Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

24 settembre 2013

Per ogni straniero in aula gli italiani calano nei test, le ipocrisie da sfatare
Lo studio sulle II elementari, i dirigenti mettono gli immigrati in classe con i figli di famiglie meno abbienti
Corriere.it, 24-09-2013
Andrea Ichino

Non serve né agli immigrati né ai nativi nascondere i problemi invece di sperimentare, senza pregiudizi, le soluzioni più efficaci e rapide per l'integrazione nelle scuole italiane.
Da uno studio condotto con Rosario Ballatore e Margherita Fort («The Tower of Babel in the Classroom», www.andreaichino.it ) emerge che sostituendo un nativo con un immigrato in una classe della seconda elementare, la frazione di risposte corrette dei nativi nei test Invalsi si riduce del 12% in italiano e del 7% in matematica (dati relativi al 2009-10). La buona notizia è che questo sensibile effetto negativo (comparabile ad esempio a quello di avere genitori disoccupati o con un diploma non superiore alla scuola superiore) sparisce nelle quinte elementari: la scuola italiana riesce ad integrare gli stranieri ma in tempi relativamente lunghi, che devono assolutamente essere accorciati.
È sorprendente che nel nostro Paese ci si debba dividere tra chi urla sconsideratamente contro l'immigrazione (tra l'altro dimenticando che gli studenti stranieri sono mediamente meno di 2 per classe e che solo il 6% delle classi supera la soglia del 30% di immigrati) e chi, per reazione, nega, o è costretto a negare, un'eventualità tutt'altro che remota: quando anche un solo straniero entra in una classe l'integrazione non può avvenire immediatamente - come per un colpo di bacchetta magica - e può avere un impatto sugli apprendimenti dei compagni. Si rischiano accuse infamanti di razzismo suggerendo che forse non sia una buona idea gettare allo sbando gli immigrati nelle classi senza una guida specifica e che meglio sarebbe, come accade in altri Paesi, disegnare percorsi diversificati di integrazione graduale, da definire a seconda delle situazioni.
Il risultato, ipocrita, di questi comportamenti è che i dirigenti scolastici, forse per amor del quieto vivere, collocano gli stranieri prevalentemente nelle classi in cui i nativi hanno famiglie meno istruite e meno abbienti. Si noti che questo accade all'interno delle singole scuole e non solo tra scuole di quartieri diversi. Lo dicono i dati ed è una sorpresa sconcertante. All'interno di una scuola gli stranieri finiscono per essere concentrati nelle classi con genitori probabilmente meno capaci di protestare se i loro amati Pierino o Caterina impareranno poco perché i loro compagni di banco si chiamano Wladi, Amina o Ramon. Ufficialmente questo non può accadere, perché la formazione delle classi dovrebbe essere casuale; cosa di per sé assurda perché molto meglio sarebbe costruirle senza ipocrisie sulla base delle informazioni disponibili riguardo alle caratteristiche degli studenti.
Ma la soluzione peggiore, e davvero eticamente inaccettabile, è quella di concentrare insieme stranieri e italiani con background familiare meno favorevole.
Immagino la risposta dei dirigenti e degli insegnanti: quali risorse abbiamo per fronteggiare il problema? Che margini di autonomia ci dà il ministero per disegnare un'offerta formativa diversificata che possa aiutare l'integrazione quando necessario? Hanno ragione! Il pachidermico ministero dell'Istruzione, con i suoi provveditorati (quasi un milione di dipendenti e decine di migliaia di scuole da gestire), oltre a non poter dare risorse sufficienti per affrontare questi problemi, non dispone nemmeno di informazioni aggiornate sulle realtà locali per decidere dove intervenire e che cosa fare (figuriamoci: non riesce nemmeno ad assicurare che a inizio anno tutte le classi abbiano gli insegnanti necessari!). E, soprattutto, alle scuole non viene data una piena autonomia di gestione delle risorse, in particolare quelle umane, e di disegno dell'offerta formativa. Di questa autonomia le singole scuole avrebbero bisogno per risolvere, con la loro migliore conoscenza delle situazioni locali, non solo il problema dell'immigrazione, ma tutti gli altri problemi che quotidianamente devono affrontare.
Un modo per sperimentare scuole «pubbliche ma autonome» c'è: con Guido Tabellini lo abbiamo descritto nell'ebook del Corriere «Liberiamo la scuola». Una proposta che non impone soluzioni, ma chiede solo che sia consentito a chi vuole provare offerte educative diverse di poterlo fare in un ambito regolato, sperimentale e valutato dalle scelte degli utenti.



