senza la presenza di un interprete e, quindi, talvolta difficilmente comprensibili dai trattenuti”.
Una situazione, quella descritta, talmente critica che martedì scorso è stata presentata un’interrogazione parlamentare che vede come prima firmataria la deputata Rita Bernardini.     
Il centro milanese non  rappresenta però una rarità, bensì la reale situazione della maggior parte dei centri di identificazione ed espulsione in Italia, che rimangono dei luoghi da cui è davvero difficile uscire indenni. E di questo non mancano le testimonianze. Si veda ad esempio il filmato, In nome del popolo italiano, girato nel Cie di Ponte Galeria da Stefano Liberti e Gabriele Del Grande: una serie di immagini accompagnate dalle voci inquietanti delle persone lì trattenute; oppure si legga il rapporto di Medici per i diritti umani sulle condizioni sanitarie dei Cie da cui emergono storie di persone senza voce, senza diritti, senza tempo. Ed è anche grazie a questo lavoro di monitoraggio che qualche settimana fa è stato chiuso il Cie di Lamezia Terme. Un posto, quello, la cui condizione era stata definita “preoccupante” dallo stesso sindaco. In forza  di quest’ultimo successo non bisogna interrompere l’azione di vigilanza e di denuncia.



Seconde generazioni: tra i romeni vanno a scuola 9 ragazzi su dieci.
Ricerca ISMU: “nascondono la nazionalità per non essere confusi con l’etnia rom”.
Immigrazioneoggi, 25-10-2012
Gli immigrati romeni in Italia sentono di essere oggetto di pregiudizio e vivono l’integrazione con ancora più difficoltà, al punto che i bambini spesso nascondono, a scuola o all’asilo, le loro vere origini per timori di essere confusi con i rom.
È quanto emerge dalla ricerca Figli migranti. I minori romeni e le loro famiglie in Italia presentata a Palazzo delle Stelline a Milano, a cura della Fondazione ISMU (Iniziative e studi sulla multietnicità) nell’ambito della ricerca europea “Children’s Rights in Action”.
Dalla Romania, su una popolazione di 9,9 milioni di persone, più di 3 milioni hanno deciso di emigrare, molti verso l’Italia (sono oltre 968mila i romeni nel nostro Paese secondo i dati Istat del 2011). Il 93,5% dei ragazzi è regolarmente iscritto e l’89,3% non ha mai ripetuto un anno scolastico. Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria pediatrica ne beneficia il 75,2% dei figli degli intervistati.
Gli insegnanti e i mediatori linguistico-culturali sono le figure da cui le famiglie hanno ricevuto maggior sostegno nei servizi ma, in generale, al primo posto come supporto ricevuto all’integrazione ci sono i compatrioti già residenti in Italia (nel 53,7% dei casi) e, al secondo (con il 19%), gli italiani: famiglie, vicini di casa, ma soprattutto quelli per cui i romeni lavorano o hanno lavorato.



Prati, dal cassonetto al mercato Abusivi «pescano» nella spazzatura
Dal Trionfale a San Pietro: non solo falsi, ma anche oggetti recuperati dai cassonetti. «Non comprate quegli oggetti»
Corriere della sera, 24-10-2012
Lilli Garrone
ROMA - Emergenza ambulanti fra Prati e il Vaticano: dalle borse e occhiali contraffatti su via della Conciliazione, ai camioncini che vendono fiori fra piazza Mazzini e il mercato dei Fiori al Trionfale. Fino all’ultima davanti al mercato di via Andrea Doria: qui da mesi, a decine, immigrati per lo più di nazionalità rumena vendono gli oggetti più disparati rinvenuti nei cassonetti dell’immondizia. Così il 23 ottobre è scattata l’operazione di bonifica lungo i marciapiedi della strada. L’hanno effettuata i vigili del XVII gruppo con gli uomini del vice comandante del Corpo Antonio Di Maggio, responsabile del gruppo Sicurezza pubblica ed emergenziale e gli addetti dell’Ama. Sedici sequestri, 4 persone fermate.
Carabinieri fermano un ambulante abusivo (Eidon)Carabinieri fermano un ambulante abusivo (Eidon)
MERCE DAI CASSONETTI - Gli oggetti sequestrati «tutta roba presa dai cassonetti – afferma la presidente del municipio XVII Antonella De Giusti – che mettono su lenzuola e rivendono di fronte al mercato. Per questo quanto sequestrato è stato dato all’Ama che riporterà gli articoli in discarica fra i generi non trattabili». Ma per la presidente del Municipio questo «mercato del rifiuto» ha creato anche «problemi di igiene e sanità pubblica – aggiunge –, perché è tutta roba che è stata fra l’immondizia e la gente quando la tocca con le mani e poi va in giro può creare un’emergenza sanitaria non di poco conto».
Un ambulante preleva il suo lenzuolo in via della Conciliazione (Jpeg) Un ambulante preleva il suo lenzuolo in via della Conciliazione (Jpeg)
LOTTA QUOTIDIANA: «NON COMPRATE» - « Il municipio ha sollecitato più volte il comune e il comando centrale – prosegue Antonella De Giusti - ma questi immigrati che vendono oggetti presi dai cassonetti continuano a tornare. È una battaglia quotidiana e per quanto noi ci mettiamo tutte le nostre forze e facciamo queste operazioni nonostante i tempi di crisi, il fenomeno non si arresterà mai non si arresterà mai se la gente continuerà a comprare».
FURGONI IN DOPPIA FILA - A questo su via Andrea Doria si aggiungo i furgoni in doppia fila, spesso mezzi provenienti dall'estero che per un anno possono mantenere la targa del Paese di origine: «Così le multe notificate tramite consolato non vengono mai pagate». Per questo la presidente del XVII Municipio dice ancora una volta «basta» all’ambulantato abusivo in Prati e oltre a invocare le persone a non fare più acquisti di fiori sui furgoncini, di borse taroccate e di oggetti presi dalla spazzatura davanti al mercato Trionfale chiede alle forze dell’ordine un intervento più deciso «contro il mercato della contraffazione intorno San Pietro e più controlli. Ma non possiamo vivere con l’esercito in strada – conclude -. Chiedo un’azione di civiltà dei cittadini nel non fare questo genere di acquisti».



