Rosarno l’inferno degli scontri
Anna Frangione
Salgono sugli autobus che li porteranno al centro di identificazione e di espulsione di Crotone, in fila, con le loro valige, con compostezza e dignità.
Lasciano Rosarno circa 300 immigrati lavoratori nelle campagne, raccoglitori di arance e clementine. Ghanesi, ivoriani, marocchini sfruttati con una paga di 20,25 euro al giorno. Alcuni hanno il permesso di soggiorno, altri sono richiedenti asilo, altri irregolari. Tutti sono abbandonati a se stessi come abbandonati sono i luoghi dove dormono, fabbriche e raffinerie in disuso, opere incompiute come in terra di Calabria ce ne sono tante.
E’ questo l’epilogo di due giorni di guerriglia urbana in un paese trasformato in campo di battaglia. Nelle strade cassonetti bruciati, copertoni, resti di automobili usati come barricate. Da una parte gli abitanti, dall’altra i migranti.
Sono 37 i feriti, di cui 19 migranti,  due in gravi condizioni, e 18 agenti.  La rabbia esplosa a Rosarno e’ la rabbia di chi non ha piu’ nulla da perdere.
Per arrivare alla ex raffineria d’olio sulla statale che da Rosarno arriva a Gioia Tauro bisogna superare un presidio di residenti. All’ingresso un gruppo di africani discute e aspetta.
“ Vogliamo andare via, forse a Napoli – dice un ragazzo del Burkina Faso da anni in Italia, da anni a Rosarno per la raccolta delle arance- qui in Calabria abbiamo paura dopo che hanno sparato contro i nostri fratelli. Vogliamo andare via, ma qualcuno di noi aspetta di essere ancora pagato per le giornate di lavoro” 
In questo grande stabilimento abbandonato, l’ex Opera Sila, i braccianti invisibili dormono nelle tende e persino all’interno dei silos cisterna, con una unica entrata e una unica uscita larga appena un metro. Qui sono più di 600. E non molto lontano nelle campagne di Rizziconi ci sono altri lavoratori immigrati in due casolari abbandonati senza acqua e luce.
È una emergenza umanitaria e sanitaria che da quasi venti anni si ripete ogni anno, ogni stagione degli agrumi. Il 12 dicembre del 2008, dopo il ferimento a colpi di arma da fuoco di due  immigrati, c’era stata una protesta pacifica dei lavoratori  che chiedevano più sicurezza, un permesso di soggiorno, un contratto di lavoro e condizioni di vita dignitose. Richieste che sono rimaste inascoltate.


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