Rapporto mondiale sulle migrazioni 2013: perché il benessere dei migranti dovrebbe essere centrale nelle politiche dei Governi.
Don Flynn, direttore di Migrants’ Rights Network: le politiche sull’immigrazione tendono sempre più a rendere difficile la vita dei migranti.
Immigrazioneoggi, 24-09-2013
L’ultimo rapporto dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), Rapporto mondiale sulle migrazioni 2013:benessere dei migranti e sviluppo, non affronta solo dati statistici sugli spostamenti migratori, ma approfondisce anche la questione del benessere dei migranti, in un quadro di riferimento talvolta impopolare tra le classi dirigenti, che, secondo Don Flynn, direttore di Migrants’ Rights Network, spesso attuano politiche in materia di immigrazione avverse ai migranti stessi, ad esempio negando servizi pubblici, tagliando benefici di welfare o ostacolando il diritto alla vita familiare. Dal rapporto emerge un diffuso senso di infelicità legato alla migrazione, solo in parte, e non sempre, compensato dal guadagno economico. Negli ultimi mesi in Inghilterra si è aperto un dibattito tra i politici su se e come le politiche sull’immigrazione dovrebbero tenere in considerazione il benessere dei migranti. Secondo Don Flynn, intervenuto all’evento che ha presentato il rapporto lo scorso 19 settembre alla Middlesex University di Londra, dovrebbero tenerne conto nel modo più assoluto.
Lo scrittore David Goodhart, nella sua pubblicazione su questo problema in Gran Bretagna, ha argomentato che i politici dovrebbero considerare solo il benessere dei loro cittadini, mentre i migranti dovrebbero adattarsi o sopportare. Secondo Don Flynn, il rapporto dell’Oim lascia intendere che questa è una cattiva politica sotto ogni punto di vista. È chiaro che se la migrazione porta dei benefici, essa continuerà ad essere scelta da molti, anche se comporta disagi su altri aspetti, come infelicità o alienazione. Questo aspetto dovrebbe essere importante perché la forma e il tessuto delle nostre comunità dipende anche da questo frangente e le persone vivranno con queste conseguenze a lungo nel futuro.
Don Flynn sottolinea: “Costruire giustizia sociale ed equità nelle politiche sull’immigrazione dovrebbe essere un obiettivo pubblicamente dichiarato perché è importante allo stesso modo sia per i cittadini dei Paesi destinazione dei flussi migratori, sia per i migranti”.
Per saperne di più si rimanda all’articolo (in lingua inglese) di Don Flynn in Migrants’ Rights Network.
(Samantha Falciatori)



L’Europa con Kyenge: "Insieme contro il razzismo"
I rappresentanti di 17 governi sottoscrivono la “dichiarazione di Roma”. “La diversità è un fattore di arricchimento e di sviluppo”
Stranieri in Italia, 24-09-2013
Roma - 24 settembre 2013 - La diversità è un valore, tolleranza zero vero il razzismo. Un impegno da mettere nero su bianco prima delle prossime elezioni europee, minacciate da populismi e xenofobia.
Sono questi i termini della “Dichiarazione di Roma” firmata ieri a Palazzo Chigi dalla ministra per l'Integrazione Cecile Kyenge, insieme con ministri e rappresentanti diplomatici di Belgio, Austria, Francia Regno Unito, Bulgaria, Croazia, Grecia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Svezia, Cipro, Irlanda e Lettonia. Diciasette governi che chiedono un 'Patto 2014-2020 per un'Europa delle diversita".
"E' la risposta dell'Europa agli attacchi e agli insulti di cui sono stata oggetto dopo la nomina per ricordare all'Europa quali sono i suoi valori " ha spiegato Kyenge, nel corso della conferenza stampa seguita alla firma. A promuovere l’iniziativa è stata il ministro belga dell'Interno e delle Pari opportunita' Joelle Milquet:  "Quello che e' successo a Kyenge e' inaccettabile, ma si tratta di un fenomeno diffuso. Era necessario mobilitarsi per affermare il valore delle diversità e dell'integrazione".
Nella dichiarazione sottoscritta ieri si legge che “la diversità è un fattore  di arricchimento e di sviluppo della società” e che sono importanti “le politiche pubbliche che promuovono lo scambio interculturale come sentiero da percorrere per ottenere coesione sociale all’interno delle nostre società cosmopolite”.“L’ intolleranza e la discriminazione vanno condannate sotto qualunque e non possono essere ignorate o lasciate senza risposta” si legge ancora nella dichiarazione.  
Questi punti, ha deto Kyenge, “ci hanno guidato per poter arrivare a chiedere agli stati membri e alla Comissione europea di preparare, discutere e approvare la proposta di un patto che dovrebbe partire dal 2014 al 2020 per un’Europa della diversità e della lotta al razzismo”. “Riteniamo importante– ha sottolineato la ministra –che questo patto sia fatto prima delle elezioni europee”.



