Quei fatti (mai chiariti) nel Cie di Gradisca

Italia-razzismo
Il mese scorso l’Associazione «Tenda per la Pace e i Diritti» e alcune delle organizzazioni che hanno aderito alla campagna LasciateCIEntrare hanno depositato presso le Procure della Repubblica di Gorizia, di Roma e di Napoli un esposto per chiedere accertamenti e indagini sugli avvenimenti dell’agosto 2013 all’interno del Cie (Centro di Identificazione ed Espulsione) di Gradisca d’Isonzo.

In quei giorni, infatti, il centro era stato teatro di scontri, pestaggi, lanci di lacrimogeni. Nella notte tra l’11 e il 12 agosto, una delle persone lì trattenute era caduta dal tetto sul quale si trovava in segno di protesta, ed era entrato in coma. È morto il 30 aprile scorso all’ospedale di Monfalcone.
Le proteste sono continuate anche nei mesi successivi a quelli estivi, fino a che il 5 novembre 2013 il Ministero dell’Interno ha svuotato il centro, disponendo il trasferimento delle persone trattenute verso altri cie. Una decisione presa a causa delle condizioni di degrado in cui verteva la struttura, tali da determinare la violazione dei diritti «non solo delle persone lì trattenute, ma anche di quelli che vi lavoravano». Attualmente il centro è chiuso e Alfano ha dichiarato che non sarà riaperto.
Sulle rivolte ci sono molte ombre che l’esposto vuole chiarire. Nel testo presentato vengono evidenziati i fatti, ricostruiti grazie alle testimonianze dei migranti, di associazioni e dei parlamentari che sono giunti sul posto chiamati d’urgenza durante quei giorni di proteste e di rivolte. Uno dei punti che viene maggiormente enfatizzato riguarda il ricorso a metodi coercitivi utilizzati dalle forze di sicurezza per placare le proteste. Bisogna ricordare, però, che quelle manifestazioni erano inscenate da persone trattenute in uno spazio circondato da sbarre e che avevano una ridotta possibilità di movimento. In questo contesto appare dunque spropositato l’utilizzo di lacrimogeni il cui gas è stato completamente inalato da chi si trovava lì dentro, causando malori.
Nei giorni della protesta sono state molte le persone a voler essere presenti e a seguire le vicende anche solo tramite il web e la stampa. Alcuni dei parlamentari accorsi sul posto, poi, hanno aderito alla Campagna LasciateCIEntrare, un movimento sorto nel 2011 per contrastare una circolare del Ministero dell’Interno che vietava l’accesso agli organi di stampa nei Cie. Appellandosi al diritto/dovere di esercitare l’art. 21 della Costituzione, ovvero la libertà di stampa, LasciateCIEntrare ha ottenuto l’abrogazione della circolare e oggi si batte per la chiusura dei Cie, l’abolizione della detenzione amministrativa e la revisione delle politiche sull’immigrazione. Ma è sull’abolizione dei Cie che bisogna continuare a insistere. Questi centri, infatti, presentano enormi carenze sotto il profilo della tutela dei diritti umani e, oltre a essere inutilmente dispendiosi, risultano palesemente inefficaci rispetto allo scopo per il quale sono stati istituiti.
l'Unità, 09-06-14

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