Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

28 aprile 2011

Mantovano: "I rimpatri continuano regolari ma preoccupa la Libia"
La Stampa 28 aprile 2011
Fra. Gri.
Il Viminale non ha strombazzato i suoi dati, ma i voli verso Tunisi negli ultimi dieci giorni non sono mai cessati e finora sono circa 600 gli immigrati clandestini riportati a casa loro in Tunisia. In tutto sono stati ventuno i charter che sono atterrati nella capitale del paese arabo. E ora nei Cie il clima è più vivibile. Ma altri charter, due al giorno, sono in programma anche per il futuro. «L'accordo funziona», racconta il sottosegretario Alfredo Mantovano. Che registra un secondo segnale tranquillizzante per il nostro ministero dell'Interno: si sono drasticamente ridotti gli sbarchi a Lampedusa. Dal 5 aprile a oggi, i clandestini giunti da Tunisi sono alcune centinaia e non più decine di
migliaia. «Le cose stanno cambiando e si stanno mettendo bene», dice ancora Mantovano. «Con l'Egitto ci sono rimpatri di massa quasi tutti i giorni. Con la Tunisia, invece, i rimpatri avvenivano sempre con il contagocce. Anche sotto il regime di Ben Ali, mai più di 4 immigrati al giorno. Siamo passati a 60 e per di più con procedure semplificate... E' un bel successo».
Ciò che preoccupa moltissimo Mantovano, invece, peraltro in perfetta sintonia con il ministro leghista Maroni, è la Libia. «Sappiamo che li ci sono centinaia di migliaia di profughi africani. Gente mediamente tranquilla che fugge con la famiglia dal Ciad, dalla Somalia, dall'Eritrea, dal Niger, dal Sudan. Negli anni sono rimasti bloccati in Libia e ora sono nel mezzo dei combattimenti. Quando la situazione si alleggerirà, ed è naturale che prima o poi accadrà, s'imbarcheranno sul primo legno. Ricomincerà il dramma dei naufragi e degli sbarchi». Quanti ve ne attendete? «Non tutti insieme, ovvio, ma diverse decine di migliaia».