Berlino, un memoriale anche per i rom
Inaugurata nel Tiergarten una fontana dedicata alle vittime dell’«Olocausto dimenticato»
La Stampa, 25-10-2012
Alessandro Alviani
L’olandese Soni Weisz, 75 anni: «La società nulla ha imparato da quanto è accaduto allora»
500.000 sterminati Secondo gli storici, i rom e i sinti perseguitati perché «di razza inferiore» sono tra 220mila e 500mila
11.000.000 oggi in Europa La maggioranza dei Rom e Sinti vive negli Stati centro-orientali : Romania, Bulgaria, Ungheria e Slovacchia
Berlino Il luogo del ricordo all’«Olocausto dimenticato», come lo definisce il sopravvissuto Soni Weisz, è nascosto dietro una fila di alberi, che lo rendono invisibile a chi si trovi a passare di lì per caso. Solo un paio di pannelli trasparenti rivolti in direzione del Reichstag, che si erge dall’altra parte della strada, tradiscono la sua presenza. Al di là degli alberi e dei due pannelli c’è una fontana di 12 metri di diametro, con al centro una pietra triangolare sormontata da un fiore, che verrà sostituito ogni giorno da uno fresco. Tutt’intorno i versi della poesia «Auschwitz», composta dal musicista rom italiano Santino Spinelli. Eccolo, il memoriale ai sinti e rom uccisi dai nazisti, inaugurato ieri a Berlino. Un memoriale «che ricorda un gruppo di vittime che per troppo tempo è stato preso in considerazione troppo poco», ammette la cancelliera Angela Merkel nel suo intervento.
Ci sono voluti vent’anni per inaugurarlo: anni di scontri con l’artista israeliano che l’ha creato, Dani Karavan; anni di fratture tra gli stessi rappresentanti delle vittime, divisi tra quanti, come la presidente dell’Alleanza dei sinti, Natascha Winter che proponeva per l’iscrizione la denominazione «zingari» e quanti, come il Consiglio centrale dei sinti e rom, respingeva quella definizione come discriminatoria.
Che cosa sono però vent’anni rispetto ai quasi cinquanta che la Germania ha impiegato per riconoscere ufficialmente questo genocidio? Un passo avvenuto solo nel 1982, due anni dopo che un gruppo di dodici rom, tra cui cinque sopravvissuti ai campi di concentramento, iniziò uno sciopero della fame. Tra loro c’era anche Romani Rose, oggi presidente del Consiglio dei sinti e rom. «In Germania non c’è una sola nostra famiglia che non abbia perso dei parenti, questo plasma ancora oggi la nostra identità», ha detto ieri. Le stime parlano di mezzo milione di sinti e rom ammazzati dai nazisti. Da quel genocidio «la società non ha imparato nulla, quasi nulla, altrimenti oggi ci si comporterebbe in modo diverso nei nostri confronti», constata amaramente Soni Weisz, che ad Auschwitz ha perso i genitori e i fratelli. «Anche oggi sinti e rom soffrono l’emarginazione e il rifiuto», aggiunge Merkel.
Il memoriale, costato 2,8 milioni di euro, si trova nel cuore di Berlino, su un fianco del Reichstag. A non più di duecento metri dall’opprimente mare di stele grigie che compongono il Memorial agli ebrei vittime dell’Olocausto, inaugurato nel 2005; di fronte, si erge, seminascosto dagli alberi del Tiergarten, una grossa stele asimmetrica con una sola apertura, una finestra al di là della quale scorre un video in cui coppie di uomini e donne si baciano con passione: il monumento agli omosessuali perseguitati dai nazisti. Una scelta che si spiega con una decisione presa in passato dalla Germania: quella di non dedicare un unico memoriale centrale ai diversi gruppi di vittime della follia nazista.