Immigrati in rivolta al Cpa dell'aeroporto "Qui noi non entriamo, è un carcere"
L'Unione Sarda, 24-09-2013
Protesta di un gruppo di immigrati, appena sbarcato da Ragusa, al Cpa di Elmas. E' successo ieri sera.
Verso le 17 gli immigrati, circa 80 nigeriani e altri venti provenienti da Etiopia ed Eritrea, hanno iniziato a lanciare oggetti contro le forze dell'ordine: rifiutavano di entrare nel Cpa, Centro di accoglienza, allestito all'aeroporto militare che definivano "un carcere".
Sono intervenuti polizia, carabinieri e guardia di finanza e la situazione è tornata alla normalità soltanto a tarda sera.
I dettagli della notizia oggi in edicola con L'Unione Sarda nell'articolo di Luigi Almiento.



Immigrati sbarcano a Castro su gommone 32 asiatici
«Bimbi costretti in acqua»
La Gazzetta del Mezzogiorno, 23-09-2013
CASTRO (LECCE) - Un gruppo di 32 immigrati asiatici è stato rintracciato oggi da carabinieri della compagnia di Tricase e personale della polizia di Stato di Taurisano sulla scogliera di Castro. Il gruppo è giunto nel Salento a bordo di un gommone guidato da scafisti che dopo essersi liberati del carico umano hanno ripreso il largo facendo perdere le tracce.
Tra i migranti sbarcati a Castro, tutti in buona salute, ci sono anche una donna e i suoi due figli di 5 e 3 anni, che dopo avere ricevuto assistenza presso l’ospedale di Tricase, si sono ricongiunti al gruppo nel Centro di prima accoglienza Don Tonino Bello di Otranto (Lecce), dove sono in corso le procedure di identificazione.
"Siamo stati costretti dagli scafisti, anche io con i miei bambini, a scendere in acqua per poi raggiungere la riva": è il racconto che una donna, che faceva parte di un gruppo di immigrati asiatici sbarcati oggi sulle coste del Salento, ha fatto ai carabinieri, dopo essere stata ricoverata in ospedale insieme ai due figli di 5 e 3 anni per accertamenti.
Lo sbarco dei 32 asiatici è avvenuto, poco dopo le 7.30, sotto gli occhi di numerosi testimoni che hanno dato l’allarme alle forze dell’ordine. Il gruppo, a quanto si è appreso, è composto da iraniani, afgani e bengalesi. Le ricerche dello scafo a cui hanno preso parte anche motovedette della Guardia di Finanza e capitaneria di porto, finora non hanno dato esito.



Svezia, schedatura illegale dei rom: bufera sulla polizia
Il Giornale, 24-09-2013
Una «schedatura» su base etnica e compiuta in modo illegale, Succede in Svezia, dove è polemica dopo la scoperta che a Skane, nel sud del Paese, 4000 nomadi sono stati «registrati» dalla polizia locale in una lista, nella quale sono stati riportati anche nomi, indirizzi, numeri di documento, gradi di familiarità tra gli individui. Insomma una specie di registro-albero genealogico su base etnica. Il ministro svedese per l'Integrazione Erik Ullenhag ha definito l'episodio «sconvolgente». L'esistenza della lista è stata rivelata dal giornale Dagens Nyheter, che l'ha pubblicata integralmente; il file con i nomi - hanno spiegato - nei pc della polizia era classificato come «Itineranti». La polizia, dopo aver tentato di negare l'esistenza della lista, si è difesa spiegando che non è stato adottato alcun provvedimento in seguito alla registrazione. Ma il ministro Ullenhag ha ribadito che «è vietato schedare le persone in base alla loro appartenenza etnica» e ha annunciato un'inchiesta.

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