"Noi, italiani con permesso di soggiorno"
La Stampa 28 aprile 2011
Franco Giubilei
"Un bambino (o una bambina) può nascere in Italia, andare all'asilo e poi a scuola in Italia, diciamo fino alla quinta superiore, ma non per questo potrà necessariamente dirsi italiano: si, perché al compimento della maggiore età il figlio di due stranieri privi di cittadinanza si ritroverà in un'anagrafica terra di nessuno, dato che da noi si diventa cittadini a patto che lo sia almeno uno dei genitori, o che si rispetti una normativa contorta.
Una condizione in cui vivono quasi 20mila ragazzi che sono diventati maggiorenni fra il 2010 e il 2011 nel nostro Paese, tutti venuti alla luce lungo lo Stivale o giunti qui a pochi anni d'età, e tutti rigorosamente orfani di cittadinanza. Parla di loro il documentario «18 ius soli», realizzato da un regista nato a Bologna 40 anni fa da padre ghanese e madre italiana: Fred Kudjo Kuwornu, già aiuto di Spike Lee nel film «Miracolo a Sant'Anna», ha raccontato le storie di quindici giovanissimi costretti, loro malgrado, a fare il permesso di soggiorno nonostante siano italiani a tutti gli effetti.
Basta scorrere il curriculum di alcuni degli intervistati, come la ventenne Heena, nata a Reggio Emilia da genitori indiani, studentessa di Giurisprudenza e mediatrice culturale. O di Valentino, romano di origini nigeriane, studente di Biotecnologia e artista hip-hop. Oppure di Anastasio, parmigiano di nascita ma con padre e madre delle Mauritius, di professione cuoco, nel tempo libero volontario alla Croce Rossa. O vogliamo parlare di Angela, 23 anni, nata a Rimini ma dagli occhi a mandorla dal taglio inconfondibilmente cinese, studentessa di Economia e commercio?
A guardarli e ad ascoltarli nel documentário - che oggi sarà presentato in anteprima nazionale alla fiera Cittadini del Mondo di Reggio Emilia e che, per iniziativa della Regione Emilia Romagna, sarà proiettato in tutte le scuole superiori - c'è da chiedersi dove stia la differenza fra questi ragazzi e i loro coetanei italiani a tutti gli effetti, colore della pelle e lineamenti a parte.
Il fatto è che in Italia vige il critério dello ius sanguinis, il diritto di sangue, ragion per cui il titolo del film è «18 ius soli», in segno di auspicio perché la legislazione cambi tenendo conto della terra in cui si vive, mettendo così fine a un controsenso dai risvolti discriminatori. Nel documentário c'è anche la testimonianza dei presidente della Camera Gianfranco Fini.
L'autore del film ricorda come, a complicare la vita dei figli degli immigrati, ci sia una burocrazia rugginosa: «Ci sono i ragazzi nati in Italia, che quando compiono 18 anni hanno un anno di tempo per presentare domanda e che devono dimostrare di aver vissuto ininterrottamente in Italia per un decennio. E poi c'è la casistica piü numerosa, cioè quelli arrivati in Italia da piccoli, che a 18 anni possono fare domanda ma ai quali lo Stato non è tenuto a dare la cittadinanza, perché è un atto discrezionale. C'è anche un problema d'informazione, pochi conoscono le regole».
Prima della maggiore età ci sono difficoltà ad espatriare, anche solo per andare in gita scolastica all'estero, perché serve il permesso del consolato. Dopo i 18 anni poi bisogna trovare súbito un lavoro, oppure non sgarrare negli studi, altrimenti il permesso di soggiorno non viene rinnovato e ci si trasforma in clandestini a rischio espulsione. Fra i casi estremi, quello di Anastasio, nato a Parma 21 anni fa: «E' stato clandestino per sei mesi perché, per un errore dell'ufficio anagrafe in occasione di un trasloco della famiglia, il período di dieci anni necessário per la cittadinanza si è interrotto per un mese, e cosi ha dovuto ricominciare da capo. A lui sarebbe piaciuto fare il soldato, invece non ha potuto perché non ha ancora la cittadinanza. Ed è una persona ottima: quando c'è stato il terremoto all'Áquila è andato per un mese a far volontariato. Eppure incontra mille problemi».




ISLAM: MORATTI, NO MOSCHEA MILANO SENZA LEGGE NAZIONALE SICUREZZA
Agi 28 aprile 2011
Letizia Moratti ribadisce il suo 'no' fermo all'apertura di una moschea a Milano. Chiamata a commentare la posizione del diretto avversario alle prossime amministrative, Giuliano Piasapia, che ritiene sia arrivato il momento di individuare un sito per il luogo di preghiera islamico, la Moratti replica secca: "non sono d'accordo perche' credo che quello della moschea non sia un tema relativo al culto, bensi' alla sicurezza e all'ordine pubblico. Credo che senza una legge naizonale e senza delle regole ben precise che garantiscano la sicurezza della moschea, non sia opportuno aprirla".




«Bombe uguale più clandestini»
La Stampa 28 aprile 2011
«Berlusconi si inginocchia a Parigi» è il titolo a tutta pagina che la «Padania» ha riservato ieri al vertice italo francese di ieri tra Berlusconi e Sarkozy. Ampio spazio ovviamente alla presa di posizione critica di Umberto Bossi. E oggi replica: «Bombe uguale più clandestini» è il titolo di apertura dei giornale di Via Bellerio.