Svezia: Governo e opposizione votano insieme la legge che estende il diritto allo studio per tutti i bambini stranieri, anche irregolari.
Potranno frequentare tutte le scuole, dall’asilo fino al liceo.
Immigrazioneoggi, 25-10-2012
Scuola garantita per tutti i bambini stranieri, anche se irregolari, dall’asilo a liceo. È quanto ha stabilito il Governo del regno di Svezia con una legge, in vigore dal luglio 2013, approvata anche dall’opposizione dei Verdi.
“I bambini che risiedono senza permesso di soggiorno hanno diritto all’educazione”, dalla materna fino al liceo, ha indicato il Governo in un comunicato.
La nuova normativa cancella anche l’obbligo per le scuole di avvisare la polizia nel caso ricevano domande di iscrizione per bambini senza documenti. “A tutti i bambini deve essere garantito il diritto di andare a scuola e il loro diritto diventerà legge”, ha sottolineato il ministro dell’Educazione, Jan Bjoerklund, nel corso di una conferenza stampa. Per i bambini senza documenti andare a scuola “significa essere normali, avere stabilità, seguire una routine in una vita solitamente precaria”, ha aggiunto la portavoce dei Verdi, Maria Ferm.
Il Governo svedese prevede un bilancio annuale di 50 milioni di corone, pari a 5,7 milioni di euro, a partire dal 2014, per andare incontro ai Comuni che accoglieranno questi bambini, che si stima siano tra i 2.000 e i 3.000.



Il coraggio di parlare
la Repubblica, 24-10-2012
Laura Boldrini
Campo rifugiati di Za'atri GiordaniaHanno voglia di parlare i rifugiati siriani, di far sapere al mondo quello che sta succedendo nel loro paese. Raccontano storie drammatiche, accorate, una galleria di orrori che ognuno di loro ha vissuto in venti mesi di violenza e conflitto.
Sono donne e uomini  traumatizzati e terrorizzati che in presenza di fotografi e telecamere non vogliono mostrare il loro volto per timore di rappresaglie contro i familiari rimasti ancora lì. Madri che spesso hanno visto morire i propri figli o da mesi non ne hanno più notizie. Ragazze violentate. Giovani rimasti mutilati. Famiglie distrutte per sempre.
“Dobbiamo usare tutte le misure per proteggerci. Non possiamo far vedere le nostre facce.  Ci temono perché noi siamo la prova delle atrocità commesse. Noi che siamo riusciti a scappare e ora possiamo parlare, rappresentiamo la  prova di quanto sta accadendo in questo momento”  sottolinea una donna nel campo di Za’atri in Giordania che ospita circa ventimila rifugiati siriani.
In questa distesa di tende e prefabbricati nel mezzo del deserto tre mesi fa non c’era niente, solo sabbia. Con l’aumentare degli arrivi il governo giordano, che aveva inizialmente optato per un’accoglienza diffusa sul territorio, ha deciso di aprire un campo.
“Certamente per i rifugiati non è facile vivere in queste condizioni,” ha affermato Paolo Artini, vice rappresentante dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati in Giordania. “Insieme alle altre organizzazioni abbiamo fatto una corsa contro il tempo per riuscire a stabilizzare il terreno e evitare l’effetto delle tempeste di sabbia, portare acqua, elettricità, un sistema per lo smaltimento dei rifiuti, allestire la scuola, costruire cucine in muratura e fare una nuova strada. Ma, per rendere ancora più vivibili le condizioni del campo, ora necessitano ulteriori stanziamenti”, ha sottolineato Artini.
Il campo di Za’atri è pieno di donne e bambini. La gran parte di loro proviene da città siriane come Daraa, Hama e Homs. Persone abituate a vivere in appartamenti confortevoli, con elettrodomestici, Tv e computer. Commercianti, muratori, casalinghe, imbianchini, gente della classe media che fa molta fatica a adattarsi a un tale drastico e duro cambiamento.
Rada, che insieme ai suoi quattro figli abita da due mesi nella tenda, è in attesa di essere trasferita in uno dei 2,500 container destinati al campo. Una sistemazione meno scomoda ambita da tutti specialmente con l’arrivo dell’inverno quando le temperature si faranno molto rigide.  “I miei figli in Siria erano ben curati ma qui sono sempre sporchi di polvere e sabbia. Qui non si può essere puliti,” nota con rassegnazione la donna. “Non ho potuto portare niente. Quando hanno iniziato a bombardare il nostro quartiere a Daraa non abbiamo pensato ad altro che scappare. Non c’è stato tempo di prendere nulla. Vestiti, documenti, niente. Solo le chiavi di casa. Ma non ci serviranno più…..”

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