Ciò che dicono e ciò che non dicono i ministri europei

Lo scorso 19 giugno il Consiglio europeo ha affrontato il problema dei flussi migratori verso i paesi UE come questione comune di tutti gli stati membri.
Nella nota n. 11225/09 della Presidenza, si legge che “i recenti avvenimenti verificatisi a Cipro, in Grecia, in Italia e a Malta sottolineano l'urgenza di potenziare gli sforzi per prevenire e contrastare efficacemente l'immigrazione irregolare alle frontiere marittime meridionali dell'UE, evitando così future tragedie umane”. E si sollecita “il coordinamento delle misure volontarie per la ridistribuzione interna dei beneficiari di protezione internazionale presenti negli stati membri esposti a pressioni specifiche e sproporzionate e delle persone altamente vulnerabili”. In altri termini, gli immigrati che approdano sulle coste meridionali della UE – e ai quali venga riconosciuta la protezione internazionale – potranno essere accolti da altri paesi comunitari. Il Consiglio europeo ha richiamato, poi, “la necessità di potenziare le operazioni di controllo alle frontiere […], di definire chiare regole d'ingaggio per il pattugliamento congiunto e lo sbarco delle persone soccorse in mare e di fare maggior ricorso a voli di rimpatrio congiunti”, esortando “il Parlamento europeo a raggiungere un accordo che permetta di istituire rapidamente l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo”.
Infine, è stata sollecitata la conclusione di negoziati “con i paesi chiave di origine e di transito quali la Libia e la Turchia”, attuando nel frattempo “gli accordi bilaterali già esistenti”.
Insomma un’impostazione che può apparire equilibrata ma che – a ben vedere – risulta fortemente debitrice della “linea Berlusconi-Maroni”. Per ciò che dice e, soprattutto, per ciò che non dice.

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