Due leader contro l’Ue
Europaquotidiano 28 aprile 2011
David Sassoli e Catherine Trautmann
La lettera che Berlusconi e Sarkozy hanno inviato al presidente del consiglio europeo Van Rompuy e al presidente della commissione europea Barroso è una risposta di breve respiro e pericolosa di fronte ad una situazione seria. Se è giusto considerare che la gestione di un afflusso di immigrati deve essere responsabilità dell’Unione europea, voler modificare gli accordi di Schengen nel modo in cui i due capi di stato propongono testimonia un’interpretazione sbagliata e preoccupante dei poteri dell’Unione europea in materia. Chiedere, come fanno, di prevedere modifiche degli accordi di Schengen dimostra che fingono di ignorare che tali disposizioni sono già contemplate nel medesimo accordo e non rappresenta la risposta europea che i cittadini si attendono per far fronte alle sfide.
Nel momento in cui esistono tensioni nell’area del mediterraneo, l’Unione europea, deve attivarsi per accompagnare le riforme democratiche richieste dalle popolazioni del Nord Africa, per avviare forme di partenariato più consone alla realtà e per poter gestire insieme i flussi migratori da una parte e dall’altra del Mediterraneo. Al contrario, il messaggio inviato da Berlusconi e Sarkozy, mira a mostrare che solo il livello intergovernativo è adatto a determinare chi deve agire in occasione di circostanze “eccezionali”. Ravvediamo in ciò una chiara ostinazione a rifiutare la creazione di soluzioni veramente europee delegittimando allo stesso tempo le politiche messe in atto sino ad ora anche dai loro stessi governi.
Non inganniamoci: i due premier sono alle prese con formazioni populiste nei loro rispettivi paesi. Per vincere la battaglia della demagogia elettorale la loro ricetta è semplice: gonfiare artificialmente il pericolo dell’immigrazione e disegnare un’Europa incapace di esprimere politiche comuni. Dal consiglio europeo di giugno ci attendiamo posizioni coraggiose che permettano alla commissione europea di avanzare proposte concrete. Una vera politica europea per l’immigrazione deve prevedere tre obiettivi essenziali: fare rispettare pienamente i diritti dei richiedenti asilo, combattere con determinazione il traffico degli esseri umani e definire i criteri dell’immigrazione regolare in modo
giusto, chiaro ed equo.
Questa politica costituisce la base per consentire lo sviluppo economico di quei paesi dell’area mediterranea e dare un futuro a tutti coloro che hanno optato per la democrazia mettendo a rischio anche la loro vita.




Picchiato ancora 15enne rom. La famiglia: "Sono sempre gli stessi"
La Repubblica 27 aprile 2011
E' stato aggredito di nuovo, ieri pomeriggio, il 15enne di etnia rom che, lo scorso 28 febbraio, era stato picchiato e
rapinato all'interno di un negozio di tatuaggi nel quartiere Quarticciolo. Dopo quell'episodio furono fermate sei persone, di cui due minorenni. A distanza di due mesi i familiari del ragazzo denunciano una nuova aggressione. Questa volta, secondo quanto riferito dallo zio della vittima, Bajram Hasimi, "appena sceso dall'autobus a via dei Ciliegi, zona Centocelle, verso le 16, due ragazzi a bordo di un motorino lo hanno inseguito e minacciato fino a ferirlo al fianco con un coltello. Per fortuna - aggiunge - ha solo un graffio all'altezza dello stomaco, lo hanno protetto gli indumenti, ma poteva andare peggio". Il motivo di tanto accanimento Bajram Hasimi non sa spiegarlo. Dice solo che, secondo lui, "sono gli stessi aggressori di due mesi fa".
Dopo quello che è successo, però, il padre del ragazzo ha deciso di andare a parlare con i conoscenti degli aggressori e si è recato al Quarticciolo. "Appena è arrivato è stato aggredito da una decina di persone, che hanno cominciato a urlare. Ma non capisco perchè. Lui (il padre del 15enne, ndr) era lì solo per parlare e non per litigare". Ma la lite è nata lo stesso, al punto tale che una donna con un bambino in braccio "ha cominciato a gridare - racconta Bajram Hasimi - e a dire che volevano portargli via il bambino. Ma questo non è vero, è una cosa assurda. E poi - aggiunge lo zio del
giovane - qualcuno dei presenti è andato anche a denunciare il padre del ragazzo che, ripeto, era lì solo per capire ilmotivo dell'accanimento verso il figlio. Mi auguro - sottolinea - che venga fatto qualcosa, perchè è una cosa assurda". Intanto il giovane è stato dimesso dall'ospedale Vannini con 5 giorni di prognosi "e ora - conclude lo zio - è a casa e ha paura".




 

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